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mercoledì 10 dicembre 2014

IN GRECIA SI VA AL VOTO: SYRIZA GRAN FAVORITA di Pavlos Nerantzis






IN GRECIA SI VA AL VOTO: 
SYRIZA GRAN FAVORITA
di Pavlos Nerantzis



Elezioni anticipate. Alle urne a febbraio per le presidenziali. Tutti i sondaggi indicano come «partito vincitore» quello di Tsipras. Una mossa ad alto rischio ma quasi obbligata quella decisa dal premier Samaras che ha provocato reazioni diverse sia nella capitale che nel resto d'Europa.




Atene, alea iacta est. Il dado è tratto nella capi­tale greca dove si parla già di ricorso anti­ci­pato alle urne agli inizi del feb­braio pros­simo con Syriza sicu­ra­mente vin­ci­tore secondo tutti i son­daggi nazio­nali e inter­na­zio­nali. La deci­sione di Atene di anti­ci­pare il voto per il nuovo pre­si­dente della repub­blica, tenendo conto che il governo di coa­li­zione non ha la mag­gio­ranza neces­sa­ria per garan­tire la sua ele­zione, è una mossa di alto rischio, ma quasi obbli­gata per il pre­mier Sama­ras. Una deci­sione che ha pro­vo­cato ieri rea­zioni diverse sia ad Atene che nel resto d’Europa. C’è chi dice che final­mente è arri­vato il momento per la vit­to­ria di un governo delle sini­stre, che met­terà fine all’ auste­rity impo­sta dai cre­di­tori inter­na­zio­nali: e sca­te­nerà un capo­vol­gi­mento dei rap­porti di forza in seno all’ Unione europea.

C’è però anche chi incute timore negli elet­tori, agi­tando lo spet­tro del «ritorno del rischio default » e di «una tem­pe­sta nella zona euro»: per­ché Ale­xis Tsi­pras «annu­lerà tutti gli accordi con la troika».

«Il 2014 non è il 2012 e quindi non pas­serà il ter­ro­ri­smo dei mer­cati», ha sot­to­li­neato ieri Tsi­pras, pre­an­nun­ciando la fine degli accordi con i cre­di­tori inter­na­zio­nali, gra­zie ad «un governo di sal­vezza nazio­nale soste­nuto da Syriza». Per giu­sti­fi­care la sua deci­sione, Sama­ras ha detto che «biso­gna chia­rire il clima poli­tico prima di fare qual­siasi altro passo per il risa­na­mento dell’ eco­no­mia». E ha attri­buito la colpa all’opposizione per­ché «ha creato un clima d’instabilità poli­tica» e alla troika (Fmi, Ue, Bce): per­ché man­tiene un atteg­gia­mento troppo duro nono­stante i pro­gressi sostan­ziali nelle finanze greche.

Bru­xel­les e Ber­lino per il momento a livello uffi­ciale dichia­rano sol­tanto un «no com­ment», ma die­tro le quinte insi­stono sulla linea dura. Inan­zi­tutto per­ché hanno fretta di chiu­dere accordi pre­cisi prima che l’avvento al potere della sini­stra radi­cale di Syriza fini­sca per far annul­lare il memo­ran­dum e in secondo luogo per­ché le ele­zioni poli­ti­che in anti­cipo avreb­bero costretto Atene ad abbas­sare la guar­dia sul fronte del rigore.

Il fatto è che i part­ners euro­pei non si ren­dono conto che nes­sun accordo può essere fir­mato durante la cam­pa­gna elet­to­rale, ossia tra gli inizi del gen­naio e il primo o l’otto feb­braio: date in cui si svol­ge­ranno le ele­zioni nel caso che il par­la­mento non rie­sca ad eleg­gere il nuovo pre­si­dente della repubblica.

La prima vota­zione per il can­di­dato pre­si­dente della repub­blica Sta­vros Dimas, ex com­mis­sa­rio euro­peo e mini­stro nei governi di centro-destra, per­so­na­lità sti­mata negli ambienti poli­tici euro­pei, si svol­gerà il 17 dicem­bre, la seconda tra cin­que giorni. E nel caso che nem­meno alla terza, pro­gram­mata per il 29 dicem­bre, si otten­gano i voti neces­sari per la sua ele­zione, il par­la­mento si scio­glie e si va alle ele­zioni anti­ci­pate. Il par­la­mento che si for­merà dopo le ele­zioni anti­ci­pate potrà eleg­gere il nuovo pre­si­dente con la sem­plice mag­gio­ranza di 151 voti su 300.

Per Sama­ras la deci­sione presa lunedi scorso era una scelta quasi obbli­gata. Iso­lato dalla mag­gio­ranza dei greci e con una forte oppo­si­zione, pro­ve­niente soprat­tutto dalla sini­stra radi­cale — che chiede ele­zioni anti­ci­pate per met­tere fine al memo­ran­dum -, con tutti i son­daggi che regi­strano il calo elet­to­rale dei due par­titi al potere, il governo di coa­li­zione nell’ultimo mese ha tro­vato di fronte a sé anche l’intransigenza della troika (Fmi, Ue, Bce) la quale ha chie­sto ulte­riori misure di auste­rità.
Si vuole imporre non sol­tanto un pro­lun­ga­mento del memo­ran­dum di almeno tre mesi per motivi tec­nici, come voleva Atene, bensì – ed è que­sta la cosa più impor­tante — di nuovo tagli agli sti­pendi e alle pen­sioni, ulte­riori impo­ste e licen­zia­menti per coprire un buco sul bilan­cio pari a 2,5 miliardi di euro.

Infatti, l’eurogruppo durante la sua riu­nione ha deciso di pro­lun­gare la vali­dità del pro­gramma di risa­na­mento dell’economia greca sino alla fine del pros­simo feb­braio, ma sta alla troika e al governo greco tro­vare un accordo per la ripresa delle trat­ta­tive. Un’intesa sulle misure aggiun­tive, fina­liz­zate alla con­clu­sione del con­trollo sull’attuazione del pro­gramma stesso.

Que­sta è infatti la con­di­zione indi­spen­sa­bile per l’uscita del paese dal memo­ran­dum e per l’attuazione della linea di soste­gno pre­cau­zio­nale (Eccl) fin­ché la Gre­cia non sarà in grado di tor­nare sui mer­cati inter­na­zio­nali.
Una pro­spet­tiva quindi com­ple­ta­mente oppo­sta a quella pro­mossa dal pre­mier greco, che aveva già annun­ciato la fine dell’ auste­rity e l’ ingresso nei mer­cati come rispo­sta alle accuse di Ale­xis Tsi­pras: il quale ha soste­nuto che il memo­ran­dum ha pro­vo­cato sol­tanto una crisi umanitaria.

Sama­ras inol­tre man­tiene una mag­gio­ranza par­la­men­tare debole per appro­vare una nuova auste­rity e comun­que non suf­fi­ciente per l’elezione del pre­si­dente della repub­blica: appena 154 su 300 nel momento in cui, secondo la costi­tu­zione elle­nica, ci vogliono almeno 180 voti nella terza vota­zione (200 nella prima e nella seconda) per l’ ele­zione del nuovo pre­si­dente della repubblica.

Con i conti che non tor­nano per il governo di coa­li­zione, Tsi­pras fin dall’inizio si è detto asso­lu­ta­mente con­tra­rio a una qual­siasi tat­tica di con­senso: indi­pen­den­te­mente dal nome del can­di­dato pre­si­dente: per­ché in quel modo — sostiene — si con­ti­nue­rebbe e pro­lun­gare la poli­tica di rigore.

Intanto, tra i 24 par­la­men­tari indi­pen­denti usciti da tutte le for­ma­zioni poli­ti­che durante gli ultimi anni, la mag­gio­ranza si è schie­rata con­tro l’elezione del pre­si­dente della repub­blica dall’ attuale parlamento.

Tut­ta­via, Sama­ras spera che la per­so­na­litá di Sta­vros Dimas li indurrà a cam­biare idea. Non sarà facile, ma intanto il dibat­tito è acceso e gli occhi di tutti sono pun­tati sulla Grecia.


ATENE, 9 dicembre .2014


da " Il Manifesto"




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