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lunedì 14 febbraio 2011
GIU' LE MANI DALLA TUNISIA!
di Michele Basso
In Tunisia vi sono ancora “elementi di destabilizzazione con la possibilità di colpi di coda del vecchio regime e possibili infiltrazioni, finora contenute, di elementi connessi al fondamentalismo islamico”. E’ il ministro degli Esteri Franco Frattini a fare questa dichiarazione nel corso dell'audizione in Commissione Esteri del Senato. Eppure, non molte settimane fa, aveva definito Ben Alì “un pilastro contro il terrorismo” . E, riguardo allo “zio di Ruby” aveva detto: “Speriamo che il presidente Hosni Mubarak continui, come ha sempre fatto, a governare il suo paese con saggezza e lungimiranza". Frattini ricorda certi personaggi che, alla caduta del fascismo, bruciata la camicia nera, cominciarono a tuonare contro “l’odiato regime”.
Che cosa ha fatto cambiare idea al dandy della Farnesina? L’imperialismo italiano ha perso un utile collaboratore come Ben Alì, e deve cercare ancora una volta di ficcare il naso nella politica interna della Tunisia, per favorire la schiera di imprese italiane che la considerano una riserva di caccia, sia pure in condominio con quelle francesi.
Nell’articolo “By by Ben Alì” si afferma che le aziende italiane operanti nel Paese sono circa 680, con oltre 55.000 addetti e circa 216 milioni euro d’investimenti. Si aggiungano incentivi particolarmente generosi e lo sfruttamento bestiale della manodopera. L’articolo dice:
“Gli investimenti italiani sono diretti in diversi comparti dell’economia locale, con prevalenza nei seguenti settori: chimico e gomma, idrocarburi, elettrico ed elettronico, edilizia, trasporti, turismo, meccanico e metallurgico, agro-alimentare e agricolo, cuoio e calzature. Tre presenze eccellenti: Mediaset col 25% di Nessma TV, Unicredit e Mediobanca con una quota del 33% nella nuova banca commerciale tunisina, dove Tarak ben Ammar, uomo d’affari tunisino, grande amico di Berlusconi e comproprietario di Nessma TV, possiede una parte delle quote tunisine.
Ricordiamo alcuni soci di Mediobanca: Unicredit; Gruppo Mediolanum; Italcementi; Generali; Pirelli; Fininvest, Angelini e altri. Nel Consiglio di Amministrazione: Marco Tronchetti Provera; Tarak ben Ammar (Nessma TV); Gilberto Benetton; Marina Berlusconi; Jonella Ligresti”. (1)
Ce n’è abbastanza per giustificare l’attivismo frenetico del ministro. E anche perché i lavoratori d’Italia gridino “Giù le mani dalla Tunisia!
La storia dell’ascesa al potere di Ben Alì, grazie a un golpe concordato con Craxi e Andreotti, non è più un segreto, si può trovare su giornali o in internet. Ripetiamo per i giovanissimi o per chi se ne fosse scordato. L’ex capo del Sismi, l'ammiraglio Martini, in un intervista a Repubblica dell’11 ottobre 1999, dichiarò: “Non fu un brutale colpo di stato: fu un'operazione di politica estera, messa in piedi con intelligenza, prudenza ma anche decisione dagli uomini che guidavano l'Italia in quegli anni. Sì, è vero, l'Italia sostituì Bourghiba con Ben Ali.” La Tunisia era in crisi, anche per il forte debito che la strangolava e l’Algeria temeva per il tratto del gasdotto diretto verso l’Italia, che passava dal territorio tunisino, fino al punto di apprestarsi ad occupare militarmente la zona.
Su ordine di Craxi e col benestare di Andreotti, l’ammiraglio prese contatto con i servizi segreti algerini. Si scelse il personaggio che poteva dare “garanzie”, Bel Alì, e si trovò la complicità di alcuni medici: “La notte del 6 novembre 1987 in Italia il presidente del Consiglio era Giovanni Goria, il ministro degli Esteri Giulio Andreotti, il leader del Psi Bettino Craxi. Sette medici firmarono un referto che certificò l'incapacità di Habib Bourghiba, il primo ministro-generale Zin el Abidin Ben Ali divenne presidente della Tunisia”. (2)
De Michelis, in un’intervista al Corriere, ha dichiarato: “L' Italia, e in particolare Craxi, fecero bene ad aiutare una transizione tutto sommato indolore, non accompagnata da moti sociali come quelli di adesso e dal resto. Ricorderà che la strada seguita fu di una sorta di colpo di Stato legittimo”. All’intervistatore che gli ricordava le torture di massa negli uffici di polizia, De Michelis rispondeva parlando di “democratura”, una sintesi di democrazia e dittatura: “Quella di Ben Ali era la più soft del Mediterraneo.” (3)
Non ci interessano le altre spiegazioni edulcorate – evitare la deriva islamista, o che il potere passasse ai clan. Abbiamo una sfacciata confessione di un golpe imperialistico. Quella sinistra spuria che vede arbitrio e aggressività solo negli USA e piange sulla povera Italia colonizzata, dovrebbe riflettere sulla lezione. Anche l’Italia, nel suo piccolo, prepara i suoi golpe in casa altrui, alla faccia della sua costituzione, “la più bella del mondo” (Bersani dixit).
Bisogna che ogni aspetto di questo golpe venga alla luce, occorre chiedere la pubblicazione di tutti i documenti, squarciando il velo del segreto diplomatico. E denunciare ogni tentativo di replicare il fattaccio. Oggi, con l’arrivo di numerosi profughi tunisini, Frattini e Maroni strillano che occorre intervenire, e che l’Europa non deve lasciare sola l’Italia. Ma è davvero solo questo il problema che assilla i ministri? Il prospettato invio di forze per pattugliare le coste africane ha solo lo scopo di bloccare l’esodo – riproducendo le tragiche conseguenze che finora hanno provocato centinaia di morti, nel deserto o nei campi “d’accoglienza” libici o magrebini - o ha anche lo scopo di influire sugli svolgimenti politici del piccolo stato? Visti i precedenti, non ci si può fidare, e occorre lottare contro ogni invio di militari o e di mezzi, comunque vengano motivati. I militanti politici e sindacali devono segnalare ogni tentativo d’ingerenza, diplomatico o militare, senza farsi illusione che il parlamento, il più reazionario del dopoguerra, intervenga per impedirlo.
14 febbraio 2011
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NOTE:
1) Fonte: http://ilderviscio.wordpress.com/ Link http://ilderviscio.wordpress.com/2011/01/15/by-by-ben-ali/#more-829 . In Come Donchisciotte 16.1.2011.
2) Vincenzo Nigro, “Tunisia, il golpe italiano. Sì, scegliemmo Ben Alì” “Repubblica”, 11 ottobre 1999.
3) Maurizio Caprara, “Fecero bene Craxi e Andreotti ad aiutare Ben Ali” Corriere.it, 16/1/2011.
dal sito http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo.htm
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