CINEMA

lunedì 26 luglio 2010

DOPO POMIGLIANO:
PER UN SINDACATO DEMOCRATICO E COMBATTIVO
di Stefano Santarelli

In tutta onestà bisogna ammettere che di fronte al referendum di Pomigliano abbiamo tremato.
Il ricatto che Marchionne poneva ai lavoratori campani è stato orribile: il lavoro senza i diritti sindacali conquistati in decenni e decenni di lotta o la disoccupazione.
Un ricatto infame se si tiene conto delle enormi difficoltà a trovare lavoro nel nostro paese in questo grave contesto di crisi economica specialmente in una regione come la Campania.
Ed i lavoratori non vivono sulla luna: hanno una famiglia, mutui da pagare, insomma per uno stipendio si poteva rinunciare anche ad elementari e sacrosanti diritti.
Il profitto della FIAT quindi a spese dei diritti dei lavoratori questa era ed è la vera posta in gioco.
Contro questo ricatto la Fiom e lo Slai Cobas si sono battuti per il mantenimento di questi diritti.
Mentre la Cisl e la Uil da veri sindacati padronali si sono affrettati invece a promuovere l'accordo di Pomigliano come un accordo storico scordandosi che una vera forza sindacale può negoziare salari, orari di lavoro, ma non certamente i diritti più elementari dei lavoratori.
La dirigenza della FIAT con questo ricatto puntava come obiettivo ad una vittoria schiacciante intorno al 90%.
Sappiamo per fortuna come è andata a finire: circa il 40% dei lavoratori di Pomigliano ha respinto tale ricatto evitando quindi un plebiscito che fatalmente avrebbe avuto una grave ricaduta su tutto il mondo del lavoro.
Dopo questo referendum è necessario interrogarsi su come i rivoluzionari debbono proseguire la battaglia sindacale tanto più che la ritorsione della FIAT è stata particolarmente violenta portando al licenziamento di delegati sindacali tra i più combattivi e minacciando di spostare in altri paesi le proprie fabbriche.
Il ricatto di Pomigliano è avvenuto poco dopo lo svolgimento del congresso della Cgil che indiscutibilmente non solo non ha preparato i lavoratori a questo scontro, ma è stato un congresso mediocre caratterizzato dall'incapacità e dall'arroganza della direzione della Cgil che non ha voluto confrontarsi nè con le timide contestazioni della mozione 2 "La Cgil che vogliamo" nè tantomeno con i veri problemi che i lavoratori hanno nel nostro paese.
Non è un caso che nella Cgil la federazione con più iscritti è quella dei pensionati mentre i lavoratori immigrati e tutti i giovani part-time nei fatti non sono rappresentati nel più grande sindacato italiano ed in verità neanche nei sindacati di base.
E' necessario che la Cgil di fronte a questi attacchi gravissimi contro i lavoratori promuova una alleanza -che a questo punto non può che essere strategica- con il sindacalismo di base, visto che la Cisl e la Uil -per non parlare dell'Ugl- sono complici del Governo Berlusconi e della Confindustria.
La battaglia che i rivoluzionari debbono compiere deve essere condotta contro l'apparato burocratico del sindacato.
Senza questa battaglia i lavoratori non potranno mai vincere.
Una battaglia che deve mettere al primo posto i rapporti democratici al loro interno partendo dalle rappresentanze sindacali di base.
Il modello deve essere quello dei Consigli di Fabbrica cioè quello dei delegati eletti dai lavoratori nei singoli posti di lavoro più o meno come avviene con le attuali RSU. Ma con meccanismi che prevedano la facilità della revoca dei delegati da parte degli stessi lavoratori. Di più questi delegati possono coprire questo ruolo per non più di due mandati per evitare -come purtroppo avviene- quel ruolo di delegati "a vita" e permettendo quindi un ricambio tra gli stessi lavoratori.
Per quanto riguarda gli incarichi direttivi sia regionali che nazionali questi possono essere coperti da un delegato per un solo mandato.
In linea generale si deve evitare il professionismo: il dirigente sindacale non deve mai perdere il contatto con i suoi compagni di lavoro evitando permessi sindacali e altri "privilegi" che fatalmente lo allontanerebbero da quella base che invece deve essere la sua forza.
Insomma solo chi lavora può rappresentare i lavoratori.
Perciò soltanto dei veri rapporti democratici possono dare la garanzia di avere un sindacato che difenda intransigentemente i diritti dei lavoratori per la loro unità.
Ed i lavoratori, le loro famiglie e la parte più sana del nostro paese hanno bisogno proprio di un sindacato così costruito.

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