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giovedì 27 gennaio 2011
LA FONDAZIONE DELLA QUARTA INTERNAZIONALE
di Roberto Massari
Pubblichiamo tratto dal suo libro "Trotsky"-ErreEmme ediz.1990- la prima parte di questo interessante studio. E' giusto ricordare per i lettori più giovani che l'autore, che ringraziamo per la sua consueta disponibilità, oltre che editore ed autore di una trentina di libri è stato una delle figure storiche più significative del movimento trotskista internazionale. La seconda ed ultima parte verrà pubblicata nei prossimi giorni.
PRIMA PARTE
Il 3 settembre 1938 veniva fondata la Quarta internazionale. Un anno dopo, il 3 settembre 1939, iniziava ufficialmente il Secondo conflitto mondiale, con la dichiarazione di guerra del governo inglese e francese alla Germania nazista. Due giorni prima questa aveva invaso la Polonia, nel quadro degli accordi siglati con Stalin e sintetizzati nel famigerato “Protocollo segreto” del Patto Molotov-Von Ribbentrop.
La coincidenza temporale di quei due “3 settembre” non può non colpire l’immaginazione, giacché essi hanno rappresentato simbolicamente l’apice delle due correnti storiche principali che avevano scosso quella parte di secolo, dall’inizio della Prima guerra mondiale in poi: la guerra e la rivoluzione. Ma in quella coincidenza vi era anche un collegamento materiale ben più sostanzioso che aveva unito le due correnti storiche citate, e che era stato tradizionalmente espresso nella propaganda del movimento operaio con la formula: “O la rivoluzione impedirà la guerra, o la guerra produrrà la rivoluzione”.
Le cose come è noto, sono andate in maniera molto diversa. La fondazione della Qi non riuscì a impedire la guerra, né la guerra si poté trasformare in rivoluzione vittoriosa. Si è prodotta invece una terza variante storica, contraria a tutte le previsioni precedenti, e che è quella che stiamo ancora vivendo: una questione complicatissima, che ci si consentirà di accantonare per il momento. E questo anche per poter affrontare con maggiore calma i problemi di terminologia e di analogia storica, nel quadro di una discussione sul fatto se sia esistita effettivamente una “Quarta internazionale” e quale ruolo eventualmente essa abbia avuto. In certi ambienti politici, il tema suscita polemiche appassionate ancora oggigiorno.
Un paio di premesse metodologiche.
L’ "Internazionale" non è la sola forma di organizzazione sovranazionale di cui ha potuto disporre il movimento operaio nella sua esperienza storica. La forma “Internazionale” cioè, non esaurisce tutte le forme di espressione dell’internazionalismo proletario: alcune di queste possono esistere autonomamente nei periodi di non-esistenza dell’Internazionale, oppure a fianco di quest’ultima. Una Tendenza internazionale, una Frazione, un Blocco continentale, un Ufficio estero di collegamento, una Sinistra zimmerwaldiana ecc.
Tutti esempi di esperienze vissute dal movimento operaio.
Anzi, si potrebbe dire che l’avanguardia di quest’ultimo si è sempre posta dal punto di vista di una tendenza internazionale, senza ciò abbia fatto di essa automaticamente un’ “Internazionale”. Della differenza tra i due livelli era ben consapevole Trotsky, quando decideva di fondare la Qi, formalizzando il rapporto col gruppo di compagni che gli erano rimasti intorno, e questo, tra l’altro, in un momento in cui le energie e le possibilità internazionali erano molto inferiori a quanto era stato disponibile per il suo movimento nei dieci anni precedenti. Ne era stato consapevole anche Marx, che nello sciogliere l’Ail (1) non abbandonava per questo il lavoro internazionale, e ne era stato consapevole Lenin che aveva impiegato un certo numero di anni –e che anni!- tra la rottura con la Seconda e la creazione della Terza internazionale.
Deve essere anche chiaro che quando si parla di “Internazionali”, non si adotta un criterio nominalistico –vale a dire quali organizzazioni si siano così autodefinite- ma effettivo, storicamente fondato, materialistico. L’Ail di Marx, Bakunin ecc. è certamente esistita, ma solo fino a quando ha assolto alla funzione unitaria per la quale era stata creata. E la si considera comunemente sciolta all’Aia, nel settembre del 1872, anche se essa ha continuato formalmente ad esistere, riunendosi subito dopo a Saint-Imier, l’anno dopo a Ginevra, l’anno ancora dopo a Bruxelles e così via.
All’Internazionale di Saint-Imier (anarchica) non mancava certo una rappresentanza significativa tra i lavoratori europei: essa semplicemente assolveva ormai a dei compiti diversi, che i marxisti dell’epoca considerarono negativi per il movimento operaio.
E questi ultimi, del resto, mantennero in vita formalmente la propria Internazionale fino al Congresso di Filadelfia del 1876: un fatto questo per lo più ignorato, visto che il vero scioglimento si considera avvenuto all’Aia. Traversie analoghe –ma in contesti diversi- si potrebbero ricostruire per la Seconda internazionale (oggi “Internazionale socialista”, ma che per il movimento comunista ha cessato di esistere il 4 agosto del 1914) e per la Terza internazionale (sciolta ufficialmente nel 1943, in realtà sopravissuta nella disciplina ferrea dei partiti comunisti staliniani, ma dal punto di vista dell’originario programma rivoluzionario inesistente per lo meno dalla fine del 1923).
Lo stesso dicasi, infine per la Quarta internazionale. Vi sono molte organizzazioni oggi nel mondo che si richiamano al patrimonio teorico di Trotsky e che si autodefiniscono “Qi”. Ma ciò non implica necessariamente che una in particolare di loro sia la “Qi”, né che tutte insieme queste organizzazioni (grandi o piccole, a seconda dei paesi), costituiscano l’eredità della vecchia Qi o l’embrione della nuova. Le autoinvestiture non hanno senso. Tutto va misurato sui parametri della dialettica storica, in particolare della lotta di classe su scala mondiale, cui spetta il giudizio, in ultima analisi, sulla maggiore o sulla minore positività di certi strumenti, sulla loro maggiore o minore utilizzabilità, anche parziale al limite.
Sul piano delle analogie storiche, del resto, un’analisi della Qi fondata da Trotsky, non andrebbe molto lontana. Al di là dell’esigenza storicamente giustificata di lottare per il socialismo e organizzare allo scopo internazionalmente l’avanguardia, Trotsky non indicò mai altre analogie possibili e di sostanza con le Internazionali precedenti. Alcuni suoi seguaci (Naville, per es. o Schachtman) rispondevano a chi era contrario alla fondazione della Qi nel 1938 (i polacchi tra gli altri), tentando delle disperate analogie con le Internazionali precedenti, in particolare con la Terza. Ma cadevano facilmente in contraddizione, visto che tutti gli aspetti più caratteristici di quell’esperienza apparivano rovesciati all’atto della nuova fondazione: l’ascesa rivoluzionaria del ’19 era un sogno nel ’38; le scissioni dalla Seconda alla Terza furono in alcuni casi effettive, quelle dalla terza alla quarta inesistenti; la rappresentatività del primo Stato operaio era all’opposto del clima dei processi di Mosca; la vasta leva di agitatori celebri della terza non era confrontabile col piccolo gruppo di propagandisti per lo più sconosciuti della Quarta; ecc.
Tutte differenze che erano ben presenti allo spirito di Trotsky, che non tentò mai di mascherare il bisogno della nuova organizzazione, sotto il velo delle analogie storiche. Egli le attribuiva, infatti, semplicemente una nuova funzione, legate alla drammatica immediatezza della vicenda politica (la guerra). E solo al fine di sfruttare tale contingenza decideva di dar vita organizzativamente alla nuova Internazionale, formalizzando i rapporti con quanto restava del “Movimento per la Qi”, residuo a sua volta di quei raggruppamenti di compagni che avevano costituito alla fine degli anni ’20 l’Opposizione di sinistra internazionale. La “proclamazione ufficiale “sarebbe dovuta servire, nel progetto di Trotsky, a serrare meglio le file, a risolvere la mole disastrosa di problemi organizzativi e soprattutto ad affrontare il periodo della guerra mondiale. Vale a dire un periodo in cui sarebbero diventati schiaccianti le pressioni dello sciovinismo nazionalistico ed in cui invece avrebbe acquistato un valore programmatico anche la sola sopravvivenza di un centro internazionale, che si ponesse al di sopra di tutti i paesi belligeranti, per la sua propaganda, le parole d’ordine, il suo esempio ecc.
Per valutare l’effettiva esistenza organizzativa della Qi nel 1938, all’atto della sua fondazione, si possono adottare vari criteri di analisi, per lo più empirici e nessuno di essi realmente decisivo.
In primo luogo, lo stato delle forze effettive.
Scarse o meno che scarse. Spesso esistenti solo sulla carta od esagerate a fini propagandistici, quando non più banalmente per dei ritardi nella registrazione delle perdite. Nei verbali del Congresso di fondazione veniva dato per es., la cifra del tutto illusoria di 2.500 militanti per la sezione americana (il Socialist Workers Party, l’unica superiore a mille). Si trattava in realtà di un ricordo del passato, dell’epoca d’oro della ribellione dei teamsters. Testimonianze più accurate e più credibili (citate per es. da Deutscher) parlano di meno di mille militanti. Dei 200 tedeschi, 120 venivano dati come prigionieri, mostrando così la scarsa attendibilità di un dato già molto modesto: Dell’Italia non si dava alcuna indicazione quantitativa, ma realisticamente non si sarebbe oltrepassata la soglia di qualche simpatizzante e del militante effettivo “Blasco” (Pietro Tresso). Per qualche altro paese la cifra si aggirava sotto ai cento militanti, con l’eccezione del Belgio, la Francia, la Polonia e l’Inghilterra. Discutibili invece i 150-200 della Cecoslovacchia, data l’assenza anche di un solo delegato ceco a causa delle divergenze politiche esistenti. In Urss, la sezione più antica e più forte, nonostante le illusioni dell’epoca, sappiamo oggi con certezza che non era sopravissuto praticamente nessun quadro (pur permanendo delle correnti diffuse di simpatia). L’unico delegato presente “Etienne” (Mark Zborowskij) era un agente della Gpu staliniana, responsabile dell’uccisione di quadri valorosi come Klement, Leon Sodov, Ignace Reiss e chissà quanti altri. (2)
Gruppi di orientamento vicino a Trotsky, ma definiti “centristi” nella loro linea di fondo, come il Poum spagnolo, il Psop francese di Marceau Privert o il gruppo olandese di Sneevliet (Rsp, poi Rsap) (3) -gli unici ancora a conservare un minimo di base organizzativa in Europa- non facevano parte della nuova organizzazione. Anzi, i primi due, invitati come osservatori, non furono ammessi fisicamente alla riunione, per ragioni di vigilanza contro la Gpu che già aveva ucciso Klement, l’organizzatore del Congresso. Inutile aggiungere che la Gpu era invece pienamente rappresentata dal delegato russo Etienne (quasi un plenipotenziario organizzativo del movimento insieme a Leon Sedov e parzialmente anche dopo la morte di questi). E ciò mentre l’amante dell’osservatrice americana Sylvia Agelof, ammessa al Congresso –il famigerato Jacques Mornard, alias Jacson, alias Ramòn Mercader, futuro assassino di Trotsky- si aggirava all’esterno della casa dei Rosmer, attendendo che i lavori finissero.
Un altro criterio empirico, per valutare l’effettiva rappresentatività di quel Congresso, potrebbero essere l’analisi dei delegati.
Furono 21 o 22, e il loro successivo itinerario è facilmente sintetizzabile per gruppi. Premettendo, tuttavia che con qualche rara eccezione, nessuno di loro –anche quando si trattava di personalità valorose, di grande ricchezza morale ed intellettuale- aveva accumulato o conservato un patrimonio di prestigio all’interno del proprio movimento operaio, tale da poterli far apparire come punti effettivi di riferimento nella lotta di classe dei rispettivi paesi.
1) Il gruppo dei delegati in disaccordo sulla creazione della Qi. Oltre al francese Craipeau che riciteremo, vi erano i due polacchi –Stephen e Karl- che difendevano la posizione ben nota di Deutscher, contraria alla fondazione della Qi.
2) Il gruppo che ad un anno dal Congresso si schiererà con Schachtman e abbandonerà con questi il movimento. Oltre a Schachtman stesso che presiedette la riunione, vi erano N.Gould (Usa), Lebrun (Brasile) e C.L.R. James (Indie occidentale).
3) Il gruppo dei francesi, che durante e dopo la guerra uscirà con motivazioni diverse dall’organizzazione: tra questi P.Naville (principale relatore), J.Rous, Y.Craipeau, Boitel e il futuro gollista D.Rousset.
4) I delegati che abbandoneranno l’attività politica o le file della sinistra: Summer (Inghilterra), Johre e O.Fischer (Germania) che arriverà a definire l’Urss some uno Stato “fascista”
5) Quelli che verranno uccisi durante la guerra dal nazismo o dallo stalinismo M.Hic (Francia), L.Lesoil (Belgio), P.Tresso (Italia).
Di Busson (Grecia) ignoriamo il destino, né conosciamo l’identità di un delegato. Di Etienne abbiamo già detto. Resterebbero ancora J.P.Cannon (Usa) e il greco M.Raptis (Meglio conosciuto come “Pablo”, ancora oggi attivo (4) . gli unici due che, con alterne vicende, avrebbero continuato a lottare nel movimento di Trotsky anche nel dopoguerra.
Vi è poi il criterio della scarsa rappresentatività politica dei dirigenti delle sezioni della Qi dell’epoca, con eccezioni come Tresso, Cannon e il vietnamita Ta Thu Thau. Del resto non sfuggi allo stesso Trotsky che le condizioni generali del Movimento risentivano della lunga serie di sconfitte e della lunga catena di persecuzioni che il marxismo rivoluzionario aveva incontrato nel decennio precedente.
Per quanto riguardava le singole sezioni, Trotsky era arrivato alla conclusione che gli unici quadri dirigenti sui quali si potesse fare affidamento, erano quelli del Swp. E a lungo si batté perché alcuni di questi si trasferissero stabilmente dagli Usa in Francia e lì controllassero di persona la situazione, preparando il terreno per le attività da svolgere con l’inizio della guerra.
“Se la guerra inizia ora -confidava Trotsky ad aprile del 1939 a James- e sembra che ora inizierà, nel primo mese perderemo due terzi di ciò che abbiamo al momento in Francia. Essi saranno dispersi”.
E nella stessa occasione che Trotsky tracciò il celebre ritratto di Pierre Naville –considerandolo giustamente come l’emblema di tutta una generazione rivoluzionaria- e in cui dimostrò di non nutrire alcuna illusione sul futuro, ma anche di non volersi arrendere di fronte ai compiti del presente:
“Abbiamo compagni che sono venuti a noi, come Naville ed altri, quindici o sedici o più anni fa, quando erano dei giovani. Ora sono persone mature e nella loro esistenza cosciente hanno avuti solo colpi, sconfitte, e sconfitte terribili su scala internazionale e si sono più o meno familiarizzati con questa situazione. Essi apprezzano altamente la correttezza delle loro concezioni e sono in grado di fare delle analisi, ma non hanno mai avuto la capacità di penetrare, di lavorare con le masse e non l’hanno acquistata”. (5)
La guerra sarebbe dovuta diventare, secondo Trotsky la scuola … di guerra, per questi giovani intellettualmente capaci e teoricamente preparati, ma solo a condizione che fosse concesse loro la possibilità di superare l’impatto iniziale, quel “primo mese” in cui il grosso delle forze si sarebbero disperse, finendo inevitabilmente nell’isolamento, sotto le armi o altrove.
Sempre da James, interlocutore di Trotsky (“Crux”) in questa celebre conversazione, siamo informati che al Congresso di fondazione si era preso atto di tali debolezze, in rapporto essenzialmente alla sezione francese e che
“Blasco (Tresso) affermò che i compagni erano in grado di analizzare la situazione politica, ma non avevano la capacità di intervenire attivamente nella lotta delle masse” (ibid., p.248)
E non è un caso che su tale questione James citasse il parere di Tresso visto che tra i presenti al Congresso, insieme a Cannon, era l’unico proveniente dal vertice di un apparato comunista occidentale, che avesse compiuto un’esperienza effettiva di lotta di massa, prima e dopo la scissione dal Psi . (6)
La discussione sulla Francia, inoltre aveva sollevato un aspetto negativo, ma molto significativo e mai sottolineato a sufficienza: il fatto che l’indebolimento della sezione francese si era verificato in concomitanza con una forte ascesa della lotta operaia in quel paese. Negli anni, per giunta, in cui l’intensità delle lotte interne al “trotskismo” francese (a volte vere e proprie “beghe” personalistiche) raggiungeva livelli di scontro frazionistico senza precedenti. (7) Non potendosi spiegare tale indebolimento con la situazione oggettivamente favorevole, non restava per l’appunto altro che procedere ad un esame più approfondito dei quadri, della loro personalità e formazione: prodotti anche questi di una situazione oggettiva sfavorevole, ma in una forma più indiretta e in un arco storico più ampio del quadriennio che va dal 1934 al 1938.
Su un altro piano, vale a dire la presenza organizzata della Qi nei paesi coloniali, Trotsky aveva formulato un criterio fondamentale per stabilire l’esistenza effettiva di un’Internazionale fondata sui principi della rivoluzione permanente. Ed al riguardo aveva espresso indirettamente una profonda autocritica, polemizzando con il “Bureau di Londra” (il blocco in cui erano confluite alcune delle organizzazioni centriste che Trotsky aveva sperato di attrarre nel progetto della Qi), quando aveva affermato:
“Può considerarsi come una legge che l’organizzazione rivoluzionaria che nella nostra epoca imperialista è incapace di affondare le proprie radici nelle colonie è condannata a vegetare miseramente” (10 ottobre 1938)
Nell’aprile del 1939, scrivendo alla direzione del Swp, Trotsky forniva la seguente descrizione dello stato organizzativo della Qi, in termini che non richiedono commenti ulteriori per avere un quadro della situazione reale ad otto mesi dal Congresso di fondazione:
“Dalla morte di Klement non abbiamo un Segretariato internazionale. Naville è ora il segretario, ma si trova in minoranza nel Si sulla questione più grave ed importante: la questione francese. Sembra che egli semplicemente non convochi il Si. Il suo atteggiamento, come in ogni situazione critica, è di resistenza passiva nei confronti della sezione francese così come del Si.
Allo stesso tempo, propongo il rafforzamento del Comitato panamericano, non solo come Comitato panamericano, ma come un sostituto ufficiale del Si durante il periodo transitorio. E’ necessario introdurre compagni molto autorevoli nel Cpa, per pubblicare un bollettino quindicinale a nome del Cpa, non solo in spagnolo, ma in inglese e se possibile in francese. Questa attività sarà una prova generale per il tempo di guerra in Europa” (22 aprile 1939, Writings 1938-39, p.314, corsivo nostro).
Tre mesi dopo, tuttavia proprio alla vigilia di quella guerra tanto lucidamente prevista, la situazione era ulteriormente peggiorata. Scrivendo a Cannon il 26 luglio. Trotsky segnalava l’esistenza di una situazione disastrosa come la seguente:
“La nostra organizzazione internazionale ha praticamente cessato di esistere dopo l’assassinio di Klement: niente bollettini, nessun servizio stampa, niente lettere circolari – nulla.
Dopo il tuo ritorno da Parigi ho proposto che il Comitato panamericano funzionasse temporaneamente come un sostituto del Segretariato internazionale. Ho proposto che pubblicassero almeno un bollettino al mese in inglese e spagnolo. La cosa è stata accettata in via di principio dal Comitato nazionale, ma praticamente non è stato fatto nulla dopo questa decisione.
Il Cpa è un mito. Solo dopo molta insistenza dall’estero è stato possibile ricevere una risposta politica del Cpa. Sembra che non vi siano riunioni regolari, né decisioni, verbali regolari ecc. Chi è il segretario responsabile del Comitato? Sembra che nessuno sia responsabile di alcunché. Nella lettera del compagno G. (A.Goldman) da Parigi non vedo alcun progetto di pubblicare il bollettino internazionale ecc.” (Writings 1939-40, New York 1973, p.35, corsivo nostro).
E’ evidente il tono amareggiato di Trotsky nella constatazione del dissolvimento organizzativo del movimento internazionale. La lettera si conclude comunque proprio con un rilancio di misure organizzative, per tentare di smuovere la situazione: ben cinque proposte concrete (e minimali), accompagnate dall’avviso in cui meglio si compendia il tentativo disperato in cui Trotsky sente coinvolto se stesso e il piccolo movimento da lui creato:
“Non abbiamo il diritto di perdere altro tempo sul terreno internazionale”.
Trotsky morì un anno dopo (21 agosto 1940) nella piena consapevolezza che il programma rivoluzionario, del proprio movimento non aveva assunto ancora una veste organizzativa: che la Qi, in quanto organizzazione, esisteva solo sulla carta e che la fondazione reale doveva ancora avvenire. La disastrosa scissione di Burnham e Schachtman negli Usa, la sezione che Trotsky considerava il gioiello del movimento, e sui cui molto contava per un raddrizzamento delle sezioni europee (quella francese in pratica), lo avrebbe convinto definitivamente dell’impossibilità di riuscire a creare un’organizzazione internazionale in tempo per gli inizi della guerra. Il fatto che egli abbia lottato tenacemente, sino alle ultime ore, contro i seguaci di Schachtman in America e per cercare di recuperare il terreno e il tempo perduto sul piano dell’organizzazione internazionale, ha fatto credere ad alcuni che quell’organizzazione esistesse effettivamente ad agosto del 1940 o negli anni successivi. Eppure costoro, in quanto “posteri”, disporrebbero di un criterio “organizzativo” negativo in più, rispetto a quelli già noti, per valutare l’effettiva esistenza della Qi: la morte di Trotsky, per l’appunto, è ciò che essa rappresentò per il movimento rivoluzionario mondiale e per la Qi in particolare.
E’ ancora una volta la questione tanto dibattuta “del ruolo della personalità nella storia”, su cui vale la pena di cedere la parola allo stesso Trotsky che ha scritto al riguardo le osservazioni più sensate e realistiche. In forma più o meno diretta egli ha affrontato spesso la questione del proprio ruolo nel Movimento per la Qi e più in generale nella formazione di una nuova leva rivoluzionaria, unendo l’inevitabile modestia del personaggio (una modestia di cui l’esempio più alto è dato dalla penombra addirittura eccessiva in cui il Trotsky storiografo ha tenuto il Trotsky dirigente politico, nella sua Storia della Rivoluzione russa) alla integrale lucidità del marxista.
Il 20 febbraio 1935, all’apice di una fase ancora tutto sommata positiva per il Movimento per la Qi, Trotsky annotava sul proprio Diario alcune considerazioni sulle ragioni politiche che di lì in poi avrebbero consigliato a Stalin di ucciderlo o farlo uccidere. E questo prima dei processi di Mosca, prima della caccia al “trotskista” in Spagna e forse, chissà, prima che lo stesso Stalin vedesse chiaramente le ragioni per cui era diventato ormai indispensabile uccidere Trotsky.
“Stalin –profetizzava l’esule per l’ennesima volta e purtroppo a ragione- ricorrerebbe a un atto terroristico in due casi: una minaccia di guerra, o un grave indebolimento della sua posizione personale. Certo non sarebbe da escludere un terzo caso, o magari un quarto … Che ripercussioni sulla Quarta internazionale avrebbe un atto simile, è difficile dire; comunque, riuscirebbe fatale alla Terza …Vedremo. E, se non noi, altri vedranno”.
Trotsky era consapevole che lo sviluppo storico, nel bene e nel male, lo aveva portato a occupare un ruolo decisivo centrale (come era accaduto con Lenin, da Trotsky ricordato in un'altra occasione) e quindi la questione della sua morte veniva ad assumere per la prima volta nella storia un ruolo essenziale. Tanto essenziale da farne dipendere il destino della Terza internazionale e –si evince bene dal testo- anche quello della Quarta, per la quale la sua morte sarebbe potuta risultare “fatale”. Le riflessioni proseguirono, e il 25 marzo il Diario registra una presa di posizione netta da parte di Trotsky sull’argomento:
“Non possiamo quindi parlare dell’ “indispensabilità” della mia opera, nemmeno per il periodo 1917-1921. Ma oggi essa è indispensabile nel senso pieno del termine. Non v’è ombra di arroganza, in questa pretesa. Il crollo delle due Internazionali ha posto alla storia un problema che nessuno dei loro dirigenti è in alcun modo preparato a risolvere. Le vicende del mio destino personale mi hanno posto di fronte a questo stesso problema armandomi di una vasta esperienza per affrontarlo. All’infuori di me, non v’è nessuno per compiere la missione di armare del metodo rivoluzionario una generazione nuova, passando sopra i dirigenti della Seconda e Terza internazionale. E io concordo pienamente con Lenin (o meglio con Turgenev) che il peggior vizio è di aver superato i 55 anni! Mi occorre, per rassicurare la successione, un altro quinquennio al minimo di lavoro incessante”. (8)
Lo storico meticoloso potrebbe osservare che il 21 agosto del 1940 il quinquennio era già scaduto, ma la “successione” ancora ben lungi dall’essere assicurata.
Volendo riassumere la sequenza cronologica della “nascita” e della rapida estinzione della Qi fondata da Trotsky, si potrebbero fissare i limiti seguenti: 1) A settembre del 1938 essa nasceva ufficialmente, con molti anni di ritardo rispetto alle necessità oggettive, nella fase calante del Movimento per la Qi, in un contesto internazionale sfavorevolissimo. Agguerrita dal punto di vista teorico e programmatico, essa risultava pressoché inesistente nel mondo e molto debole nei suoi quadri dirigenti. 2) Nel corso del 1939 essa scompariva al livello di Segretariato internazionale, nonostante la battaglia compiuta da Trotsky anche su questo piano. 3) Tra il 1939 e il 1940 la scissione di Schatchman sconvolgeva negli Usa l’unica sezione dotata di un certo seguito di massa e in ogni caso l’unica su cui Trotsky faceva realmente affidamento. 4) Ad agosto del 1940, nel momento più alto dell’alleanza tra Hitler e Stalin, veniva ucciso Trotsky, l’unico quadro sopravvissuto della vecchia guardia secondinternazionalistica e l’unico in grado, nelle sue stesse parole, di formare una nuova generazione rivoluzionaria. Anche l’unico –aggiungiamo noi- che avrebbe potuto rappresentare internazionalmente, agli occhi dei lavoratori, la continuità con l’Ottobre russo. 5) Nel 1941, a causa della repressione sciovinistica negli Usa e l’adozione del famigerato “Voorhis Act”, anche la sezione americana usciva pubblicamente dalla Qi, pur conservando rapporti fraterni con le altre organizzazioni trotskiste.
Nei primi decisivi anni del conflitto mondiale, pertanto la Qi apparve inesistente e con lei un qualsiasi punto di riferimento politico per un’agitazione, sia pure solo propagandistica, delle posizioni internazionalistiche espresse sulla guerra dal Movimento per la Qi, per lo meno fin dal 1934. Un dramma politico, quindi, che nulla valse ad arrestare il fatto che nell’ultima fase della guerra alcuni militanti singoli o piccoli gruppi, tentassero, paese per paese, di tradurre in pratica le indicazioni di Trotsky. La storia di queste attività internazionalistiche è in gran parte da scrivere. (9) Testimonianza di vecchi militanti e ricerche storiografiche potranno portare alla luce pagine ignote di abnegazione ed eroismo, ma non potranno certo modificare il dato drammatico ed oggettivo dell’assenza di un punto di riferimento marxista e rivoluzionario su scala internazionale, nel corso di tutta la Seconda guerra mondiale.
Fin qui per rispondere a quanti hanno ritenuto nel passato di dover considerare la Qi come fondata, sic et simpliciter a settembre del 1938, e poi sopravvissuta, non si sa come né dove alla prova della guerra. Ma arrivati alla fine della nostra fatica, vorremo spendere qualche parola ancora per coloro che, sulla scia di Deutscher, Serge ed altri, ritennero che la Qi invece prematura e nata male fin dal 1938.
Resta cioè da chiedersi, volendo approfondire un minimo la questione, quali condizioni oggettive fossero mutate tra il 1933-34 e il 1938: nell’intervallo, quindi tra la decisione politica di creare la nuova Internazionale e la sua affrettata proclamazione nel 1938. (“Affrettata” va qui inteso in rapporto al programma di lavoro stabilito nel 1935, vale a dire rispetto al “quinquennio” citato, ma soprattutto rispetto alla mancata formazione di una nuova leva di quadri dirigenti che Trotsky giustamente, considerava una condizione irrinunciabile per l’esistenza della Qi e che egli stesso denunciava come ancora non raggiunta nel 1938, o peggio ancora nel 1939 o 1940).
Nel giudizio su tale questione è praticamente in ballo una valutazione storica conclusiva sugli ultimi anni di vita di Trotsky, un po’ come dire il punto d’arrivo della sua straordinaria parabola politica.
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NOTE
(1) Associazione internazionale dei lavoratori (Prima internazionale)
(2) Vi erano già stati dei tentativi di infiltrazione da parte di agenti staliniani nel Movimento per la Qi. Ma su "Etienne" Trotsky non volle dare ascolto alle numerose messe in guardia che ricevette da alcuni suoi seguaci.
Su tutto questo aspetto, oltre ai lavori di Broué, si veda la ricerca (in alcune parti discutibile, ma ugualmente sconvolgente) di G.Vereeken, La guépéou dans le mouvement trotskiste, Paris 1975) (N.d.A.)
(3) Poum (Partido Obrero de unificatiòn marxista)
Psop (Parti socialiste ouvrier et paysan)
Rsp (Revolucionair socialistische partij)
(4) Pablo Michel (1911-1996), pseudonimo di Michelis N.Raptis, fu uno degli organizzatori della frazione Spartaco nel Pc greco. Rappresentò la sezione greca nel congresso di fondazione della Quarta internazionale. Dopo la Seconda guerra mondiale divenne il segretario della Qi proponendo linee politiche considerate revisioniste dal trotskismo più ortodosso e provocando la scissione della Qi nel 1951. Militò attivamente in sostegno della Rivoluzione algerina e fu consigliere di Ben Bella. Si allontanò dalla Qi per rientrarvi poco prima della morte.
(5) "Fighting against the stream", in L.Trotsky, Writings 1938-39, New York 1974, p.225. Nel 1931 aveva scritto a Naville: "Voi avete un senso tragico dell'organizzazione ...". Lo riporta lo stesso Naville nel suo libro-ritratto di memorie: Trotsky vivant, Paris 1962, p.88. (N.d.A)
(6) Sulla vita di Tresso si vedano i due saggi biografici di P.Casciola e G. Sermani, Vita di Blasco, Magrè di Schio, 1985, oltre ad A.Azzaroni, Blasco, Milano 1962, più ampio e documentato nell'edizione francese (Paris 1965), con prefazioni di P. Naville e I.Silone. (N.d.A)
(7) Si vedano gli apparati di note dei curatori all'edizione in Francia delle Oeuvres di Trotsky, e le due principali ricerche in volume: Yvan Craipeau, Le mouvement trotskyste en France, Paris 1971 e Jacques Roussel, Les enfants du prophète. Histoire du mouvement trotskiste en France, Paris 1972.
(8) Diario d'esilio, trad. di B.Maffi, Milano 1960 (1969), pp.45 e 73, corsivio nostro. (N.d.A)
(9) Per la Francia, comunque, si possono consultare i due lavori di Yvan Craipeau, Contre vens et marèes (1938-1945), Paris 1977 e La Libération confisquée (1944-1947), Paris 1978. Più in generale si dovrà fare riferimento alle ricerche dell' "Institut Leon Trotsky" (Paris, 29 rue Descartes), che dal gennaio 1979 ha iniziato a pubblicare i Cahiers omonimi. (N.d.A)
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