CINEMA

giovedì 22 gennaio 2015

AMEDEO BORDIGA E IL PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE di Diego Giachetti




AMEDEO BORDIGA E IL PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE
di Diego Giachetti




Nel 1929 Trotsky definì «vivente, muscoloso, abbondante» il pensiero di Amadeo Bordiga, il quale si era schierato al suo fianco nella lotta contro lo stalinismo, nonostante la diversità dei rispettivi punti di vista su alcuni problemi di non poco conto. Non a caso la sua espulsione dal Partito Comunista d’Italia, avvenuta nel marzo del 1930, fu motivata proprio sulla base del suo “filostrotskismo” manifestato nel confino di Ponza. L’espulsione giungeva a conclusione di una parabola politica consistente, nella quale il rivoluzionario napoletano aveva svolto un ruolo di primo piano nel partito socialista e poi in quello comunista sorto nel 1921. L’arco di tempo che comprende questa lunga e intensa militanza politica è l’oggetto del lavoro svolto e pubblicato da due autori, Corrado Basile e Alessandro Leni (Amadeo Bordiga politico, Colibrì, Torino, 2014). Nel libro si affiancano in modo circostanziato i fatti della lotta di classe con il pensiero e l’operato di Bordiga, l’attenzione si concentra in particolare sul lavoro politico compiuto da Bordiga fino al 1926, data con la quale si identifica la sconfitta della tendenza da lui rappresentata. La biografia politica del protagonista è attentamente messa in relazione al contesto storico, sociale, politico entro il quale si sviluppò evitando avvitamenti celebrativi su se stessa. Il lettore percepisce, pagina dopo pagina, il confronto vivo e vivace tra interlocutori politici e contesto storico entro il quale si sviluppò l’analisi bordighiana di fenomeni rilevanti per la storia del movimento operaio italiano e internazionale: dalla prima guerra mondiale, alla rivoluzione russa, alla fondazione del nuovo partito comunista, all’emergere della reazione fascista accanto ai primi sintomi di involuzione staliniana del potere bolscevico. Una documentazione notevole e circostanziata sorregge una ricostruzione storica ponderata e che non fa sconti a critiche e a fughe sintetiche, poste aprioristicamente ai fatti così come si sono svolti e al modo di interpretarli da parte del protagonista del libro. E’ una ricollocazione a pieno titolo dell’uomo nella storia del suo tempo che sgombra il campo da semplificazioni, verdetti liquidatori perduranti nel lungo tempo del senso comune nonché, all’opposto, di mitizzazioni eroiche del Bordiga solo contro tutti.

Questo modo di procedere è più che mai necessario nel caso del personaggio in questione al fine di rompere, come sostengono gli autori, quella congiura del silenzio, instauratasi nel secondo dopoguerra, rotto solo da attacchi denigrativi, calunniosi e falsi sul piano storico, politico e morale. Una congiura che però ebbe i suoi effetti facendo si che le sue posizioni e il suo stesso nome raramente circolassero a sinistra e nelle file dell'estrema sinistra. Paradossalmente lo stesso Bordiga contribuì indirettamente a quella congiura teorizzando in chiave antindividualista la necessità dell’anonimato nel lavoro politico e teorico. Nell’economia del libro l’azione politica e teorica, svolta intensamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, è trattata sinteticamente segnalando le difficoltà del nuovo contesto in cui si trovò a lavorare e in parte i limiti. Il metodo che egli seguì per affrontarle -scrivono- non lo aiutò a venirne a capo, nemmeno dal punto di vista della costituzione di un polo politico di riferimento per le forze di volta in volta messe in movimento dalle contraddizioni del sistema. Proprio a questo periodo si riferisce scrupolosamente il libro inerenti la storia del Partito Comunista Internazionale (PCInt.), nel quale Bordiga militò dalla sua costituzione nel 1952 fino alla morte avvenuta nel 1970, e il catalogo delle carte da lui possedute ora raccolte nell’archivio della Fondazione Amadeo Bordiga.




Il Partito Comunista Internazionale

In continuità con quello già dedicato alla storia del Partito Comunista Internazionalista negli anni dal 1943 al 1952 dal titolo Né con Truman né con Stalin, Sandro Saggioro ha pubblicato In Attesa della grande crisi. Storia del Partito Comunista Internazionale (dal 1952 al 1982), (Colibrì, Torino, 2014) nel quale narra le vicende di questo partito, meglio conosciuto dal nome del suo organo di stampa "Il Programma comunista", nell’arco di tempo che va dalla sua fondazione fino al 1982, anno in cui ripetute scissioni pongono fine, secondo l’autore, a quell’esperienza germinando una miriade di altri raggruppamenti. Il PCIint ha tra i suoi militanti Bordiga ascoltatissimo teorico, nonché organizzatore di rilievo. In effetti, scrive l’autore, anche se la cosa non piace ai militanti e tanto meno piaceva a Bordiga, l’etichetta di «bordighista», per chi volesse continuare ad usarla, ben si adatterebbe a questa formazione politica in quanto essa è «tale sotto il profilo della completa adesione alla peculiare lettura del marxismo che ha caratterizzato il pensiero del rivoluzionari napoletano», informandone l’organizzazione del partito stesso secondo la sua elaborazione basata su un centralismo politico e d’organizzazione, diverso da quello leniniano, definito organico.

Evidentemente l’opera non segue solo l’enunciazione della posizioni del pensiero di Bordiga, ma illustra la vita dell’organizzazione nel contesto in cui essa operò e si batte senza remore e compromessi su una linea marxista intransigente e rivoluzionaria fondata su un presupposto la cui enunciazione risale agli anni 1952-1953, secondo la quale l’epoca era caratterizzata dal rinculo della rivoluzione e dal trionfo della controrivoluzione, quindi dalla mancanza di un movimento indipendente e autonomo del proletariato da cui si faceva discendere che l’unico lavoro politico realmente e necessariamente possibile fosse la rivendicazione e la riproposizione dell’«l’integralità dei nostri testi classici» e aspettare «che l’inevitabile sconvolgersi delle situazioni ponga di nuovo il problema del pratico raccordarsi tra il programma e le lotte proletarie», cosi scriveva Amadeo Bordiga al fine di preparare il partito a quello che fu prospettato come il «decennio della pedata», collocato nella metà degli anni Settanta. Salvare il programma e la teoria marxista, edulcorati da invasioni delle scienze borghesi e dalla politica stalinista, attendere, senza rigurgiti di attivismo, che la crisi del sistema capitalistico scuotesse le masse proletarie e le ricongiungesse alla forma del partito rivoluzionario.

Il lavoro svolto dal PCInt, il suo dibattito interno, le prese di posizione, le diatribe e le rotture sono ben documentate e ricostruite attraverso un lungo e certosino lavoro di acquisizione di documenti di prima mano al quale l’autore si è dedicato, per poi usare abbondantemente quanto è riuscito a raccogliere in molti anni da vari compagni ed amici, nonché basandosi sulla sua esperienza di militanza vissuta nelle sezioni e nelle riunioni generali del partito. Notevole Infatti è il contributo che gli è venuto da singoli compagni che hanno conservato o raccolto documenti che spesso gli hanno donato, così che la stesura dell’opera è proceduta parallelamente alla costituzione di un archivio “privato” da parte dell’autore. L’opera include una nutrita appendice di testi importanti e di difficile reperibilità e di un supporto di documentazione basato su circolari interne, scritti riservati, corrispondenze private e testimonianze di singoli militanti.


Le carte e i libri di Amadeo Bordiga

Il poderoso lavoro intrapreso da Luigi Gerosa, pubblicato in Archivio della Fondazione Amadeo Bordiga, Fondazione Amadeo Bordiga, Napoli, 2013, raccoglie i testi della biblioteca, la corrispondenza, le carte di argomento politico e urbanistico, conservati nella casa di Bordiga a partire dal 1944. L’archivio si riferisce quindi solo a una parte della sua vita politica e professionale. Le ragioni per cui non esiste nulla del periodo precedente si spiega con la “visita” di una squadra di fascisti a casa sua nell’ottobre del 1926 che devastò suppellettili e biblioteca; poi, durante la guerra, la casa dove abitava a Napoli, andò completamente distrutta dai bombardamenti. Di notevole interesse è il carteggio che rappresenta la parte più preziosa, oltreché consistente: le lettere della sola sezione politica sono circa 3.400 di cui quelle scritte da Bordiga sono circa un terzo. Grazie al carteggio è possibile cogliere il lavoro dei singoli compagni al “lavoro anonimo e collettivo”, tipico del modo di funzionare del PCInt., quanto il prodursi di contrasti e defezioni al suo interno.

Dalla sua biblioteca emerge una mappa della sua formazione e dalle carte si evidenzia il suo stile di lavoro: i libri testimoniano l’intrecciarsi degli interessi in quanto ingegnere per la scienza e l’urbanistica e la teoria politica marxista. Le diverse culture frequentate (fisico-matematica, agraria, urbanistica, politica) trovarono nella sua opera un esito peculiare che rende singolare e inconfondibile il suo apporto alla teoria marxista. Bordiga concepiva il marxismo come una scienza e il suo fu un approccio diretto ai testi di Marx e Engels con una sola eccezione: la mediazione di Lenin. Un ritorno a Marx ed Engels, alle fonti originarie? Certo. Lo testimonia l’accanimento, documentato dalle carte conservate nell’archivio, nella ricerca e nella lettura filologica di testi di Marx: ricerca finalizzata a due scopi, in primo luogo a dimostrare che l’URSS e lo stalinismo avevano poco o niente a che vedere con Marx; in secondo luogo, a tentare di ricostruire almeno in embrione un partito comunista internazionale. Un Bordiga restauratore? Ripetitore di Marx?, si domanda l’autore. La formula presa alla lettera è ambigua. Egli non fu un marxologo. Pur operando all’interno dell’opera di Marx, scrive Gerosa, nella misura in cui ha insistito su determinati elementi anziché su altri, in funzione dell’analisi della società contemporanea o deducendone altri del tutto assenti, come per esempio la teoria dell’anonimato o quella del decadimento della scienza e della tecnica novecentesca, è chiaro che ha interpretato la teoria in qualche modo “aggiornandola”. L’analisi della realtà contemporanea e lo studio dei testi marxiani procedono in parallelo, stimolandosi l’uno coll’altro. Il ritorno “alle origini” non è mai fine a se stesso, non gesto ibrido e filologico, ma indotto dalla necessità di comprendere con gli strumenti offerti da Marx i drammi e le contraddizione della società contemporanea. Si tratta di questioni rilevanti, storiche e dottrinarie che un libro, pubblicato nel 2013 (Cosimo Cerardi, Rivoluzione e politica in Amadeo Bordiga, La Mongolfiera, Doria-Cosenza) ha sollevato e che ora trovano un’esauriente esposizione.




21 gennaio 2015



dal sito Sinistra in rete

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