LA STRAGE DI GENOVA METTE A NUDO IL SISTEMA AFFARISTICO
di Franco Ferrara
"È crollato il Ponte… il Ponte di Brooklyn!"… ma non siamo a New York, siamo a Genova alle 11,37 di martedì 14 agosto 2018. È questa l’esclamazione sgomenta di alcuni abitanti della Val Polcevera che hanno sentito prima un enorme boato accompagnato da un bagliore azzurro e poi hanno visto il ponte sbriciolarsi nella sua campata centrale, quella che attraversa il greto del torrente. È una mattinata temporalesca, il bagliore azzurro è dovuto probabilmente allo scoppio di un fulmine che pare abbia anche colpito un pilastro del ponte. Tutta la zona è stata avvolta da una grande nube dovuta allo sbriciolarsi della grande infrastruttura.
Il bilancio è catastrofico: 43 morti, di cui 40 precipitati dal viadotto oltre a due operai di Amiu ed uno di Aster che stavano lavorando nell’isola ecologica di Amiu situata proprio sotto il ponte lato ovest. Danni materiali enormi per il valore dell’infrastruttura, per le aziende che hanno sede ed operano nella zona di Campi proprio sotto il viadotto, per le abitazioni che si trovano sotto il ponte lato est nelle vie W. Fillak e Via Porro, che hanno dovuto essere sgomberate tempestivamente. La sezione est del ponte, così come quella ovest, è pericolante e tutte e due dovranno essere demolite e con ogni probabilità anche gli edifici sottostanti. Genova subisce l’interruzione, e chissà per quanto tempo, della principale via di comunicazione tra il Levante, il Centro ed il Ponente cittadino. Siamo quasi alla paralisi di un’intera città.
Su quel ponte transitavano circa 75.000 autoveicoli al giorno, con un passaggio enorme di Tir legato anche, ma non solo, all'attività del porto di Genova, del quale era una via di comunicazione indispensabile.