A VENT’ANNI DALLA MORTE DI ARRIGO CERVETTO:
IL SENSO DELLA MILITANZA RIVOLUZIONARIA
di Franco Astengo
In questi giorni ricorrono vent’anni dalla morte di Arrigo Cervetto, teorico marxista fondatore e ideologo del gruppo “Lotta Comunista” oggi ancora attivo in molte città italiane e presente, in particolare, proprio nei luoghi della sua fondazione tra Genova e Savona facendo registrare un’importante militanza operaia.
E’ appena comparso in libreria, e diffuso attraverso i consueti canali militanti, un testo di Guido La Barbera “Lotta Comunista, verso il Partito Strategia 1953-1965” per le edizioni dello stesso gruppo, nel quale si analizza il periodo nel corso del quale maturarono, dopo alterne vicende, le condizioni per la formazione del gruppo stesso.
Si trattava di una fase molto complessa nell’estrema sinistra italiana, dove persistevano ancora gruppi di estrazione bordighista, era in grande fermento all’interno del PCI l’area legata a Pietro Secchia (con la clamorosa vicenda della fuga di Giulio Seniga) e ai sussulti seguiti alla morte di Stalin con la conseguente lotta di potere in corso nell’URSS, si era da poco verificata la rottura dei “titoisti” Cucchi e Magnani (i “due pidocchi nella criniera del cavallo”) che avevano formato Unità Socialista, si avvertivano fermenti di passaggio dall’area anarchica a quella del “comunismo libertario” e ancora i primi vagiti del processo di autonomizzazione del PSI dalla logica frontista del “patto d’Unità d’azione” con i comunisti e l’avvio dell’esperienza di centrosinistra e della riunificazione socialdemocratica che poi fallirà clamorosamente nel cuore degli anni’60.
Un periodo di grande fermento, di confronto politico molto serrato che avrà il suo culmine nell’indimenticabile ’56 con il XX congresso e l’Ungheria da cui il PCI togliattiano uscirà, con l’VIII congresso, rinnovando i quadri ed elaborando la teoria del policentrismo e della “via italiana al socialismo”.
Cervetto fa parte in quel momento dei GAAP e si sta avvicinando al progetto di formazione di “Azione Comunista” promossa, tra gli altri, dallo stesso Seniga mentre si sta provando anche una sorta di riunificazione di tutte le forze della galassia della “Sinistra Comunista” che vede protagonisti anche i due Partiti Internazionalisti di Bordiga e di Damen e i gruppi trotskisti di Livio Maitan.
Il rivoluzionario savonese, fiero autodidatta proveniente direttamente dalla fabbrica, sta già elaborando i passaggi più importanti dell’impianto teorico che ne caratterizzerà la presenza sulla scena politica italiana nei decenni futuri e costituirà il nerbo della posizione storica di “Lotta Comunista”: dall’imperialismo unitario, al partito – scienza, alla difficoltà nell’individuare la “questione dei tempi” di un possibile scenario della rivoluzione, al processo in atto di complessiva socialdemocratizzazione dell’intera sinistra italiana anche in relazione alla prospettiva del “miracolo economico”.
Elementi diversi, alcuni sicuramente di fortissima intuizione, altri opinabili e discutibili perché portavano già in nuce elementi di conservatorismo nell’analisi, di estraneità (voluta ma a personale giudizio di chi scrive non positiva) rispetto alle dinamiche del quadro politico.
Lo stesso sviluppo che i successori di Cervetto hanno fornito alla teoria dell’imperialismo unitario, che rimane ancor oggi il “nocciolo duro” dell’elaborazione di Lotta Comunista andrebbe a questo punto rivisitata.
Si tratta però di giudizi soggettivi che non si intende, in questa sede, approfondire più di tanto perché l’argomento che si vuol toccare è diverso e riguarda proprio il tema della militanza rivoluzionaria, prendendo spunto da un mirabile passaggio contenuto proprio nel testo di La Barbera, appena sopra citato.
Il volume, infatti, contiene il resoconto, minuziosamente redatto dallo stesso Cervetto e riportato nei suoi “Taccuini” poi pubblicati tra il 1981 e il 1982, di un “Viaggio in Italia” compiuto tra il 2 maggio 1954 con partenza da Livorno e il 23 Maggio giorno del rientro a Savona.
In 20 giorni Cervetto tocca Roma, si trasferisce in Sicilia a Siracusa, Acireale, Catania (dove sono forti i richiami letterari, Brancati, e cinematografici, “La terra trema” di Luchino Visconti), rientra in Continente a Reggio Calabria poi Catanzaro e Crotone. Arriva a Taranto l’11 Maggio, si reca a Foggia, riunisce alcuni compagni a Roma e risale a Perugia il 15 Maggio. Poi Firenze, Bologna fino a Vicenza e l’estremo Nord a Bolzano. Dopo Cremona il 21 Maggio è a Milano, traccia un bilancio del viaggio, passa da Vercelli e Torino, il 23 maggio rientra a Savona.
Un viaggio compiuto con poche lire in tasca, utilizzando in gran parte treni “accelerati” (del resto al Sud le ferrovie non disponevano d’altro) con lunghi pernottamenti nelle sale d’aspetto con improbabili compagnie occasionali, in attesa di estenuanti coincidenze.
Cervetto, in ogni località, è atteso da piccoli gruppi di compagne e di compagni: accompagnato a casa di qualcuno, gli viene offerta la cena. Oppure attende in qualche bar l’attesa dei suoi interlocutori. Si tratta di operai di bassa estrazione culturale ma di forte impegno e preparazione politica: si avverte il livello elevato della discussione , l’analisi attenta dei vari aspetti in particolare di quello internazionale.
Si direbbe quasi una “scuola di partito” itinerante, prima ancora che di un contatto di tipo organizzativo: tutti consapevoli, però, che si stava lavorando all’idea della rivoluzione, del grande cambiamento sociale.
Cervetto avverte, nelle sue note, tutto ciò ed esprime in una maniera che oggi potrà apparire del tutto incomprensibile ai più l’orgoglio, la fierezza di sentirsi “rivoluzionario professionale”: anche se in realtà non lo è, non ci sono le condizioni per i soggetti di riferimento di costruire un apparato a tempo pieno.
Una descrizione affascinante per chi, ancor oggi, pensa alla militanza politica come all’atto più nobile che possa essere compiuto nell’ambito di un impegno soggettivo.
Si immagina davvero, scorrendo le pagine, questa Italia neo-realista dove gli operai si sentono ancora protagonisti del loro destino: sovvengono alla mente le immagini della clandestinità, della fatica dell’organizzazione e, insieme, del sentimento orgoglioso dell’appartenenza di classe.
Si riportano di seguito, per concludere, le frasi del testo del volume citato in chiusura di capitolo.
Le abbiamo prese a prestito perché siamo convinti che meglio di così non si possa sintetizzare questo passaggio aggiungendo che, pur nella diversità delle opinioni su specifici e fondamentali passaggi d’interpretazione e di passaggio politico, rimane un fortissimo punto comune: quella della militanza espresso con e accanto le compagne e i compagni. In questo caso non contano troppo i numeri, vale soprattutto la comunanza della tensione rivoluzionaria. Ieri come oggi.
“ ..Si può stimare che in venti giorni Cervetto abbia parlato con poco più di cento persone in colloqui o in relazioni. E’ la misura della difficoltà estrema di tenere assieme un pulviscolo d’insediamenti locali che spesso non va oltre la presenza dei singoli. I “giri di collegamento” servono a questo, altrimenti ci sono le circolari e i contatti per lettera, altrettanto lenti e faticosi. Si misura la spesa per i viaggi in treno, si contano i francobolli. A volte un giro è interrotto perché mancano i soldi. A volte bisogna rimandare una riunione del Comitato Nazionale, per la stessa ragione.
Detto questo è palese che questa faticosa tessitura di contatti e di relazioni, spesso una fatica di Sisifo, è un passaggio cruciale nella vita di Arrigo Cervetto. E’ un momento di formazione. Cervetto colpito da Siracusa “Italia Greca”, o “incantato” davanti al tramonto delle Dolomiti, certo è anche un giovane meno che trentenne che, per la prima volta, ha modo di vedere l’Italia, letteralmente dalla Sicilia alle Alpi.
Ma Cervetto che tesse le fila dell’organizzazione, che tiene relazioni a Catanzaro, a Perugia, a Vicenza o a Bolzano, è un militante afferrato definitivamente dalla passione politica.
Ha scelto e si sente un “rivoluzionario di professione”.
4 Febbraio 2015
dal sito Il Pane e le Rose
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