lunedì 28 febbraio 2011
LETTERE
LETTERA ALLA CITTADINANZA
verso il 1 marzo
Le immagini che ci giungono dai paesi del Mediterraneo sconvolgono la nostra normalità molto più delle immagini legate ai corpi delle “giovani amanti scellerate” del nostro presidente del consiglio, per mesi usate da contorno sulle le prime pagine dei giornali e dei siti d'informazione main-stream. Tunisia, Algeria, Egitto, Libia sono paesi in cui governi autoritari e corrotti tentano di contenere la crisi globale sperando nella cieca sudditanza dei propri popoli, a prescindere dalle condizioni materiali che vivono le persone.
Cosa c'è dietro queste immagini? A noi sembra che ci siano scarsi strumenti interpretativi, sono piuttosto didascalie vuote quelle che accompagnano sequenze mai viste prima. Finora abbiamo conosciuto la Libia italiana, ex colonia e grande bacino d'interesse economico, pian piano la Libia di Gheddafi e delle amazzoni quali alter ego del nostro premier.
Come reagiamo quindi di fronte a una rivolta così potente, a una richiesta laica di libertà, di diritti, di futuro?
Le prime notizie e le prime immagini delle rivolte le abbiamo apprese affidandoci alla Rete. Centinaia di giovani usano i social network per mostrare al mondo la ribellione, gli spari sulla folla, le fosse comuni sulla spiaggia.
Piazza Tahir in Egitto è stato il primo segnale di libertà. I paesi del mediterraneo si sono contagiati a vicenda. Ora è il momento della Libia di Gheddafi , il paese con il regime più lungo e un'intera generazione, la nostra, è scesa in piazza per costruire un futuro a partire dalla conquista della libertà.
Dai confini arrivano rinforzi per sostenere la lotta, i cittadini hanno deciso di abbattere i regimi e hanno capito che si deve lottare insieme per farlo. Non si tratta di una guerra civile, sono rivolte accomunate da una dura e sanguinosa repressione.
E pensare che la nostra principale preoccupazione sono gli “sbarchi imminenti” sulle coste italiane. Dovremmo forse sapere che prima di addentrarsi nelle acque insanguinate che portano alle nostre coste si fugge via terra nei paesi confinanti. Siamo un paese ostile che lascia gestire alla Lega le politiche migratorie. Siamo una città che nel 2009 ha invitato il Colonnello Gheddafi all’università La Sapienza per un incontro con gli studenti e in seguito lo ha accolto in Campidoglio (con il beneplacito Gianni Alemanno). Noi studenti lo abbiamo cacciato allora chiamandolo assassino e dittatore, oggi non possiamo tacere dif ronte a un massacro di queste dimensioni.
Questo ci chiama all’indignazione, a rifiutare questa nostra immagine degradante.
Ci sentiamo partecipi e "complici" delle lotte di questi mesi, ci sentiamo vicini ai giovani che si rivoltano e che ci aiutano a capire che non si può vivere di sole analisi, ma bisogna ribellarsi per incidere e determinare le proprie vite.
Il primo marzo, (giornata europea di sciopero dei migranti), partiremo dalla Sapienza, alle ore 16,30, per inondare le strade di Roma, per prendere parola contro lo sfruttamento del lavoro migrante e contro il massacro libico.
Non viviamo in Libia eppure noi giovani generazioni, studenti e precari lottiamo per combattere la stessa povertà di prospettive e assenza di diritti.
Chiediamo quindi a tutta la cittadinanza di scendere in piazza, perchè di fronte a donne, uomini, bambini a cui non è garantita alcuna libertà non si può rivolgere solo un'attenzione voyeuristica e virtuale, perchè crediamo che le immagini che ci giungono dalla Libia e da tutto il nordafrica ci possano insegnare che i governi autoritari non hanno lunga vita di fronte al desiderio di libertà, diritti e dignità di ogni singolo individuo che abita questa terra.
Isabella Pinto - Malvina Giordana
studentesse della Sapienza
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento