LEONARDO DA VINCI ARTISTA, INTELLETTUALE E RIVOLUZIONARIO
di Alan Woods
“Gli ostacoli non mi fermano.
Ogni ostacolo si sottomette alla rigida determinazione.
Chi guarda fisso verso le stelle non cambia idea.”
(Leonardo da Vinci, 1452-1519)
Il Rinascimento
Ci sono periodi della storia umana che rappresentano punti di svolta fondamentali. Tali periodi sono caratterizzati da grandi trasformazioni sociali, politiche e culturali. Idee, abitudini e tradizioni che sono state accettate in modo indiscusso per secoli o addirittura millenni vengono improvvisamente messe in discussione. La società stessa si trova in uno stato di fermento che colpisce anche le menti degli uomini e delle donne. Un tale periodo di sconvolgimenti sociali si riflette necessariamente in profondi cambiamenti nella religione, nella filosofia e nell’arte.
Il XVI secolo vide il culmine dell’espansione del potere della borghesia in uno dei periodi più straordinari della storia umana. Conosciuto in Germania come Riforma, in Italia e Francia come Rinascimento, diede luogo a una straordinaria fioritura di cultura, arte e scienza. Ancora oggi le produzioni artistiche di questo periodo, unico nella storia, rimangono senza eguali. Ha fissato uno standard con cui si misurano le realizzazioni artistiche di tutta la storia successiva.
Engels descrive il Rinascimento in questo modo:
“Fu il più grande rivolgimento progressivo che l’umanità avesse fino allora vissuto: un periodo che aveva bisogno di giganti e che procreava giganti: giganti per la forza del pensiero, le passioni, il carattere, per la versatilità e l’erudizione. Gli uomini che fondarono il moderno dominio della borghesia erano tutto, fuorché limitati in senso borghese. Al contrario, il carattere avventuroso della loro epoca ha lasciato una impronta, più o meno forte, su tutti. Non vi era allora quasi nessun uomo di rilievo che non avesse fatto grandi viaggi, che non parlasse quattro o cinque lingue, che non brillasse in parecchie discipline. Leonardo da Vinci non era soltanto un grande pittore, ma anche un grande matematico, meccanico e ingegnere, alla cui opera devono importanti scoperte i più diversi rami della fisica. Albrecht Dürer era pittore, incisore, scultore, architetto, ed ideatore inoltre di un sistema di fortificazione, che contiene già parecchie delle idee che saranno riprese molto più tardi dai Montalembert e dalla moderna arte militare tedesca. Machiavelli era uomo politico, storiografo, poeta, e insieme il primo scrittore di temi militari degno di nota nell’epoca moderna. Lutero non spazzò soltanto la stalla d’Augia della Chiesa, ma anche quella della lingua tedesca; creò la prosa tedesca moderna, fece sia il testo che la melodia di quel corale, pieno di certezza nella vittoria, che divenne la Marsigliese del XVI secolo”
(Engels, Introduzione alla Dialettica della natura).
Le radici di questo periodo straordinario si trovano nella seconda metà del XV secolo, quando il lungo declino del feudalesimo in Europa occidentale diede luogo alle grandi monarchie assolute, che anticiparono i moderni Stati nazionali europei.
Questo fu il periodo in cui la borghesia giocò un ruolo progressista, lottando per liberarsi dalle catene del feudalesimo che ostacolavano il suo sviluppo. L’idea di libertà cominciò a prendere forma nell’immaginazione degli uomini: in primo luogo, la libertà dalla Chiesa cattolica romana, che alla fine portò a Lutero e alla Riforma.
L’Italia
All’inizio del XV secolo, il nuovo spirito si agitava in Europa. Ancor prima di allora, venne anticipato dall’Italia, la vera culla della civiltà europea. La grande ricchezza di città come Firenze, Genova, Milano e Venezia, con le loro potenti famiglie di prìncipi mercanti al potere, creò le condizioni oggettive per una fioritura dell’arte che non aveva precedenti fin dai tempi antichi.
In questo crogiolo ribollente di vita intellettuale, nacquero nuove scuole d’arte, associate a uomini come Giotto di Bondone, Botticelli, Fra Filippo Lippi, Piero della Francesca, i Bellini, Giorgione, Della Robbia. Poi arrivò una galassia di giganti: Tiziano, Michelangelo, Raffaello e, svettante su tutti loro, Leonardo da Vinci. Questi sviluppi in Italia videro contemporaneamente nel resto d’Europa Dürer e Holbein in Germania e Rubens e i Brueghel nei Paesi Bassi.
Il nuovo spirito comparve non solo nel campo delle arti visive, ma anche nella letteratura. La svolta venne personificata nella figura colossale di Dante Alighieri (1265-1321), che può essere considerato come l’ultimo scrittore del Medioevo e il primo della nuova era. Petrarca e Boccaccio furono, insieme a Dante, le più grandi figure letterarie di questo periodo. Nel Decamerone di Boccaccio abbiamo l’anticipazione del romanzo moderno. Machiavelli (1469-1527) fu uno dei più grandi intelletti di questa epoca di grandi pensatori.
La nuova arte era intimamente connessa con l’ascesa della borghesia. E con l’ascesa della borghesia vediamo l’emergere dell’individualismo nell’arte. Fino ad allora il soggetto appropriato dell’arte era Dio, non l’uomo. Ma proprio come Copernico e Galileo rappresentarono il mondo in orbita intorno al sole, così la concezione umanistica del mondo rinascimentale fece ruotare l’arte intorno a veri esseri umani. Era nato lo spirito di una nuova era: l’era dell’individuo.
Non è un caso che l’Italia svolse un ruolo così eccezionale nel periodo costituente del Rinascimento. L’Italia (insieme ai Paesi Bassi) fu il luogo di nascita del capitalismo. Nelle città del Nord e Centro Italia, la borghesia nascente stava già mostrando i muscoli e acquisendo una propria voce, sempre più risoluta. Potenti famiglie di mercanti dominavano la vita di Firenze, come Machiavelli descrive graficamente nella sua Historiae Fiorentinae.
Tuttavia, ci fu un ostacolo che alla fine ritardò lo sviluppo del capitalismo in Italia. La mancanza di unità nazionale e le nette divisioni tra le Città-Stato incoraggiarono l’interferenza continua di potenze straniere. Per secoli l’Italia fu un campo di battaglia in cui gli eserciti francese, tedesco e spagnolo combatterono guerre sanguinose per ottenere il controllo sulle ricchezze del paese. Le divisioni che ne derivarono resero impossibile all’Italia uno sviluppo come uno Stato nazionale unitario. Così, tutte le potenzialità del primo sviluppo capitalistico vennero sfumate da conflitti interni, guerre e lotte tra fazioni.
Leonardo da Vinci
Leonardo fu l’uomo del Rinascimento per eccellenza. Più di chiunque altro, Leonardo fu colui che trascinò la pittura fuori dal Medioevo e fu la figura di riferimento di una vera e propria rivoluzione artistica.
La sua mente appassionata e curiosa si rivolgeva in ogni direzione alla ricerca di problemi da risolvere, e in questo rispecchiava tutto lo spirito della sua epoca. Ma nel momento stesso in cui aveva risolto un problema sembrava perdervi interesse e andare alla ricerca di altri. Per questa ragione spesso lasciò incompiuti dei progetti e impiegò molto tempo per finire quelli che portò a termine, ad esempio, impiegò quattro anni per terminare la Gioconda. Fu architetto e ingegnere, e progettò gallerie che attraversavano montagne e collegamenti di fiumi attraverso canali. Anticipò la teoria di Copernico sul movimento della Terra e la classificazione degli animali di Lamarck in vertebrati e invertebrati. Scoprì le leggi dell’ottica, della gravitazione, del calore e della luce. Ossessionato dal volo degli uccelli, trascorse molto tempo a studiare la possibilità di costruire una macchina volante. Tra i suoi numerosi disegni ne troviamo uno che anticipa un elicottero.
Sviluppò, oltretutto, una filosofia dialettica, nella quale sosteneva che la volontà fosse l’energia della vita, cosa che riassume perfettamente il significato intrinseco della sua stessa vita.
Solo ai giorni nostri si è iniziato davvero a comprendere il vero genio di Leonardo. Eppure, sorprendentemente, poco si conosce della sua vita e persona. Partiva fortemente svantaggiato: nato nel 1452 nella piccola città toscana di Vinci, sulle colline sopra l’Arno, Leonardo era il figlio illegittimo di un notaio. Non seppe mai chi fosse sua madre, sebbene lei stessa lo avesse cresciuto da bambino.
I primi anni: Firenze
Questo può in parte spiegare perché così tante scene nei suoi dipinti contengano figure materne e tenere scene d’infanzia. Freud scrisse un libro in cui cercò di spiegare l’arte di Leonardo da questo punto di vista. Ma da fatti personali e psicologici si può solo spiegare una piccola parte della creatività di Leonardo. La maggior parte si può comprendere solo come parte del grande mosaico storico in cui si è sviluppato. Leonardo fu costretto ad adattarsi alle condizioni dell’età turbolenta in cui era nato. Questo spiega il motivo per cui dedicò tanto tempo e fatica per la progettazione di armi e macchine d’assedio da vendere alle bande rivali di ricchi teppisti che salirono al potere nelle città-Stato dell’Italia di quel periodo.
Leonardo non ebbe un’istruzione formale. Ma questa mancanza di cultura libresca, lungi dall’essere un ostacolo, fu un fattore che favorì lo sviluppo di quelle facoltà che lo resero grande. Si affidava al libro più grandioso di tutti – il libro della vita e della natura.
Iniziò la sua vita artistica, come era comune a quel tempo, come un umile apprendista a Firenze, nella bottega dello scultore e pittore Verrocchio, dove lavorò al fianco di Botticelli e Perugino.
Nonostante il suo evidente talento, o forse proprio per questo, Leonardo ben presto si mise in guai seri con le autorità. Nel 1476 venne accusato due volte di sodomia (omosessualità). Si trattava di un reato grave, punibile con la morte sul rogo. In effetti venne imprigionato per due mesi.
Accusare qualcuno di sodomia era una tattica frequentemente usata nel XV secolo a Firenze per mettere qualcuno nei guai, e non è escluso che l’accusatore possa essere stato un artista invidioso. Qualunque sia la verità, questa esperienza deve averlo turbato profondamente. Ben presto trasse la conclusione che Firenze era un posto troppo pericoloso in cui vivere.
Il secondo periodo: Milano
Dopo questi eventi, nel 1481 Leonardo lasciò Firenze e si trasferì a Milano. Era giovane e ambizioso, e cercò di farsi strada entrando al servizio di Ludovico Sforza, duca di Milano.
Gli Sforza erano la tipica dinastia regnante in ascesa in Italia all’epoca. Dettavano legge col pugno di ferro. Al comando della casata al potere, Ludovico era un ricco parvenu. La sua famiglia veniva vista come poco più di un gruppo di calzolai arricchiti. Per questo motivo Ludovico tentò di accrescere il suo status sociale, tra le altre cose circondandosi di artisti e altri intellettuali di prestigio.
Leonardo cercò di ingraziarsi il suo nuovo padrone, promettendo di costruire nuovi tipi di fortificazioni e macchine militari. Sapeva di aver bisogno di un mecenate, ma risentiva della situazione di dipendenza, e in cuor suo si ribellava contro di essa. Un modo per affermare la sua indipendenza artistica era il suo rifiuto di farsi metter fretta. Progettò un’enorme statua equestre di Ludovico che avrebbe dovuto essere la più grande statua a cavallo mai costruita. In questo modo sfruttava abilmente il desiderio di Ludovico per tutto ciò che fosse grandioso. Nonostante la pressione costante e una raffica di lamentele, Leonardo tenne il duca in attesa per diciassette anni, nei quali riuscì solo a produrre un modello in terracotta del cavallo.
Nel 1498 avvenne il disastro. L’Italia aveva attirato l’attenzione delle potenze straniere. I monarchi francesi e asburgici avevano intavolato trame nefaste con i papi per interferire negli affari italiani. In mezzo a guerre e intrighi, arrivò a Milano l’esercito francese guidato da Luigi XII. Ancora una volta Leonardo fu costretto a fuggire, prima a Mantova, e poi a Roma.
Il terzo periodo: Roma
A Roma Leonardo lavorò per un altro ricco bandito la cui crudeltà terrorizzava tutta l’Italia – il famigerato Cesare Borgia. Cesare era diventato padrone di Roma attraverso una combinazione di ferrea determinazione, audacia, totale mancanza di scrupoli e quell’elemento di fortuna che spesso accompagna i giocatori d’azzardo e gli avventurieri. Figlio prediletto di Papa Alessandro, aveva condotto una vita dissoluta in Vaticano in compagnia di prostitute, ubriaconi e cortigiane.
La sua avidità era insaziabile e non poteva tollerare alcuna opposizione. Eppure, in qualche modo, Leonardo riuscì a conquistare il suo favore.
A Roma la sua arte raggiunse nuove vette. Stava spingendo sua tecnica artistica al limite delle sue possibilità. Il suo uso della luce solare e dell’ombra era molto originale e gli effetti sorprendenti. Qui vediamo una perfetta padronanza della dialettica dell’unità degli opposti espressa in luci e ombre. Diede una profondità di atmosfera che la pittura fiorentina non aveva mai avuto prima. In questi straordinari dipinti, gli oggetti e le persone ritratte sembrano prendere forma uscendo dall’oscurità. Non stanno per conto loro, ma sono parte integrante del loro ambiente – parte di un tutto organico. Questo senso di compenetrazione è una visione molto dialettica del mondo e conferisce uno speciale senso di potere e di emozione ai suoi quadri.
L’introduzione della prospettiva rappresentò una vera e propria rivoluzione nell’arte figurativa. Si basava sullo spirito scientifico dei tempi. Con il suo caratteristico rigore, Leonardo da Vinci identificò non uno ma tre diversi tipi di prospettiva. Con i quali trasformò l’arte europea per sempre.
Leonardo prendeva i suoi modelli dalla vita reale – dalla piazza del mercato al bordello. Mentre lavorava al suo imponente affresco L’ultima cena andava in giro per la città facendo schizzi di persone da utilizzare come modelli. “La natura sarà la mia amante”, si dice che abbia esclamato. E questo è l’essenziale della sua arte – è radicata nella acuta osservazione e nell’instancabile sperimentazione. Scrisse: “Gli uomini non troveranno mai un’invenzione più bella, più semplice o più diretta della natura, perché nelle sue invenzioni nulla manca e nulla è in eccesso”.
Sdegnava coloro che si appellavano all’autorità di Aristotele e dei filosofi del passato, piuttosto che basarsi sull’osservazione e l’esperimento: “Molti penseranno di potermi biasimare perché le mie prove vanno contro l’autorità degli uomini tenuti in grande riverenza dal loro giudizio inesperto, ma non considerano che le mie idee sono nate dalla pura e semplice esperienza, che è la vera maestra. Queste regole son cagione di farti conoscere il vero dal falso; la qual cosa fa che li omini si promettano le cose possibili e con più moderanza, e che tu non ti veli di ignoranza, che farebbe che, non avendo effetto, tu t’abbi con disperazione a darti malinconia”.
Tutto questo portò ad una rottura crescente con il Vaticano, che tentò di richiamarlo all’ordine. Ma la sete insaziabile di Leonardo per la conoscenza scientifica non si poteva spegnere con qualcosa di così banale come la religione. Continuò a percorrere una strada pericolosa – la stessa che consegnò Giordano alle fiamme dell’Inquisizione e tappò la bocca di Galileo. Alla fine fu costretto ad andare in esilio in Francia.
La Gioconda
Leonardo sviluppò una tecnica nota come sfumato che produce un effetto sfocato. Aveva capito che nella vita reale non ci sono linee fisse – l’idea fondamentale esposta filosoficamente per la prima volta da Eraclito, che ogni cosa è e non è, perché tutto è in continuo mutamento. L’idea alla base di questo è il cambiamento permanente, in cui tutto è in continua evoluzione, in movimento, in modo che è e non è. L’effetto sfumato, che sfuma i contorni, rende paradossalmente il volto più realistico, non meno, introducendo allo stesso tempo un alone di mistero. Intorno alle guance e sotto il mento vediamo zone d’ombra (chiaroscuro) – lo straordinario effetto che ne deriva è il risultato dell’unità di elementi opposti: la raggiante luminosità e il buio pesto.
Il miglior esempio di questo è la sua opera più celebre, la Monna Lisa. La Monna Lisa è talmente nota che ha acquisito lo status di icona. Per molti la Monna Lisa è Leonardo da Vinci. E, come vedremo, questa percezione popolare non è del tutto sbagliata. La concezione dialettica dell’unità dell’“è e non è” permea l’intero quadro ed è particolarmente evidente nel famoso sorriso. Qui la contraddizione è esplicita. Ancora una volta, l’effetto sfumato fa sì che le labbra e i contorni del viso non siano chiaramente definiti. Il sorriso viene catturato, non come qualcosa di fisso, ma come qualcosa in movimento. È come se il sorriso stesse sbocciando o svanendo via. Ciò che viene raffigurato è la transizione tra due stati – dalla gioia al dolore o dal dolore alla gioia. E ogni vita umana è costituita da una tensione costante tra questi due poli opposti, oscillando tra di loro.
Questo dipinto è stato oggetto di molte speculazioni e supposizioni. Qual è il significato di questa donna enigmatica e del suo sorriso misterioso? In questo quadro le cose non sono quello che sembrano. A prima vista, il dipinto sembra emanare un senso di calma e tranquillità. Esso raffigura una giovane donna in quello che sembra essere uno stato di riposo assoluto su un ameno sfondo naturale. Ma questa impressione statica è del tutto ingannevole.
Ad un’analisi più attenta, diventa chiaro che si tratta di tutto tranne che tranquillità. Il quadro è immerso in uno spirito di contraddizione dialettica ad ogni livello. È un dipinto “sull’orlo del caos”, ed è questo che gli conferisce il suo potere straordinario. La prima contraddizione è il sorriso stesso. Se dividiamo il volto in due parti uguali, diventa subito evidente che il sorriso in sé contiene una contraddizione – una metà sta sorridendo, ma l’altra è seria.
Questa contraddizione esprime la complessità dei sentimenti umani, in cui spesso convivono emozioni contrastanti.
La placidità del volto nasconde l’esistenza di forze sotterranee invisibili – passioni che si nascondono sotto la superficie e che sono pericolose e incontrollabili come le forze della natura selvaggia. La figura nel dipinto Monna Lisa emerge da un paesaggio altrettanto strano e ambiguo.
C’è un messaggio profondamente sovversivo in tutto questo. In un articolo molto perspicace dal titolo La storia dietro il sorriso, Nicholas Rossiter scrive: “Leonardo sta illustrando il costante processo con cui il mondo naturale si evolve nel corso dei millenni e sfidando la teoria biblica che sostiene sia stato creato da Dio in soli sei giorni” (Radio Times, 3-9 maggio, 2003).
Il particolare e l’universale
Il dipinto suggerisce anche un’altra contraddizione – l’unità del particolare e l’universale. Lo sfondo, che sembra occupare una posizione subordinata, svolge infatti un ruolo molto importante nel dipinto.
Sotto la superficie placida della natura, forze terrificanti e incontrollabili si annidano invisibili, sebbene la loro presenza possa essere percepita in modo intuitivo. In questa visione, la natura non è mai ferma ma in continua evoluzione – e si trasforma nel suo opposto. La montagna che sovrasta sullo sfondo è troppo alta – minaccia di crollare. Il fiume è troppo pieno – rischia di straripare. I due laghi in entrambi i lati della facciata sono stati posti deliberatamente a livelli impossibili, dove l’uno sembra rovesciarsi nell’altro.
Qui abbiamo l’infinito, inarrestabile ciclo della nascita e della morte – ascesa e caduta delle montagne, nascita e morte di fiumi. Questo senso di cambiamento nella natura era un’idea profondamente radicata in Leonardo.
Vita e morte
In questo quadro, l’universale è unito al particolare ed è indistinguibile da esso. Anche se la Monna Lisa è così fortemente personalizzata da rimanere impressa nella mente, anch’essa è una generalizzazione – la donna eterna, al di là di ogni tempo e spazio – che emerge dalla natura e rappresenta il suo principio riproduttivo eterno. E qui diventa chiaro un altro mistero della Monna Lisa: è chiaramente incinta. Questo è evidente dalla posizione della mano, appoggiata delicatamente sul ventre.
Il soggetto del ritratto si presume sia stato Lisa del Giocondo (da cui il titolo popolare La Gioconda). Questa teoria sembra essere confermata dal fatto che la Gioconda indossa un velo nero. È noto che la figlia di Lisa del Giocondo morì nel 1499, quattro anni prima che Leonardo iniziasse il dipinto. Quindi, è un dipinto sulla morte da un lato e anche su una nuova vita dall’altro, dato che sembra essere incinta. Non c’è vita senza morte e viceversa.
In questo quadro abbiamo un senso di passione nascosta (o rimossa) – il tipo di passione che viene generalmente considerata pericolosa perché rischia di rompere l’ordine stabilito, e perché è incontrollabile. Ci ricorda che sotto un’apparente calma superficiale, si accumulano forze terribili che ci possono distruggere. Questo è vero sia per quanto riguarda la natura inanimata (alluvioni, valanghe, eruzioni vulcaniche, terremoti, tempeste) che la natura umana (passioni incontrollabili come la rabbia, la paura, la collera, la gelosia e tutto ciò che riguarda il desiderio sessuale). Tutto ciò si nasconde sempre sotto la superficie.
Qui nulla è ciò che sembra a prima vista. Anche ciò che sembra essere la quintessenza della femminilità si rivela essere qualcos’altro. La compenetrazione degli opposti viene ugualmente trasmessa dal fatto che la Monna Lisa – e molte altre donne di Leonardo – è davvero androgina, cioè contiene elementi maschili e femminili. Questo si può vedere dalla mascella pronunciata – una caratteristica maschile. L’ideale di bellezza è metà maschile, metà femminile – una concezione ben nota nell’arte classica greca.
Più volte è stato fatto notare che i volti delle donne di Leonardo hanno un carattere stranamente androgino. C’è una spiegazione per questo. È stato accertato che le proporzioni di questi volti corrispondono esattamente a quelli del volto di Leonardo nel suo autoritratto. Qui abbiamo l’unità degli opposti portata all’estremo: l’unità dell’uomo e della donna, completamente mescolati e indifferenziati. L’uomo e la donna sono un tutt’uno.
Gli ultimi anni: in Francia
Leonardo trascorse gli ultimi anni della sua vita in Francia, dove fu accolto con tutti gli onori alla corte del re Francesco I che aspirava a dare alla sua corte un’aria rinascimentale all’italiana, importando artisti e letterati, tra cui non solo Leonardo, ma anche Cellini.
Sembra che Francesco venerasse il vecchio e lo impegnasse in lunghe conversazioni in cui Leonardo lo stupiva con la vasta gamma di argomenti che conosceva in profondità.
Come Aristotele e Hegel, Leonardo aveva una mente veramente enciclopedica. Uomo del Rinascimento, fu scienziato e filosofo. La reputazione di Leonardo come artista poggia solo su una manciata di dipinti. La quantità della produzione artistica di Leonardo è stata limitata perché era un perfezionista. Disse: “Ho offeso Dio e l’umanità intera, dato che le mie opere non hanno raggiunto la qualità che avrebbero dovuto”. Questo è il motivo per cui spesso iniziava un lavoro senza mai portarlo a termine. Tutte le implorazioni e le minacce dei suoi committenti esasperati lo lasciavano indifferente. L’unico padrone che riconosceva era l’arte stessa. È come se per lui l’atto della creazione stessa fosse la questione fondamentale. Il risultato finale era relativamente poco importante. Questo è quello che chiaramente volle dire quando scrisse: “l’arte non è mai finita, solo abbandonata”.
Con Leonardo vediamo il perfetto connubio tra la scienza, la tecnica, la filosofia e l’arte. Studiò approfonditamente l’ottica al fine di comprendere la natura della luce e dell’ombra e poi applicò questa conoscenza scientifica alla sua pittura. Fece lo stesso con l’anatomia, e studiò perfino dei feti umani al fine di avere una migliore comprensione del corpo femminile prima di raffigurare la donna incinta nella Gioconda.
Soprattutto, Leonardo fu un acuto osservatore del mondo naturale. L’impronta della religione aveva condannato la realtà materiale ad essere considerata come un’opera del diavolo e insegnava agli uomini e alle donne a vergognarsi del proprio corpo e a dirigere lo sguardo verso il cielo o dentro di sé per la salvezza della loro anima eterna. Questa era l’antitesi della nuova prospettiva scientifica. La concezione del mondo di Leonardo era essenzialmente materialista e scientifica. Disse: “Solo l’osservazione è la chiave per la comprensione” e “tutta la nostra conoscenza ha le sue origini nelle nostre percezioni”.
Scrisse anche: “[sebbene] la natura cominci dalla ragione e termini nella esperienza, a noi bisogna seguitare il contrario, cioè cominciando – come di sopra dissi – dalla esperienza, e con quella investigare la ragione”. Queste frasi contengono l’essenza di tutta la scienza moderna. Questo infaticabile ricercatore non ebbe paura di mettere in discussione le strade ammesse dalla Chiesa e di percorrere sentieri pericolosi.
Nonostante la sua insistenza sull’osservazione, Leonardo non era un empirista volgare. Scrisse anche: “Quelli che si innamorano della pratica senza la scienza sono come nocchieri che entrano in naviglio senza timone o bussola, che mai hanno certezza dove si vadano. Sempre la pratica che deve essere edificata sopra la buona teoria, dalla quale la prospettiva è guida e porta, e senza questa nulla si fa bene ne’ casi di pittura”.
Vide che l’ordine nasce dal caos ed è questa idea profondamente dialettica che sta al centro della Monna Lisa. Ma è vero pure il contrario: al di sotto della realtà apparentemente calma e stabile, ci sono forze che possono irrompere in qualsiasi momento. Questa idea esprime perfettamente i tempi turbolenti dell’Italia in cui nacque e i problemi e le tribolazioni che condivise con essa. Le linee profonde incise sul volto del suo autoritratto da vecchio raccontano tutta la storia. Ecco un dipinto di sofferenza superata dalla quieta rassegnazione della sublime vecchiaia. Le contraddizioni avevano trovato finalmente una soluzione.
Alla fine disse che proprio come una giornata ben spesa porta a un riposo appagato, così una buona vita porta ad una morte serena. Lasciamo l’ultima parola a Leonardo: “Amo coloro che possono sorridere nelle difficoltà, che dall’afflizione raggruppano la forza e diventano impavidi con la riflessione. Così si restringono le faccende delle piccole menti. Coloro il cui cuore è fermo e la cui coscienza approva la loro condotta, perseguiranno i loro principi fino alla morte”.
17 Ottobre 2016
dal sito "Marxismo.Net"
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