CINEMA

lunedì 4 febbraio 2013

LA GRECIA: UN EQUILIBRIO PRECARIO E GRAVIDO DI PERICOLI di Charles-André Udry




LA GRECIA: UN EQUILIBRIO PRECARIO E GRAVIDO DI PERICOLI
di Charles-André Udry


Un'analisi articolata e puntuale della situazione politica greca e delle contraddizioni di Syriza. Ma anche una descrizione accurata delle manovre reazionarie del governo di unità nazionale, non meno pericolose degli attacchi da parte di "Alba Dorata"


Una previsione «economica» per la Grecia che non rischia di essere smentita: quella della disoccupazione. L’ELSTAT (Istituto di statistica) ha appena pubblicato i «risultati» per ottobre 2012: il numero ufficiale dei disoccupati e delle disoccupate ammontava a 1.345.715; un aumento di 36.000 in un mese. Ricordiamo che nello stesso mese di ottobre del 2007 il numero dei disoccupati era di 398.085; di 375.528 nel 2008; 498.211 nel 2009; 694.508 nel 2010; 977.614 nel 2011. Un aumento di 368.101 in un anno.

Ernest Young «prevede» il 28% per la fine del 2013 e il centro studi del sindacato del settore privato, il GSEI, sale ad almeno il 30%. A ottobre 2012, il tasso di disoccupazione per la fascia di età dai 15 ai 24 anni è del 56,6%. Nel 2010 era del 34,7% e nel 2011 del 46,7%. Per la fascia dai 25 ai 34 anni l’evoluzione è la seguente: 34,1% nell’ottobre 2012; 27% e 18,9% per il mese corrispondente dei due anni precedenti.


«Ricette» per l’occupazione

La regione di Atene (Attica) è la più duramente colpita: 28,3% nell’ottobre 2012 (20,4% nell’ottobre 2011). Segue la regione dell’Epiro-Macedonia: 28,2% (20,9% nell’ottobre 2011). Il governo tedesco ha annunciato che 123.000 persone provenienti dalla Grecia hanno cercato lavoro in Germania nell’anno 2012. Questo flusso fa parte della nuova configurazione – tra zone dell’Unione Europea – dell’esercito industriale di riserva con le sue diverse componenti, e assieme alla «flessibilizzazione» delle «regole del mercato del lavoro» accresce la concorrenza tra i/le salariati/e.

È vero che in Grecia, come in altri paesi europei, si conosce un metodo per fare diminuire le cifre della disoccupazione: secondo il giornale Democratia, nel 2013 saranno creati 60.000 posti di lavoro sotto forma di cosiddetti corsi di formazione. Saranno rivolti ai minori di 35 anni, con una durata di sei settimane pagate 480 euro. Dovrebbero essere finanziati dall’Unione Europea (ESPA) per una cifra totale di 35 milioni di euro. L’esperienza ha già dimostrato la sterilità di questo genere di misure, se non per il risultato sulle statistiche mensili della disoccupazione.

Certo, l’immaginazione sociale di certi capi del potere che conservano una memoria storica va al di là di queste piccole misure. Ad esempio, l’ex ministro delle finanze Petros Dukas, di “Nuova Democrazia” – che ha esercitato il suo talento nel 1992 e 1993 quando il primo ministro era Konstantinos Mitsotakis (dall’aprile 1990 all’ottobre 1993) e dal 2004 al 2007 sotto Konstantinos Karamanlis (2004-2007) – ha messo a profitto il suo sito web per lanciare una proposta audace che sintetizza tutta una cultura politica. Propone l’istituzione di un «lavoro volontario» senza salario, che fa parte delle sue «90 proposte per un New Deal Greco II». Questi «lavoratori volontari» sarebbero al servizio dello Stato, delle municipalità, e anche del settore privato. Dukas rimanda all’esperienza del RAD (Reichsarbeitsdienst – servizio del lavoro del Reich) nel quale «il lavoro rende liberi». Sotto forme meno brutali, «esperienze» di questo tipo cominciano a suscitare progetti in alcune frazioni, certo minoritarie, delle classi dominanti. Ignorarle sarebbe un errore.

È vero che Dukas ha un po’ di buchi nella memoria: non ha forse dimenticato di dichiarare almeno un milione di euro (quasi due secondo alcune fonti) nella sua dichiarazione dei redditi? Secondo lui una questione di lentezza che è diventata la norma nei trasferimenti bancari.

La sua indolenza non è isolata. Il 24 dicembre scorso, l’agenzia Bloomberg stimava il totale del non pagamento delle tasse a 54 miliardi di euro, per due terzi dei quali sono responsabili 1.500 greci. Bloomberg – utilizzando informazioni attendibili – valutava che il recupero raggiungerebbe al massimo il 20%. Anche le «dimenticanze» di pagamento dei contributi alla sicurezza sociale sono moneta corrente (e non è una specialità greca). Andreas Kuris, il boss di Real Media ed ex proprietario della catena TV Alter, non ha forse un debito di 9 milioni di euro verso la sicurezza sociale?

La pauperizzazione si accentua

L’aumento della disoccupazione e della sua durata, la forte diminuzione dei salari, delle rendite e delle altre indennità, combinati con l’aumento brutale di diverse imposte, ha precipitato centinaia di migliaia di persone al di sotto della «linea di povertà» e verso «l’esclusione», per utilizzare il vocabolario ufficializzato dalla Banca Mondiale e dall’OCSE. Per il 2011 si valuta che il 21,4% della popolazione deve sopravvivere con meno di 5.951 euro all’anno. Una soglia che non smette di scendere, poiché è misurata a partire dal salario medio che è in diminuzione, ed era di 7.178 euro nel 2010.

Il rapporto dell’ELSTAT, reso pubblico martedì 8 gennaio 2013, insiste sul fatto che le cifre per il 2012 saranno nettamente più cupe. Gli «ammortizzatori» dei diversi «aiuti sociali» non funzionano più perché sono stati sia soppressi sia compressi. Il numero di famiglie «con una bassa intensità di lavoro» – leggere dove tutti i membri sono disoccupati o hanno solo «piccoli lavoretti» – è passato da 619.000 nel 2010 a 979.000 nel 2011. La percentuale di persone che nel 2011 non possono fare fronte a un certo numero di bisogni di base (4 su una lista di 9) è del 28,4% (24,1% nel 2010). Tra i bisogni di base sono citati: le spese fisse obbligate (affitto ipoteche, ecc.); un’alimentazione adeguata; un telefono (compreso il cellulare); un riscaldamento adeguato….
Le donne (in particolare famiglie monoparentali), sono le più duramente colpite: nel 2011 il tasso per questa «categoria» è del 43,2% (nel 2010, 33,4%).

Secondo un ultimo studio sindacale, il 50% dei nuovi arrivati sul «mercato del lavoro» guadagna 300 euro al mese. Di recente, la stampa ha pubblicato i nuovi salari contrattuali dei marinai greci (che dispongono di diplomi e hanno responsabilità sulle navi): passano da 2.500 euro al mese (con compensazione per le ore straordinarie) a 850, senza compensazione per le ore straordinarie. Il giornalista dichiara con amara ironia: «I marinai greci sono diventati marinai filippini». Probabilmente sopravvaluta le paghe di questi ultimi.
Il numero dei senzatetto ad Atene è valutato a 20.000 dalle ONG che operano «su questo terreno» con tutte le diverse confusioni proprie a ciò che oggi è definita: «questa popolazione».

L’offensiva governativa di «legge e ordine»

In tale contesto, il governo di Antonis Samaras (Nuova Democrazia) – sostenuto dal PASOK di Evangelos Venizelos e DIMAR (Sinistra Democratica) di Fotis Luvelis – ha lanciato da qualche settimana una campagna quotidiana molto violenta contro Syriza, cercando, con un certo successo congiunturale, di fissare l’agenda politica e mettere Syriza in una posizione strettamente difensiva. In un certo senso, l’offensiva della destra di governo e del suo apparato statale con i suoi ripetitori mediatici, fa concorrenza alle vaste operazioni di polizia (arresti multipli, campi di detenzione, ecc.) contro i migranti [1]. Questo è a volte trascurato da una parte della sinistra europea che concentra le sue «riflessioni» strettamente su Alba Dorata [2], la cui avanzata non deve certamente essere sottovalutata. Queste operazioni politico-poliziesche sono poste sotto l’insegna di Zeus Xenios , dal nome del re degli antichi dei, Zeus, protettore degli ospiti.

Il 9 gennaio 2013, la polizia ha attaccato due squat storici ad Atene, il più conosciuto (anche da quelli che hanno dato l’assalto) è quello di Villa Amalia. Il secondo, Villa Skaramanga, si trova all’incrocio delle vie Patission e Skaramanga. Infine, le «forze dell’ordine» hanno proseguito l’operazione martedì 15 gennaio alle 13, sloggiando gli occupanti di un altro squat storico (Villa Leila Karagiani), nel quartiere di Kypseli. Lo spiegamento di polizia era spettacolare: blocco dell’intero quartiere da parte delle forze di polizia, elicotteri, ecc. Otto donne e sei uomini sono stati arrestati. La manifestazione di solidarietà di domenica 13 con gli squatters e contro i metodi delle forze di polizia è stata molto importante. Questa è stata preceduta da una manifestazione, politicamente importante, contro il distruttivo progetto minerario della compagnia mineraria canadese El Dorado a Skluries, situata nella regione dell’Hadkidiki. Il sostegno delle forze di sinistra di Atene ai 2.000 manifestanti che distribuivano un materiale molto ben fatto e pedagogico, era poco visibile. Certamente un’occasione mancata.

Il ministro dell’Interno Nikos Dendias – orchestratore della campagna Xenios Zeus – ha dichiarato: «Non indietreggeremo sulla questione degli squat», e ha indicato che ad Atene 40 squat saranno «ripuliti». Secondo le regole di questo genere di «ripulitura degli squat», la polizia – ripresa dalle catene TV – ha moltiplicato le foto di bottiglie di birra che «servono a fabbricare cocktail Molotov» e bastoni «utili per attaccare la polizia».

Per un caso divino, la sede centrale di Nuova Democrazia (ND) ha subito tiri di kalashnikov nella notte di lunedì 14 gennaio, alle 2,30. Ed è stata data l’allerta per la possibile esplosione di una bomba, con evacuazione dell’edificio della Corte suprema. Sono stati citati altri «attacchi» di locali di partiti (del PASOK tra gli altri).

Squattarelo spazio politico

Gli obiettivi di queste iniziative governative autoritarie e «l’effetto di questi avvenimenti», precipitati nel tempo, si possono indicare come segue:

«Provocare», (con i vari significati che il termine comporta) una reazione del suddetto settore anarchico, come è avvenuto. Dopo l’evacuazione di Villa Amalia, gli «occupanti» hanno rioccupato, brevemente, i locali, poi hanno scelto una breve «appropriazione» della sede di DIMAR. La campagna politica e mediatica si è rafforzata allo scopo di accrescere la «legittimità» degli arresti (più di 140), delle condanne e della «guerra agli squatters».

Mettere la questione della violenza – «la legge e l’ordine» come dicono gli editoriali politici – al centro del dibattito politico. Questo di concerto a un tema enunciato sul tono: «Cominciamo a vedere la luce alla fine del tunnel, grazie all’aiuto ricevuto dalla UE; adesso la sinistra radicale sta soffiando su questa fiamma». L’editoriale di Kathimerini, in data 14 gennaio, sottolinea: «Le turbolenze [sociali e politiche] ci sono sempre, ma l’opinione pubblica ora sa che la crisi ha invaso numerosi altri paesi e che non c’è una soluzione magica. La gente ha anche capito che l’antidoto all’aumento della disoccupazione non sta in una miscela di instabilità e di manifestazioni senza fine».

Il dibattito non deve dunque più essere centratosoprattutto sui piani di austerità e i loro effetti o sulle compromissioni e la corruzione dei politici. Ad esempio la «lista Lagarde» (i nomi dei greci che avevano dei conti nella filiale della HSBC a Ginevra). Il dibattito su questo tema, con i suoi addentellati, è stato un rivelatore dei comportamenti e della rete sociale propri al regime PASOK-ND. La coda della cometa di questo scandalo corrente è lungi dall’estinguersi. Bisogna dunque cercare di mascherarla e di spostare lo sguardo dei «cittadini».

La vera questione all’ordine del giorno non è dunque nelle condizioni di stabilità sociale e politica che «ci» permetteranno di uscire da questa crisi alla fine del 2013, o inizio del 2014 come la BCE (Draghi, il 10 gennaio) lascia intravedere?

Di conseguenza, Syriza «deve» prendere chiaramente posizione davanti alla popolazione: questa coalizione della sinistra radicale è per la violenza o no, per l’ordine o no? Non deve smettere di dirigere i riflettori sulla terrificante violenza sociale propria dei diktat della Troika e dei suoi alleati governativi, portavoce dei ricchi?

È quindi inaccettabile che un deputato di Syriza affermi, con franchezza, che gli anarchici sono a modo loro per la democrazia diretta, un valore che egli condivide.

Poi, tutti i media e i dirigenti governativi interrogano Tsipras. Egli deve essere «assolutamente chiaro» a proposito della violenza e non solo dichiarare che il governo«crea una polarizzazione artificiale» e che «la violenza o le minacce contro la vita umana non sono in sintonia con i valori della sinistra». Questo, tanto più che lunedì 14 gennaio preparava la sua visita al ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble. Quest’ultimo, da parte sua, ha semplicemente riaffermato il suo credo. Prevedibile. La cosa non contribuirà molto alla statura governativa di Tsipras che andrà anche negli Stati Uniti.

Gli attacchi contro Syriza combinano la denuncia della sua «intolleranza», con un’affermazione ripetuta a sazietà: «Siete incapaci di presentare chiaramente gli obiettivi e le modalità di gestione se foste al governo». Cosa che rimanda a spinte contraddittorie nelle fila di Syriza sulla questione del governo di sinistra e della sua definizione in termini di alleanze e iniziative.

Cercare di dettare l’agenda politica

Il tema della violenza è tanto più incisivo mediaticamente, in quanto venerdì 11 gennaio, alcuni ordigni esplosivi, molto dilettanteschi, hanno fatto qualche piccolo danno materiale davanti all’ingresso delle case di cinque giornalisti: Antonis Skyllakos, dirigente della Athens News Agency, Giorgios Oikonomenas, presentatore dell’influente Mega TV, una delle catene più scatenate contro Syriza, Antonis Liaros, ex uomo influente del gruppo Mega, Petros Karsiotis di Alpha TV e Christos Konstas, ex di Alpha TV e alla testa del giornale economico Ependitis.

Il portavoce del governo, Simon Kedikoglu, domenica 13 gennaio sul quotidiano Kathimerini, ha rinnovato gli attacchi a Syriza, in seguito al lancio di una bottiglia Molotov davanti all’ingresso dell’abitazione di suo fratello Giorgios. Le formulazioni sono scelte: «Le differenze tra le dichiarazioni infiammate e gli attacchi infiammati sono minime. Ci deve essere una chiara denuncia della violenza e della violenza verbale».

Il primo ministro Antonis Samaras riprendeva la tematica in una lunga intervista pubblicata domenica 13 gennaio sull’importante quotidiano To Vima, attualmente canale giornalistico del governo. Gli «avvenimenti» del mattino di lunedì 14 gennaio, riportati prima, erano la prima notizia di tutte le emissioni di radio e TV.

Articoli di stampa cominciano a diffondere una «analisi delle radici storiche della violenza attuale in Grecia».In breve, sarebbe il risultato di un’assuefazione della società alla violenza della «sinistra» e dei «gruppi terroristi» (come l’Organizzazione rivoluzionaria del 17 novembre, data che rimanda al massacro commesso dall’esercito contro gli studenti nel 1973).

Tale violenza, secondo questi professionisti della propaganda costruita a partire da una cronologia distorta e da una realtà rovesciata, avrebbe creato il terreno favorevole alle azioni dei neonazisti di Alba Dorata. Gli «estremi si nutrono reciprocamente», bisogna combatterli con determinazione. Non parliamo dei legami tra Alba Dorata e parti dell’apparato dello Stato e concentriamoci sul vero pericolo: gli squatter e tutti quelli che non li denunciano e non approvano le operazioni poliziesche.

In tal modo il governo è riuscito, almeno per il momento, a dettare l’agenda politica. Assieme a questo, aggira ancor più le procedure parlamentari sulle misure di austerità (tra le altre, le tasse), governando di fatto per decreto, sotto la guida dell’Eurogruppo che deve riunirsi il 21 gennaio. Poiché, come dice il portavoce del governo: «Non si può terrorizzare la democrazia!». Quindi, lunedì 14 gennaio, 21 leggi devono essere adottate senza dibattito.

I tratti più elementari della democrazia parlamentare vengono cancellati, come ha messo in rilievo Panayotis Lafazanis, uno dei parlamentari più combattivi di Syriza, che l’11 gennaio, di fronte al ministro delle Finanze che tiene le leve dei piani di austerità, ha dichiarato: «Voi introducete una nuova forma di governo. I ministri impongono decreti che aboliscono il diritto del parlamento, e le leggi non saranno in alcun modo dibattute. Siete responsabili di trasformare la democrazia parlamentare in un giunta parlamentare». In altri termini: l’attuale maggioranza di 164 deputati della coalizione governativa (che era di 179 dopo le elezioni di giugno) vota come un sol uomo e senza discussione i decreti-legge.

A tutto ciò si aggiungono diverse misure, poste sotto la luce dei riflettori, contro l’evasione fiscale, compresi alcuni arresti, rivelati di proposito, di certi evasori. Questa esibizione, che si effettua con l’aiuto di «specialisti europei», traduce una marcata solidarietà: i francesi si dedicano all’indagine sui più ricchi; gli spagnoli frugheranno da specialisti le operazioni immobiliari dubbie; gli svedesi metteranno a punto un sistema di controllo elettronico sui redditi più elevati; i belgi e gli olandesi creeranno una centrale telefonica per chiamare i contribuenti che tardano a pagare le tasse! La giustificazione del governo: è difficile ridurre ulteriormente i salari, l’accento deve essere messo sulle tasse! I cui aumenti a ripetizione piovono a dirotto su/i/le salariati/e e sul loro reddito, compresa la ricchezza fittizia: ad esempio, il possesso di un’auto a credito che, oltre all’IVA pagata, gli interessi da versare, le tasse annuali da pagare, diventa il segno di una fortuna che deve essere fiscalizzata.

La pioggia fiscale imita quella delle particelle cancerogene provocate dall’utilizzo del legno (di qualsiasi origine) per il riscaldamento, che sostituisce parzialmente il gasolio dato il suo prezzo insostenibile.[3] Ma le tariffe dell’elettricità aumenteranno fortemente nel 2013 e 2014. E le istituzioni statali hanno accumulato un debito di 170 milioni verso la compagnia pubblica dell’elettricità, che è sulla lista delle società da privatizzare.

Dietro le misure contro gli evasori si profila una campagna politica: certo la «classe politica» e una parte dei funzionari erano poco attenti al «bene pubblico». Ma ora una nuova generazione comincia a occupare posizioni importanti e fa funzionare, a immagine dei «tecnici europei», la macchina dello Stato le cui «decisioni tecniche » non sopportano la discussione, in quanto originate da necessità con tanto di numeri e da «misure universali, applicate senza alcuna eccezione».

Nel processo, è evidente che, data la crisi del PASOK e di Nuova Democrazia, si prepara la creazione di una formazione politica moderna, dotata di autorità e con un profilo europeo, in grado di «modernizzare» la Grecia.



Syriza e la ripresa dell’iniziativa politica

Nella prossima fase, Syriza deve essere capace di riprendere l’iniziativa, imponendo nello spazio pubblico i temi sociali e politici che preoccupano la grande maggioranza della popolazione, in concordanza con le molteplici e permanenti lotte sociali, gli scioperi, le occupazioni dei luoghi di lavoro e le diverse resistenze attive di settori della popolazione. Tali resistenze traducono il rifiuto delle decisioni governative ogni volta che piombano. E molte sono ancora in serbo.

Il rifiuto esprime non solo il peggioramento delle condizioni di lavoro, la liquidazione dei contratti collettivi, la diminuzione dei salari, ma tutti gli aspetti delle condizioni di vita sconvolte da tre pani di austerità (Memorandum). Il movimento «Den plirono» – «Non pago» – concretizza a modo suo il principio: «Noi non pagheremo la loro crisi». Però le lotte, nell’essenziale, non hanno portato a conquiste. E questo deve essere messo in conto.

A questo proposito sembra esagerato l’utilizzo impreciso della formula «sciopero generale». Il riferimento a «19 scioperi generali» in Grecia è in parte ingannevole. Per l’essenziale si è trattato di «giornate di sciopero» (24 ore, molto più raramente 48 ore) ; alcune di massa, che più d’una volta sono state battezzate come «sciopero generale». Il senso del termine «sciopero generale» tende di conseguenza a perdere la sua connotazione di scontri sociali e politici generalizzati e relativamente centralizzati (più o meno diretti) con il potere politico in carica.

Non si tratta di sottovalutare l’importante crescita della conflittualità sociale. Ma l’utilizzo poco preciso del termine «sciopero generale» può condurre alcuni – per lo più fuori della Grecia – a caratterizzare la situazione come pre-rivoluzionaria se non di più (e a denunciare quindi i «traditori» sempre in agguato). Ora, precisamente, la dimensione della crisi sociale, le numerose lotte, spesso disperse nel loro svolgimento nel corso di una giornata, il rifiuto dell’austerità, non sono finora sfociati su una fusione tra una radicalizzazione politica – tradotta nella massiccia e rapida adesione elettorale a Syriza – e una mobilitazione sociale ampia che acquista un grado di autonomia e indipendenza di fatto dagli apparati sindacali.

È sfociata invece in scontri all’interno dei sindacati tra le frazioni sindacali (PASKE) legate al PASOK e quelle (DAKE) legate a Nuova Democrazia. Una crisi di grande portata si è aperta tra queste due frazioni, i loro rappresentanti (alcuni hanno dovuto dimettersi) e i partiti della coalizione governativa.

Questo apre un campo d’azione per Syriza, la cui influenza organizzata in questo settore non è all’altezza del suo sostegno elettorale (quello registrato a giugno). Ne derivano degli interrogativi: dove porre la priorità, nello sviluppo di un sindacalismo di base classista – dove un’unità d’azione con membri del KKE e di Antarsya si impone – o nell’acquisizione di dirigenti usciti dal PASOK per modificare i rapporti al vertice? Il che non è sempre in contraddizione. Però, dove si pone l’accento conta molto nella dinamica che può essere avviata e nella capacità di unirsi a una frazione dei disoccupati, dei giovani studenti, e di altri movimenti sociali.

Si pone anche un’altra questione importante: la costruzione di un fronte sociale capace di conquistare un settore di piccoli contadini cacciati nella miseria e di piccoli imprenditori (nel senso più elementare del termine) strangolati dalla crisi. La GSVEE (Confederazione degli industriali e commercianti di Grecia) ha sostenuto una giornata di sciopero appoggiata dalla GSEE (settore privato). Questi «piccoli imprenditori» sono immediatamente colpiti dalle misure di austerità, dalla politica fiscale e bancaria.

Queste due componenti sociali sono in maggioranza conquistate dalla destra e dalle forze nazionaliste. Senza un’affermazione politica più marcata della «sinistra radicale», iniziative e proposte che diano il ritmo all’agenda politica e affermino le proposte di Syriza, e il congiungimento tra diversi movimenti sociali e un sindacalismo di classe più consistente e rinnovato, le derive politiche verso proposte di «ricostruzione produttiva del paese», che necessita un governo di «unità sociale » rischiano di acquistare forza, o più forza.

Se è chiaro che – data la profondità della crisi, le caratteristiche proprie del capitalismo greco, il contesto economico e politico europeo e internazionale – non c’è alternativa senza costi alla politica della Troika, una domanda decisiva si pone da sé: quale classe pagherà il vero prezzo? La maggioranza sociale, che paga già un prezzo analogo a quello che era la norma negli anni trenta, lo vive e lo sa. Una frazione delle cosiddette classi medie l’ha in vista, mentre vi sfugge, per ora, parzialmente.

La priorità è dunque di offrire risposte convincenti alle frange socialmente più attive de/i/lle salariati/e, de/i/lle disoccupat/i/e, passando per i/le pensionat/i/e le persone colpite nella salute. Poiché tutti loro sono colpiti da vere e proprie «imposte confiscatorie», in tutte le forme immaginabili.

È sotto questo angolo che può e deve essere presentato un insieme di proposte basate sul rifiuto dei Memorandum, il rifiuto di pagare il debito, la creazione di un sistema bancario pubblico effettivamente dominante sulla politica degli investimenti e sul contenuto programmatico essenziale di un governo di sinistra in una «situazione non rivoluzionaria», per utilizzare una formula non tradizionale.

La recente dichiarazione del segretario di Syriza, membro di Synaspismos, Dimitri Vitsas, secondo la quale, se Syriza fosse al governo sarebbe effettuata la rinazionalizzazione di tutte le società privatizzate – e si porrebbe fine al contratto leonino sottoscritto con il gigante cinese COSCO, che ha acquistato una parte decisiva del Pireo (settore chiave del centro portuale e terreni adiacenti) – traduce non solo gli effetti del malcontento popolare, ma i rapporti complessi tra diverse posizioni all’interno della coalizione e l’attaccamento di un settore incontestabile di membri al programma avanzato in occasione delle elezioni.

Le reazioni violente della macchina mediatica e dei membri del governo che la presa di posizione ha suscitato, dimostrano la determinazione dei dominanti, del loro governo e dei loro alleati europei.

Dunque, i punti centrali di una politica alternativa devono coagularsi con i movimenti di resistenza e le diverse lotte, tanto più che può esserci una certa desincronizzazione tra queste lotte – la cui dimensione e dinamica sono fluttuanti dopo tre anni di una crisi terribile – e forme di radicalizzazione politica legata al rifiuto del governo, forme certamente segnate da dinamiche bipolarizzanti.

Inoltre, un governo Samaras potrebbe in un prossimo periodo, in alleanza con Israele (e Cipro), giocare la carta di un’affermazione della sovranità nazionale su un’ampia zona mediterranea che si stima disponga di riserve importanti di gas e petrolio, che verrebbero presentate come risorse che permetterebbero «lo sviluppo della Grecia». Una simile iniziativa avventurista – con l’appoggio di Israele che dispone di un’autonomia consolidata rispetto agli Stati Uniti – aprirebbe un conflitto con la Turchia. Attualmente è più difficile da attuare, data la situazione in Siria. Ma, nel caso, in Grecia si infiammerebbero le tendenze nazionaliste. Il 6 gennaio 2012, il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu metteva già in guardia il governo greco contro le «ricerche petrolifere» nelle regioni contestate. È un’altra sfida per le forze che compongono Syriza, più specificamente per la corrente internazionalista.

In questo contesto – di equilibrio politico e sociale precario e pericoloso – l’ultimo sondaggio (11 gennaio) per Skai TV e Kathimerini giunge a puntino. Nuova Democrazia ottiene il 29% delle opinioni «sondate» (+3%); Syriza: 28,5% (-2%); Alba Dorata: 10%; PASOK: 8%; Greci indipendenti (molto a destra): 8%; Sinistra Democratica (DIMAR): 7%; KKE (PC): 5,5%.

Un risultato ha stupito diversi analisti: l’8% del PASOK che è in piena disfatta.

In rapporto a dicembre 2012, il numero delle persone che pensano che Syriza vincerà le prossime elezioni è diminuito del 16% rispetto a dicembre. Il rifiuto del governo è sempre forte, anche se è un po’ diminuito. Il sondaggio è venuto in appoggio alla campagna esposta sopra. Anche se una maggioranza pensa che la crisi durerà ancora 5 anni, indica la flessione dell’idea diffusa di un «probabile fallimento della Grecia» con le sue «conseguenze terribili per tutti» se il rispetto dei piani di austerità non si afferma e se questi non sono applicati, tema avanzato in permanenza da Samaras e dal ministro delle Finanze Yannis Sturnaras.

Antonis Samaras è giudicato più capace di governare di Alexis Tsipras, che arriva in terza posizione. In seconda posizione arriva un assente: «i sondati» affermano che nessuno è capace di governare correttamente, il che traduce un elemento significativo dell’attuale congiuntura. L’utilizzo dei sondaggi è un’arma utilizzata con foga, la stampa filogovernativa e i media elettronici egemoni, non hanno esitato a farlo.

Una configurazione segnata dal (pre)Congresso

All’interno di Syriza, il precongresso di fine novembre-inizio dicembre 2012 ha modificato la configurazione dei rapporti tra correnti politiche. I voti raccolti dall’accordo concluso durante il congresso tra la Corrente di Sinistra (rappresentata da P. Lafazanis) e il «polo di sinistra» (DEA e la maggioranza di Kokkino e APo), cioè il 25,71% dei voti su 2.987 delegati votanti (un certo numero de/i/lle 3.308 delegat/i/e – uno su dieci – aveva dovuto lasciare il congresso poiché la votazione si è svolta tardissimo domenica sera), hanno suscitato lo stupore del «gruppo presidenziale» di Tsipras.

Quest’ultimo, sentendo il clima, ha fatto un lungo intervento tardivo – non previsto e poco accettato da una frangia dei congressisti – in pieno dibattito sulla questione della futura struttura organizzativa di Syriza. Si è chiaramente opposto alla presentazione di due liste per l’elezione dei due organi dirigenti, in nome della «nuova democrazia da esercitare individualmente da ciascun membro». Di fatto, questo «centro presidenziale», composto per l’essenziale da una generazione di trentenni e quarantenni, cerca di svolgere una funzione bonapartista. Ma tenta di farlo su un terreno interno molto mobile in un contesto in cui il governo Samaras ha ripreso per ora l’iniziativa, anche se la sua base parlamentare rimane debole e potrebbe disfarsi di fronte al prodursi di avvenimenti propri alla molteplice crisi che regna in Grecia.

La posizione del «gruppo presidenziale» – con le sue caratteristiche parzialmente informali – oggi fa comunque da sbarramento alla dinamica più di destra di un settore influente di Synaspismos, cosa che è spesso trascurata dai denunciatori di Syriza. Il «gruppo presidenziale», in questa funzione bonapartista difficile da dominare, rispetto alla sinistra di Syriza gioca a volte la carta della cooptazione piuttosto che quella della sua neutralizzazione.

Tanto più che il legame tra la «corrente di sinistra» e il «polo di sinistra» si è mantenuto e si consolida dopo il congresso. La formazione di una segreteria esecutiva di Syriza, che si è costituita giovedì 10 gennaio e deve riunirsi con scadenza settimanale, lascia meno margine di manovra alla leadership di Tsipras che ha molto spazio sui media, e avrebbe avuto maggiori possibilità di rendersi autonomo da un «Comitato centrale» che si riunisce solo una volta al mese, mentre la temporalità sociopolitica greca è compressa.

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NOTE

[1] Un organo di giustizia della città di Igumenitza, nel Nordovest della Grecia, dedicato alle infrazioni alla legge, ha appena rilasciato 17 immigranti clandestini che erano fuggiti dalle loro celle, tanto disastrose e atroci erano le condizioni della loro detenzione, ed erano stati nuovamente arrestati. La loro fuga è stata giudicata giustificata. In effetti, lo stato della prigione contravveniva a tre articoli della Convenzione europea sui Diritti dell’Uomo.

[2] Ritorneremo sulle caratteristiche di Alba Dorata. Ci si può riferire all’intervista pubblicata su questo sito con l’autore dell’opera più informata in materia, Dimitri Psarras («Aube Dorée:des origines au présent»). Quest’ultimo verrà in Svizzera per un ciclo di conferenze all’inizio di febbraio 2013.

[3] Gli esercizi commerciali di legna da ardere registrati dalla Camera di commercio di Atene, sono passati da 5 nel 2010 a 19 nel 2011 3 e a 32 nel 2012. Un indice di crescita dell’economia posta sotto la sorveglianza della Troika. All’inizio di gennaio 2013, gli esperti del ministero dell’Ambiente dichiaravano che il limite di 50 microgrammi di monossido di carbonio e di ossido di azoto per metro cubo di aria è stato superato più di 35 volte negli ultimi giorni ad Atene. La distribuzione socio-spaziale è un po’ differenziata. Con l’ondata di freddo invernale, la concentrazione di inquinanti è salita a 170 microgrammi/m3. Il consumo di gasolio è diminuito del 75%. Ne deriva per lo Stato una perdita fiscale stimata in varie centinaia di milioni, ironia della politica di austerità. Una parte della stampa greca è d’altra parte piena delle proposte più fantasiose sulle nuove imposte che il governo potrebbe inventare.


Traduzione di Gigi Viglino

http://alencontre.org/laune/la-grece-un-equilibre-precaire-et-gros-de-dangers.html

dal sito http://antoniomoscato.altervista.org/


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