CINEMA

venerdì 4 marzo 2011


         UN ATTACCO ALLA SCUOLA PUBBLICA E LAICA

                                        di Paolo Naso


Secondo un collaudato copione di affermazioni perentorie e pronte smentite, nei giorni scorsi il presidente del Consiglio ha affermato che "libertà vuol dire non essere costretti a mandare [i propri figli] in una scuola di Stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare principi che sono il contrario di quelli dei genitori" per poi attaccare i giornalisti e i comunisti che ancora una vota avrebbero travisato il suo pensiero.
Bene: che il capo del Governo non attacchi la scuola che esso stesso finanzia sulla base di un principio costituzionale, è cosa buona e importante. Tuttavia rimane più di qualche dubbio sull'idea che il premier ha della scuola pubblica e della sua difficile situazione in questi anni. I mali della scuola non nascono oggi e sono in molti e di diverso orientamento politico i responsabili di questo stato di cose. Berlusconi, però, presiede il Governo in carica ed oggi è giusto chiedere a lui e alla sua maggioranza che idea abbia della scuola pubblica e come intenda restituirle la centralità che per interi decenni – anche quelli del "potere democristiano" - essa ha sempre avuto.
"La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.", si legge all'articolo 33 della Costituzione che postula la centralità della scuola "della Repubblica". Il riconoscimento che anche "Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione" non sminuisce questa centralità e comunque implica che le scuole private funzionino "senza oneri per lo Stato". Sappiamo bene che questa clausola viene aggirata in vari modi ma il testo questo dice ed è questa formulazione che dovrebbe costituire la stella polare di ogni legge sulla scuola.
L'affermazione del presidente Berlusconi e il silenzio del ministro Gelmini che ha applaudito la sua frase, hanno giustamente aperto un dibattito che merita grande attenzione e che vale la pena tenere aperto per un pò.
I nodi sono almeno tre.
Il primo riguarda le risorse: la scuola statale ha bisogno di più fondi mentre la tendenza va esattamente nella direzione opposta.
Il secondo punto riguarda la libertà d'insegnamento a cui nessuno può rinunciare in toto o in parte senza fare della scuola della Repubblica una scuola di "regime" o di "tendenza", magari con le bandiere padane o quelle neoborboniche, o con gli sponsors che decidono contenuti, finalità e metodi della didattica.
Il terzo punto – che per i valdesi e i metodisti come per tante altre comunità di "minoranza" è ovviamente decisivo – è quello della laicità. I protestanti italiani sono impegnati da anni su questo fronte perché convinti che soltanto in una scuola laica possa costruirsi e crescere la libertà del cittadino, di quello che crede come di quello che non crede o crede in modo non convenzionale. Contrariamente a quello che in Italia spesso si afferma e si predica, la scuola laica non è affatto "contro" la religione ma assume (dovrebbe assumere, se potesse essere pienamente laica) il tema delle religioni come questione culturale di grande rilievo a prescindere dagli orientamenti o dalle appartenenze confessionali.
Il premier ha parlato (male) della scuola pubblica e raccolto la standing ovation di fronte alla platea dei Cristiano riformisti. E' una nuova forza culturale e politica che intende rifarsi alla dottrina sociale della Chiesa "senza i quali – si legge nel loro sito - ogni nostra azione perderebbe di identità e di intensità, ma soprattutto di significato". Frase rituale e generica, tuttavia ben chiarita dall'appello contro la cristianofobia e a "difendere l'Italia cristiana" pubblicato in evidenza sul sito. Al leader di questa formazione, Antonio Mazzocchi, il premier avrebbe affidato l'incarico "di curare, nell'ambito del nuovo progetto, i rapporti col mondo cattolico a livello locale". Le affermazioni di Berlusconi si collocano quindi nel quadro di una esplicita rincorsa ai consensi del mondo cattolico che, dopo un lungo sodalizio, dal bunga bunga in poi mostra comprensibile imbarazzo. Mettere sul piatto dell'offerta politica una scuola pubblica meno laica e meno centrale nel sistema dell'istruzione, e magari qualche ulteriore finanziamento alle scuole private: il messaggio rivolto ai quasi sconosciuti Cristiano riformisti in realtà è indirizzato ad altre orecchie e ad altre gerarchie che invece, probabilmente, hanno capito benissimo che cosa il premier volesse dire.



1 marzo 2011


dal sito http://www.chiesavaldese.org/index.php

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