OPPOSIZIONE AL GOVERNO LETTA-ALFANO E RICOSTRUIRE LA SINISTRA IN ITALIA
di Corrado Morgia
Con la fiducia al governo Letta–Alfano si chiude, almeno per ora,un lungo periodo apertosi nel novembre 2011 con la rovinosa caduta di Berlusconi che, non dimentichiamolo, nel 2008 aveva ottenuto, alla Camera come al Senato, una notevolissima maggioranza, progressivamente sfaldatasi per la sua evidente incapacità di far fronte ai problemi della crisi più grave degli ultimi decenni, all’inizio addirittura negata, e alle conseguenti esigenze di intervento a livello interno e internazionale.
A quel punto con tutta evidenza bisognava andare alle elezioni, sia pure anticipate. Il Pd probabilmente avrebbe vinto alla grande e il nostro Paese si sarebbe potuto finalmente liberare di Berlusconi, il cancro che lo rode da ormai troppi anni.
Berlusconi infatti, stando a tutti i sondaggi di quel periodo, avrebbe indubbiamente perso, ma Napolitano preferì scegliere Monti per guidare un governo cosiddetto di emergenza, sostenuto già allora da una innaturale maggioranza composta da Pd e Pdl, con l’aggiunta dei centristi di Casini.
Come è noto l’esperimento è stato negativo, infatti oltre a durare troppo, il governo Monti, che al massimo si poteva limitare a pochi provvedimenti per dare poi la parola agli elettori almeno entro la primavera del 2012, ha combinato ulteriori danni, aggravando una situazione già pesante.
Infatti l’ex rettore della Bocconi, apparentemente un tecnico, ma in realtà un politico mediocre al servizio della finanza internazionale, non solo si presentò con un codazzo di figuri, sedicenti tecnici, assolutamente mediocri e/o incompetenti, messi a fare i ministri quasi per caso, basta pensare alla Fornero, a Profumo o all’ineffabile Ornaghi, solo in ossequio alle esigenze di poteri forti ed occulti, ma con provvedimenti scriteriati ha finito con il far peggiorare un malato già debilitato da anni di cura, si fa per dire, del micidiale trio Berlusconi, Bossi, Tremonti.
Dal canto suo il Pd, incerto e pavido come non mai, incapace di opporsi a Napolitano per andare il più rapidamente possibile alle elezioni, si faceva trovare con il classico cerino in mano, accerchiato dalla spregiudicata ma abile manovra congiunta di Berlusconi, al quale veniva regalato addirittura un ruolo di opposizione, e di Grillo che, su opposte barricate, ne provocavano la pessima prestazione, facendolo passare come l’unico sostenitore del suddetto Monti e quindi come il vero responsabile delle sue politiche antipopolari.
Tutto ciò nonostante la buona volontà di Bersani, timidamente impegnato a spostare su un versante socialdemocratico di stampo europeo, un partito, il Pd, né carne né pesce, pura sommatoria di fazioni e correnti, incapace di proposte chiare e unitarie e quindi di rappresentare in modo coerente e responsabile le esigenze del mondo del lavoro, calpestate in tutti questi anni dalla protervia del satrapo di Arcore.
Il resto è cronaca degli ultimi mesi. Napolitano si è rifiutato, come pure doveva a norma di Costituzione vigente, di dare un incarico pieno a Bersani, che dal canto suo ce l’ha messa tutta per mostrarsi incerto e balbettante anche di fronte alla scadenza, fondamentale per la vita del paese, della elezione del nuovo presidente della repubblica, apparendo incapace di cogliere le sia pur contraddittorie aperture dei Cinquestelle sul nome di Rodotà e tanto imbambolato da mandare allo sbaraglio sia Marini che, soprattutto, Prodi.
A quel punto Berlusconi con tutta evidenza aveva riconquistato il ruolo di primattore, presentandosi persino da bravo istrione e da vero imbroglione, come “statista”, pensoso del bene comune, ma in realtà preoccupato come sempre solo di salvare se stesso dai processi, e quindi favorevole a quel governo delle “larghe intese” che tutti in precedenza nel Pd avevano detto di non volere, transitando ovviamente attraverso la rielezione di Napolitano, vero Deus ex machina di tutta l’operazione.
Stretto in una morsa, ed incapace di reagire politicamente, Bersani, già consegnatosi alla destra del suo partito nella modesta conduzione della campagna elettorale, non aveva quella di arrendersi, senza nemmeno l’onore delle armi, e consegnare il paese di nuovo alle manovre e ai ricatti di un individuo che da anni tiene in ostaggio l’Italia per difendere i suoi loschi interessi personali.
Quanto durerà il governo Letta non è dato sapere, dipenderà a mio avviso dall’andamento delle vicende giudiziarie del padrone di Mediaset, che, come affermato apertamente da Brunetta, tiene in mano le chiavi della maggioranza ed è in grado di staccare a suo piacimento i tubi che tengono in vita un governo che pure, oltre a molti membri dell’Aspen Institute Italia e di altri potenti organismi massonici sovrannazionali, comprende pure, in ruoli di secondo piano, brave e rispettabili persone.
Il Paese è stato di nuovo riconsegnato nelle mani del venditore, come fu definito anni or sono da Peppino Fiori, per la debolezza, la complicità e anche l’insipienza di quanti avrebbero dovuto intelligentemente combatterlo senza tregua, per quello che è e per le forze che rappresenta, il peggio del nostro paese, come si può capire dai suoi amici mafiosi e faccendieri e comunque dal blocco sociale di destra che è stato capace di cementare.
Non si venga a questo punto a scomodare la nostra storia recente, facendo indebiti paragoni tra il dialogo tra Moro e Berlinguer e ciò che abbiamo di fronte oggi.
Non solo c’è una distanza abissale tra i vari personaggi in questione, per cui è improponibile ogni similitudine, ma ci sono anche altra scelta che trentacinque anni di distanza, compresa tutta la retorica che è stata spesa sulle virtù taumaturgiche del bipolarismo e/o bipartitismo.
Non abbiamo davanti un compromesso storico e nemmeno una grande coalizione, tanto meno una riedizione del connubio tra Cavour e Rattazzi, come qualcuno incautamente ha sostenuto, ma un misero espediente bassamente trasformistico, secondi una delle peggiori tradizioni italiche, per evitare di andare a un governo Bersani, sia pure, almenoin partenza, di minoranza, che annunciava qualche cambiamento, o a nuove elezioni e per fare l’ennesimo regalo a chi invece dovrebbe rispondere dello sfacelo morale, ancor prima che materiale, in cui siamo precipitati.
E non si tiri in ballo, come qualcuno osa fare, la pacificazione, la guerra, se di guerra si tratta, può cessare infatti solo con il ritorno al primato della legge e con la difesa strenua dei principi della costituzione, contro improbabili e illegittime convenzioni!
Per quanto riguarda nuove elezioni poi evidentemente da noi ciò che è stato possibile in Grecia, non è concesso e quindi ci teniamo, speriamo per poco, il governo delle “amazzoni”.
Ora, in conclusione, non intendo fare previsioni, ma solo auspici. Di fronte al fallimento clamoroso del Pd occorre ricostruire la sinistra. Il Pd, che sia pure con qualche difficoltà poteva essere definito un organismo politico di sinistra, sembra non esserci più, al suo
posto riemergono oltre a feroci gruppi di potere, le componenti storiche degli eredi della
sinistra del novecento e del cristianesimo sociale e democratico.
E’ giunta l’ora della definitiva separazione: questo è oggi uno dei punti principali all’ordine del giorno. Il governo sarà pure costretto a prendere dei provvedimenti, per turare qualche falla, anche se le avvisaglie non sono buone, perché l’abolizione dell’Imu per tutti sulla prima casa è chiaramente un regalo a chi possiede ville e castelli, ma al di là di questo rimane dunque aperto il problema del sistema politico del nostro paese, sistema in cui una sinistra culturalmente e politicamente autonoma e che esplicitamente si nomini come tale, non c’è più, determinando con ciò l’assenza di una coerente rappresentanza del mondo del lavoro e dei lavori.
La presenza di Sel in parlamento è un fatto significativo e importante, per le posizioni che il movimento ha assunto di opposizione responsabile al governo e quindi per le prospettive, ma la crisi del Pd, lo scioglimento della lista Ingroia e precedentemente della Federazione della Sinistra, indicano che un problema esiste ed è enorme ed è quello della ricomposizione e ricostruzione di una forza di sinistra organizzata anche in forme nuove, che si richiami esplicitamente alla storia della sinistra italiana del secolo scorso, alla ricchezza delle esperienze della sinistra europea e soprattutto alle realtà dei movimenti e del mondo del lavoro, così vilipese e trascurate negli ultimi anni. Una sinistra che sia al contempo capace di guardare avanti e di rispondere in senso progressista alle sfide della crisi che stiamo attraversando.
Il compito che abbiamo di fronte è questo, le potenzialità per uno scatto in avanti ci sono, perché il vuoto c’è ed è grande, ma esistono anche le forze e le capacità per riempirlo.
Bisogna a tal fine cercare ovviamente di coinvolgere non solo le organizzazioni citate, ripeto quanti nel Pd sono ancora sensibili a questi temi, ma anche gli ambienti del sindacato, a cominciare da Landini, che già hanno dimostrato attenzione a tali problematiche, e ancora personalità della cultura e della storia politica dl paese come Rodotà, e tanti cittadini, compagni e parlamentari ed elettori di Grillo che pure possono essere interessati e coinvolti, pensando anche alla quantità crescente di astenuti nelle ultime elezioni, molti dei quali sicuramente delusi di sinistra.
Il Movimento per il Partito del Lavoro, senza rivendicare alcuna primogenitura deve mettersi in modo generoso al servizio di un tale progetto, cercando tutte le opportune interlocuzioni e alleanze, contribuendo ad una elaborazione che deve essere programmatica e insieme ideale e culturale, ma senza pretendere nulla che non sia l’impegno alla costruzione di qualcosa di più grande per contribuire finalmente alla ricostruzione della sinistra italiana.
Siamo forse di fronte ad una delle ultime possibilità che ci vengono offerte dalla storia per rimettere in piedi una sinistra degna di questo nome, va bandito ogni egoismo, ogni settarismo, ogni patriottismo di sigla o di bandiera, solo così si potrà avviare una fase veramente costituente ricordando che ad altri è riuscito, per esempio al di là delle Alpi, è riuscito: rifare la sinistra!
8 maggio 2013
da "Lavoro & Politica"
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