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lunedì 26 marzo 2012

DEMOCRITO: UN LIBERTARIO NON MATERIALISTA di Carlo Felici



DEMOCRITO: UN LIBERTARIO NON MATERIALISTA
di Carlo Felici



Spesso accade di leggere nei manuali di filosofia alcune grossolane semplificazioni, come il fatto che Democrito fu un materialista. Non mi pare tuttavia che Democrito possa essere definito tale. E' questo anche un modo per capire come sia destinato al tramonto lo iato tra spiritualismo e materialismo, erroneamente individuato con la nascita delle teorie atomistiche di Democrito, il quale non fece altro che polverizzare lo sfero parmenideo per ottenere lo stesso effetto eterno ed infinito con gli atomi.
Come spiega bene Geymonat: "Democrito non è affatto partito dal sensibile per giungere all'atomo, ma al contrario è partito dall'atomo (ammesso in base ad una postulazione della ragione) per rendere conto del sensibile" e dunque la lettura Aristotelica che accusa l'atomismo di "ridurre tutta la realtà al sensibile" è infondata.

Democrito scrive esplicitamente che noi percepiamo aggregati di atomi non singoli atomi.
Il non essere parmenideo in Democrito semplicemente diventa lo spazio non più interpretato come negazione metafisica di ogni essere, ma come "mancanza di atomi".
Se dunque approfondiamo almeno un pochino, ci rendiamo conto che c'è di più dei cosiddetti "manuali di filosofia"e delle loro definizioni restrittive.

Parmenide e Democrito infatti sono meno agli antipodi di quanto ci abbiano raccontato, l'atomismo infatti può essere considerato proprio come uno dei più efficaci tentativi di risolvere le gravissime difficoltà già mostrate da Anassagora e Zenone nel concetto di infinita divisibilità delle grandezze geometriche.
Per risolvere tali difficoltà Democrito, a torto inserito tra i presocratici nei manuali, mentre, essendo vissuto quasi un secolo, è contemporaneo di Socrate, introduce la distinzione tra il suddividere matematico e il suddividere fisico. Il primo che non trova rispondenza nella realtà, è a suo avviso proseguibile all' infinito e si usa per determinare aree e volumi di figure geometriche, il secondo invece è condizionato dalla natura di quel che si vuol suddividere e non è proseguibile oltre un certo limite.
Così la suddivisione fisica si può fare finché si tratta di dividere corpi composti, non si può fare invece quando si tratta di esseri semplici, a cui si arriva prima con il lògos che con l'esperienza.
Ecco dunque affiorare l'ipotesi che esistano in realtà degli esseri semplici che attuano, ciascuno in se stesso, alcuni caratteri fondamentali dell'essere parmenideo: gli atomi, intrasformabili, indivisibili, impenetrabili. Se dividere un corpo può voler dire separare gli atomi, non possiamo in ogni caso dividere gli atomi.

Sia Parmenide che Democrito procedono quindi con il logos verso il medesimo intento di “semplificazione” anche se gli esiti possono apparire diversi e persino opposti.
Per Democrito l'atomo è indivisibile, non è dunque pensabile che possa essere ulteriormente diviso.
Democrito descrive gli atomi con le stesse caratteristiche dell'essere parmenideo: afferma che essi sono pieni, immutabili, ingenerati ed eterni.
Comunque, a proposito di materialismo e spiritualismo antichi, abbiamo una bella definizione di uno dei massimi studiosi di filosofia antica, purtroppo scomparso ma che resta uno dei migliori che l'Italia e il mondo abbiano mai avuto:

"Tuttavia bisogna fare attenzione quando si adoperano queste categorie. Nel Sofista Platone presenta un grande contrasto tra due visioni del mondo: una è quella materialistica e l'altra è quella che egli attribuisce agli "amici delle idee". Nel descrivere la concezione materialistica Platone dice che essa è propria di uomini che credono solo in quello che toccano, quindi il materialismo è fondato su una conoscenza di tipo sensibile: quello che non si tocca, quello che non si vede, quello che non si odora, non esiste. Ora, se noi dovessimo applicare questo criterio anche a Democrito, ci accorgeremmo che gli atomi di Democrito non si toccano, non si vedono, non si odorano e quindi essi non sono o non dovrebbero essere materiali. Potremmo dire che gli atomi di Democrito non si vedono, non si toccano e non si odorano allo stesso modo che non si vedono, non si toccano e non si odorano le idee di Platone; e come Platone ritiene reali, anzi, veramente reali le idee, ugualmente Democrito ritiene reali, anzi, veramente reali gli atomi. Da questo punto di vista, contrapporre la filosofia di Democrito alla filosofia di Platone come materialismo e idealismo è al di fuori del quadro storico del V e IV secolo a. C.; tanto peggio, poi, se addirittura si sostiene che la filosofia di Democrito è superiore a quella di Platone perché materialista o se si dice che quella di Platone è superiore a quella di Democrito perché è idealista."
(Gabriele Giannantoni)

Siamo troppo legati a vecchie concezioni ed Aristotele, in particolare, ha condizionato enormemente la visuale della filosofia e della fisica ma non sempre in maniera corretta.
Nel Frammento 198 si parla addirittura di idee indivisibili, "forme atomiche"
Plut. Adv.Colot.8p110F -Che cosa sostiene Democrito? Tutto l'universo sono le idee indivisibili "atomous ideas" (le forme) Per Democrito tutte le realtà sono costituite dalle cosiddette "forme atomiche"-
E ancora: -Secondo Democrito l'anima è una mescolanza di idee aventi forma sferica "sphairikàsechònton tas idéas"-

Per osservare come le tesi di Giannantoni abbiano valore, basta considerare le recenti conferme date dagli studi sulla fisica contemporanea, per la quale i confini tra spirito e materia sono molto sfumati L’ultimo mezzo secolo della fisica ha infatti sconvolto la tradizionale contrapposizione esistente tra il soggetto osservatore e l’oggetto osservato sfumando i tranquillizzanti e positivistici confini tra lo spirito e la materia, lo spazio e il tempo, la vita e la morte, la causa e l’effetto.
Il fisico quanto più profondamente è penetrato nei regni delle dimensioni subatomiche e supergalattiche, tanto più intensamente è diventato consapevole che la loro struttura è paradossale e sfida il senso comune. Il mondo del fisico, basato sulla teoria della relatività e sulla teoria dei quanti è in effetti un mondo dell’impossibile.

Heisenberg sostiene che gli atomi non sono cose. Quando si scende a livello atomico, il mondo oggettivo non esiste più nel tempo e nello spazio e i simboli matematici della fisica teorica si riferiscono semplicemente a un mondo di possibilità e non di fatti.
Suo è il Principio di Indeterminazione: se si osserva la velocità dell’elettrone è la sua posizione a diventar confusa e viceversa. Ciò per l’impossibilità di rendere conto contemporaneamente della natura ondulatoria e corpuscolare con cui si evidenziano le particelle subatomiche a seconda del modello descrittivo adottato.

Koestler osserva che la fisica moderna sembra obbedire a una delle leggi che il Signore aveva ordinato a Mosè: "Non vi farete immagini scolpite" né di divinità né di protoni.

"L’assenza nel neutrino di proprietà fisiche grezze , e le sue caratteristiche quasi eteree, incoraggiano le ipotesi sulla possibile esistenza di altre particelle che fornirebbero il legame che ci manca tra la materia e la mente" (Koestler).

E’ di Eddington nel 1928 questa affermazione: "la sostanza del mondo è la sostanza della mente".
A questo proposito l’astronomo Firsotff ipotizza addirittura l’esistenza di particelle elementari della sostanza della mente: i "mentoni".
Tra l'altro, è bene evitare di confondere ambiti molto differenziati come meccanicismo e materialismo, appartenenti ad epoche molto lontane e diverse, il meccanicismo trova una sua prima definizione con La Place nel 1796, il materialismo trova una sua definizione autonoma non tanto con Platone ma con Cartesio, il quale scinde nettamente la res cogitans da quelle extensa.

Il determinismo infine è un concetto indissolubilmente legato al libero arbitrio e quindi, per quanto remota possa essere la sua origine non può arrivare a prima dei pensatori cristiani e arabi e in particolare sul piano filosofico a prima dell'anno mille (Omar Khayyam) Va rimarcato inoltre che il giudizio di Dante su Democrito (che 'l mondo a caso pone) non sembra rispondere alla reale concezione del filosofo di Abdera.
Secondo Democrito, infatti, il movimento degli atomi è vorticoso, ed è unico; si tratterebbe quindi di un unico grande vortice cosmico al centro del quale si sarebbero raccolti gli atomi più grossi e la loro unione avrebbe originato la terra, mentre agli estremi si sarebbero raccolti gli atomi più leggeri, i quali avrebbero formato gli astri, infiammati dal movimento.
Dandosi tale continuità in un unico movimento, non è dunque possibile che qualcosa avvenga per caso, ma solo che noi pensiamo che sia avvenuto per caso, perché ignoriamo la necessità.
Altrimenti, il ragionamento di Democrito risulterebbe contraddittorio. Nella filosofia greca tutti questi concetti che come etichette noi appiccichiamo secondo le nostre tendenze e gusti o preferenze discriminanti ai vari filosofi, risultano vani ed incomprensibili.

Se spostiamo la questione dall'ambito ontologico a quello gnoseologico certo le differenze possono apparire più rilevanti. Però, anche considerando l'aspetto gnoseologico, bisogna pur rilevare che secondo Democrito gli oggetti che noi percepiamo ci appaiono caldi o freddi, amari o dolci, ma queste qualità appartengono alla sfera di quello che la cultura del v secolo a.C. raggruppava sotto la categoria del nòmos, ossia di ciò che è variabile, convenzionale, instabile, contrapposto al piano stabile e immutevole della natura. La vera conoscenza è quella che consente di accedere al piano nascosto che sfugge ai sensi. Qui essa trova i costituenti di tutte le cose: gli atomi (atoma somata) e il vuoto (to kenon).
Inoltre va ricordato anche un altro aspetto, anche ammesso e non concesso che si possa parlare di determinismo fisico in Democrito, esso tuttavia non investe affatto la sfera delle decisioni umane.
Postulando che siamo in grado di scegliere tra il bene ed il male, si riconosce la libertà umana.
Democrito muove tuttavia da una profonda distinzione tra felicità e piacere, e sottolinea che la felicità non consiste nelle ricchezze, e nemmeno nello stesso piacere, ma nella eutymia, ovvero la serenità spirituale.
E questa si perde se si inseguono i piaceri, perché l'eccesso di piaceri provoca turbamenti dell'anima e squilibrii. Sul piano morale egli predica innanzitutto il rispetto di sé stesso. Non si deve agire correttamente solo per evitare di violare le leggi: si deve agire per incrementare correttamente la propria integrità e serenità.

Nel frammento 264 egli afferma: "Non devi aver rispetto per gli altri uomini più che per te stesso, né agir male quando nessuno lo sappia più che quando lo sappiano, ma devi avere per te stesso il massimo rispetto e imporre alla tua anima questa legge: non fare ciò che non si deve fare."
Vi è in ciò il riconoscimento di una necessità, quella dell'uguaglianza degli uomini nell'opportunità di essere degni di tale serenità interiore. Democrito fu infatti anche tra i primi a predicare l'uguaglianza tra tutti gli uomini, sostenendo che ogni terra ed ogni città possono essere patria dell'uomo, arrivando ad una visione cosmopolitica. Si schierò per la democrazia contro l'oligarchia, asserendo che "è meglio vivere liberi e poveri in democrazia, che ricchi ma non liberi in una oligarchia."

Prendiamo la concezione dello Stato, non tutti conoscono la posizione in merito di Democrito, nota attraverso un suo frammento tramandatoci da Stobeo. Il frammento è il 252 e vi si legge: «È necessario porre l’interesse dello Stato al di sopra di tutti gli altri, perché lo Stato sia governato bene, e non cercare continui pretesti per andare contro l’equità né permettersi di tentare sopraffazioni contro il bene comune. Perché uno Stato ben governato è la più grande fortuna, e quando vi è questo vi è tutto, e se questo è salvo tutto è salvo e se questo perisce tutto perisce».
Da questo testo risalente al V secolo a.C si ricava la lucida consapevolezza che Democrito ha maturato non solo della centralità dello Stato nella vita associata ma anche dell’esigenza che esso sia ben amministrato.

Solo in questo modo potrà rappresentare il bene comune contro i tentativi dei singoli di attentare all’equità per difendere interessi particolari. Tò chrestòn tò toû xunoû, il bene comune, è proprio l’interesse generale, l’utile della comunità, ciò che risponde ai bisogni di tutti i cittadini e non a quelli di una parte di essi.

Spesso è più ciò che unisce di ciò che divide...a ben vedere.

Aggiungiamo a queste brevi note le considerazioni di Severino nel merito specifico: "
D'altra parte, l'atomismo tien fermo il principio parmenideo che l'esistenza del molteplice implica l'esistenza del non essere….dal punto di vista della verità, l'essere è quindi estensione piena (ossia l'essere è ciò che rende piena l'estensione), il "non essere" è estensione vuota. Gli aspetti qualitativi sono quindi estensione illusoria, cioè mantengono il carattere che Parmenide aveva assegnato alla totalità dei fenomeni" Severino "Filosofia" pag. 96-97

E quindi ecco una conferma che non vi è divisione netta tra Parmenide e Democrito.

Severino nel suo libro "Filosofia", che alcuni usano anche come manuale, sebbene sia a mio avviso adatto ad un pubblico di lettori già al corrente dei contenuti dei manuali, scrive: "Gli atomi sono l'essere, e quindi ogni atomo possiede le proprietà dell'essere, quali sono state rilevate da Parmenide: è un'unità indivisibile, ingenerabile, incorruttibile, eterna, non percepibile dai sensi ma dalla ragione..." (Filosofia pag. 97)

Bisogna quindi essere, a mio parere, molto prudenti nell'accostare gli antichi filosofi a coloro che li seguirono anche traendone ispirazione per lo sviluppo del loro pensiero, e specialmente con quelli che hanno fatto del materialismo la loro bandiera.


25 febbraio 2012

dal sito  http://bentornatabandierarossa.blogspot.it/





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