Diari di Cineclub

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sabato 23 febbraio 2013

ROSA LUXEMBURG di Lelio Basso





ROSA LUXEMBURG
di Lelio Basso



La socialdemocrazia tedesca, specialmente dopo l’abolizione delle leggi contro i socialisti, fu il partito tipico della II Internazionale. Sviluppatasi in un periodo in cui in Europa, eccetto la Russia, non sembravano esistere possibilità rivoluzionarie, la socialdemocrazia tedesca si adattò all’esistenza dello stato imperiale e dell’ordinamento sociale capitalistico, considerandoli come realtà incrollabili, mentre la rivoluzione socialista si perdeva nella nebulosa lontananza dello stato dell’avvenire. Come tutta la II Internazionale, essa considerava suo compito principale quello di assicurare ed elevare, nell’abito dello stato borghese, la materiale esistenza delle classi operaie, ed in questo campo della politica; professionale proletaria, la vecchia socialdemocrazia, soprattutto grazie ai liberi sindacati ad essa legati, aveva compiuto, fino al 1914, cose notevolissime. La teoria marxista invece, per i socialisti tedeschi come pure per tutta la II Internazionale, fu soltanto il mezzo per separare ideologicamente il proprio movimento dalla borghesia, e il radicalismo ufficiale della II Internazionale si esaurì in una continua, acuta polemica contro lo stato borghese ed i suoi organi, contro il feudalesimo e le dinastie. Si respingeva accanitamente ogni collaborazione con il governo e con i partiti borghesi, si votava contro il bilancio, si combatteva contro la politica estera e militare del governo, ma non si prendevano affatto in considerazione i procedimenti reali, attraverso i quali lo stato esistente avrebbe potuto un giorno essere trasformato.

La socialdemocrazia ufficiale tedesca dell’anteguerra, il cui rappresentante era Augusto Bebel, univa così ad una grande attività politico-sociale un formale passivo radicalismo in tutti gli altri campi della vita pubblica. Il medio funzionario socialdemocratico non aveva nessun intrinseco rapporto con i problemi di politica estera e quelli militari, della scuola e della giustizia e nemmeno con quelli dell’economia in generale, specialmente riguardo alla questione agraria. Egli non immaginava mai che sarebbe venuta il giorno in cui lui, il socialdemocratico, avrebbe dovuto risolvere tutti questi problemi; a lui stava, a cuore tutto ciò che si riferiva in senso stretto agli interessi professionali dell’operaio industriale e in ciò era abile od attivo. Quello che, forse, subito dopo lo interessava era al più la questione del diritto elettorale... Le elezioni politiche erano il barometro della situazione del movimento socialdemocratico e la conquista di un collegio elettorale era il più alto premio per la locale organizzazione socialista...”.

Il piccolo gruppo dell’estrema sinistra rigettava la opinione, secondo cui si doveva fare i conti con una situazione stabile sia politica che economica ancora per un lungo periodo e, profetizzando in un prossimo avvenire grandi guerre e di conseguenza violente scosse rivoluzionarie; esigeva che la socialdemocrazia orientasse la propria politica conformemente a queste previsioni, preparando i lavoratori ad attive lotte rivoluzionarie per la conquista del potere”. (Arthur Rosenberg - Storia della Repubblica tedesca, Leonardo - Roma 1945, pp. 13-16).

Di questa estrema sinistra fu anima e cervello per circa un ventennio Rosa Luxemburg, la quale rappresentò costantemente la tradizione del marxismo vivo contro tutte le deviazioni, gli opportunismi e i tradimenti. E come la politica della socialdemocrazia ufficiale, fondata sulla separazione del programma massimo rivoluzionario e dell’attività pratica riformista, doveva logicamente condurre alla capitolazione del 4 agosto 1914 e all’impotenza rivoluzionaria del 9 novembre 1918, così la polemica implacabile e continua di Rosa Luxemburg contro l’atteggiamento del partito doveva logicamente condurla, alla più aperta lotta contro questa capitolazione e contro questa impotenza, che si risolveva in un effettivo tradimento. E come testimoniò con oltre tre anni di carcere durante la guerra la sua opposizione alla politica ufficiale del Partito, così il 15 gennaio 1919, testimoniò con la sua morte la propria opposizione alla politica di restaurazione borghese condotta dal Governo socialdemocratico.
Non è possibile dare in breve spazio un’adeguata analisi del pensiero e dell’azione di una dei più grandi spiriti marxisti, ed io mi limito qui soltanto ad accennare ad alcuni momenti della sua polemica, soprattutto per la miglior intelligenza dei passi che seguono. Alla lotta contro il revisionismo, l’opportunismo e il riformismo essa dedicò una gran parte della sua produzione scritta e dei suoi discorsi, nei congressi, sulle riviste teoriche e sui giornali, specialmente dei movimenti operai tedesco e polacco. Nel suo saggio Riforma sociale o rivoluzione?, pubblicato nel 1899 in polemica contro Bernstein; essa dimostra l’impossibilità di realizzare il socialismo semplicemente con l’azione sindacale e parlamentare, trattandosi di azioni che non possano non esaurirsi nell’ambito della società borghese, e oppone a queste visioni unilaterali che, concependo la storia come uno sviluppo indefinito lungo una linea retta, immaginano il socialismo come una meta lontana al termine di questo sviluppo e quindi sfornita di qualsiasi interesse pratico, la concezione dialettica della totalità del processo storico, che precede fra contrasti e antinomie, per cui da un lato il capitalismo sviluppa i processi produttivi in senso sempre più rispondente alle esigenze collettive e viceversa esaspera l’anarchia e il contrasto dei rapporti di classe, e dall’altro lato il proletariato lotta sul terreno sindacale e parlamentare per conquistare migliori condizioni di vita nel quadro della presente società ma attraverso questa lotta acquista la coscienza che la soluzione dei suoi problemi, e cioè la sua reale emancipazione, sta nella distruzione e nel superamento degli attuali rapporti sociali. Per cui il socialismo si prepara ogni giorno, obiettivamente attraverso la crisi del mondo capitalistico che sempre più si aggrava e si manifesta attraverso fenomeni sempre più gravi (crisi economiche e guerre) che ne preannunciano il crollo finale, e soggettivamente attraverso il snaturarsi della coscienza e dell’organizzazione del proletariato quale nuova classe dirigente.

Dotata come pochi altri marxisti del senso vivo della totalità del reale e della inestricabile concessione di tutti i fenomeni, Rosa Luxemburg ha affrontato lo studio di questi diversi aspetti della marcia al socialismo. Per quanto riguarda gli aspetti obiettivi, essa va annoverata fra i principali studiosi dell’imperialismo. Nonostante che parecchie delle sue conclusioni non siano accettabili; la sua opera fondamentale sull’Accumulazione del capitale, apparsa nel 1913, è ancor oggi un prezioso contributo allo studio della politica imperialistica, specialmente per quanto riguarda la politica coloniale, Giorgio Lukasz considera quest’opera e Stato e Rivoluzione di Lenin “le due opere fondamentali con le quali rinasce storicamente il marxismo” (Lukasz - Rosa Luxemburg als Marxist, in Kommunismus, 1921, N. 1-2 pagg. 4 segg., ristampato in Geschichte und Klassenbewusstsein, e tradotto in Rassegna Comunista, rivista del P.C.I., 1921, n. 14-15-16).

Ma non solo degli aspetti economici dell’imperialismo nei quali era particolarmente versata e a cui dedicò anche i suoi corsi alla scuola di partito pubblicati in volume postumo, essa ebbe campo di occuparsi, bensì anche degli aspetti militari che sono un momento fondamentale dell’imperialismo. La sua lotta contro il militarismo prussiano fu costante e tenace, ciò che le valse anche un clamoroso processo ed un anno di carcere. Ma in questa sua lotta essa non denunciava il militarismo come un fatto isolato ed eliminabile dell’attuale società; al contrario essa lo vedeva, in connessione con tutti gli altri problemi economici e politici, come momento necessario di una politica che doveva necessariamente sboccare nella guerra imperialistica.
E allo scoppio della guerra imperialistica essa dedicò tutta la necessaria attenzione, prevedendo in essa il momento culminante dalla crisi del capitalismo e del conseguente avvento del proletariato al potere. Al Congresso di Parigi della II Internazionale del 1900, relatrice per la IV Commissione sul problema della guerra, essa affermava la necessità di abbandonare le vecchie formule stereotipe, e pronunciava un discorso in cui, fra l’altro, era detto:

La politica del militarismo si è generalizzata e si è accentuata sotto la forma della politica mondiale dell’imperialismo. Non si tratta più dell’armamento che costituisce la preparazione a una possibile guerra fra due o tre stati vicini; è un militarismo che fa correre costantemente a delle conquiste coloniali nuove tutte le grandi nazioni del mondo… Veramente la società borghese è entrata in una fase nuova della sua evoluzione; il mondo capitalista prende un nuovo slancio nel suo sviluppo, ma vi esaurisce il suo ultimo sforzo e precipita il momento fatale del suo crollo... All’inizio del movimento socialista, si supponeva generalmente che sarebbe stata una vasta crisi economica che avrebbe segnato il principio della fine, la grande disfatta dei capitalismo. Ora, questa supposizione ha perso molte probabilità, ma appare sempre più probabile che sia invece una vasta crisi politica mondiale che farà suonare l’ora della morte del capitalismo”.

Più tardi, al Congresso dell’Internazionale di Stuttgart del 1907, in pieno accordo con Lenin, essa sviluppò questo punto di vista nelle sue conseguenze pratiche. Fu Lenin anzi che volle Rosa Luxemburg fra i delegati e le cedette un posto nella delegazione del Partito bolscevico. E fu Rosa Luxemburg che, a nome della delegazione russa e di quella polacca, svolse il famoso emendamento che portava, oltre alla sua firma, anche quella di Lenin, e che accettato poi anche da Bebel, fu approvato dal Congresso. Il valore di questo emendamento stava nel fatto che, dopo che nella risoluzione preparata da Bebel si era parlato della necessità di lottare contro il pericolo di guerra, si affrontava finalmente l’ipotesi che la guerra scoppiasse egualmente nonostante l’opposizione del proletariato e si dettavano a questo le norme pratiche d’azione per tale eventualità: utilizzare la crisi provocata dalla guerra per agitare le masse popolari onde accelerare la caduta del dominio di classe capitalistico.
Per ottenere il consenso del congresso Rosa Luxemburg si era richiamata in modo particolare alle esperienze della rivoluzione russa, che già le aveva fornito materia per una vivace polemica con Bebel al Congresso della socialdemocrazia tedesca a Iena (1906) e, soprattutto, per uno studio importante sullo Sciopero generale, Partito e Sindacati pubblicato nel 1906. Questo studio ci offre un esempio particolarmente vivo del modo con cui Rosa Luxemburg sentisse l’unità e la concretezza del processo storico, e, in esso, dell’azione politica e rivoluzionaria, che non ubbidisce a schemi organizzativi e, non subisce imposizioni esterne, non può mai essere astratta dalla totalità della situazione sociale da cui nasce, in cui si, svolge e che essa a sua volta modifica, in un ritmo dialettico continuo di cui ogni momento è inseparabile dagli altri, elementi oggettivi e soggettivi, organizzazione e coscienza di classe, aspetti economici e aspetti politici, capi e masse.

A torto si è sostenuto che Rosa Luxemburg sia una sostenitrice della “spontaneità” delle masse: essa si è semplicemente limitata a constatare marxisticamente che le rivoluzioni, come gli scioperi generali, non si improvvisano a comando, perché sono fenomeni che interessano le più vaste masse popolari e che possono mettersi in movimento solo quando ne esistano le condizioni, quando cioè le masse sentano la spinta, inferiore all’azione, ma essa sapeva che quest’azione può dare frutti solo se è coscientemente diretta da una dottrina rivoluzionaria e sorretta da un’organizzazione di partito. Tutta la sua polemica con Berstein era stata appunto una difesa della rigorosa teoria marxista come guida dell’azione del proletariato, ciò che è in evidente contrasto con ogni teoria della spontaneità, ma al pari della teoria essa sentiva la necessità dell’intima adesione delle masse, della necessità che lo sviluppo della coscienza di classe procedesse di pari passo, o addirittura sopravanzasse lo sviluppo dei fattori obiettivi nella direzione del socialismo.
Come osserva Lukasz questa concezione riflette l’unità marxista di teoria e pratica, presente sempre nel pensiero luxemburgiano, dove al partito aspetta il compito grandioso di “dar corpo alla coscienza di classe del proletariato e alla consapevolezza della sua missione storica”, nel quale cioè la dottrina si fonde con la volontà cosciente delle masse, e grazie al quale “la conoscenza diviene azione, la teoria parola d’ordine, la massa che segue questa parola d’ordine si aggrega sempre più ferma, più cosciente e risoluta alle vie della avanguardia organizzata… La coscienza di classe è l’etica del proletariato, l’unità della sua teoria e prassi, il punto in cui la necessità economica della lotta emancipatrice si trasforma dialetticamente in libertà. Riconosciuto il partito come forma storica e come personificazione attiva della coscienza di classe esso diviene nello stesso tempo l’esponente dell’etica del proletariato in lotta. Questa sua funzione deve determinare la sua politica”.
Data questa sua concezione dello sviluppo dialettico della società capitalistica verso una crisi suprema e del proletariato verso una coscienza rivoluzionaria, i suoi atteggiamenti pratici non potevano non essere in favore di una lotta continua e sempre più vasta della classe operaia contro la politica dell’imperialismo, sia in pace che, a maggior ragione, in guerra.

La capitolazione della socialdemocrazia, che il 4 agosto 1914 votò i crediti di guerra che aveva sempre rifiutato in pace, trovò R Luxemburg fra i più decisi avversari. Con Franz Mehring fonda la rivista “Die Internationale” di cui esce solo il primo numero con un articolo della Luxemburg sulla necessità di una nuova Internazionale; arrestata per una precedente condanna, prepara in carcere la tesi che il gruppo della Internazionale, di cui facevano parte, oltre a lei e Mehring, anche Liebknecht, Clara Zetkin, Ernst Meyer, ecc., avrebbe dovuto adottare per la propria azione in Germania e svolgere a Zimmerwald; e infine, quale svolgimento di questa tesi, scrive il famoso opuscolo su La crisi della socialdemocrazia, pubblicato in Svizzera sotto lo pseudonimo di Junius e diffuso illegalmente in Germania. É noto come questo opuscolo, conosciuto normalmente sotto il nome di Juniusbroschüre, fosse accolto con grande favore da Lenin che vi dedicò uno studio (ripubblicato in Gegen den Strom, 1921, pp. 415 sgg.), in cui polemizza con alcuni errori contenuti nello scritto della Luxemburg in omaggio, egli dice, al dovere di autocritica, ma ne riconosce il profondo carattere marxista e la grande funzione che lo scritto stesso aveva ed avrebbe ulteriormente esercitato nella lotta contro l’opportunismo capitolardo e per un passaggio all’azione rivoluzionaria [1]. É infatti, nonostante che Rosa Luxemburg abbia trascorso quasi interamente in prigione il periodo, della guerra, essa partecipa intensamente all’attività del gruppo e collabora alle “Lettere di Spartaco”, che diffondono illegalmente il suo pensiero e quello dei suoi amici. Fu soprattutto per merito della straordinaria capacità organizzativa e della ferrea volontà di Leo Jogisches, il compagno della vita e dell’opera di Rosa Luxemburg, se la Lega Spartaco poté divenire un’organizzazione di militanti attivi che influenzava strati sempre più larghi del proletariato. E l’8 novembre 1918 il gruppo Spartaco, l’antico gruppo dell’Internazionale, lanciava agli operai e ai soldati il proclama rivoluzionario che li invitava ad assumere il potere.

È noto che le cose andarono diversamente, che la tradizione socialdemocratica fece arrestare a mezza strada lo slancio rivoluzionario e il potere finì non nelle mani degli operai e dei soldati, ma dei vecchi capi socialdemocratici Ebert e Scheidemann, la cui principale preoccupazione era quella di evitare una rottura con la vecchia legalità borghese, fossero o non consapevoli che se non si fossero spezzati i quadri della legalità borghese si sarebbe inevitabilmente restaurata la potenza capitalistica e ricostituita in tutti i suoi aspetti la vecchia società. Rosa Luxemburg e Carlo Liebknecht lottarono con tutto le energie contro questa soluzione, con la certezza che lo svolgimento ulteriore della lotta avrebbe in pochi mesi risvegliato la coscienza di classe e mobilitato le immense riserve del proletariato tedesco, ma senza le facili illusioni degli utopisti che bastassero dei colpi di mano per mutare il corso della rivoluzione.

Gli scritti e i discorsi di Rosa Luxemburg in questi ultimi due mesi della sua vita, il programma della Lega Spartaco (Was will der Spartakusbund?), il discorso al Congresso della Lega che mutò il nome in quello di Partito Comunista Tedesco (29-31 dicembre 1918), gli articoli sulla Rote Fahne, sono fra le cose più vive della letteratura rivoluzionaria. Rosa Luxemburg che in carcere, durante la guerra, aveva scritto delle note sulla rivoluzione russa in cui fra l’altro criticava i bolscevichi per lo scioglimento dell’assemblea costituente, si rendeva conto nel corso della rivoluzione tedesca delle esigenze storiche inesorabili che avevano obbligato i bolscevichi a scegliere fra il potere rivoluzionario dei consigli che rappresentava il nuovo regime del proletariato, e l’assemblea costituente che era espressione di una democrazia formale borghese. Ed essa stessa prese in Germania posizione contro il potere borghese, e cioè contro l’assemblea nazionale, e in favore del potere rivoluzionario, cioè dei consigli [2]. Nettamente essa pose dinanzi alla coscienza del movimento operaio tedesca il dilemma a cui non era possibile sfuggire: o spingere avanti la rivoluzione socialista secondo le sue proprie esigenze e senza indulgere al passato, o ricadere sotto una restaurazione del potere capitalistico, fatalmente reazionario.
Tutti i difensori del vecchio ordinamento, dagli ex-ufficiali del Kaiser fino ai socialdemocratici governativi, videro subito in Rosa Luxemburg e in Carlo Liebknecht i soli grandi avversari con cui bisognava fare i conti. E l’incitamento all’odio e all’assassinio contro questi due grandi capi della classe operaia crebbe ogni giorno. I giornali, i manifesti, i discorsi, tutti gli strumenti della propaganda furono mobilitati per denunciare all’opinione pubblica i capi della Lega Spartaco come i responsabili della tragedia dei popolo tedesco. E quando, in occasione di una sommossa spartachiana a Berlino, non voluta né da Rosa Luxemburg né da Carlo Liebknecht, Noske chiamò a Berlino truppe imperiali per combattere gli operai, la caccia ai capi spartachiani fu spietatamente organizzata. Rosa Luxemburg non volle fuggire. Residuo di romanticismo in colei che Franz Mehring riteneva il più forte cervello marxista, come opina lo storico Rosenberg? Unità teorica e pratica del suo agire, che le impedì fino all’ultimo di staccarsi dalle masse di cui doveva contribuire a formare la coscienza, come ritiene Lukasz?.
Il 15 gennaio Rosa Luxemburg e Carlo Liebknecht furono arrestati e immediatamente assassinati; pochi giorni dopo veniva arrestato e assassinato Leo Jogisches. Franz Mehring, lo storico del movimento operaio tedesco, l’autore della migliore biografia di Marx, non resisteva al dolore per la perdita dei suoi grandi amici e si spegneva subito dopo.
Il proletariato tedesco perdeva così i suoi capi migliori nel momento più difficile. La reazione aveva individuato bene il suo bersaglio.

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NOTE


[1] Ernst Meyer dimostrò più tardi, con, la pubblicazione di alcune lettere scambiate in quel tempo fra gli appartenenti al gruppo dell'Internazionale, che, parte di questi errori criticati da Lenin non erano da attribuire a Rosa Luxemburg, ma a Carlo Liebknecht che aveva insistito per delle modifiche (cfr. Ernst Meyer - Zur Entstehungsgeschichte der Junius Thesen in Unter dem Banner des Marxismus, anno I, pp. 416 sgg.).

[2] Queste note sulla rivoluzione russa che Rosa Luxemburg non aveva pubblicato in vita, furono poi pubblicate postume da Paul Levi per servire alle polemiche fra comunisti tedeschi. (cfr. Die russische Revolution. Eine Kritische Würdigung. Aus dem Nachlass herausgegeben und eingeleitet von Paul Levi. Berlin 1922). Come hanno dimostrato Clara Zetkin, la grande amica di Rosa Luxemburg (Um Rosa Luxemburgs Stellung zur Russischen Revolution, Berlin 1922), A. Warski, compagno di Rosa Luxemburg nelle lotte del socialismo polacco e poi di quello tedesco (Rosa Luxemburgs Stellung zu den taktischen Problemen del Revolution, pubblicato prima sulla rivista Die Internationale, 1922, n. 5-6-7 e poi raccolto in opuscolo a cura dell'internazionale Comunista), e infine G. Lukasz (Kritische Bemerkungen über Risa Luxemburgs "Kritik der Russischen Revolution" in Geschichte und Klassenbewusstein, Berlin 1923) le critiche contenute nelle note, scritte nella solitudine del carcere, furono poi nella loro essenza superate nel breve corso delle rivoluzione tedesca.


dal sito http://www.leliobasso.it/



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