CINEMA

giovedì 7 settembre 2017

USA - COREA DEL NORD, CHI MINACCIA CHI? di Steve Leigh e Alan Maass







USA - COREA DEL NORD, CHI MINACCIA CHI?
di Steve Leigh e Alan Maass


Il primo passo per opporsi alla minaccia di guerra crescente in Corea è denunciare l’ipocrisia dei signori della guerra di Washington.



L’impensabile possibilità di una guerra nucleare è di nuovo alla ribalta dopo che funzionari del governo hanno reagito con stridule minacce alle affermazioni del governo nordcoreano di aver testato la sua più potente bomba nucleare.

Questa non è che la più recente escalation nel gioco del coniglio nucleare, con provocazioni calcolate da ogni parte – anche se, a giudicare dai media mainstream, la Corea del Nord di Kim Jung-Un sarebbe l’unica a rischiare di condurre il mondo sull’orlo di un incubo. Falso. Il test nordcoreano di quella che viene definita una bomba all’idrogeno più distruttiva, insieme al lancio di missili apparentemente capaci di portare una testata nucleare, è giunto nel giro di alcuni giorni dalle esercitazioni militati su vasta scala condotte da Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud.

Questi “giochi di guerra” sono una minaccia aggressiva diretta esplicitamente alla Corea del Nord, ma i leader politici statunitensi e i commentatori televisivi intendono far credere che siano puramente difensivi, ostentando disprezzo verso chiunque metta in discussione questa versione.

L’ultima detonazione nucleare della Corea del Nord, la prima dall’insediamento di Trump, è uno sviluppo spaventoso. Secondo gli organi di stampa, questa bomba sarebbe almeno dieci volte più potente delle precedenti, e il regime ha dichiarato di essere in grado di caricarla su un missile intercontinentale balistico.

Tuttavia, in tutto questo parlare di chilotoni e raggio di azione dei missili, i media hanno omesso di menzionare un importante dato statistico: l’arsenale nucleare al comando del signore della guerra-in-capo a Washington, è settecento volte più grande di quello della Corea del Nord.

Una sola testata nucleare nel mondo, per lo più controllata da leader che non devono rendere conto a nessuno, come tutti i governi che le possiedono, è una testata di troppo. Ma è innegabile che la Corea del Nord sia un puntino tra le potenze nucleari.

Secondo uno studio dell’Associazione per il Controllo delle Armi, al Luglio 2017, la Corea del Nord è ritenuta possedere dieci testate nucleari. Israele è ritenuta possederne otto volte tanto in un arsenale di cui non ha mai inteso pubblicamente riconoscere l’esistenza. Ma non ascolterete mai Donald Trump lamentarsi di fanatici reazionari in possesso di queste armi, intenti nella pulizia etnica degli abitanti originari della Palestina.

I paesi rivali India e Pakistan avrebbero ben oltre le cento testate. È la stessa India che Donald Trump, nel suo discorso sull’escalation della guerra USA all’Afghanistan, invitò ad unirsi a questa guerra coloniale, “un modo certo di trascinare le potenze nucleari indiana e pakistana (quest’ultima confinante con l’Afghanistan) in un terrificante scontro”, ha scritto il giornalista e autore Eric Margolis.

Il Regno Unito, la Cina e la Francia hanno tra le duecento e le trecento testate ciascuna, ma l’arsenale di questi paesi impallidisce al confronto dei due paesi che posseggono oltre il 90% delle armi di distruzione di massa nel mondo: gli Stati Uniti e la Russia, rivali nella Guerra Fredda, che hanno brandito queste armi l’una contro l’altra per decenni. Gli arsenali sono più ridotti adesso, ma la Russia ha ancora settemila testate, e gli USA seimila ottocento.

I dirigenti statunitensi di entrambi i partiti principali affermano che le minacce alla Corea del Nord nascono dalla preoccupazione per la sicurezza regionale e internazionale, ma la storia della potenza nucleare statunitense smentisce queste affermazioni.

Solo gli Stati Uniti hanno ucciso con l’arma nucleare in tempo di guerra, quando cancellarono le città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Il governo statunitense, al comando del Democratico ed eroe liberale John F. Kennedy, condusse il mondo quanto più vicino all’orlo di una guerra nucleare durante la crisi dei missili a Cuba nel 1962. In molte occasioni, letture errate dei radar avevano portato molto vicino al lancio della bomba.

I missili sottomarini sono probabilmente i più pericolosi: ci sono duecentotrenta sottomarini equipaggiati con novecento venti missili, ciascuno “dotato di una potenza distruttiva pari a molte Hiroshima… […] e sufficienti a distruggere un intero paese e causare un inverno nucleare”, scrive l’attivista per la pace Mel Gurtov.

I missili moderni portano più di una sola testata. Sono stati chiamati con l’appellativo apparentemente benigno di MIRV, o Multiple Independently Targetable Re-entry Vehicles. Le testate multiple conferiscono a ciascun missile una potenza distruttiva molto più vasta e rendono una difesa missilistica virtualmente impossibile.

Alcuni commentatori credono che il mondo sia oggi più sicuro che durante la Guerra Fredda perché complessivamente ci sono meno testate nucleari, di cui un numero ancora più ridotto è attivo. Grazie ai trattati di non-proliferazione, il numero di armi nucleari pronte per l’uso è in declino.

I negoziati ebbero “successo” perché sia la Russia che gli Stati Uniti compresero di poter comunque mantenere il potere di distruggersi reciprocamente, e infatti nessuno dei due governi ha provato seriamente a eliminare tutte le testate, che costituiscono le fondamenta più importanti della rispettiva potenza militare. E, c’è appena bisogno di dirlo, questi arsenali sono ancora estremamente pericolosi. Sono più che sufficienti ad annichilire il pianeta. In un articolo scritto da Hans Kristensen e Robert S. Norris per la Federation of American Scientists:

“Il numero di testate nucleari nel mondo ha subìto un declino significativo dai tempi della Guerra Fredda: da un picco di circa 70.300 nel 1986 a circa 14.900 agli inizi del 2017.
I funzionari del governo spesso attribuiscono il risultato agli attuali accordi per il controllo degli armamenti, ma la maggior parte della riduzione è avvenuta negli anni Novanta. Inoltre, paragonare l’inventario degli anni Cinquanta a quello odierno, è come paragonare le pere con le mele. I mezzi contemporanei sono di gran lunga più efficienti. La velocità della riduzione è declinata sensibilmente. Invece della pianificazione del disarmo nucleare, gli stati dotati di arma atomica sembrano voler mantenere un vasto arsenale per un futuro indefinito”.

È chiaro da questo, come da ogni altra seria analisi, che il pericolo più grande viene dalle due maggiori potenze nucleari, non da quelle più piccole. Ciò che è peggio, la corsa agli armamenti nucleari continua. Sebbene il numero delle testate non sia aumentato, è migliorata la loro “qualità”.

L’amministrazione di Barack Obama ha fatto da apripista nello sviluppo di un programma di modernizzazione nucleare. Il principio guida è che se un arsenale nucleare ottimizzato vuole restare un deterrente credibile, le armi devono essere pienamente operative., il che comporta test, sviluppo e sostituzione.

Uno dei risultati inevitabili è stato la maggiore capacità d’uso degli arsenali “modernizzati”. Un reportage del Guardian del 2015 indicava che il potenziamento delle armi nucleari B61-12, per una spesa di 8 miliardi di dollari, comprendeva il controllo del rilascio di energia alla detonazione prima del lancio e rimpiazzare le pinne caudali rigide con pinne mobili affinché fosse più agevole guidare le bombe verso gli obiettivi.

Oltre alla minaccia di rendere le armi nucleari più efficaci e quindi più inclini ad essere usate, ci sono i costi. Il programma di modernizzazione nucleare dell’era Obama, ereditato da Trump, potrebbe scatenare quella che William Perry, Segretario alla Difesa di Bill Clinton, ha chiamato “una nuova corsa alle armi nucleari”, “tanto costosa quanto la corsa agli armamenti durante la Guerra Fredda”.

Nell’epoca di Trump, c’è la tentazione di considerare che il problema sia un egomaniaco alla Casa Bianca. Trump è di certo per molti versi spaventoso, compreso il fatto che non ha alcuna remora di minacciare “fuoco, furia e, francamente, una potenza come il mondo non ha mai visto prima”. Ma le radici della corsa agli armamenti nucleari e la minaccia di distruzione totale vanno molto oltre un fanatico reazionario, la modernizzazione di Obama essendone un altro esempio tipico.

Come scrive Mel Gurtov:

“Semplicemente, non c’è alcun fondamento per la convinzione che un arsenale nucleare debba essere più vasto, meno vulnerabile o più accurato e affidabile.
E tuttavia, come i cittadini statunitensi hanno imparato da molto tempo, per la lobby nucleare – i deputati al Congresso favorevoli alle armi nucleari, le industrie militari che testano e producono queste armi e i mezzi per il loro trasporto, i diversi comitati consultivi del Pentagono, i laboratori e i programmatori nucleari – il troppo non stroppia mai.
Potete sempre contare su questa gente se si tratta di schierarsi a favore della rivitalizzazione periodica della riserva affinché sia pronta per l’uso. Tutto ciò di cui hanno bisogno è una presunta minaccia atomica – oggi è la Corea del Nord – per sostenere le richieste di potenziamento dell’arsenale da parte della lobby”.

Trump, il Segretario alla Difesa James “Cane Pazzo” Mattis e l’ambasciatrice alle Nazioni Unite Nikki Haley abbaiano riguardo alla minaccia dello sviluppo dell’arma nucleare da parte della Corea del Nord mentre ne hanno abbastanza da distruggere il pianeta, e si impegnano in “giochi di guerra” per dimostrare che sono capaci di usarle.

Il primo passo per opporsi alla minaccia di guerra crescente in Corea è denunciare l’ipocrisia dei signori della guerra di Washington.







Pubblicato su Socialist Worker del 5 Settembre 2017


Traduzione di Antonello Zecca



dal sito Sinistra Anticapitalista 






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