DOGMAN
di Roberto Massari
Uno dei peggiori film italiani,
ma anche uno dei più sopravvalutati
1) È pessima la regia poiché si vede che il regista non sa come arrivare alla fine o non sa come riempire il film. Per questo gira molte scene in tempo reale (cioè fa vedere per intero lo spostamento da un luogo all'altro delle persone, dei cadaveri, dell’interprete principale). Questa scelta così poco cinematografica rende il film noioso ed esasperante.
2) Sempre allo scopo di riempire il film ci sono intermezzi privi di significato:
a) la scena in discoteca per far vedere un po’ di donnine;
b) le immersioni subacquee reali o immaginarie che siano, sono comunque senza capo né coda, sia per la natura del film (prodotto tipico della serie ultramonotona della malavita di periferia), sia per il carattere (da spacciatore) dell’interprete principale;
c) le pettinature e il concorso dei cani. Queste e altre cose non c’entrano niente con la trama del film, ma più che da contorno fungono da inutile riempitivo.
3) I personaggi di contorno sono invece tutti caricaturali: caricatura la madre, caricatura il cattivone psicopatico, caricature i commercianti e amici se presi uno per uno, caricatura massima il poliziotto che interroga ecc.
4) E caricaturali sono le loro recitazioni: tutte sopra le righe, tutte enfatiche, tutte con cadenze dialettali. Probabilmente non è tanto colpa dei singoli attori quanto della sceneggiatura che li costringe a ruoli di contorno immotivato: dovevano recitare personaggi caricaturali e quindi si sono dovuti attenere ai personaggi.
5) E riguardo alle cadenze dialettali, va detto che per una volta tanto sono di diversa estrazione regionale, ma solo perché nell’intenzione del regista dovevano rendere «realista» il film secondo un’abusata moda italiana fondata sul ricorso ai dialetti regionali (una moda che personalmente non riesco più a sopportare).
6) L’intera storia - nonostante la sua pretesa di essere realistica - è piena di illogicità. Ne potrei elencare decine di tali illogicità che concorrono a dare scarsa credibilità a tutta la misera e improbabile trama: il protagonista che si fa un anno di carcere per non tradire (ma quando mai!?); l’ingenuità dello psicopatico che si fa infilare in una gabbia, la quale gabbia però cede ai suoi calci (pazzesco!); il protagonista che torna nella casa del furto appena compiuto (di malavoglia) per salvare il cane (ma quando mai?!); e il bello è che ci riesce, benché il cane fosse rimasto per più di un’ora dentro il freezer (vuole qualcuno provare a fare l’esperimento col proprio cane o gatto?). Insomma, una fesseria dopo l’altra, tutte improbabili e gratuite.
7) Il film vorrebbe avere un carattere realistico (cura dei dettagli, degli ambienti, dei dialetti ecc.). Con questo carattere che ispira l’intero film (a parte le immersioni subacquee) giunge in stridente contrasto la botta di surrealismo, finale e improvvisa, quando il protagonista immagina il campetto di calcio all’alba. Confesso che anch’io ho faticato qualche secondo per capire che era immaginaria, ma ho visto che l’autore di una recensione on-line proprio non ha capito e l’ha data per vera: il suo errore dimostra comunque quanto sballata sia, sotto il profilo della regia (ma anche della sceneggiatura) l’improvvisa scena surreale in mezzo a tanto mediocre realismo.
8) E poi vogliamo dire qualcosa sul presunto significato di tutto questo sport? Calcetto a ripetizione ossessiva e immersioni subacquee in un mondo di commercianti drogofili, bevoni e per lo più sovrappeso che non si smuoverebbero dal bar nemmeno se venisse giù il Padreterno. Ma che messaggio vuol mandare il regista facendo fare tanto sport a questo mondo di lumpen-coatti? Da sportivo quale sono, francamente non l’ho capito e un po’ mi ha anche irritato.
9) La trama è assolutamente insipida: un curatore di cani si stanca di subire le prepotenze di uno psicopatico e finisce con l’ucciderlo. Ma nel farlo si illude di diventare in tal modo persona rispettata in un ambiente quasi camorroso. Tutto qui.
Ma questa vicenda così banale si va a inserire in un filone del cinema italiano in cui i film su malavita di periferia, camorre e mafia sono da alcuni decenni materia corrente e apparentemente gradita al pubblico. Gradita comunque ai produttori, visto il loro basso costo di produzione. Non mancano tra l’altro le fiction televisive ad accrescere il successo di questo filone a mio avviso stucchevole, per fortuna non sempre con trame così insignificanti (penso per esempio a un buon lavoro come Donne di mafia del 2000, del compianto Beppe Ferrara, che per il suo carattere di miniserie televisiva non ha riscosso l’attenzione che meritava).
10) Ma la cosa peggiore di cui mi pare incredibile che non si sia accorto nessuno è che l’ultima parte (la cattura, uccisione e trasporto del cadavere dello psicopatico) è quasi identica al finale del Borghese piccolo piccolo (quello sì un capolavoro e non solo per la bravura di Sordi). Principali elementi in comune: il debole vigliacco che si stanca di subire; che si organizza per uccidere il cattivo; che lo fa con mezzi rudimentali (Sordi lo rinchiude in un cofano e poi lo colpisce alla testa col crick; Dogman lo rinchiude in una gabbia e poi lo colpisce alla testa con un tubo); entrambi lo fanno morire strangolato; entrambi stanno lì a guardarlo con compiacimento sadomasochistico mentre muore (ma Garrone, a differenza del grande Monicelli, cade nella più banale volgarità aggiungendo il sangue che cola dal viso in accordo alla consueta moda horror); entrambi devono disfarsi manualmente del cadavere (Sordi lo seppellisce e Dogman comincia a bruciarlo, ma poi cambia idea - altra fesseria, improbabile e poco realistica che sembrerebbe preparare il seguito in un secondo film in cui l’interprete finirà in carcere per omicidio o in un manicomio criminale).
11) L’unica cosa buona del film è la fotografia, ottima come ormai accade in molta cinematografia moderna quando ci sono i mezzi per permettersela. Alla musica purtroppo non ho fatto caso, ma nei titoli di coda compaiono i nomi di decine di canzoni e brani musicali - quindi non sono musiche originali.
Sono curioso di vedere se dopo l’incredibile successo di Cannes il film riceverà veramente i molti David di Donatello (che è una sorta di Oscar italiano assegnato dall’Accademia del Cinema) per i quali ha avuto la nomination. Se ciò dovesse accadere, ogni cattivo pensiero sarà giustificato, come del resto lo è stato in questi anni per i pessimi film italiani che hanno ricevuto Oscar e altri ambìti riconoscimenti internazionali, a fronte di film in concorso che valevano dieci volte di più. Non mi sembra quindi qualunquistico porre la domanda: cosa c’è dietro queste premiazioni così immotivate?
1 febbraio 2019
dal sito Utopia rossa
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