FORZA TSIPRAS!
(PERO', DOPO NON FARE ERRORI)
di Aldo Giannuli
Tsipras ha tenuto un profilo molto basso e moderato in tutta la campagna elettorale ed ha fatto bene: se avesse sparato troppo in alto, minacciando il default o l’uscita unilaterale dall’Euro avrebbe fatto un favore al suo avversario, l’orrido Samaras, spedendogli fra le braccia i moderati.
Peraltro, è anche comprensibile che tenti la via del negoziato con Ue e Bce, lasciando agli altri la responsabilità di una eventuale rottura, ed, in questo quadro, leggiamo le dichiarazioni ultramoderate del suo economista di riferimento. I guai verranno dopo. Mario Draghi (che dopo l’annuncio dell’acquisto di titoli di stato europei è acclamato, immeritatamente, come una sorta di Keynes redivivo) è stato esplicito: potremo essere comprensivi con la Grecia se si atterrà alle indicazioni della Troika.
Insomma, la musica non cambia: Tsipras potrà sedere al tavolo delle trattative e non stare in ginocchio come il suo predecessore (il “Monti greco”), ma le condizioni sono sempre quelle. Magari si potrà rinegoziare il debito con qualche sconto sugli interessi, dilazionare i pagamenti, ma il capitale maturato non si tocca. Ma alla Grecia questo non basta: il suo debito sta andando verso il 177% del Pil nominale che è intorno ai 250 milioni di Euro ed, allo stato delle cose, la Grecia è il paese europeo che paga il rendimento reale più alto con un 7,6%.
Il che significa che, per gli interessi, se ne va circa un 13,5% di Pil ogni anno. Con quel che resta, i Greci devono vivere, finanziare lo Stato e trovare le risorse da investire per rilanciare l’economia. Mi pare una cosa fuori della realtà. Gli “ambasciatori” di Tsipras hanno chiesto uno sconto del 70-80% sul debito accumulato (che per circa metà è in possesso del “fondo salva stati” della Ue). Gli interlocutori per poco non sono stati colti da infarto, comunque hanno fatto capire che non se ne parla nemmeno. Ma, ragionando per assurdo e con sfrenato ottimismo, immaginiamo che i creditori (fondo salva stati in testa) arrivino a concedere un congelamento sine die del 50% dell’attuale debito e che il rendimento sulla quota restante scenda al 6% (tranquilli: non ho bevuto, è solo per fare un esempio teorico), ne conseguirebbe che la Grecia dovrebbe continuare a pagare per interessi circa il 5 e mezzo% del suo Pil. Resta da capire dove i greci, detratto il necessario per la sopravvivenza di cittadini e Stato, troveranno gli investimenti necessari al rilancio dell’economia.
Anche perché quella greca, oggi, è una economia distrutta, dove la gente acquista i generi di prima necessità con cambiali di piccolo taglio girate dall’uno all’altro (e nessuno sa a quanto ammonti questo debito privato), dove la disoccupazione tocca cifre da capogiro e dove il Pil è diminuito di anno in anno da un lustro: quindi occorre ricostruire il reticolo delle imprese, saldare i debiti privati accumulati, riorganizzare buona parte della distribuzione e diverse entrate che prima c’erano (ad esempio il porto del Pireo) ora non ci sono più perché vendite o cartolarizzate.
Allo stesso modo, è scarsamente credibile un ulteriore taglio alla spesa: vero è che la Grecia è stata a lungo afflitta da un eccesso assistenziale (ricordiamo il delirio delle pensioni di reversibilità dell’esercito e il diluvio di assunzioni nella Pa), ma è anche vero che negli ultimi anni di tagli se ne son fatti e che, peraltro, una soglia di spesa è incomprimibile, per cui di qui non si può fare molto di più che raschiare il fondo del barile.
Ma, soprattutto, non crediamo affatto che i creditori di Atene saranno tanto disponibili. Piaccia o no, quel che si concederà alla Grecia sarà immediatamente richiesto dal Portogallo, quindi sarà la volta di Cipro, della Spagna, dell’Italia e via di seguito.
Per cui la proposta più sensata di Tsipras è quella di arrivare ad una conferenza europea che abbia per oggetto la ristrutturazione del debito ma non sarà facile vincere le resistenze tedesche. Ma dopo potrebbe venire la vittoria di Podemos e queste due vittorie potrebbero accendere qualcosa di simile anche in Italia e Portogallo. Certo, ci vorrà un po’ di tempo, durante il quale Tsipras sarà disperatamente solo a misurarsi con una realtà difficilissima, schiacciato fra la sordità dei suoi interlocutori e le aspettative dei suoi elettori che reclameranno qualche segnale di cambiamento già subito. Occorrerà guadagnare tempo, ma nel frattempo, Tsipras sappia resistere ai diktat della troika ricorrendo alle uniche due armi a sua disposizione: minacciare il default e la rottura unilaterale dei trattati, tornando alla moneta nazionale. Certo: scelte dure e pericolose per la Grecia, ma che creerebbero non pochi problemi a Strasburgo, a Bruxelles, Ad Amburgo… ed a Berlino.
Un solco si aprirà e le forze “anti euro” saranno chiamate a raccolta per sostenere chi per primo avrà avuto il coraggio di sfidare il Moloch della Ue. Diversamente, Tsipras avrà come unica scelta piegare la testa davanti alla troika e firmare il suo suicidio politico.
Per ora, però, l’importante è che vinca, dopo vedremo il da farsi.
22 gennaio 2015
dal sito http://www.aldogiannuli.it/
Vignetta di AGJ
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