DOPO IL 12 DICEMBRE,COME PROSEGUIRE LA LOTTA CONTRO IL JOBS ACT
di Paolo Grassi
Dopo lo sciopero del 12 dicembre c'era grande attesa per gli appuntamenti previsti dei principali organismi dirigenti in programma alla fine della scorsa settimana. Il direttivo nazionale della Cgil del 17 dicembre e il Comitato centrale della Fiom del 19 erano carichi di aspettative per chi in questi mesi ha promosso la partecipazione alle grandi manifestazioni di questi mesi.
Il buon risultato di partecipazione degli scioperi della Fiom e della Cgil, insieme alla Uil, hanno contribuito ad accrescere l'aspettativa, al di là se realmente abbia aderito allo sciopero il 60% dei lavoratori e sono scesi in piazza, nelle 54 manifestazioni nel paese, oltre 1,5 milioni di persone (dati della Cgil difficili da verificare), è indiscutibile che la partecipazione è stata di massa.
La relazione della Camusso e il Comitato centrale della Fiom hanno tuttavia lasciato decisamente in sospeso la domanda essenziale: come proseguire? Il pacchetto delle proposte licenziate sono ambigue e quanto meno insufficienti a preparare il rilancio della mobilitazione.
Sia la Camusso che Landini hanno spiegato che la continuazione della mobilitazione dovrà giocare su due fronti, da un lato proseguire in modo intelligente la lotta sviluppando se necessario forme di lotta alternativi allo sciopero generale, come ad esempio gli scioperi alla rovescia, dall'altro provare a gestire e limitare il Jobs act anche per via contrattuale.
In verità se non si riuscirà a gennaio a mettere in croce il governo sui decreti attuativi l'unica strada che rimarrà sarà quella della gestione del Jobs act nella contrattazione. Terreno estremamente sfavorevole per i lavoratori come insegna l'esperienza. Fu così nel 2003 con la legge 30 dove la Cgil decise che il modo tramite il quale opporvisi dovesse essere in primo luogo per via contrattuale. I risultati sono davanti a tutti, oltre cinquanta forme di precarietà tuttora vigenti.
Quindi non resta che proseguire nella mobilitazione contro i decreti attuativi, ma allo stesso tempo è chiaro che in questa fase dello scontro non si può delegare esclusivamente alla direzione della Cgil le decisioni sulle modalità della lotta. I tanto citati scioperi alla rovescia ne sono un esempio. Quando la Camusso parla di scioperi alla rovescia si riferisce ad alcune mobilitazioni avvenute in Toscana e in Lombardia nelle scorse settimane. Nel primo caso si riferisce ai lavoratori che hanno rimesso in piedi una scuola devastata dall'alluvione, nel secondo caso dell'iniziativa presa dalla Cgil nel tenere aperto un museo che a causa dei tagli del ministero era rimasto chiuso. Iniziative che in nessun modo mettono con le spalle al muro un governo che continua a tirare dritto. Al di là degli slogan quello che serve oggi è una mobilitazione che sappia colpire i profitti, l'unica cosa a cui tengono veramente i padroni e il loro governo.
Il 12 dicembre per noi ha sempre rappresentato una seconda tappa della mobilitazione per verificare la disponibilità dei lavoratori a proseguire contro il Jobs act e fare un ulteriore passo avanti, passare dalle manifestazioni convocate dall'alto alla lotta azienda per azienda, territorio per territorio, articolandola nel modo più incisivo perché sia generalizzata e in grado di creare un clima di insubordinazione nel paese.
I lavoratori sono consapevoli delle responsabilità del vertice sindacale sulle tante contro riforme passate in questi anni, a partire dalle leggi Fornero. L'aspettativa generata in queste settimane contro il Jobs act non va confusa con l'idea che i lavoratori hanno firmato una cambiale in bianco ai dirigenti sindacali.
Per dare veramente forza alla lotta bisogna affiancare ai sindacati un coordinamento nazionale che rappresenti direttamente i lavoratori e le Rsu.
Nessuno meglio di chi è in produzione sa organizzare scioperi efficaci. In ogni fabbrica, in ogni luogo di lavoro devono essere organizzate assemblee per discutere la piattaforma ed eleggere dei delegati di vertenza che si riuniscano in coordinamenti cittadini, regionali, fino al livello nazionale con una grande assemblea in cui si discuta della piattaforma, della continuazione della mobilitazione eleggendo una delegazione nazionale dei lavoratori in produzione che affianchi i dirigenti sindacali nazionali nella gestione della vertenza.
Per questo sindacati di base come l'Usb hanno commesso un grande errore alla vigilia dello sciopero della Cgil, boicottandolo. Appello che è decisamente caduto nel vuoto, dimostrando la distanza siderale che divide il loro vertice dalla massa dei lavoratori, e che dimostra la deriva corporativa di certi sindacati. Nella sostanza il messaggio era che l'unità tra i lavoratori si costruisce solo aderendo alle iniziative di lotta promosse da se stessi. Sinceramente ci sembra un ragionamento completamente sconnesso dalla realtà e ci auguriamo che i tantissimi lavoratori e lavoratrici in gamba che sostengono questi sindacati riescano a portare alla ragione i propri dirigenti.
Se il vertice della Cgil riesce a non rispondere proponendo tutto e il contrario di tutto è in primo luogo perché sa che Jobs act, legge di stabilità, ammortizzatori sociali, sanità, privatizzazioni e quant'altro pongono all'ordine del giorno una lotta per la caduta del governo. Bastava essere presenti in una delle cinquanta piazze convocate per il 12 dicembre per verificare che sempre più lavoratori sono consapevoli che in ultima istanza lottare contro il Jobs act significa lottare per far cadere il governo. Se, vista la crisi devastante che stiamo attraversando, la lotta sindacale non è sufficiente, allora diventa necessario mettere in discussione il sistema che l'ha generata. Per far questo i dirigenti della Fiom, della Cgil, dei sindacati combattivi dovrebbero mettere in campo una campagna per la formazione di un partito dei lavoratori di questo paese. Un partito basato su una politica di indipendenza di classe, che parta dal punto di vista dei lavoratori e delle classi subalterne.
Continuare a lottare contro il Jobs act significa anche questo.
22 Dicembre 2014
dal sito FalceMartello
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