CINEMA

sabato 7 luglio 2018

LA FORESTA PIETRIFICATA di Stefano Santarelli




LA FORESTA PIETRIFICATA
di Stefano Santarelli


Inutile negarlo, esistono opere teatrali, letterarie o cinematografiche che non hanno retto il passare del tempo e “La foresta pietrificata” (1936) diretta da Archie Mayo, un buon professionista statunitense, ne costituisce una prova lampante.
Tuttavia se il film non ha retto l'usura del tempo esso costituisce indiscutibilmente un ottimo banco di prova recitativo. Ed effettivamente Leslie Howard, Bette Davis e Humphrey Bogart offrono in questo opera cinematografica un saggio del loro indiscutibile valore. La versione cinematografica mantiene intatta la costruzione teatrale che l'anno prima a Broadway aveva decretato il successo di questa piece teatrale scritta da Robert E. Sherwood.
Sia Howard che Bogart, legati tra l'altro da una fraterna amicizia, facevano parte dell'originale cast teatrale ma quando fu decisa la trasposizione cinematografica i produttori non volevano riconfermare quest'ultimo nella parte del feroce gangster Duke Mantee preferendogli invece Edward G. Robinson che era allora uno degli attori di punta della Warner Bros.
Oltretutto bisogna anche considerare che Humphrey Bogart non corrispondeva ai modelli hollywoodiani del tempo: di altezza media, con un volto molto marcato e con un fisico quindi certamente non paragonabile ai vari Clark Gable o Errol Flynn non era ritenuto un attore che potesse aspirare a fare il protagonista di questo ed altri film, ma doveva essere relegato a fare solo il caratterista.
Fu Leslie Howard, futuro Ashley Wilkes il malinconico protagonista di “Via col vento”, ad imporre alla produzione Bogart come coprotagonista minacciando la recessione del contratto. La sua intuizione del valore artistico del collega ed amico si rivelò esatta e lo stesso Bogart ne fu riconoscente per tutta la sua vita tanto da chiamare la figlia avuta nel 1952 Leslie Howard Bogart in ricordo di colui che l'aiutò agli inizi della sua carriera e che era stato ucciso dai nazisti nel lontano 1943.

Un fallito scrittore inglese, Alan Squier, giunge in una sperduta taverna ai confini dell'Arizona vicino al Parco Nazionale della Foresta Pietrificata. In questa taverna trova una giovane fanciulla, Gabrielle, che sogna di andare in Francia per ritrovare la madre che dopo due anni in questo posto sperduto era ritornata in patria lasciando il marito e la figlia.
Gabrielle rimane affascinata da questo giovane inglese colto ed idealista e gli confessa di volere anch'essa diventare un'artista mostrandogli i suoi disegni.
In questa taverna giunge improvvisamente un feroce gangster, Duke Mantee, con la sua banda che prende in ostaggio Gabrielle ed Alan insieme a tutti gli altri clienti.
Alan modifica la sua polizza di assicurazione sulla vita a favore di Gabrielle e costringe Duke ad ucciderlo. Alan morirà tra le braccia di Gabrielle sicuro che la fanciulla potrà andarsene da questa taverna sperduta nel deserto per andare in Francia a realizzare i propri sogni.

Come si vede una trama esile e certamente troppo melodrammatica almeno per i gusti di chi scrive queste note. In ogni caso essa offre ai tre protagonisti del film la possibilità di potere esprimere la loro bravura recitativa. Leslie Howard è perfetto nella parte dell'idealista scrittore inglese, Bette Davis reduce dall'Oscar che aveva vinto con il film precedente (Paura d'amare) e che già aveva lavorato con i due protagonisti maschili oltre che con il regista Archie Mayo disegna perfettamente l'ingenua e sognatrice Gabrielle, ed infine Humphrey Bogart che nella parte di Duke Mantee propone per la prima volta questo personaggio del gangster duro e feroce che lo renderà famoso rischiando però di fossilizzarlo nella sua carriera artistica.

Bisogna notare che nel 1986 venne ridoppiato nella edizione italiana a causa della perdita del doppiaggio originale e nel 2016 l'edizione in DVD presentava un bonus veramente interessante offrendo la possibilità di vedere l'edizione televisiva (allora girata in diretta) del 30 maggio 1955 con Henry Fonda nella parte dello scrittore Alan Squier e Lauren Bacall in quella di Gabrielle mentre il feroce gangster non poteva essere interpretato altro che da Humphrey Bogart il quale riprende vent'anni dopo il personaggio di Duke Mantee dandone una versione più matura e superiore a quella cinematografica.
Una versione questa interessante che sostiene benissimo il confronto con il film del 1936 e se Lauren Bacall regge e forse supera il confronto con Bette Davis, Fonda invece non può francamente gareggiare con Howard nella parte dell'idealista e fallito scrittore inglese. Bisogna però ricordare che Howard non solo era inglese, ma che questa piece teatrale era stata scritta proprio per lui ed è questo personaggio il vero protagonista di questa opera, un personaggio disilluso dalla vita e che anela alla morte:“Un'intelligenza senza scopo. Rumore senza suono, forma senza sostanza.
Appartengo a una razza in via di estinzione: gli intellettuali. (…)
Gli intellettuali credevano di aver conquistato la natura, con le dighe hanno irrigato le terre desolate. Hanno costruito mostruosità per vincere la resistenza della natura. L'hanno avvolta nel cellophane, convinti di averla soggiogata.
Forse sono l'unico a saperlo, è la natura che si vendica.
Non con le solite vecchie armi: alluvioni, pestilenze, olocausti … Quelli possiamo neutralizzarli.
Si vendica con strani strumenti chiamati nevrosi. Affligge deliberatamente l'umanità con le nevrosi.
Ci dimostra che non può essere sconfitta da persone come noi.
Vuole togliere il mondo dalle mani degli intellettuali e restituirlo alle scimmie.”



Humphrey Bogart e Leslie Howard



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