CINEMA

sabato 14 novembre 2015

STRAGE DI PARIGI: STIAMO PERDENDO LA GUERRA CON LA JIHAD di Aldo Giannuli






STRAGE DI PARIGI: 
STIAMO PERDENDO LA GUERRA CON LA JIHAD
di Aldo Giannuli




A distanza di 10 mesi dalla strage di Charlie Hebdo, gli Jihadisti mettono a segno un nuovo spettacolare colpo a Parigi, con una strage di cui non sappiamo neppure ancora il numero esatto dei morti che, sembra, si aggirino sui 160.

Istintivamente questo spinge ad una reazione di rabbia ed indignazione che reclama una reazione pronta e durissima, ma è molto meglio non farsi prendere dalla rabbia ed analizzare freddamente l’accaduto.

Il primo giudizio è relativamente semplice da dare ed è secco: è la Caporetto della sicurezza francese: se dopo dieci mesi da un evento di quelle proporzioni, si incassa una serie di sette attentati simultanei in pieno centro della capitale (fra les Halles, boulevard Voltaire e Notre Dame, sino allo Stadio) vuol dire che è meglio che quelli della Suretè si diano al giardinaggio e che il Presidente Hollande farebbe bene a destituirne in blocco l’intera dirigenza, sostituendola con una totalmente nuova (ammesso che abbia gli uomini per farlo).

Peraltro, se si pensa che siamo a questo punto a 14 anni dall’attentato alle due Torri newyorkesi, con tre guerre fatte (Afghanistan, Irak e Livia) e con pozzi di soldi spesi, qui la disfatta non è solo dei francesi, ma è tutta l’intelligence occidentale alla dèbacle.

Ma, una riflessione di più ampia portata la faremo nei prossimi giorni, ora la cosa più urgente mi sembra quella di analizzare l’azione, cercando di ricavare indicazioni sullo stato dei fatti e su quello che si profila. Questa strage segna un salto di qualità senza precedenti nelle capacità offensive degli jihadisti: negli ultimi dieci anni i servizi di intelligence occidentali hanno regolato la loro azione sul parametro della “cellula di lupi solitari”, piccoli gruppi autonomi che mettono a segno singoli colpi al di fuori di catene di comando rigide e solo sulla base di una generica indicazione di colpire dove e quando si può. Ora siamo di fronte ad un’azione complessa, articolata, di notevole professionalità e che, ragionevolmente ha richiesto l’impiego di parecchie decine di uomini e forse di più di un centinaio.

Infatti, calcolando una media di 5 uomini per ciascuno dei sette attacchi (ma quello al Bataclan ne ha richiesti di più) siamo già a 35. Ma al di là degli “operativi” scoperti (che non sappiamo ancora quanti sono stati) occorre tener conto della forte probabilità di una rete di appoggio logistico di “vedette”, gruppi di appoggio, addetti alla diversione, ecc. e degli operativi che forse non sono riusciti ad entrare in azione o che forse sono riusciti a sottrarsi alla cattura o alla morte. Dunque una stima di parecchie decine non mi pare infondata. Il che implica la presenza di un’organizzazione vasta e ramificata la cui esistenza è totalmente sfuggita all’intelligence francese (congratulazioni!). Ed ora dobbiamo prendere in considerazione che anche sul territorio europeo operino grossi gruppi organizzati di Jihadisti (altro che “lupi solitari”!) ed i servizi farebbero bene a riorientare le proprie operazioni prendendo in considerazione anche questa ipotesi ben più allarmante.

Un secondo aspetto da analizzare è quello delle caratteristiche del personale impiegato. L’azione, per la simultaneità, la scansione in fasi, la precisione dei tempi, le tattiche di attacco ecc dice chiaramente che sono stati impiegati professionisti; sicuramente non tutti, per cui, ad esempio, gli uomini di appoggio possono benissimo essere stati “manovali” prelevati dalla banlieu e sommariamente addestrati. Ma gli operativi sono stati sicuramente gente di mestiere. E c’è un particolare che incuriosisce, la presenza fra le armi usate di un fucile a pompa: un’arma precisissima, potente, solida, che non si inceppa mai, ma scomodissima da usare e che richiede di riprendere la mira ad ogni colpo. Una arma classicamente usata da servizi segreti (amatissima da quelli americani) e da Cosa Nostra (sempre negli Usa). Un’arma di questo tipo è preziosa per attentati ad un determinato bersaglio, ma è del tutto disfunzionale nel corso di una azione in cui si spara nel mucchio, cosa per la quale risulta tanto più utile il classico kalashinikov. Dunque, o quel fucile segnala che, nel mucchio da colpire, c’era qualcuno in particolare o che nel gruppo di fuoco c’era qualcuno la cui arma abituale è quella e che l’ha condotta con sé anche in questo caso. O entrambe le cose. Dalle notizie a disposizione non si capisce dove è stata trovata questa arma, capiremo meglio in seguito. Intanto sarebbe interessante capire dove e da chi sia stato addestrato il possessore di quell’arma che non è semplicissima da usare.
Da dove vengono questi professionisti? La cosa più probabile è che siano venuti da fuori e siano stati trasferiti in Francia in un momento imprecisato ed un vista di una azione, anche se non necessariamente una azione predeterminata. C’è un fenomeno che si sta delineando da ormai molto tempo: quello dello “sciame sismico” delle guerre mediorientali, per cui i reduci di un teatro di guerra si riversano in un altro e poi in un terzo, dando vita ad una sorta di comunità di professionisti della guerriglia, che ricorda molto da vicino il fenomeno del travaso degli ex appartenenti alle Brigate Internazionali in Spagna, che poi fornirono il primo quadro della guerriglia partigiana durante la II Guerra Mondiale. Ovviamente nessuna parentela né politica né ideologica fra i due fenomeni, ma delle similarità per così dire “sociologiche” ed operative che meriterebbero una attenta analisi comparativa. In fondo, anche Al Quaeda si formò sulla base di quanti erano accorsi in Afghanistan per combattere i sovietici. Possibile che i servizi occidentali non abbiano cercato di fare una “anagrafe” – per quanto parziale ed imprecisa- dei reduci delle varie guerre?

Terzo ordine di problemi: da dove viene il colpo? Stando alle rivendicazioni sarebbe un’operazione dell’Isis per rappresaglia all’intervento in Siria dei francesi. Ed, ovviamente, è possibilissimo che le cose stiano così, ma è bene mantenere un po’ di dubbio, non è il caso di prendere per oro colato queste rivendicazioni. Durante la strage di Chiarlie Hebdo abbiamo visto l’accavallarsi di un uomo dell’Isis come Coulibaly sull’azione di uomini dei Aqpa come i fratelli Kouachi, il che fece intuire una corsa fra i due gruppi per “cappellare” l’operazione.

Il dubbio sorge dal fatto che fra Isis ed Al Quaeda c’è stata una differenziazione strategica iniziale: Al Quaeda ha sempre teorizzato gli attentati in Occidente per colpire il “nemico lontano” mentre l’Isis l’azione in Medio Oriente per colpire il “nemico vicino”. Questa azione, quindi, sarebbe nello spirito più di Aq che dell’Isis. Quindi la rivendicazione potrebbe essere un modo di appropriarsi di un’azione non propria, per esigenze pubblicitarie. Però, almeno sino a quest’ora, manca una rivendicazione di Aq, Dunque, dobbiamo prendere in considerazione altre due ipotesi: che l’Isis abbia modificato parzialmente la sua strategia aggiungendo anche azioni in Occidente o che fra i due gruppi possa essere intervenuto un qualche accordo per il quale Aq lascia il terreno dell’azione armata all’Isis per concentrarsi nelle azioni di “entrismo” nelle sfere di potere del mondo islamico o sulla base di altre intese.

Il quadro è in movimento e ci toccherà tornare nei prossimi giorni sulla questione.



dal sito http://www.aldogiannuli.it/



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