CON SYRIZA E PODEMOS PER UN’ EUROPA DIVERSA
di Mario Ronchi
Con l’affaire Mafia-Capitale, eclatante espressione giudiziaria del marciume che ormai ammorba anche l’area istituzionale, la crisi di regime nella quale siamo immersi da tempo si avvicina dunque, pericolosamente, a un punto di non ritorno. E l’ambiente politico “ufficiale” reagisce nel peggiore dei modi. Il governo guidato dal Partito Democratico, infatti, sta portando avanti, senza esitazioni o ripensamenti, il progetto (neo)liberista indicato e avviato da Berlusconi, poi ripreso in sostanza anche dal centrosinistra, secondo le direttive diramate dall’Unione Europea . Le conseguenze di questa scelta, disastrosa per i lavoratori, oggi sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavìa, il premier – avvalendosi anche del sostegno che di fatto gli è dato dal Presidente della Repubblica – non si scompone: gracchia come un disco rotto, ripetendo in continuazione i soliti demagogici, ma ormai consunti slogans, tanto inconsistenti , quanto idioti.
La cosiddetta “stravittoria” del PD retto da Matteo Renzi alle elezioni europee è stata, in realtà, una “vittoria di Pirro”: il 40,81% dei voti, su appena il 58,68% di votanti. Anzi, per essere precisi, ai non partecipanti al voto dovrebbero essere aggiunti coloro che- pur recandosi al proprio seggio elettorale- hanno depositato nelle urne scheda bianca (1,99%) oppure hanno preferito annullare la scheda stessa (3,30%), il che fa lievitare il rifiuto del sistema politico attuale di fatto al 63,97% ! Ciò significa- peraltro- in cifre assolute, che su un totale di 49.256.169 aventi diritto al voto, il PD ha raccolto il consenso di 11.172.861 elettori, ossia del 22,68% del totale reale ! Non è davvero gran cosa, anche ripensando al famoso 34,37 % ottenuto dal PCI nelle elezioni politiche del 1976, che videro però un’ affluenza del 93,39% … Eppure i “renziani”, con indecente improntitudine, naturalmente considerano tutto questo un insignificante “dettaglio”. La gente si lamenta, mugugna, magari impreca, ma in parte sembra ancora rassegnata, volente o nolente. Qualcosa, però, incomincia a muoversi: da mesi si susseguono le lotte per il lavoro e forti manifestazioni contro le politiche controriformistiche del governo (ed è significativo che, dopo il lungo torpore di tutti i sindacati confederali nel corso degli ultimi anni, anche la CGIL (e non la sola FIOM) infine si sia decisa (obtorto collo?) a darsi una scossa. E quanti hanno dato vita alla Lista Tsipras per le elezioni europee possono ora tentare di aprire la strada alla formazione di un nuovo soggetto politico.
Certo, per essere efficace, incisiva, l’opposizione alla linea liberista imposta dalla troika (Banca Centrale Europea – Commissione Europea – Consiglio Europeo) e dall’egemone Germania deve svilupparsi su scala continentale, non confinarsi in ambiti solo nazionali. Compito delle sinistre radicali, antiliberiste e anticapitaliste, è quello di individuare obbiettivi comuni, di promuovere e coordinare le lotte nei diversi paesi dell’Unione: un impegno difficile, complesso, di ricerca e di analisi. In questa direzione segnali incoraggianti vengono oggi dalla Grecia, con la forte affermazione di Syriza (e con la popolarità del suo leader Tsipras), che probabilmente il 25 gennaio vincerà le elezioni politiche; e dalla Spagna, dove Podemos, il nuovo partito che ha le sue origini nel movimento degli indignados, è in una fase di impetuosa (e anche, in questa misura, inaspettata) espansione. Dunque, è possibile che nell’Europa meridionale si costituisca un blocco della sinistra anticapitalista in grado di contrastare le politiche dell’UE e l’Italia ne farebbe parte utilmente, se la sua sinistra riuscirà a superare i limiti (e i tanti “vizi”) che tuttora la paralizzano.
dal sito http://www.cassandrarivista.it/
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