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mercoledì 19 agosto 2015

BRACCIANTI, LA QUARTA VITTIMA: UNA STRAGE INFINITA di Gianmario Leone





BRACCIANTI, LA QUARTA VITTIMA: UNA STRAGE INFINITA
di Gianmario Leone


Puglia. Arcangelo è in coma, stroncato da un infarto: raccoglieva uva nel barese. L’operaio, di 42 anni, lavorava per la stessa agenzia interinale di Paola, morta in identiche circostanze poco più di un mese fa



E’ finito in coma dopo essere stato col­pito da un infarto men­tre lavo­rava in una vigna sotto un ten­done nelle cam­pa­gne del nord-barese. Arcan­gelo, que­sto il nome del 42enne di San Gior­gio Ionico (pae­sino della pro­vin­cia di Taranto), stava svol­gendo le ope­ra­zioni di aci­nel­la­tura, che con­si­stono nello stac­care dal grap­polo d’uva gli acini più pic­coli, quelli che non si sono svi­lup­pati: un lavoro com­plesso e stan­cante visto che com­porta lo stare in piedi su una cas­setta per ore con la testa all’insù. A un certo punto però, il cuore di Arcan­gelo ha ceduto di schianto.

L’episodio è avve­nuto circa dieci giorni fa, ma la noti­zia è stata dif­fusa solo ieri dalla Flai Cgil Puglia. Il brac­ciante «lavo­rava circa 7 ore al giorno, alle quali si devono aggiun­gere le 5 ore di stra­sporto — spiega Giu­seppe Deleo­nar­dis segre­ta­rio gene­rale della fede­ra­zione pugliese — Pro­prio per il tra­sporto l’uomo pagava 12 euro al capo­rale, a fronte di una paga che supera di poco i 27 euro al giorno. Sala­rio, quest’ultimo, che viene cor­ri­spo­sto alle donne».

L’ennesimo caso di capo­ra­lato insomma. Tra l’altro, per un maca­bro scherzo del destino, il brac­ciante stava lavo­rando nella stessa zona di cam­pa­gna, fra Andria e Canosa di Puglia, nel nord-barese, in cui il 13 luglio scorso è morta per un malore un’altra brac­ciante di San Gior­gio Jonico, Paola Cle­mente, di 49 anni, madre di te figli. «Quel che è certo — ha aggiunto Deleo­nar­dis della Flai Cgil — è che Arcan­gelo lavo­rava per la stessa agen­zia inte­ri­nale per cui lavo­rava Paola».

Il sin­da­ca­li­sta Cgil ha poi avan­zato un sospetto tutto da appro­fon­dire: ovvero che «in quelle cam­pa­gne si usino fito­far­maci peri­co­losi che fanno sen­tire male gli ope­rai». Il segre­ta­rio ha pro­messo che la Flai Cgil farà di tutto «per rom­pere il muro di omertà che copre quelle che sono le reali con­di­zioni di vita dei brac­cianti agri­coli in Puglia». La regione sol­tanto nell’ultimo mese ha regi­strato ben tre decessi.

L’uomo ori­gi­na­rio del taran­tino, sarebbe stato col­pito da infarto, secondo quanto appreso dalla stessa Flai Cgil che però ha avuto gran­dis­sime dif­fi­coltà nel rico­struire la vicenda per la solita cor­tina di silen­zio che ogni volta si alza quando acca­dono epi­sodi del genere. Ora il brac­ciante si trova rico­ve­rato all’ospedale San Carlo di Potenza.

«Al di là del sin­golo epi­so­dio — ha con­cluso Deleo­nar­dis — da anni denun­ciamo uno sfrut­ta­mento che non riguarda solo gli immi­grati ma anche ita­liani e molte donne. E magari si veri­fi­cano in aziende finan­ziate da fondi pub­blici. Abbiamo una legge regio­nale di eccel­lenza, quella che pre­vede gli indici di con­gruità, che però non esplica com­ple­ta­mente la sua effi­ca­cia per la man­canza di con­trolli. Baste­rebbe sem­pli­ce­mente applicarla».

A tal pro­po­sito, il 6 ago­sto scorso, dopo il decesso di Zaka­ria Ben Has­sine, il 52enne tuni­sino morto il 3 ago­sto in un’azienda di Poli­gnano a Mare, si svolse nella sede della Regione Puglia a Bari un incon­tro tra l’assessorato al Lavoro e all’Agricoltura e i sin­da­cati con­fe­de­rali e di cate­go­ria per la que­stione del lavoro nero nelle cam­pa­gne. «Abbiamo voluto — spiegò nell’occasione l’assessore al Lavoro Seba­stiano Leo — affron­tare con i sin­da­cati, e lo faremo anche con le parti dato­riali, la que­stione ognuno per le pro­prie com­pe­tenze. Abbiamo una con­ven­zione del 2013 per la lotta al lavoro nero e occorre capire come e quanto sia stata appli­cata, visto pochis­sime aziende sem­brano aver ade­rito alle liste di pre­no­ta­zione, uti­liz­zando pochis­simo dei fondi a dispo­si­zione». Il giorno dopo, i mini­steri del Lavoro e delle Poli­ti­che Agri­cole pro­mi­sero una stretta sui con­trolli con­tro il capo­ra­lato: la Dire­zione gene­rale per l’attività ispet­tiva del mini­stero del Lavoro informò di aver dato indi­ca­zione alle Dire­zioni inter­re­gio­nali e ter­ri­to­riali di coin­vol­gere i respon­sa­bili dei ser­vizi pre­ven­zione delle Asl nelle atti­vità di vigi­lanza già pro­gram­mate e sulla base di intese pre­ven­tive o prassi con­so­li­date. Il mini­stero delle Poli­ti­che agri­cole chiese inol­tre la con­vo­ca­zione urgente della Cabina di regia della “Rete del Lavoro agri­colo di qua­lità”. Intro­dotta con il prov­ve­di­mento Cam­po­li­bero e ope­ra­tiva da feb­braio, per la prima volta in Ita­lia si è creato un coor­di­na­mento per il con­tra­sto dello sfrut­ta­mento nel lavoro agricolo.

Ma di lavoro da fare ce n’è ancora molto. Secondo il rap­porto “Agro­ma­fie e Capo­ra­lato 2014″, redatto dall’Osservatorio Pla­cido Riz­zotto per conto della Flai Cgil, sono circa 400 mila i lavo­ra­tori che tro­vano un impiego tra­mite i capo­rali, di cui 100 mila pre­sen­tano forme di grave assog­get­ta­mento dovute a con­di­zioni abi­ta­tive e ambien­tali con­si­de­rate para­schia­vi­sti­che. Per salari da appena 4–500 euro in due mesi di lavoro. Inde­gno per un paese che con­ti­nua a con­si­de­rarsi civile.



18 Agosto 2015

dal sito Il Manifesto




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