PIETRO INGRAO:
L'UOMO CHE NON ROMPEVA MAI
di Marco Zerbino
Ritratto di Pietro Ingrao, protagonista di svolte mancate dentro e fuori il Pci, riformista di sinistra, simbolo della sinistra italiana
La sinistra italiana (quel che ne rimane) piange in queste ore Pietro Ingrao, storico dirigente “eretico” del Partito Comunista Italiano deceduto nella sua abitazione romana domenica 27 settembre, all’età di cento anni. Per lui si sprecano non solo i necrologi e le inflazionate etichette giornalistiche di “grande vecchio”, “guru”, “padre nobile”, “papa laico della sinistra italiana” e simili, ma anche le menzioni e i ricordi ufficiali da parte delle più alte cariche dello Stato, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha affermato di considerare la figura di Ingrao un “patrimonio del paese”, al presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, che ha pagato pegno alla cospicua componente ex-comunista del partito di cui è leader definendolo “uno dei testimoni più scomodi e lucidi del Novecento e della sinistra”. Perfino Giuliano Ferrara, un tempo comunista e poi passato armi e bagagli prima al Psi di Bettino Craxi e in seguito direttamente alla corte di Silvio Berlusconi, lo ha ricordato con affetto in un’intervista concessa al quotidiano Il Messaggero: “è venuto a mancare un pezzo della mia vita”.
Un simile unanimismo, se è almeno in parte comprensibile data l’elevata statura morale e culturale di un uomo che ha realmente fatto la storia dell’Italia repubblicana e del comunismo italiano, prima come giovane membro della Resistenza, poi come dirigente e intellettuale del Pci, parlamentare di lungo corso, presidente della Camera dei Deputati e infine come punto di riferimento per molti versi indiscusso di un “popolo di sinistra” ormai orfano di grandi organizzazioni politiche, di certo non aiuta a capire la specificità e il significato del personaggio. Se è vero infatti che Ingrao è, come in tanti ripetono, il “simbolo della sinistra italiana”, va detto che probabilmente lo è in tutti i suoi aspetti, incarnandone risorse e vitalità ma anche i tanti limiti storici.
La storia di Pietro Ingrao non può essere separata da quella di un’opzione e di una cultura politiche precise, quelle del “togliattismo di sinistra”, ovvero del tentativo di individuare una “terza via” (nessuna connessione con Lord Giddens) fra lo stalinismo e la completa e definitiva torsione in senso socialdemocratico e “parlamentare” del Pci (caldeggiata all’interno di quest’ultimo dalla destra di Giorgio Amendola). Fu questo, grosso modo, l’orizzonte non solo di Ingrao e della sinistra comunista che a lui faceva riferimento, ma anche del gruppo politico-intellettuale a lui più strettamente legato, quello creatosi attorno alla rivista il manifesto e poi espulso dal Pci (col voto favorevole dello stesso Ingrao) nel 1969.