LA CRISI, LE CRISI, LA GUERRA
Dal 2006 ad oggi l’economia capitalista è entrata in crisi. Iniziata con la crisi dei mutui subprime e lo sgonfiarsi della bolla immobiliare, ha fatto seguito la successiva crisi finanziaria (agosto 2007) cui sono seguite una recessione, iniziata nel 2008, e la grave crisi industriale dell’autunno dello stesso anno di proporzioni più ampie, per molti, della Grande Depressione del 1929.
Nel 2009 la crisi dell’economia capitalista si è generalizzata, con pesanti aspetti recessivi e vertiginosi crolli dei Pil in numerosi paesi del mondo e in special modo nel cosiddetto “mondo occidentale”. Terminata la recessione nel terzo trimestre 2009, tra la fine dello stesso anno e il 2010 si è da più parti decantata una fase di ripresa risultata in realtà effimera.
Tra il 2010 e l’anno successivo si è invece verificato un allargamento della crisi ai debiti sovrani e e delle finanze pubbliche di molti paesi dell’eurozona, che in alcuni casi hanno evitato l’insolvenza (di Portogallo, Irlanda, Grecia), grazie all’erogazione di ingenti prestiti (da parte di FMI e UE), denominati “piani di salvataggio”, volti a scongiurare possibili default, a prezzo però di politiche di bilancio fortemente restrittive sui conti pubblici, avviando una fase di austerità e frenando consumi e produzione, alimentando così una vertiginosa spirale recessiva in diversi paesi.
Tra i fattori causa della crisi economica globale, figurano gli alti prezzi delle materie prime, come il petrolio (shock energetico effetto del disastro di Fukushima), l’elevata inflazione e la minaccia di una recessione su scala globale e, infine, una crisi creditizia (seguita a quella bancaria) con conseguente crollo di fiducia dei mercati borsistici.
Il mondo sta attraversando una sovrapposizione di crisi cicliche. Una tra queste è quella tecnologica: il Capitale ha bisogno di ristrutturarsi per affrontare il passaggio alle nuove tecnologie.
La guerra fredda e la corsa allo spazio e agli armamenti, nei decenni scorsi, hanno determinato lo l’affermarsi di complessi apparati d’informazione e comunicazione, quale base di uno sviluppo tecnologico-industriale che ha permesso la crescita dell’economia negli ultimi 30 anni.
Oggi siamo in una nuova fase di passaggio dello sviluppo capitalistico, cui i principali vettori di crescita sono le innovazioni informatiche e comunicative, le biotecnologie, le nanotecnologie e le scienze cognitive. A questa crisi economica si aggiunge la crisi ambientale, quella alimentare e dello stato-nazione.
Con la fine del mondo diviso in blocchi e la globalizzazione selvaggia, i conflitti nazionali, etnici e religiosi sono esplosi aumentando le spinte alla frammentazione. Il modello dello stato-nazione ottocentesco è in trasformazione, poiché inadeguato, in molti casi, a reggere l’urto della competizione globale. A fianco di tanti nuovi piccoli Stati, vi sono Stati di dimensione continentale, per estensione geografica e/o popolazione, che emergono prepotentemente insieme a altri attori super- o inter-statuali (Ue, Nato, Ocse, Guam) e sub-statuali (lobby, ong, multinazionali, mafie, gruppi terroristi, etc.); in questo contesto gli unici Stati che conservano parte della loro forza e sovranità solo quelli legati ai vecchi e nuovi poli imperialistici.
Da una parte il cosiddetto “impero americano” cerca di rimanere egemone, mentre in Asia crescono “nuove” potenze che si contendono risorse e ricchezze con Usa e Ue. Fagocitare un paese come l’Ucraina è fondamentale per allargare il proprio mercato a scapito di altri e garantirsi una massa di lavoratori a basso costo. Ma l’era della tristemente famosa pax americana è finita da tempo, il Medio Oriente è lì a dimostrarci che regimi asserviti non garantiscono più alcuna stabilità. Mentre lo scontro inter-imperialistico per l’accaparramento delle risorse e delle proprie zone d’influenza si fa sempre più feroce. La terza guerra mondiale è una guerra civile globale dove gli attori in campo possono essere al contempo alleati tattici ed avversari strategici, come la questione Siria, Iran e Is sta confermando tra migliaia di morti.
In questo contesto, la congiuntura economica permette ai padroni di utilizzare la crisi contro i lavoratori. Ristrutturazioni, dismissioni, delocalizzazioni, privatizzazione di beni e servizi pubblici, precarietà, distruzione del welfare, licenziamenti, cassa integrazione, aumento dello sfruttamento, servono ai padroni per rovesciare contro i lavoratori tutto il peso della loro crisi, per ridurli a chiedere lavoro a qualsiasi condizione, a pregare di essere sfruttati. La crisi viene usata per ristrutturare e far arretrare il movimento operaio dalle sue conquiste storiche, per piegarlo ad accettare lo sfruttamento, i rapporti gerarchici e in generale il dominio capitalistico.
I lavoratori necessitano dunque di molti strumenti, che gli restituiscano la forza e la capacità di resistere e poter contrattaccare. Antirazzismo, internazionalismo, federalismo libertario, autogestione sono solo alcune delle parole d’ordine necessarie per invertire la tendenza alla subordinazione al pensiero unico e allo sfruttamento globale.
11 ottobre 2014
Redazione di «Lotta di Classe» - Editoriale Autunno/Inverno 2014
dal sito Lotta di classe Unione Sindacale Italiana
La vignetta è del Maestro Mauro Biani
Nessun commento:
Posta un commento