UN PRIMO BILANCIO DEL MOVIMENTO DI GRILLO
di Antonio Moscato
I due articoli che seguono erano stati scritti ai primi di marzo per “Inprecor”, la rivista in francese della Quarta Internazionale, e ovviamente non avevano potuto commentare la tattica, per certi aspetti più abile, tentata successivamente dal M5S nei confronti del PD con le candidature di Gino Strada, Milena Gabanelli e Stefano Rodotà, su cui peraltro Grillo si era fatto qualche illusione, sopravvalutandone il radicalismo e la lontananza rispetto al PD. E naturalmente non poteva esserci la critica alle nuove sortite di Grillo sul costo del pubblico impiego o dei pensionati (di cui ho parlato in Beppe Grillo e il Primo Maggio ) e tanto meno alla nuova inquietante sortita contro la proposta del riconoscimento della cittadinanza in base allo jus soli, sortita che è sbagliata sia se subordinata a una proposta di referendum (che in Italia non si può fare come referendum propositivo, per cui passerebbero anni per modificare prima la costituzione e quindi servirebbe solo a rinviare il tutto alle calende greche…), sia per il rinvio della decisione a una valutazione europea.
I miserabili pennivendoli di PD e PDL rimproverano a Grillo ipocritamente di voler uscire dall’Europa, io credo che al contrario sia scandaloso che egli si dimentichi che da anni, per debolezza e complicità delle sinistre, l’Europa è gestita esclusivamente dai rappresentanti del grande capitale, da burocrati superpagati e non eletti, e “informata” da organi di disinformazione al loro servizio. Come può aspettarsi qualcosa di utile e di positivo da questi organismi europei, che sono anche più corrotti e dannosi delle nostre stesse rappresentanze parlamentari? È più facile raggiungere un obiettivo concentrando gli sforzi in un paese, collegandosi intanto a forze analoghe per un’azione comune che utilizzi anche successi parziali come stimolo.
Nonostante queste ed altre possibili lacune, quando ho ricevuto il numero 592/593 di Inprecor col mio dossier su Grillo, ho deciso di pubblicarlo anche in italiano. Rileggendo i due articoli mi sono parsi un tentativo di presentare un ritratto a tutto tondo del M5S per un pubblico non italiano. C’era ovviamente qualche ripetizione, perché avevo utilizzato certamente pezzi di quei miei articoli precedenti che la redazione di Inprecor aveva apprezzato e sulla base dei quali mi aveva chiesto di scrivere, ma rappresentava un passo avanti rispetto ai miei scritti precedenti.
Certo bisognerà tornare con un’analisi più approfondita delle contraddizioni che erano prevedibili, ma ora comunciano ad emergere più chiaramente. Beppe Grillo le ha attribuite a volte (come nell’intervista di oggi a Jacopo Jacoboni de “La Stampa”) all’inesperienza, e confida nello studio che i neo eletti fanno con zelo ammirevole, ma dovrà fare i conti sia con le debolezze strutturali della organizzazione che ha voluto dare al movimento, sia con l’eterogeneità delle provenienze, dovuta alla straordinaria rapidità della crescita dei consensi.
Per capire perché a Parigi ci tenessero a conoscere meglio il fenomeno, segnalo poi che alcuni sondaggi internazionali (condotti però in Italia) danno il fenomeno Cinque Stelle in ulteriore crescita, mentre da noi tutti i sondaggisti lo danno in calo netto. Ad esempio l’istituto tedesco di sondaggio Rkw il 5 maggio prevedeva che il M5S oggi arriverebbe al 31,3%, il PDL al 25,8% mentre il PD scenderebbe ancora fino al 18,6%. Non mi fido molto dei sondaggisti in genere. Forse anche in Germania sbagliano. Forse le contraddizioni del M5S e la qualità dei suoi candidati nelle elezioni amministrative porteranno arretramenti analoghi a quello che c’è stato nelle regionali del Friuli. Ma il fenomeno rimane importante, certo non sparisce in un giorno: sarebbe bene dunque che la sinistra tutta, a partire dalla stessa Sinistra critica, ne discutesse seriamente, senza anatemi e soprattutto senza confondere i desideri con la realtà. (a.m.16/5/13)]
1) DA DOVE VIENE GRILLO
In Italia ma anche in Europa il successo elettorale della lista Movimento 5 stelle che fa capo a Beppe Grillo, che ha raggiunto il 25% alla camera diventando il primo partito, e ha percentuali anche molto superiori in molte regioni d’Italia, ha suscitato sgomento, e poi una ricerca frenetica e spesso fuorviante di interpretazioni del suo eccezionale successo. Ha colpito soprattutto che ha aumentato i voti anche dove aveva già avuto un buon risultato in elezioni amministrative, come a Parma, dove si era votato un anno fa e tutti commentatori ne davano per scontato il crollo, o in Sicilia dove era diventato il primo partito appena quattro mesi fa, ed era aumentato ancora grazie a gesti propagandistici importanti (rifiuto del rimborso elettorale ed autoriduzione dell’indennità), ma anche grazie alla capacità di garantire un appoggio tattico ad alcune buone iniziative del governatore di Centrosinistra Rosario Crocetta, che ha tra l’altro bloccato i lavori per il MUOS, una gigantesca antenna radar degli Stati Uniti, e ha realizzato la soppressione delle province, organismi intermedi che da decenni tutti i partiti dicevano di voler eliminare, senza farlo mai. E nella zona in cui si è sviluppata con maggiore forza la lotta contro il traforo per il collegamento Torino Lione ad alta velocità, e in cui aveva già ottenuto ottimi risultati nelle elezioni regionali del 2010, ha raggiunto ora una percentuale del 40%, con punte del 53% in alcuni comuni.
Quello che sconvolge i commentatori tradizionali abituati al linguaggio bizantino e oscuro che ha inquinato la scena politica italiana da almeno trenta anni, è che il movimento di Grillo, pur essendo diventato l’ago della bilancia in un parlamento in cui nessuno ha una maggioranza, non ha fretta di incassare e lascia cuocere a fuoco lento i suoi avversari, sempre più disorientati e incapaci di capire le sue mosse. Delle quali è difficile effettivamente fare una previsione, anche se è certo solo che non si presterà a offrire le sue truppe in cambio di qualche poltrona ministeriale. Guarda più lontano, e pensa che se si logora ulteriormente la coalizione di centrosinistra, in caso di rapido ritorno alle urne il suo movimento potrà essere il vincitore assoluto.
Chi è Grillo
Ma da dove è venuto fuori questo personaggio? L’origine della sua fortuna, è che era soltanto un comico, ma senza peli sulla lingua, e nel 1986 ha osato in uno spettacolo ironizzare sui furti dei socialisti, che in Italia erano argomento di barzellette ma ovviamente un tabù in televisione. Era solo una battuta ma Bettino Craxi decretò la sua cacciata dalla RAI (la televisione di Stato), praticamente per sempre. Poi molti anni dopo Grillo sarebbe stato ricercatissimo ma avrebbe sistematicamente rifiutato e mantenuto una forte ostilità nei confronti della televisione anche se, accettando qualche sporadica presenza ben retribuita in certi spettacoli, come il Festival della canzone di San Remo, si è mantenuto in contatto con il pubblico più largo.
Ma intanto organizzava in giro per l’Italia spettacoli di cabaret, affollatissimi nonostante facesse pagare molto l’ingressso: un’oculata amministrazione (i genovesi hanno un rapporto col denaro che in Italia batte la fama degli scozzesi) ne ha fatto presto un miliardario. I suoi spettacoli, che facevano controinformazione su molti temi politici, diventavano seguitissimi, perché sicuramente indipendenti e senza nessuna autocensura.
Grillo, ha scelto di rifiutare i giornalisti italiani, per punirli in blocco per qualche commento malevolo su di lui, ma sa fare eccezioni. Quando a cercarlo è una grande firma come Gian Antonio Stella, giornalista del “Corriere della sera”, e soprattutto coautore del fortunato libro La casta, ha accettato subito e ha spiegato sinceramente il perché del suo stile oratorio urlato: “in una piazza aperta, per arrivare alla gente, in fondo, devi gridare. È la mia caratteristica il finto iroso, il finto arrabbiato. Arrivo al culmine della rabbia e poi sdrammatizzo con una battuta”. E alla domanda di Stella, intervistatore ostile ma intelligente: “Vuol dire che nei comizi recita?” Grillo risponde “Assolutamente sì. Capiamoci, la rabbia c’è, l’indignazione c’è, ma sono sempre controllate”. (L’intervista era apparsa sul n. 22 di “Sette” del 1° giugno 2012). Di fatto si capisce l’indignazione di Grillo per i giornalisti stupidi che, di due ore di comizio-spettacolo, hanno sempre raccolto i 30 o 40 secondi in cui egli ricorreva al turpiloquio.
In realtà l’uso delle parolacce, delle battute a doppio senso, della defomazione dei cognomi, ha una funzione duplice: attirare l’attenzione, apparendo radicalmente diverso da ogni altro oratore politico, e distruggere gli avversari divertendo gli spettatori con una tecnica da guitto del teatro popolare tradizionale. Per certi aspetti l’immagine di Grillo che urla, riprodotta in tante copertine di settimanali, ricorda soprattutto una maschera dell’antica commedia atellana, diffusa in Italia fin dal V secolo a.c., e spiega l’intesa stabilita con un altro maestro del teatro popolare, attento alle tradizioni contadine, il premio Nobel per la letteratura Dario Fo, che ha appoggiato decisamente il passaggio del collega dalle scene alle piazze, lasciate nel frattempo sempre più deserte dai partiti tradizionali, incapaci di attirare le masse col loro linguaggio congelato, una vera langue de bois…
La tecnica l’aveva sperimentata bene prima di decidersi a un diretto impegno politico. Già negli anni Novanta aveva cominciato a portare sulle scene dei recital dall’impronta ambientalista e politica, che avevano avuto un notevole successo (17 milioni di ascolti) ed erano stati ritrasmessi per un’ultima volta dalla RAI. Ma aveva scelto di presentarsi da allora in poi come ostile a tutti gli strumenti di comunicazione di massa, non solo le televisioni ma anche internet, e quindi nei suoi spettacoli, nel 2000, spaccava in scena un televisore. Ma l’incontro con quello che viene presentato abitualmente dai mass media italiani come il suo guru, Gianroberto Casaleggio, lo porta a integrare la comunicazione diretta sulle piazze con un blog che otterrà rapidamente premi importanti e si colloca quasi subito al primo posto per numero di visitatori in Italia. Nel 2009 è stato collocato al settimo posto della lista delle Web Celeb pubblicata da Forbes, mentre l’anno precedente era stato collocato dall’Observer al nono posto in una lista dei 50 blog più influenti a livello mondiale. Sempre senza che il mondo della politica tradizionale se ne accorgesse.
Negli anni duemila si intensificano le iniziative politiche, come la petizione popolare al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi per chiedere la fine della partecipazione alla guerra in Iraq, o una campagna contro gli inceneritori. Promuove anche una campagna contro le banche che hanno consigliato i bond argentini, e pubblica sul quotidiano internazionale International Herald Tribune un appello a pagamento contro la rielezione dei deputati condannati in via definitiva per vari reati, un tema su cui ritornerà spesso.
Più clamorose le apparizioni in veste di piccolo azionista e di rappresentante di altri nelle assemblee di varie società (Telecom, Monte dei Paschi, ecc.) per denunciare operazioni sbagliate e illegali
Ma si deve aspettare il 2009 per una vera “discesa in campo”. Grillo ha fiutato la crisi profonda del PD e si iscrive in un circolo di uno sperduto paese, per rivendicare il diritto di partecipare alle primarie per l’elezione del segretario. Gli viene negato, e la tessera annullata: il segretario uscente, Piero Fassino, attuale sindaco di Torino, gli dice che non è ammissibile, perché ha posizioni incompatibili, ad esempio sul TAV, e viene invitato a farsi un altro partito, poi si vedrà…
Il consiglio è accettato, e già l’anno dopo dà i primi frutti: il suo movimento si presenta alle elezioni regionali in Piemonte, e ottiene due consiglieri, quanto basta per far perdere la regione al PD che l’amministrava e chiedeva il pugno di ferro contro gli abitanti della Val di Susa che si opponevano al pericoloso e costoso traforo (e che fino a quel momento avevano votato in maggioranza per il PD). Negli anni successivi il M5S si presenta in molte elezioni amministrative parziali (in Italia le crisi frequenti di molte Giunte municipali e regionali hanno portato a scadenze non sincronizzate) e ottiene quasi ovunque alcuni consiglieri che conquistano spazi rifiutando parte dei compensi previsti, e contestando le principali decisioni prese dalla maggioranza, rifiutando ogni alleanza per sottolineare la propria diversità. Ma solo nella primavera del 2012 il movimento diventa il primo partito in alcuni comuni, tra cui un importante capoluogo di provincia, Parma, dove spazza via il candidato di centrodestra, e batte sorprendentemente anche quello di centrosinistra nel ballottaggio, conquistando il posto di sindaco. Il movimento non è più liquidabile come la stranezza di un comico, e si può presentare con altre facce, giovani e pulite e tutte con la caratteristica di non aver mai partecipato a un’amministrazione precedente. Tuttavia all’orizzonte appaiono le prime nubi: il nuovo sindaco propone come assessori vari tecnici competenti di altre città, e uno di essi viene subito bloccato da Grillo che lo aveva espulso dal movimento (finora solo lui e il suo vice, proprietari del blog e del logo, possono farlo); altri esperti già contattati si sono ritirati prudentemente.
Il successo più clamoroso arriva dalla Sicilia, feudo da lungo tempo del PDL e dei suoi partiti alleati. La giunta si è dovuta dimettere per una serie di scandali, e il disorientamento dell’elettorato è grande e la partecipazione degli iscritti alle attività preliminari è scarsa anche nel centrosinistra. Comunque nelle primarie del centrosinistra trionfa un personaggio atipico, Rosario Crocetta, che è iscritto al PD, ma proviene dal PRC e poi dal PdCI, ed è anche dichiaratamente omosessuale, cosa non facile in una regione in cui esiste un tradizionale machismo e conservatorismo. Ma il fatto nuovo è la presenza del M5S, rappresentato da giovani sconosciuti, e rafforzato da una straordinaria partecipazione di Beppe Grillo, che arriva nell’isola a nuoto, con un tempo ottimo (meno del Traghetto, ha sottolineato). Non è un’impresa da nulla, sfidare le correnti dello Stretto di Messina. È immaginabile la facile ironia dei commentatori politici, ma ovviamente l’arrivo non passa inosservato, e nessuno può ignorare questa novità, e le piazze delle città e dei paesi siciliani si riempiono quando parla Grillo. I vecchi partiti si riuniscono al massimo in un teatro mezzo vuoto.
Il risultato del voto del 28 ottobre 2012 in effetti è sorprendente e getta nel panico tutto il ceto politico: ha votato meno del 50% degli aventi diritto, e ha vinto, sia pure con uno scarso margine, la coalizione di centrosinistra, a cui mancano però parecchi seggi per poter approvare le leggi. Il M5S è diventato nell’isola il primo partito con quasi il 20% dei votanti. Ha rotto gli argini, e quel che conta, ha dimostrato rapidamente che non si trattava di un successo passeggero: alle successive elezioni politiche del 24-25 febbraio raggiungerà in alcune città della Sicilia come Alcamo, governata fin qui dal PD, perfino il 48%. Ha consolidato e accresciuto il risultato anche perché ha utilizzato i primi quattro mesi per fare gesti simbolici come la rinuncia a parte del cospicuo compenso, devoluto a un fondo per assistere le microimprese, e l’appoggio tattico a singole misure della giunta, smontando la campagna che demonizza i “grillini” come elementi capaci solo di distruggere.
Le elezioni nazionali sono state anticipate a febbraio, senza una vera necessità: era bastata una dichiarazione di possibile sfiducia al governo da parte di Angelino Alfano, il segretario fantoccio del partito di Berlusconi, per decidere il premier Monti a indire le elezioni in un periodo invernale che era sempre stato evitato per il rischio di maltempo. In realtà Grillo sostiene non a torto che erano state anticipate proprio per rendere difficile se non impossibile la presentazione di una nuova lista, che doveva raccogliere in poco tempo un gran numero di firme per la presentazione dei candidati, mentre i partiti preesistenti non dovevano farlo.
Tra la sorpresa generale non solo le firme per il M5S vengono raccolte in gran fretta e in modo regolare (mentre in passato molte presentazioni di liste minori erano avvenute con firme false, raramente contestate), ma i sondaggi cominciano a far temere risultati sconvolgenti. E la campagna viene condotta in modo tradizionale e sonnolento dal PD e da SEL (Sinistra, ecologia e libertà, il pezzo moderato dal PRC che affianca docilmente il PD), mentre torna in scena Silvio Berlusconi, che dalle prime ore del mattino a notte tarda compare su tutte le TV sue o di Stato, e comincia una rimonta basata su promesse mirabolanti di eliminazione delle tasse. Invia perfino una lettera a tutti i contribuenti annunciando che se vincerà farà rimborsare attraverso gli uffici postali l’IMU, una tassa sulla casa particolarmente odiosa. La lettera è formulata in modo tale che in molte città davanti agli uffici postali si formano code di pensionati che hanno frainteso la lettera e pensano di avere diritto al rimborso (l’analfabetismo di ritorno è in crescita vertiginosa in Italia…). Grillo intanto fa invece un numero enorme di comizi-spettacolo sempre più affollati, che culmineranno l’ultima sera nella piazza romana di San Giovanni, che era stata per decenni il luogo tradizionale dei grandi comizi del PCI, al tempo di Togliatti e di Berlinguer.
Beppe Grillo tuttavia non si candida, se non come “garante esterno” della sua lista (di cui in realtà, secondo le accuse dei primi dissidenti, è il padre-padrone). Lo fa per avvalorare la sua campagna contro la presenza in parlamento di deputati e senatori che hanno avuto condanne penali, anche se forse non era necessario per lui, che ha avuto solo una condanna per un incidente automobilistico su una strada coperta di ghiaccio, da cui si è salvato saltando fuori mentre l’auto cadeva in un burrone, con i passeggeri a bordo. Non era un reato infamante, ma probabilmente il rifiuto di entrare in parlamento tendeva ad avvalorare ulteriormente la sua diversità dagli altri politici, che hanno fissato norme molto elastiche per eludere le norme moralizzatrici, e che non rinunciano mai a una poltrona.
Ignorato dai politici di mestiere, che alla vigilia del suo trionfo continuano a trattarlo come un intruso, Grillo arriva a superare tutti gli altri partiti, anche se la pessima legge elettorale assegna per la camera il premio di maggioranza alla coalizione, e non al singolo partito che ha avuto più voti, e al senato alla coalizione, ma regione per regione, con un meccanismo che era stato inventato da un esponente della Lega Nord per favorire Berlusconi, e che questa volta ha assicurato invece l’impossibilità di formare una maggioranza omogenea. Il rifiuto del M5S di stabilire alleanze e votare la fiducia a un qualsiasi partito, aumenta il panico dei vecchi partiti. “Il signor Grillo”, pur non essendo parlamentare, viene convocato per le consultazioni, al pari di Bersani e Berlusconi… Un primo trionfo.
* * *
2) I PROBLEMI DI GRILLO
Gran parte della pur ridotta sinistra italiana, ormai fuori dal parlamento, ha liquidato il movimento sorto intorno a Beppe Grillo con gli stessi argomenti utilizzati dal ceto politico del PD e del PDL: si tratterebbe di una “manifestazione di antipolitica”. In realtà era evidente che non si trattava di “antipolitica”, ma di una proposta politica diversa, anche se non del tutto convincente e parziale, perché concentrata soprattutto sulla denuncia della corruzione della “Casta”. Ma la corruzione c’è davvero, sostanzialmente impunita, e ha coinvolto anche il PD che pure rivendica l’eredità del vecchio PCI. Il successo crescente di queste liste rappresenta quindi una giusta punizione per un ceto politico incapace di rinnovamento, e che non sa ascoltare la gente comune, da molto tempo.
Ma questo successo del movimento che fa capo alla persona di Beppe Grillo, (che di fatto ha avuto per anni un compito di coordinamento, rappresentanza, collegio di garanzia, cassiere), crea non pochi problemi al proprio interno. Ne ha parlato lo stesso Grillo in due interessanti interviste fattegli pochi mesi fa da due grandi giornalisti, Gian Antonio Stella e Marco Travaglio.[1]. Uniche eccezioni, dato che Grillo ha scelto da mesi la tattica di rifiutare ogni intervista o partecipazione a dibattiti televisivi italiani, concedendosi solo a i mass media esteri.
Naturalmente anche in queste interviste Grillo non ha rinunciato a molte battute “da comico”, come: “vogliamo arrivare al 100% dei voti, soli contro un governo di tutti” (banchieri, finanzieri, Confindustria, vecchi partiti, industriali con aspirazioni politiche come Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari…), oppure: “mi tocca diventare moderato, sennò questi partiti spariscono troppo rapidamente”. Ma dietro c’era una verità: il crollo dei vecchi partiti e la fine anticipata della legislatura ha creato qualche problema, soprattutto rendendo più rischiosa la selezione on-line dei candidati, che sono risultati comunque abbastanza eterogenei e inevitabilmente troppo loquaci nonostante le raccomandazioni di prudenza e di diffidenza verso i mass media. Lo stesso Grillo ha ammesso che la forte centralizzazione del movimento (il logo è suo e lo dà o lo nega a suo insindacabile parere) dovrebbe servire a bloccare infiltrazioni. Ma dato che il controllo è affidato esclusivamente al leader (che rifiuta peraltro questo nome, presentandosi solo come “garante”) e al suo vice e amministratore del blog, Gianroberto Casaleggio, non sempre è efficace. D’altra parte in molti, anche tra i suoi sostenitori, si domandano: in base a quale imperscrutabile criterio Grillo sceglie, accetta o rifiuta?
I criteri in base ai quali ha allontanato, soprattutto in Emilia, dove aveva avuto i primi successi in elezioni amministrative parziali, alcuni dei consiglieri eletti, sembravano pretestuosi, e drammatizzavano le divergenze effettive, dando l’impressione che Grillo non tollerasse l’eccessiva indipendenza di giudizio e la stroncasse preventivamente con alcune sentenze “esemplari”.
Tra gli argomenti utilizzati per l’espulsione (definita eufemisticamente solo “allontanamento dal movimento”), ce n’è una particolarmente inquietante: riferendosi a Valentino Tavolazzi, che era stato scelto dal neo sindaco di Parma Pizzarotti per il ruolo tecnico di direttore generale del comune, e che egli aveva rifiutato, Grillo ha dichiarato: “È onesto e competente. Ma fa politica da troppi anni, (…) faceva riunioni, parlava ai nostri ragazzi di votazioni, organismi interni, cariche, strutture verticali. Noi non siamo così”.
Cioè diventa una colpa ogni tentativo di autorganizzazione degli iscritti. Grillo nell’intervista a Stella ha detto che non si può: “Abbiamo provato a discutere dell’organizzazione tra di noi. Un disastro. Diventi un partito quando discuti della struttura”. E il partito è concepito come il male assoluto!
Nel caso di questo Tavolazzi, in realtà, la sua esperienza politica era stata minima, solo a livello di quartiere, nel PCI, e molti anni prima: nulla a vedere con “la casta”. Poi nel 2008-2009 aveva cominciato a far politica con una lista civica riconosciuta da Grillo. Sicuramente ce ne sono molti altri nella stessa condizione tra gli eletti nelle liste nel movimento 5 stelle. E soprattutto, come si può pensare a gestire in questo modo personale la selezione e il controllo di un movimento cresciuto impetuosamente?
Finora, dopo il primi successi in elezioni amministrative, si erano sperimentati sistemi insoliti. A Parma hanno provato a bandire una specie di concorso per assegnare gli assessorati, esaminando i candidati (autocandidati!) in un colloquio con l’ausilio di uno psicologo. Un singolare surrogato di una normale struttura politica locale. Ora i 163 tra deputati e senatori, tutti arrivati in parlamento senza esperienze locali significative, saranno preparati con corsi accelerati e intensivi di Diritto amministrativo, Diritto costituzionale ed Economia. A quanto potranno servire si vedrà.
I nuovi eletti soprattutto hanno ricevuto (e per ora accettato) l’ordine di non parlare con il nemico (cioè tutti gli altri), delegando le dichiarazioni solo ai due capigruppo. Tra l’altro almeno una dei primi due che sono stati scelti per questa funzione, che dovrebbe essere svolta a rotazione e durare solo tre mesi, ha rivelato una scarsissima cultura, perché ha scritto sul suo blog e poi ribadito maldestramente, che il fascismo delle origini era buono e si sarebbe guastato solo successivamente, con il razzismo e la guerra… Affermazione che non prova tuttavia la provenienza da gruppi fascisti, ma semplicemente che la giovane deputata condivide la sostanziale ignoranza della maggior parte dei giovani che sono usciti dalle scuole italiane a partire dagli anni Novanta, e che è stata confermata da alcune inchieste, ma per me anche dalla mia esperienza personale di docente.
E sia l’elettorato, sia gli eletti sono molto giovani. Le fasce generazionali più rappresentative sono di età compresa dai 25 ai 34 anni e dai 35 ai 44, mentre sono sottorappresentate le fasce d’età dai 54 anni in avanti. E’ un elettorato distribuito omogeneamente su tutto il territorio, nelle grandi, medie e piccole città. Raccoglie percentuali superiori alla media in tutte le categorie professionali (relativamente meno fra i dipendenti pubblici) mentre è sotto la media fra le casalinghe e i pensionati. Il 22% di loro si dichiara refrattario ad ogni collocazione sull’asse destra sinistra. Chi ancora si colloca invece si riferisce prevalentemente alla sinistra. Diverse inchieste sulle provenienze dell’elettorato del M5S hanno accertato che nelle precedenti elezioni molti non hanno votato (37%), e tra quelli che avevano votato, il 30% lo ha fatto per la sinistra, e il 27% per la destra berlusconiana o leghista..
In ogni caso ci si può domandare quanto potrà durare questo isolamento totale? Come impedire che ad esempio nelle commissioni parlamentari i nuovi deputati vengano a contatto con altri, e siano costretti a pronunciarsi senza poter aspettare il parere del capogruppo? E come evitare che nel rapporto tra gli eletti e i loro elettori, cioè in assemblee locali nelle loro città, si trovino a dover discutere il loro operato con altre forze?
Le concezioni organizzative sono attualmente semplicissime. Basta solo respingere in blocco il “sistema dei partiti”. Si contrappone un “noi” a tutti gli altri, “loro”. Certo, questa concezione è facilitata dalla somiglianza tra i programmi e le pratiche dei due principali schieramenti che si sono alternati al governo negli ultimi diciotto anni. Ma è particolarmente pericolosa l’assenza di una spiegazione convincente dell’involuzione progressiva dei partiti della sinistra: vedendola solo come una specie di tara congenita, di “peccato originale” dovuto alla loro natura di “partiti”, non si capisce che il processo non era fatale e che potrebbe quindi riprodursi anche in una nuova formazione ugualmente iniziata con le migliori intenzioni possibili, come il movimento operaio alle sue origini, e come è stato per diversi decenni e in vari paesi. Ma questo è un discorso lungo e complesso, anche perché l’esorcizzazione della “forma partito” non è specifica o esclusiva del M5S, ma ha circolato in gran parte della stessa sinistra italiana, facilitando non poche forme di manipolazioni e di autoritarismo camuffato.
Per il momento la linea generale la dà sempre Grillo, che è anche riuscito con il suo ruolo storico a far annullare decisioni già prese ad alcuni dei primi sindaci eletti; ma già sulla decisione di non partecipare a dibattiti televisivi ha trovato la resistenza di alcuni consiglieri eletti, uno dei quali gli ha risposto: “finché non c’è un’organizzazione nazionale, il mio parere vale quello di Grillo, poi quando ci sarà un organismo comune rispetterò le decisioni della maggioranza”: di fatto proprio quello che Tavolazzi proponeva e per cui è stato cacciato…
Beppe Grillo ha qualche volte scherzosamente alluso alla troppa rapida crescita che evidentemente gli pone problemi di assimilazione di candidati che non conosceva neppure, e che sono stati scelti in base alle loro autopresentazioni sul blog, anche se poi ha ricominciato a dire che non si fermerà finché non avrà ottenuto il 100 % dei voti e degli eletti, progetto che facilita chi lo vuole caratterizzare come “fascista”.
Il grosso delle proposte politiche di Grillo espresse nelle due interviste a Stella e Traverso, e poi in un libro scritto insieme al suo principale collaboratore Casaleggio e a Dario Fo, premio Nobel per la letteratura e suo prestigioso sponsorizzatore, sono però condivisibili e abbastanza chiaramente di sinistra: tagliare le spese militari a partire dai cacciabombardieri F35, nazionalizzare banche, autostrade e telefoni, frequenze radio e TV, che “sono roba di tutti”, energia e acqua devono essere pubbliche.[2] E ancora; no ai trafori per l’Alta Velocità e alle altre “Grandi Opere” costosissime e inutili. Sul piano istituzionale fa proposte non risolutive, e condivise a parole un po’ da tutti, come la soppressione delle province, una struttura intermedia tra i comuni e le regioni, che tra l’altro non erano previste dalla costituzione. Un cambiamento apparente e soltanto di nome. La sua campagna contro l’eccessiva spesa pubblica a volte riprende però temi della demagogia di destra, e potrebbe facilitare nuovi tagli alle già modeste retribuzioni del 90% dei dipendenti pubblici.
In un paese in cui ci sono pensioni inferiori ai 500 euro mensili può essere popolare la sua proposta di fermare tutte le pensioni a 3.000 euro netti al mese, per assicurare un “reddito di cittadinanza” almeno per due anni. Ha ovviamente successo anche l’idea di chiedere a medici e dentisti privati di operare “per qualche ora a settimana chi ha bisogno”…Anche se sarebbe meglio ricostruire un vero servizio sanitario pubblico per tutti, gratuito ed efficiente…
Un’altra proposta, l’uscita dall’Euro, che non è di per sé di destra, ma è stata utilizzata propagandisticamente dalla destra estrema, e in campagna elettorale dallo stesso Berlusconi, è stata ridimensionata, e formulata in termini meno netti di richiesta di un referendum. Se ovviamente può essere utile per rifiutare il ricatto della “cacciata dell’Italia dall’Europa”, non è certo risolutiva, tanto più che non tiene conto che sono in crisi anche paesi che non sono entrati nell’area dell’Euro… E certo non aiuta a capire l’origine profonda della crisi, che non è solo monetaria e tantomeno solo italiana, ma di tutto il sistema capitalista.
A volte Grillo e lo stesso Casaleggio, che per molti motivi è considerato la sua anima nera, sostengono che il loro programma è anticapitalista, anche se al di là della denuncia di molte malefatte, vi manca un’analisi di classe. E dell’Europa e del contesto internazionale si parla poco, magari per proporre come modello una legge di Hollande o la cogestione sindacale alla Volkswagen.
Comunque ogni parola di Grillo viene soppesata e interpretata come un sintomo di un orientamento fascista dagli esponenti del centrosinistra che si sentono defraudati di una vittoria che avevano creduto sicura. La prima accusa che gli muovono riguarda due affermazioni ripetute ossessivamente: le idee giuste non sono “né di destra né di sinistra”, e “i partiti sono tutti uguali”, considerata tout court di destra. Viene rinfacciato a Beppe Grillo di aver manifestato simpatia a Silvio Berlusconi al momento della sua “discesa in campo” nel 1994, dimenticando che allora erano stati in tanti ad abboccare a quell’amo. Lo ha ammesso recentemente, ad esempio, anche il presidente del Consiglio Mario Monti. Viene ricordato molto meno invece che ancora nel 2009 Grillo aveva tentato di presentarsi alle primarie del PD. e d’altra parte, non si può dimenticare che infinite volte il centrosinistra ha puntellato Berlusconi in difficoltà, e ha evitato, quando è stato al governo, di toccarne le pessime leggi, compresa quella elettorale, di cui sperava di approfittare.
In realtà l’opinione che destra e sinistra si assomiglino è oggi condivisa da moltissimi in Italia, soprattutto dopo un anno in cui sono scoppiati molti nuovi scandali per malgoverno e arricchimenti illeciti che hanno colpito sia esponenti del PDL e della Lega, sia quelli del PD. Il più clamoroso è esploso nel Monte dei Paschi di Siena, la terza banca italiana, storicamente legata al PCI e poi al PD, che si è trovata con un ammanco di molti miliardi per avventurosi acquisti di banche minori e di derivati tossici, e ha richiesto un poderoso salvataggio pubblico per evitare il fallimento.
Dagli scandali è stato sfiorato perfino quel pezzo del PRC che ha fiancheggiato il PD (SEL, Sinistra Ecologia e Libertà), il cui leader indiscusso Nichi Vendola, governatore delle Puglie, è stato processato per un’interferenza illecita in un concorso per un ruolo di medico primario, ma aveva più volte dovuto giustificare atti illeciti dei suoi collaboratori sempre nel settore sanitario. È stato assolto, ma la destra ha scoperto poi diverse foto in cui prima del processo era a cena con la giudice, amica personale di sua sorella, e ha quindi messo in dubbio l’imparzialità della sentenza. Così anche per questo nelle elezioni politiche la coalizione di centrosinistra con cui Vendola amministra la regione ha perso la maggioranza, ottenendo solo il 26,5% contro il 32,9% del centro destra. Nel 2010 avevano invece rispettivamente il 48,69% e il 42,25%. Si capisce così come ha fatto il M5S, che non aveva mai avuto eletti in questa regione, ad arrivare al 25,5%, mentre il partito di Vendola si è fermato al 6,5% (tre anni fa aveva ottenuto il 9,74% con in più un 5,53% di una “Lista per Vendola”). È evidente che il successo dei “grillini”, come vengono chiamati con malevolenza dagli avversari, sia dovuto soprattutto al crollo della sinistra.
Ma è comprensibile: le idee di Grillo in realtà sono prevalentemente prese dalla sinistra, tanto più ora che ha un “consulente” prestigioso e popolare come Dario Fo. Sono però anche eclettiche, oscillanti, e vengono cambiate periodicamente. La ragione è che Grillo non è solo un attore, è anche un osservatore attento, un uomo che fiuta gli umori della folla e li intepreta. Con cinismo, a volte, come quando, nel periodo massima crisi della Lega Nord, fece un attacco alla criminalità diffusa tra gli immigrati africani, proponendo di prenderli a schiaffi e spedirli nel loro paese, e si oppose alla proposta civilissima di riconoscere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati e cresciuti in Italia. Poi l’ha accantonata e sostituita con un meno scandaloso ma poco verosimile progetto di sviluppare energie alternative in Marocco, per liberarlo dalla dipendenza del petrolio e crearvi posti di lavoro.
In una piazza meridionale, a Brindisi, durante il suo frenetico giro ribattezzato “Tsunami tour”, Grillo aveva sferrato anche un attacco violento ai sindacati, “strumenti vecchi come i partiti”, proponendone la soppressione tra gli applausi della folla. L’assoluta immobilità delle confederazioni sindacali di fronte ai pesantissimi attacchi a lavoratori e pensionati, le ha infatti screditate moltissimo, soprattutto nel sud in disgregazione. Ma il giorno dopo, ascoltati vari commenti allarmati, ha cambiato tono, dicendo che intendeva riferirsi solo alle tre confederazioni CGIL-CISL e UIL, ma che invece apprezzava la FIOM (il sindacato dei metalmeccanici della CGIL), e i Cobas (comitati di base), che in realtà sono molto variegati e che a volte contribuiscono anch’essi col loro settarismo a impedire una risposta unitaria agli attacchi padronali e governativi. Insomma Grillo ascolta gli umori della piazza e si orienta, e si corregge se necessario, quello che gli importa è il consenso ottenuto momentaneamente. D’altra parte nessuno glielo può rimproverare effettivamente: quando i giornali lo criticano, li respinge in blocco, e li accusa di essere “venduti”. I suoi elettori condividono questo disprezzo e quindi non si preoccupano delle accuse che si trovano sulla carta stampata, semplicemente non ci credono. L’importante è che appaia diverso dagli altri uomini politici: se perde qualche consenso appena ottenuto, poco male, ne trova altri. Una certa fluttuazione del suo elettorato è scontata, l’importante è che cresca il consenso in voti, non sembra interessato a costruire un’organizzazione stabile, a cui dovrebbe rendere conto. I dati emersi sulle primarie on line per la selezione dei candidati, hanno visto un numero di partecipanti molto basso per la selezione preventiva degli aventi diritto al voto, per cui in certe regioni alcuni sono stati candidati da poche decine di “grandi elettori”.
I suoi iscritti d’altra parte interagiscono poco con le altre organizzazioni: ad esempio in Val di Susa, hanno sostenuto effettivamente la lotta, ma senza mai nominare le altre forze presenti. In un certo senso l’hanno appoggiata, ma annettendosela. Ora hanno annunciato una manifestazione con la presenza di tutti e 163 gli eletti tra camera e senato, positiva perché renderà più difficile il ricorso alla repressione finora praticato con estrema violenza, ma che tende ad assumere la rappresentanza della lunga lotta di quella valle.
Lo stesso si nota quando si riferiscono al grande movimento per l’acqua pubblica, che ha portato a un referendum vincente: l’hanno presentato come se fosse stato solo loro e non costruito da centinaia di migliaia di militanti e da moltissimi comitati unitari, oltre che da partiti e movimenti di sinistra.
Comunque a volte, lo stesso Grillo ha accennato alla possibilità e necessità di alleanze, ed anzi ammette di aver tentato a più riprese un dialogo con diversi esponenti politici: aveva mantenuto buoni rapporti con Antonio Di Pietro, un ex magistrato entrato in politica con qualche successo ed ora penosamente travolto prima da una serie di scandali personali, e clamorosamente battuto alle ultime elezioni. Grillo aveva perfino inviato una lettera con diversi consigli all’ultimo presidente del Consiglio, Mario Monti, subito dopo la sua designazione a premier, che non gli aveva nemmeno risposto. Lo ha fatto probabilmente in base alla sua convinzione che “i partiti sono tutti uguali, gli uomini no”, e che nei partiti ci sarebbero anche “persone per bene”. I rifiuti sdegnosi di tutti, e il successo del suo movimento, lo hanno spinto a inasprire lo scontro e a puntare un logoramento delle altre forze rifiutando finora di fornire i suoi voti, per costringerli ad allearsi tra loro per evitare nuove elezioni immediate, che secondo molti osservatori potrebbero vedere un’ulteriore crescita del M5S.
Ma come si è visto in casi analoghi, i voti che si spostano in fretta rivelano una forte volatilità, e possono essere persi in fretta se non c’è una forza ben organizzata per giustificare scelte e cambiamenti di rotta. Il problema di Grillo è che – se ha innegabilmente un grande fiuto politico – non ha al suo fianco un gruppo dirigente con l’esperienza sufficiente per analizzare in tempo i mutamenti dell’opinione pubblica, per esempio rispetto a un rischio di default del paese, che potrebbe sicuramente essere messo in conto alla sua rigidità nel rifiutare un accordo.
Non sembra che sia sufficiente discutere le scelte con il cosiddetto “guru” Gianroberto Casaleggio, la cui esperienza politica è ancor più limitata e per giunta influenzata dalla sua cultura esoterica, da cui ricava le sue profezie su future guerre cosiche. Anche se non è l’uomo occulto dei “poteri forti, dalla massoneria al Bilderberg, alla Golman Sachs” (è lui stesso a respingere queste insinuazioni che circolano molto in quell’estrema sinistra che vede ovunque complotti), e indubbiamente è un esperto in comunicazione e marketing, tuttavia non da molte garanzie: ad esempio era il consulente anche di quell’Antonio Di Pietro che è stato appena spazzato via dalla scena politica, dopo aver avuto un certo peso negli ultimi parlamenti, ottenendo anche incarichi di ministro.
Finora Grillo ha potuto approfittare al massimo della stupidità degli avversari, che lo hanno tutti, da destra e da sinistra, prima sottovalutato, poi attaccato in modo controproducente, ma ora deve assumersi una responsabilità molto grande, evitando di farsi scaricare addosso la responsabilità della crisi politica e di quella economica…
E per farlo, deve costruire una vera direzione collegiale capace di affrontare lo scontro politico con quanto rimane del vecchio sistema politico, che non è poco ed è ancora in grado di approfittare di ogni passo falso dei nuovi venuti…
[I due articoli erano stati scritti ai primi di marzo per Inprecor, la rivista in francese della Quarta Internazionale. a.m.16/5/13]
[1] Sul supplemento settimanale “SETTE” del “Corriere della sera” del 1° giugno 2012 e su “Il Fatto Quotidiano” del 13 giugno 2012.
[2] Dario Fo, Gianroberto Casaleggio, Beppe Grillo, il grillo canta sempre al tramonto, Chiarelettere, 2013.
16 Maggio 2013
dal sito Movimento Operaio
Nessun commento:
Posta un commento