Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

domenica 16 gennaio 2011








PER UN ARTE RIVOLUZIONARIA INDIPENDENTE

di André Breton e   
    Lev Trotsky










Si può sostenere senza esagerazioni che mai come oggi la nostra civiltà è stata minacciata da tanti pericoli. I vandali, valendosi dei loro mezzi barbari,cioè estremamente precari, distrussero la civiltà antica in angolo limitato dell’Europa.
Attualmente è tutta la civiltà mondiale, nell’unità del suo destino storico, che vacilla sotto la minaccia di forze reazionarie armate di tutta la tecnica moderna. Non alludiamo solo alla guerra che si prepara. Sin da oggi, in tempo di pace, la situazione della scienza e dell’arte è divenuta intollerabile.
In ciò che di individuabile conserva nella sua genesi, nelle qualità soggettive che mette in opera per dedurre un certo fatto che implica un arricchimento oggettivo, una scoperta filosofica, sociologica e scientifica o artistica, appare come il frutto di una caso prezioso, cioè come una manifestazione più o meno spontanea della necessità. Non è possibile trascurare un simile apporto sia dal punto di vista della conoscenza in generale (che tende a far sì che si sviluppi l’interpretazione del mondo) sia dal punto di vista rivoluzionario (che, per arrivare alla trasformazione del mondo, esige che ci si faccia un’idea esatta delle leggi che ne governano il movimento).
Più particolarmente, non è possibile disinteressarsi delle condizioni mentali in cui questo apporto continua a prodursi e, allo scopo, non vigilare affinché sia garantito il rispetto delle leggi specifiche cui è legata la creazione intellettuale.
Ora il modo attuale ci obbliga a constatare la violazione sempre più generale di queste leggi, violazione cui corrisponde necessariamente un avvilimento sempre più manifesto non solo dell’opera d’arte, ma anche della personalità “artistica”. Il fascismo hitleriano dopo aver eliminato dalla Germania tutti gli artisti un cui aveva trovato in qualche misura l’espressione dell’amore per la libertà, non fosse che una libertà formale, ha costretto coloro che potevano ancora tenere una penna o un pennello a divenire servi del regime e a celebrarlo su ordinazione entro i limiti esteriori del peggiore convenzionalismo. A parte la pubblicità, lo stesso è accaduto nell’Urss nel corso del periodo di reazione furiosa che giunge ora al suo apogeo.
Non occorre dire che non siamo solidali neppure per un istante, quale che sia la sua fortuna attuale, con la parola d’ordine “ Né fascismo, né comunismo!” – parola d’ordine che corrisponde alla natura del filisteo conservatore impaurito, che si aggrappa alle vestigie del passato “democratico”.
La vera arte, cioè quella che non si accontenta di variazioni su modelli prestabiliti, ma si sforza di esprimere i bisogni interiori dell’uomo e dell’umanità, non può non essere rivoluzionaria, cioè non aspirare a una ricostruzione completa e radicale della società, non fosse che per affrancare la creazione intellettuale dalle catene che la ostacolano e per permettere a tutta l’umanità di elevarsi ad altezze che solo geni isolati hanno raggiunto nel passato.
Sotto l’influenza del regime totalitario dell’Urss e tramite gli organismi cosiddetti “culturali” che esso controlla negli altri paesi, si è diffuso nel mondo intero un profondo crepuscolo ostile all’affermazione di qualsiasi valore spirituale. Crepuscolo di fango e di sangue in cui, camuffati da intellettuali e da artisti, si immergono uomini che hanno fatto della servilità una molla, del rinnegamento dei loro principi un gioco perverso, della venale falsa testimonianza un’abitudine , e dell’apologia del delitto una gioia. L’arte ufficiale dell’epoca staliniana riflette con una crudeltà senza esempio nella storia i loro sforzi irrisori per ingannare e mascherare il loro effettivo ruolo di mercenari.
La sorda riprovazione che suscita nel mondo artistico questa negazione svergognata dei principi cui l’arte ha sempre obbedito e che neppure Stati fondati sulla schiavitù si sono arrischiati a contestare in modo così totale, deve far posto a una condanna implacabile. L’opposizione artistica è oggi una delle forze che possono utilmente contribuire al discredito e alla rovina dei regimi in cui si annulla, unitamente al diritto della classe sfruttata ad aspirare a un regime migliore, ogni sentimento di grandezza e persino di dignità umana.
La rivoluzione comunista non ha paura dell’arte. Essa sa che secondo le ricerche che si possono fare sulla formazione della vocazione artistica nella società capitalistica che crolla, la determinazione di questa vocazione non può che risultare da una collisione tra l’uomo e un certo numero di forme sociali che gli sono avverse. Questa semplice congiuntura, a parte la coscienza che resta ancora da acquisire, fa dell’artista l’alleato predisposto della rivoluzione. Il meccanismo di sublimazione che opera in un simile caso e che la psicoanalisi ha posto in evidenza, ha come oggetto quello di ristabilire l’equilibrio spezzato tra l’io coerente e i suoi elementi repressi. Questa restaurazione si compie a profitto dell’ideale dell’io che suscita contro la realtà attuale , insopportabile, le potenze del mondo interiore del “sé”, comuni a tutti gli uomini e costantemente in via di dispiegamento nel loro divenire. Il bisogno di emancipazione dello spirito non ha che da seguire il suo corso naturale per essere portato a fondersi e a ritemprarsi in questa necessità primordiale: il bisogno di emancipazione dell’uomo.
Ne segue che l’arte non può, senza decadere, accettare di piegarsi ad alcuna direttiva estranea e di riempire docilmente i quadri che taluni credono di poterle assegnare, con fini propagandistici estremamente limitati. Val meglio fidarsi del dono della prefigurazione che è l’appannaggio di ogni artista autentico, che implica un inizio di superamento (virtuale) delle contraddizioni più gravi della nostra epoca e orienta il pensiero dei contemporanei verso l’urgenza dell’instaurazione di un nuovo ordine.
L’idea che il giovane Marx si era fatto del ruolo dello scrittore esige, ai nostri giorni, un richiamo rigoroso. E’ chiaro che questa idea dev’essere estesa, sul piano artistico e linguistico, alle diverse categorie di produttori e di ricercatori.

Lo scrittore -egli dice- deve naturalmente guadagnare dei soldi per poter vivere e poter scrivere, ma non deve in nessun caso vivere e scrivere per guadagnare dei soldi. Lo scrittore non considera affatto i suoi lavori come un mezzo. Essi sono dei fini in sé, sono così poco un mezzo per lui e per gli altiche, al caso, egli sacrifica alla loro esistenza la sua esistenza. La prima condizione della libertà di stampa consiste nel non essere un mestiere.

E’ più che mai opportuno valersi di questa dichiarazione contro coloro che pretendono di assoggettare l’attività intellettuale a fini estranei all’attività stessa e, in spregio a tutte le determinazioni storiche che le sono proprie, di controllare, in funzione di pretese ragioni di Stato, i temi dell’arte. La libera scelta di questi temi e l’assoluta non-restrinzione per quanto riguarda il campo della sua esplorazione costituiscono per l’artista un bene che egli è in diritto di rivendicare come inalienabile. In materia di creazione artistica, importa essenzialmente che l’immaginazione sfugga a qualsiasi costrizione, non si lasci imporre una falsariga sotto alcun pretesto.
A coloro che ci spingessero, oggi o domani, ad acconsentire che l’arte fosse sottoposta a una disciplina che consideriamo radicalmente incompatibile con i suoi mezzi, opponiamo un rifiuto senza appello e la nostra volontà deliberata di far valere la formula:ogni licenza in arte.
Riconosciamo naturalmente allo Stato rivoluzionario il diritto di difendersi dalla reazione borghese aggressiva, anche quando essa si copre dietro le insegne della scienza o dell’arte. Ma fra queste misure imposte e temporanee di autodifesa rivoluzionaria e la pretesa di esercitare un comando sulla creazione intellettuale della società c’è un abisso. Se per lo sviluppo delle forze produttive materiali la rivoluzione è tenuta a erigere un regime socialista di pianificazione centralizzata, per la creazione intellettuale essa deve sin dall’inizio stabilire e assicurare un regime anarchico di libertà individuale. Nessuna autorità, nessuna costrizione, neppure la minima traccia di comando! Le diverse associazioni di scienziati e di gruppi collettivi di artisti che lavoreranno per risolvere compiti che non saranno mai stati così grandiosi, possono sorgere e sviluppare un lavoro fecondo sulla base di una libera amicizia creatrice, senza la minima costrizione dall’esterno.
Da ciò che è stato detto deriva chiaramente che, difendendo la libertà della creazione, non intendiamo affatto giustificare l’indifferentismo politico, e che è lungi da noi l’idea di risuscitare un’arte cosiddetta “pura”, che serve generalmente gli scopi più impuri della reazione. No, abbiamo un idea troppo elevata della funzione dell’arte per rifiutarle un’influenza sulle sorti della società: Riteniamo che compito supremo dell’arte nella nostra epoca sia di partecipare coscientemente e attivamente alla preparazione della rivoluzione. Tuttavia l’artista può servire la causa della lotta emancipatrice solo se è compenetrato soggettivamente del suo contenuto sociale e individuale, solo se ne trasmette il senso e il dramma nei suoi versi, e se cerca liberamente di dare un’incarnazione artistica al suo mondo interiore.

Nel periodo attuale, caratterizzato dall’agonia del capitalismo sia democratico che fascista, l’artista, senza neppure aver bisogno di dare una forma manifesta alla sua dissidenza sociale, si vede minacciato di privazione del diritto alla vita e alla continuazione della sua opera con l’esclusione da tutti i mezzi di diffusione. E’ naturale che egli si volga verso le organizzazioni staliniste, che gli offrono la possibilità di sfuggire al suo isolamento. Ma la rinuncia da parte sua a tutto ciò che può costituire il suo messaggio particolare e la compiacenza terribilmente degradanti che queste organizzazioni esigono da lui in cambio di certi vantaggi materiali, gli impediscono di restarvi, per poco che la demoralizzazione sia impotente ad aver ragione del sua carattere. Bisogna che si comprenda sin da ora che il suo posto è altrove, non tra coloro che tradiscono la causa della rivoluzione contemporaneamente –è inevitabile- alla causa dell’uomo, ma tra coloro che testimoniano la loro incrollabile fedeltà ai principi di questa rivoluzione, tra coloro che per ciò stesso sono i soli qualificati ad aiutarla a completarsi e ad assicurare per suo tramite la libera espressione ulteriore di tutti i modi del genio umano.
Il fine del presente appello è di trovare un terreno per riunire tutti i fautori rivoluzionari dell’arte, per servire la rivoluzione con i metodi dell’arte e difendere la libertà dell’arte stessa contro gli usurpatori della rivoluzione. Siamo profondamente convinti che l’incontro su questo terreno è possibile per i rappresentanti di tendenze estetiche, filosofiche e politiche anche abbastanza divergenti. I marxisti possono su questo terreno marciare insieme con gli anarchici, a condizione che gli uni e gli altri rompano implacabilmente con lo spirito poliziesco reazionario rappresentato sia da Stalin che dal suo vassallo Garcìa Oliver.
Migliaia e migliaia di pensatori e artisti isolati, la cui voce è coperta dal tumulto odioso dei falsificatori irreggimentati, sono attualmente dispersi nel mondo. Numerose riviste locali tentano di raggruppare intorno a sé forze giovani che cerchino vie nuove e non sovvenzioni.
Ogni tendenza artistica progressiva è condannata dal fascismo come una degenerazione.
Ogni libera creazione è definita fascista dagli stalinisti. L’arte rivoluzionaria indipendente deve riunirsi per la lotta contro le persecuzioni reazionarie e proclamare altamente il suo diritto all’esistenza. Un tale raggruppamento e il fine della Federazione internazionale dell’arte rivoluzionaria indipendente (Fiari) che riteniamo necessariamente creare.
Non abbiamo affatto l’intenzione di imporre ciascuna delle idee contenute in questo appello, che noi stessi consideriamo solo come un primo passo su una nuova via. A tutti i rappresentanti dell’arte, a tutti i suoi amici e difensori che non possono non comprendere la necessità del presente appello, domandiamo di elevare immediatamente la loro voce. Rivolgiamo la stessa ingiunzione a tutte le pubblicazioni indipendenti di sinistra che sono pronte a prendere parte alla creazione della Federazione internazionale e all’esame dei suoi compiti e dei suoi metodi di azione.
Quando un primo contatto internazionale sarà stato stabilito tramite la stampa o per corrispondenza, procederemo all’organizzazione di modesti congressi locali e nazionali. Nella fase successiva dovrà riunirsi un congresso mondiale che consacrerà ufficialmente la fondazione della Federazione internazionale
Ciò che vogliamo:

Indipendenza dell’arte – per la rivoluzione:
la rivoluzione – per la liberazione definitiva dell’arte.



Messico, 25 luglio 1938

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