CINEMA

lunedì 9 marzo 2015

TRA LEOPOLDA E SEDUZIONE: APPUNTI SU UN PROFILO DI MATTEO RENZI di Adriano Voltolin






TRA LEOPOLDA E SEDUZIONE: 
APPUNTI SU UN PROFILO DI MATTEO RENZI
di Adriano Voltolin



Una lettura psicoanalitica di un fenomeno oppure di un personaggio non ha la pretesa di dare una lettura vera di quanto preso in esame, ma solo l’ambizione di poter contribuire, assieme ad altri vertici osservativi, ad una interpretazione più completa di quanto viene preso in osservazione. Nello studio di un analista una persona porta se stessa in molti modi, tra i quali, l’opinione che esprime di se stessa, ha una notevole importanza sintomatica: vale di più ciò che non sa di sé e che emerge, per dirla con un famoso analista francese, come qualcosa che zoppica, che fa ostacolo e che marca un tratto della sua personalità.

Prendendo in esame la figura dell’attuale Presidente del Consiglio dei ministri, alcuni tratti del suo carattere emergono prepotentemente nelle sue interviste sulla stampa o in televisione.

Certamente appare disinvolto, a suo agio col pubblico, pronto alla battuta salace che è sempre ben congegnata, sufficientemente risoluto, pronto ad ascoltare e prontissimo nel controbattere le opinioni altrui. Il suo abbigliamento appare quello di un uomo che rispetta le convenzioni, ma che anche le evade con noncuranza sia elegante che volutamente involontaria.

La sua disinvoltura risulta sempre evidente e persino un po’ ostentata. In queste note prenderemo in considerazione quattro aspetti della personalità di Matteo Renzi che appaiono palesi ad un qualsiasi persona che legga i giornali o veda i telegiornali.

La relazione con i sostenitori. Le immagini dei lavori della Leopolda, divenuta quasi una categoria dello spirito, ci mostrano una quantità di individui, alcuni noti anche al grande pubblico, chini su tavoli separati e in piccoli gruppi, a lavorare febbrilmente in un tempo limitato su temi che possono essere di grande spessore (il mercato del lavoro), ma anche evocati in modo fiabesco ed infantile (la buona scuola).

Impossibile non evocare un compito in classe o il tema della maturità. Non dipenderà dalle tesi che esporrà lo studente l’impostazione che altri daranno al problema proposto: da lui si richiede una corretta esposizione, l’acquisizione di idee correnti e, al più, una educata originalità che ne sottolinei la proficua introiezione delle idee del Maestro. Il Maestro non partecipa al lavoro degli studenti: veglia con bonaria severità sullo loro operosa solerzia.

La domanda che verrebbe immediata è come fanno uomini e donne di quaranta o cinquanta anni a prestarsi ad una scemenza di tale fatta (i solerti giornalisti italiani non sono nemmeno sfiorati da questa domanda). Ma se si guarda alla scenetta con un occhio un poco avvertito vengono subito in mente le tragiche, ma anche comiche adunate fasciste dove un capo-guitto dialogava con una folla di bambini-adoratori (“Ne sarete voi degni??”, “Siii!!!!”). Freud, in Psicologia delle masse a analisi dell’Io, individua tre modi di identificarsi alla figura del capo. La terza di queste, quella che avviene “per infezione psichica”, è contrassegnata dal sentimento comune di amore tra gli individui nei confronti del capo. Tutti sono fratelli che si amano tra loro, accomunati dall’amore per il capo. Renzi pare avere sviluppato molto il senso di una benevola superiorità nei confronti dei collaboratori, si vedano le conferenze stampa con qualche ministro. Al ministro viene assegnato il compito di esporre più in dettaglio il lavoro che ha svolto, ma l’importanza di questo è presentata da Renzi, come è sempre il presidente del consiglio a concludere ritornando sul rilievo di quanto fatto dal suo collaboratore ed a rintuzzare eventuali obiezioni. Non importa quale lavoro venga fatto purché innanzitutto sia fatto, venga svolto secondo gli indirizzi del capo, non si disperda in sottigliezze da “professoroni” (inutili perché non in linea con quanto sostiene il Capo e perché fanno perdere tempo) e consenta infine di passare ad altro: Renzi preannuncia le “riforme” ed il loro tempo di attuazione calcolandolo non sull’importanza della questione trattata, ma sulle inevitabili lungaggini imposte da una democrazia/burocrazia il cui significato gli risulta del tutto ignoto.

Il Capo. L’adesione ad una idea realizzata attraverso l’identificazione con il Capo è l’essenza di una struttura sociale totalitaria. Senza voler fare delle sciocche sovrapposizioni con il fascismo storico sviluppatosi in Europa nel primo trentennio del secolo scorso, si può certamente dire che la società della comunicazione di massa, specialmente se unita ad un pessimo giornalismo, favorisce molto l’identificazione piuttosto che l’esame delle idee. Richard Nixon aveva una sudorazione copiosa e questo tratto, ritenuto ben poco attraente nella nostra società, giocò un ruolo non marginale nel confronto televisivo con John Kennedy alla vigilia delle votazioni del 1960 in cui il candidato repubblicano venne sconfitto.

Ciò che dovrebbe essere essenziale nella relazione tra un capo politico ed i suoi potenziali sostenitori è l’esame delle proposte fatte, la loro critica e quindi l’adesione oppure l’opposizione ad esse. Renzi in una conferenza ha affermato che la democrazia consiste nell’ascoltare tutti e poi decidere. Al di la della sciocchezza concettuale – ma, si sa, i “professoroni” obietterebbero perché sono degli azzeccagarbugli perditempo – quest’idea esprime molto bene l’atteggiamento mentale di Renzi verso le idee diverse dalle proprie e di conseguenza verso i corpi intermedi che, in democrazia solamente, hanno il compito di organizzare idee e proposte con le quali proporre di governare: i partiti, i sindacati, le associazioni ecc. Dal punto di vista del funzionamento mentale, la democrazia consiste nella capacità, capacità negativa la chiama Bion, di tollerare le opinioni diverse dalla propria e, alla fine, di utilizzarle per arricchire, o anche modificare, le proprie. La democrazia è, mentalmente, l’accettazione dell’esistenza dell’altro non come potenziale nemico, ma come Mitarbeiter, compagno di lavoro.

Per Renzi il modello di funzionamento parlamentare è appunto quello della Leopolda: una schiera di bambini chini sui compiti assegnati da un Maestro che vanno svolti nel tempo assegnato senza sgarrare.

Il modo di Renzi di proporre una riforma dietro l’altra a passo di carica, a prescindere dalle urgenze imposte dalla subalternità a Bruxelles, sembra anche indicare un sintomo del suo modo di concepire la figura del Capo: questi deve in effetti, è messo bene in luce da Freud in Totem e tabù, continuamente confermare la fiducia presso i suoi sostenitori circa le proprie capacità superiori: fare della scuola una “buona scuola”, eliminare il Senato, eleggere il capo dello stato “alla quarta votazione” e così via, va tutto fatto in tempo brevissimo prescindendo della complessità della materia, dai diversi pareri in campo e dall’impatto che una riforma ha sulla vita civile e sociale del paese. Più il Capo sente che la fiducia dei seguaci vacilla più aumenta l’urgenza di miracol mostrare: la necessità inconscia spesso in casi come questi è da ricercare nell’angoscia che è prodotta dalla confusa consapevolezza dell’aver danneggiato l’oggetto amato narcisisticamente (la folla nel caso del Capo, analizzato da Gustave Le Bon) e dal timore di poter venire scoperti. La necessità di accelerare, come succede ai bambini che sanno appena appena reggersi in equilibrio in bicicletta, non è segno di padroneggiamento della situazione. Ne è anzi l’opposto.

Il battutista. Renzi ama le battute di spirito, le usa consapevolmente ed anche con successo. Il Witz, il motto di spirito, ci dice Freud nel saggio dedicatovi, è un’aggressione mitigata dalla forma scherzosa. Il suo scopo è di far ridere il terzo attraverso la messa in luce di un tratto fisico, di carattere o linguistico dell’oggetto che viene attaccato. Il composto presidente Mario Monti parlò della statura accademica di Brunetta, Di Pietro venne molte volte preso in giro per la sua sintassi incerta e così via. Renzi utilizza una tecnica nelle sue battute che era la medesima di Craxi: la precipitazione di senso. Attraverso il climax ascendente (ai congressisti del PSI che avevano fischiato l’intervento di Berlinguer, Craxi disse “Io non ho fischiato Berlinguer…”) si prepara la precipitazione di senso dell’anticlimax che è destinata a far ridere il terzo attraverso il denudamento dell’oppositore (“…perché non so fischiare” concludeva Craxi ponendo una pausa sospensiva tra le due emifrasi in modo da aumentare l’attesa per l’anticlimax). Renzi usa esattamente la stessa tecnica di Craxi riducendo solamente il tempo di sospensione: “Landini non lascia il sindacato [brevissima pausa che introduce l’anticlimax]; è il sindacato che lascia Landini.
Il battutista è tale perché per lui il motto di spirito non è qualche cosa di occasionale che alleggerisce il discorso, ma è una captatio benevolentiae, ottenuta attraverso la messa alla berlina che aggredisce l’avversario non contrapponendo le proprie idee alle sue, ma deridendo chi le esprime: non è fuori luogo ipotizzare che colui che usa la battuta come elemento di convincimento nutra un’incertezza profonda sulla tenuta e plausibilità dei propri argomenti. Coloro che sono colpiti favorevolmente dalle battute a ripetizione divengono un gruppo in assunto di base di dipendenza (Bion) dal Capo che risolve ogni problema e scioglie ogni difficoltà. Sul capo si concentrano quindi non solo tutte le aspettative, ma anche i rischi connessi alla delusione di queste. Sempre per tornare a Totem e tabù, al Capo che non riesce ad ottenere dalla divinità un tempo meteorologico favorevole ad un buon raccolto, tocca l’uccisione.

Il seduttore. A Renzi, come a Berlusconi, piace piacere. La seduzione, letteralmente la conduzione a sé, dell’altro ha il duplice scopo di rinforzare il proprio assetto narcisistico e di spostare l’investimento mentale dell’altro dalla luna al dito che la indica. Per Berlusconi, dichiaratamente, vendere elettrodomestici, case o programmi politici è esattamente la stessa cosa. Un buon piazzista (Montanelli chiamò Berlusconi un piazzista di successo) vende attraverso la propria abilità seduttiva: che cosa vende, se lui è bravo, è del tutto secondario. Renzi seduce, o almeno tenta di farlo, attraverso il trasformarsi non in un capo alla mano, ma in un fratello maggiore che la pensa come te e suggerisce soluzioni ai tuoi problemi che si presentano come le uniche possibili. Renzi si veste solo apparentemente in modo casual: è sempre vestito come pensa che gli altri si attendano che lui sia: giacca e cravatta in parlamento, ma anche in jeans e camicia aperta se arriva tardi in nottata come gli è accaduto di recente, sci in spalla e tuta colorata in montagna, maniche della camicia arrotolate e cravatta allentata in un dibattito con i giovani (“Ti do del tu se non ti dispiace vista l’età. Renzo, Renzo mi devi chiamare!”). Il seduttore è mimetico per definizione, il suo scopo non è quello di ingraziarsi coloro che condividono le sue idee o accedere alle grazie di quella bellissima fanciulla: il seduttore, come ci hanno spiegato Kierkegaard e Mozart, trae il suo godimento narcisistico dal successo dell’operazione seduttiva e non dall’ottenimento dell’oggetto. La ennesima donna sedotta da Don Giovanni è una delle milletre semplicemente, la decima o la centesima, o la trecento sedicesima, non importa.

Il seduttore non è in grado di apprezzare gli altri, ma se ne serve per tenere a bada aspetti depressivi imponenti. Verrebbe da aggiungere che se la qualità principale del politico dovrebbe essere quella di proporre dei modi di affrontare i problemi che prendono le mosse dal sentirsi integrato nella propria comunità (si pensi a Martin Luther King), certamente l’ultimo tipo di personalità che è adatta a ricoprire un ruolo di guida della propria comunità è quella del narcisista. Ma, ahimè, visto i soggetti che in Italia e in Europa ci siamo ritrovati negli ultimi decenni… Ma sono pensieri da “professoroni”.



Adriano Voltolin, Presidente della Società di Psicoanalisi Critica


3 marzo 2015


dal sito http://www.aldogiannuli.it/




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