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giovedì 25 settembre 2014

SCUOLA: RENZI VA ALLA GUERRA



SCUOLA: RENZI VA ALLA GUERRA



La scuola che vuole Renzi e il suo governo è la stessa che voleva Berlusconi. La sua politica di populismo propagandistico nasconde anche per questo settore un disegno liberista e reazionario che mai nessuno è finora riuscito ad imporre. Ciò che occorre, come sempre, è una lotta all'altezza dell'attacco.


Le cosiddette linee guida per l'ennesima controriforma della scuola sono contenute in un opuscolo di 136 pagine, il cui titolo è già tutto un programma: “La buona scuola”. Evidentemente, nel giudizio degli estensori, la scuola italiana è ancora una cattiva bambina che va prontamente rieducata.

Premesso che gran parte di questo verbosissimo sproloquio è costituita da pure dichiarazioni di intenti, vaghe indicazioni di obbiettivi e fumose considerazioni sui metodi, soffermiamoci un momento ad analizzare i più recenti fatti che l'anno preceduta, e che ne costituiscono le premesse.

Come sappiamo, la perdurante crisi economica sta spingendo sempre di più i conti dello Stato verso il baratro. Il debito pubblico viaggia spedito verso i 2.200 miliardi, la ripresa non si vede, il PIL non cresce, i consumi crollano, di far pagare chi non ha mai pagato non se ne parla nemmeno, la troika incombe... e quindi che cosa rimane da fare se non tagliare ancora la spesa pubblica, a partire da scuola e sanità?

Da queste semplici considerazioni è facile che capire che ancora una volta la ”linea guida” è una sola, ed è la stessa delle riforme Berlinguer, Moratti e Gelmini: sopprimere posti, diminuire i salari, aumentare i carichi di lavoro.
Naturalmente, come solitamente succede in questi casi, si è fatta precedere la riforma con dichiarazioni “terroristiche”: fra giugno e agosto, nel corso di interviste, tweet e dichiarazioni pubbliche, il sottosegretario Reggi e la ministra Giannini sono arrivati a paventare il raddoppio delle ore di lezione a parità di stipendio per i professori, la eliminazione delle ferie, la libertà di licenziare e assumere da parte dei Presidi e cento altre amenità del genere.
È un trucco vecchio come il mondo, in molti libri di scienze delle finanze gli vengono dedicati persino dei paragrafi: quando un governo vuole prendere provvedimenti che vanno a peggiorare la situazione economica di una certa categoria di cittadini, è bene che preventivamente faccia circolare voci volte a prefigurare gli scenari peggiori immaginabili, di modo che quando poi la riforma effettivamente voluta sarà presentata, apparirà come “meno peggio” rispetto a quella temuta, e i cittadini colpiti la accoglieranno quasi con rassegnazione, se non addirittura con soddisfazione: “pensavo peggio!”

Il fatto è che questa riforma, per adesso solo annunciata, è un “meno peggio” che di peggioramenti delle condizioni di lavoro, della qualità della didattica e della democrazia interna alla scuola ne contiene eccome.
L'unico aspetto apparentemente positivo, che serve a coprire sotto il silenzio tutto il resto, è l'annunciata (anche in questo caso solo annunciata) regolarizzazione e assunzione a tempo indeterminato di 150.000 precari.
Per prima cosa diciamo subito che la stabilizzazione dei precari storici è già stata imposta all'Italia dalla Corte di giustizia europea, e che già fioccano le sentenze di giudici che condannano il MIUR a risarcimenti per centinaia di migliaia di euro. Quindi l'assunzione di questi lavoratori è un atto dovuto, ed era un atto dovuto inserirlo nel documento della riforma. Il problema è che non viene indicato da nessuna parte dove si prenderanno i tre miliardi di euro che servono, ed è opinione comune che, finita l'epoca degli annunci, il numero degli assunti sarà molto inferiore, e finirà per uguagliare quello dei pensionamenti avvenuti nel frattempo.

Il resto del documento, poi, contiene una serie di preannunciati attacchi ai diritti dei lavoratori che fino ad oggi nessuno, comprese Moratti e Gelmini, si era mai sognato di sferrare.
Si parla espressamente di un aumento dell'orario di lavoro, con l'obbligo per i docenti di “regalare” ore a disposizione per supplire i colleghi assenti, così da non dover assumere supplenti temporanei. Si eliminano definitivamente gli scatti legati all'anzianità, sostituendoli con una indegna lotteria che ogni tre anni dovrebbe premiare i docenti più “meritevoli”, peraltro con una somma irrisoria. E stiamo parlando di una categoria di lavoratori con un contratto scaduto da cinque anni e ai quali sono stati scippati gli scatti già maturati da anni e anni, dei quali non parla più nessuno!
Si prefigura una ridefinizione degli organi collegiali della scuola, con uno svuotamento pressoché totale delle competenze del Collegio docenti, con l'ingresso di privati nel Consiglio di Istituto, con l'aumento del potere dei dirigenti. Basti dire che Valentina Aprea e Maria Stella Gelmini cantano, giustamente, vittoria: “è la riforma che avremmo voluto fare noi!”

Nelle 136 pagine del documento c'è altro ancora, ma non sembra il caso di scendere ulteriormente in particolari. Ora spetta ai lavoratori della scuola e agli studenti organizzarsi e mobilitarsi contro questa vera e propria aggressione alla scuola pubblica italiana. Il nemico gode dell'appoggio dei poteri forti, come sappiamo, ma non appare invincibile.

Il “metodo Renzi”, sempre più simile al “metodo Marchionne”, impone al Primo Ministro di bypassare i sindacati, presentandosi come l'eroe popolare, il Bonaparte che farà assumere tanti giovani e polverizzerà i “privilegi” dei lavoratori. Ma, nonostante gli appoggi mediatici di cui gode e le sue qualità di comunicatore, all'interno del mondo della scuola non sembra aver convinto nessuno.
I sindacati confederali sentono franare il terreno sotto i piedi, e qualcosa dovranno pur cercare di dire e di fare, ma il problema che più preoccupa Renzi è che il mondo della scuola, fra docenti di ruolo, supplenti, ATA, studenti e genitori organizzati, rappresenta un parte consistente del suo zoccolo duro elettorale, e lui lo sa bene. La ministra di Scelta Civica non sembra possedere le qualità adatte per far passare una riforma che più la si conosce più appare indigeribile, e già si vocifera di una sua sostituzione con un nuovo ministro targato PD.
Insomma, è questo il momento di organizzarsi e dare il via a una grande mobilitazione contro la controriforma Renzi-Gelmini. Il PCL è e sarà a fianco dei lavoratori della scuola e degli studenti in questa lotta fondamentale per la difesa della scuola pubblica, della libertà di insegnamento, della democrazia all'interno delle aule!


Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione scuola e università

22 Settembre 2014


dal sito Partito Comunista dei Lavoratori

La vignetta è del Maestro Mauro Biani




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