BRACCIANTI, LA QUARTA VITTIMA: UNA STRAGE INFINITA
di Gianmario Leone
Puglia. Arcangelo è in coma, stroncato da un infarto: raccoglieva uva nel barese. L’operaio, di 42 anni, lavorava per la stessa agenzia interinale di Paola, morta in identiche circostanze poco più di un mese fa
E’ finito in coma dopo essere stato colpito da un infarto mentre lavorava in una vigna sotto un tendone nelle campagne del nord-barese. Arcangelo, questo il nome del 42enne di San Giorgio Ionico (paesino della provincia di Taranto), stava svolgendo le operazioni di acinellatura, che consistono nello staccare dal grappolo d’uva gli acini più piccoli, quelli che non si sono sviluppati: un lavoro complesso e stancante visto che comporta lo stare in piedi su una cassetta per ore con la testa all’insù. A un certo punto però, il cuore di Arcangelo ha ceduto di schianto.
L’episodio è avvenuto circa dieci giorni fa, ma la notizia è stata diffusa solo ieri dalla Flai Cgil Puglia. Il bracciante «lavorava circa 7 ore al giorno, alle quali si devono aggiungere le 5 ore di strasporto — spiega Giuseppe Deleonardis segretario generale della federazione pugliese — Proprio per il trasporto l’uomo pagava 12 euro al caporale, a fronte di una paga che supera di poco i 27 euro al giorno. Salario, quest’ultimo, che viene corrisposto alle donne».
L’ennesimo caso di caporalato insomma. Tra l’altro, per un macabro scherzo del destino, il bracciante stava lavorando nella stessa zona di campagna, fra Andria e Canosa di Puglia, nel nord-barese, in cui il 13 luglio scorso è morta per un malore un’altra bracciante di San Giorgio Jonico, Paola Clemente, di 49 anni, madre di te figli. «Quel che è certo — ha aggiunto Deleonardis della Flai Cgil — è che Arcangelo lavorava per la stessa agenzia interinale per cui lavorava Paola».
Il sindacalista Cgil ha poi avanzato un sospetto tutto da approfondire: ovvero che «in quelle campagne si usino fitofarmaci pericolosi che fanno sentire male gli operai». Il segretario ha promesso che la Flai Cgil farà di tutto «per rompere il muro di omertà che copre quelle che sono le reali condizioni di vita dei braccianti agricoli in Puglia». La regione soltanto nell’ultimo mese ha registrato ben tre decessi.
L’uomo originario del tarantino, sarebbe stato colpito da infarto, secondo quanto appreso dalla stessa Flai Cgil che però ha avuto grandissime difficoltà nel ricostruire la vicenda per la solita cortina di silenzio che ogni volta si alza quando accadono episodi del genere. Ora il bracciante si trova ricoverato all’ospedale San Carlo di Potenza.
«Al di là del singolo episodio — ha concluso Deleonardis — da anni denunciamo uno sfruttamento che non riguarda solo gli immigrati ma anche italiani e molte donne. E magari si verificano in aziende finanziate da fondi pubblici. Abbiamo una legge regionale di eccellenza, quella che prevede gli indici di congruità, che però non esplica completamente la sua efficacia per la mancanza di controlli. Basterebbe semplicemente applicarla».
A tal proposito, il 6 agosto scorso, dopo il decesso di Zakaria Ben Hassine, il 52enne tunisino morto il 3 agosto in un’azienda di Polignano a Mare, si svolse nella sede della Regione Puglia a Bari un incontro tra l’assessorato al Lavoro e all’Agricoltura e i sindacati confederali e di categoria per la questione del lavoro nero nelle campagne. «Abbiamo voluto — spiegò nell’occasione l’assessore al Lavoro Sebastiano Leo — affrontare con i sindacati, e lo faremo anche con le parti datoriali, la questione ognuno per le proprie competenze. Abbiamo una convenzione del 2013 per la lotta al lavoro nero e occorre capire come e quanto sia stata applicata, visto pochissime aziende sembrano aver aderito alle liste di prenotazione, utilizzando pochissimo dei fondi a disposizione». Il giorno dopo, i ministeri del Lavoro e delle Politiche Agricole promisero una stretta sui controlli contro il caporalato: la Direzione generale per l’attività ispettiva del ministero del Lavoro informò di aver dato indicazione alle Direzioni interregionali e territoriali di coinvolgere i responsabili dei servizi prevenzione delle Asl nelle attività di vigilanza già programmate e sulla base di intese preventive o prassi consolidate. Il ministero delle Politiche agricole chiese inoltre la convocazione urgente della Cabina di regia della “Rete del Lavoro agricolo di qualità”. Introdotta con il provvedimento Campolibero e operativa da febbraio, per la prima volta in Italia si è creato un coordinamento per il contrasto dello sfruttamento nel lavoro agricolo.
Ma di lavoro da fare ce n’è ancora molto. Secondo il rapporto “Agromafie e Caporalato 2014″, redatto dall’Osservatorio Placido Rizzotto per conto della Flai Cgil, sono circa 400 mila i lavoratori che trovano un impiego tramite i caporali, di cui 100 mila presentano forme di grave assoggettamento dovute a condizioni abitative e ambientali considerate paraschiavistiche. Per salari da appena 4–500 euro in due mesi di lavoro. Indegno per un paese che continua a considerarsi civile.
18 Agosto 2015
dal sito Il Manifesto
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