IMMIGRAZIONE:
UNA CONVERSAZIONE CON ZARIA GALIANO
E' indubbio: se le politiche sull'immigrazione del governo gialloverde non incontrassero nessuna opposizione di piazza, ci si troverebbe di fronte a un preoccupante segnale di passività sociale. Tuttavia, i contenuti espressi dalle mobilitazioni antirazziste degli ultimi mesi ci hanno spesso lasciato perplessi. Dominanti, infatti, sono risultati quei motivi umanitari che, alla lunga, rischiano di minare l'incisività del discorso, riducendo la cosiddetta “questione immigrazione” a un fenomeno a sé stante, da affrontare armati di buon senso e di buoni sentimenti. Spinti da questa constatazione, ci siamo rivolti a Zaria Galiano, combattiva esponente del Comitato Immigrati in Italia, a più riprese intervenuta sul nostro sito. Nella conversazione che abbiamo svolto con lei emergono, a nostro avviso, diverse elementi utili a riformulare il pensiero e l'azione sul tema, a partire dalla sua collocazione all'interno della contraddizione tra capitale e lavoro.
Vorremmo partire da una delle rivendicazioni chiave del Comitato Immigrati: l'introduzione, in Italia, dello Ius soli. Nella stessa sinistra di classe c'è chi la liquida come un'istanza di rilievo secondario, perché esclusivamente interna alla sfera dei diritti civili...
In realtà, lo Ius soli è fondamentale anche e soprattutto in un’ottica classista. Perché essere o non essere cittadini italiani, non è indifferente in relazione alla collocazione sul mercato del lavoro. Tra due ragazzi che hanno seguito gli stessi corsi di studio, quello senza cittadinanza sarà inevitabilmente più ricattabile dalla parte datoriale.. Per non dire di tutti quei lavori ai quali non puoi accedere se non sei cittadino/a di questo paese. Il fatto che in Italia ci siano così tanti giovani in condizioni di “minorità giuridica” contribuisce anche ad abbassare il costo del lavoro, nei fatti danneggiando tutti.