"PERRY MASON E LE ZAMPE DI VELLUTO" DI ERLE STANLEY GARDNER
di Omar Lastrucci
Se fino ad adesso ho ignorato l’universo di Perry Mason è stato un poco per pigrizia, e un poco per una fisiologica propensione verso altri tipi di poliziesco. Non che non avessi mai letto niente, ma lo avevo lasciato ai margini, come se l’opera di Gardner fosse di minore importanza rispetto a quella di altri giallisti. Sbagliavo.
Dunque, Gardner. Uno degli autori più prolifici, anche più, pensate, di Edgar Wallace, sempre citato tra gli autori più fecondi anche se in realtà i suoi romanzi polizieschi sono “solo” 92, senz’altro meno degli oltre 120 di Garner; solo i Perry Mason sono 82, più i 29 con Donald Lam (scritti da Gardner con lo pseudonimo di A.A. Fair) e altri titoli, come “La morte nella manica” o “Depone la morte” senza personaggi fissi.
Un autore che è senz’altro una delle “bandiere” del Giallo Mondadori; nella collana sono stati pubblicati tutti i suoi romanzi fin dagli anni trenta, quando alcuni dei primi libri con Mason uscirono tra le palmine. Ma l’esplosione dell’autore nel nostro paese si ebbe dal dopoguerra in poi; il primissimo numero dei GM del dopoguerra fu appunto un Gardner, ovvero “Perry Mason e l’avversario leale”, ristampato varie volte nei classici, di cui l’ultima nel 2013. Negli anni cinquanta e sessanta, fioccavano i Gardner come se piovesse, testi quasi inscindibili dalle magnifiche copertine di Jacono, che dava perlopiù risalto alle molte bellissime donne, di ogni indole e estrazione sociale, che richiedevano i servigi del noto avvocato. E nelle ristampe nei classici del giallo, anch’essi inaugurati con un Mason (Perry Mason e il pugno nell’occhio, 1966) Gardner è stato uno degli autori più ristampati, e anche adesso la redazione odierna li sta rieditando a ritmi sostenuti (ne è uscito uno lo scorso dicembre e ne uscirà un altro a marzo!), e l’autore continua quindi a essere attuale e apprezzato, nonostante sia penalizzato da traduzioni mutilate e di mediocre fattura; se si escludono le Palmine tradotte con criterio, i libri di Gardner sono stati piuttosto maltrattati, e purtroppo mai ritradotti nel corso degli anni (a parte un’iniziativa della Hobby e Work, che presentò in edicola una ventina di Mason con una traduzioni nuove di zecca, ma piuttosto piatte e anonime).
E adesso, seguendo un dogma Marzulliano, mi faccio una domanda e mi do una risposta; perché Gardner è un autore poco citato nelle classifiche dei migliori gialli del secolo? Perché nessuno, dai critici blasonati ai semplici appassionati, mette un Mason o un Donald Lam tra i suoi preferiti? Forse perché l’autore non soddisfa pienamente nè i cultori del giallo classico nè i patiti dell’hard boiled; no, Gardner non ha da spartire molto né con l’universo della Christie né con quello di Hammett, perché è “altro”; il suo universo se lo creò da solo, e con lui è morto.
Io, nell’universo di Gardner ci sono entrato tardi, e male. Lo leggevo durante i turni di notte o in treno, perché è un autore molto leggero e gradevole, ma non gli ho mai tributato molta importanza; ma ora che i gialli li leggo anche, per così dire, con occhio critico, la lettura della primissima avventura dell’avvocato del diavolo, “Perry Mason. e le zampe di velluto” mi ha letteralmente folgorato.
Forse perché letta nell’edizione anni trenta (con traduzione non mutilata poi nelle successive ristampe, come purtroppo sarà successo anche per questo titolo) con l’ottima traduzione di Enrico Andri, questo esordio di Mason mi è parso tanto convincente da arrischiarmi di usare per esso l’impegnativo termine di capolavoro.
Credo davvero che, per i lettori del 1937, una scrittura come quella Gardneriana fosse adrenalina pura; nella provinciale e sonnacchiosa (ancora per poco, purtroppo) Italia in camicia nera arrivava semplicemente l’America. Infatti, in Gardner si respirano gli States del tempo come con nessun altro autore, eccezion fatta per Stout; Gardner non aveva bisogno di plasmare e cristallizzare gli stereotipi della detection Americana come facevano Chandler e Hammett, rimasti molto di più nella memoria collettiva (e blasonati dalla critica) ma inevitabilmente cristallizzati nella loro stessa maniera; Gardner raccontava storie di personaggi credibili, normali, senza essere cinici e autodistruttivi, senza vizi eccessivi, senza amori troppo tragici e maledetti. Come Simenon con la Francia e la Parigi di Maigret, Gardner creò un universo attendibile e autentico, che ancora oggi può risultare una impareggiabile “guida pratica” per capire quell’America, precisamente quella Los Angeles e quella California che si imposero più di ogni altro posto del mondo delle fantasie degli Italiani, soggiogati dal fascino dei liberatori.
E poi Perry Mason è un personaggio assolutamente nuovo per i tempi, unico e mai eguagliato.
Sulle prime, pare che qualche affinità con i protagonisti dell’hard boiled ci sia; come Marlowe, Mason è un idealista, per il suo cliente combatte e rischia moltissimo, anche quando esso/a non lo merita affatto; ma non arriva al punto di sacrificare il suo tornaconto, di tramutarsi in quel romantico e perdente cavaliere di ventura che in fondo Marlowe è. Mason risulta essere un vero Americano del new-deal, il self-made-man positivo e determinato per cui alla fine conta solo la vittoria. Vuole essere pagato, tanto e subito. Perry Mason è solido, senza vizi o debolezze; non disdegna uno Scotch doppio, ma non è un bevitore. Cerca di essere conciliante e pacato con gli avversari, ma alla bisogna assesta ottimi destri a tradimento. Non si invischia in love story con donne bellissime e irraggiungibili, ma forma una coppia di fatto con la sua meravigliosa segretaria Della Street, un rapporto che non si ufficializzerà mai in modo vero e proprio, ma senz’altro consumato “dietro le quinte” visti i continui abbracci e i languidi sguardi tra i due, che senz’altro non sono due cherubini pudibondi, ma due spiriti forti e indipendenti, contro ogni schema; per fare un esempio, un romanzo della serie, “Perry Mason e i due ritratti”, si apre con Mason e Della che tornano da un viaggio di piacere alle Hawaii; ai tempi era una cosa a dir poco ardita mostrare datore di lavoro e segretaria che se ne vanno in vacanza assieme senza essere sposati. Per chi scrive, Mason e Della Street formano la più bella e sensuale coppia del romanzo poliziesco proprio per quell’incompiutezza e quel “non detto”, e per quel velato erotismo di fondo che permea molte sequenze con i due assieme.
Tutto questo, e molto altro, si trova nelle “zampe di velluto”; queste ultime non sono altro che le rapaci e graffianti manine di Eve Belter, fatalona dalle molte grazie e dal cuore di pietra che si presenta da Mason per essere difesa da dei ricattatori, ma che finirà, con i suoi maneggi, per irretire l’avvocato in un gorgo di bugie e morti violente per uscire dal quale esso dovrà lottare con molteplici nemici, alcuni dichiarati e altri molto più subdoli. Impossibile riassumere questo eccitante fuoco di fila di trovate e colpi di scena, basti dire che siamo ad altissimi livelli, un robusto poliziesco d’azione che presenta anche un intreccio di tutto rispetto e personaggi per nulla banali, e che soprattutto sembra veramente scritto ieri per quanto risulta ancora scattante e dinamico. Continuerò con entusiasmo a esplorare l’universo Gardneriano, ho scoperto una vera miniera d’oro, e se in passato ho minimizzato l’opera di questo autore beh, allora faccio ammenda perché sbagliavo. Certo, i romanzi con Mason non saranno tutti di grande livello, ma nessun ciclo di decine di romanzi può garantire sempre e comunque l’eccellenza. Nel frattempo, voi cercatevi questo fantastico esordio dell’avvocato del diavolo, uscito in varie edizioni; non ne rimarrete delusi, garantito.
18 Febbraio 2015
dal sito Assassini e Gentiluomini
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APPENDICE
Erle Stanley Gardner (1889 - 1970)
UNA DELLE ULTIME INTERVISTE AD ERLE STANLEY GARDNER
Domanda:
E' stato detto che la diffusa passione per il giallo è dovuta
alla possibilità che esso offre al lettore di evadere dalla realtà
quotidiana, spesso monotona, opprimente, triste, per un mondo
diverso, per ambienti e situazioni diversi. Che cosa ne pernsa in
proposito?
Gardner:
Secondo me, ai lettori piacciono le storie di mistero poiché
presentano un problema capace di assorbire la loro attenzione e
consentono loro di portare il problema stesso a una logica soluzione.
Per la maggior parte, i lettori sono assillati da problemi che essi
non sanno risolvere. Quando cercano di riposare la mente, continuano
a rimurginare sui loro problemi e non trovano una soluzione. Allora
prendono un mistery e vi si tuffano interamente, assistono alla
completa soluzione del quesito, poi spengono la luce e si
addormentano.
Domanda:
Un critico ha detto: “Lo scrittore che ha avuto la fortuna di
azzeccare un personaggio e ne ha fatto il protagonista di una serie
di romanzi finisce col rimanerne prigioniero ed è il suo pubblico a
non tollerare tentativi d'evasione che considererebbe veri
tradimenti”.
Lei
con il suo Perry Mason sembrerebbe confermare l'affermazione del
critico.
Gardner:
E' in gran parte vero. Nel mio caso, per evitare un inconveniente del
genere, ho cominciato a scrivere sotto lo pseudonimo di A.A. Fair (con gli investigatori Donald Lam e Bertha Cool N.d.R.). In
larga misura, tuttavia, sono prigioniero di Perry Mason.
Domanda:
Quanto peso ha la cronaca nera nella creazione dei suoi
polizieschi?
Gardner:
Pochissimo. Attingo alle mie numerose esperienze che ho fatto nel
campo delle indagini criminali come esponente della cosiddetta “Corte
dell'ultima speranza” mi è capitato di dover scegliere decine di
autentici casi d'omicidio su cui indagare. Sono riuscito a risolverne
alcuni, e in molti altri a provare che il condannato era in realtà
innocente. Inoltre ho venticinque anni di esperienza come penalista.
Domanda:
E mai accaduto che durante un processo penale venisse citato il
nome di Perry Mason?
Gardner:
Oggi raramente si svolge un grosso processo penale senza che venga
citato Perry Mason. Accade che i difensori si rivolgono ai giurati
che hanno letto Perry Mason o ne hanno seguito le storie alla
televisione con frasi di questo genere: “Naturalmente nella vita
reale non siamo tenuti a emulare Perry Mason. La difesa ha
esclusivamente il compito di dimostrare che l'accusa non è riuscita
a comprovare la sua tesi al di là di ogni ragionevole dubbio. In
altri termini non siamo tenuti a strappare una confessione
spettacolare al vero colpevole come avviene nelle storie di Perry
Mason.”.
In
Arizona un pubblico accusatore, disorientato da una serie di
circostanze di fronte alle quali aveva avuto la sensazione di dover
rinunciare all'accusa, scoprì che Perry Mason si era trovato ad
affrontare una situazione simile che aveva risolto con grande acume.
L'accusatore prese a imitare la tecnica “masoniana”. Al che il
giudice, sorpreso, si domandò che cosa diavolo stesse combinando.
L'accusatore rispose che stava seguendo le orme di Perry Mason. Il
giudice aggiornò l'udienza. Lesse il libro, tornò in aula, dichiarò
che la tattica di Perry Mason era impeccabile e autorizzò
l'accusatore a continuare. Il vero assassino fu condannato. Il
processo arrivò in Corte d'Appello e questa confermò la condanna,
rendendo onore al sistema di Perry Mason.
da " I Classici del Giallo" n°221
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