TERZA REPUBBLICA?
di Aldo Giannuli
Nelle ultime settimane si sono accavallati una serie di avvenimenti, in parte contraddittori, che segnalano sordi brontolii nella pancia del sistema politico, tali da far presagire qualche botto in arrivo.
A destra si è consumato definitivamente il distacco fra Lega e FdI da una parte e FI dall’altra. Il solco fra Pd e Cgil è diventato un abisso e la rissa interna si va accendendo sempre più, nonostante la minoranza brilli per inconcludenza; il Ncd dà forti segni di nervosismo e fa brillare l’ipotesi di un ritiro dalla maggioranza. I sondaggi, per la prima volta, segnalano una flessione del Pd da maggio (36% circa contro il quasi 41 delle europee, ed anche il gradimento personale di Renzi cala vistosamente), mentre il M5s è dato stazionario intorno al 20%, Fi e centro hanno segni di ripresa e crescono solo Sel (di poco) e soprattutto la Lega che balza all’11%.
I sondaggi, si sa, vanno presi con le molle sia per come sono fatti, sia perché per definizione sono fluttuanti e ci vuol poco ad invertire le tendenze. Ora, poi, l’inflazione di essi (ce n’è uno a settimana), sta provocando una crisi di rigetto negli intervistati e nei lettori, per cui, più che mai, vanno presi con beneficio d’inventario.
Però ci sono molti segnali che dicono del forte nervosismo che serpeggia fra gli elettori ed anche l’egemonia del Pd accenna a sgonfiarsi, nonostante l’offerta circostante non sia brillantissima.
Vedremo alle amministrative fra pochi giorni una foto reale delle tendenze in atto, ma qui non si tratta solo di risultati elettorali. Siamo di fronte ad una nuova trasformazione radicale del sistema politico, come venti anni fa, che va molto oltre l’occasionale performance di questo o quel partito di questo o quel leader.
In primo luogo, qui inizia a sentirsi davvero l’urto della crisi finanziaria internazionale e della prolungata stagnazione dell’economia italiana che ormai brucia primati in discesa. In questi venti anni, il sistema politico succeduto al crollo della prima repubblica, ha trovato una sua stabilità –nonostante la classe politica fosse assai meno capace di quella che l’aveva preceduta- grazie al momento di euforia finanziaria internazionale. Nel complesso, l’economia italiana galleggiava sul mare della globalizzazione senza troppi scossoni e questo bastava. Oggi dobbiamo fare i conti con una situazione molto più difficile e con pochissime speranze di miglioramento a breve.
In secondo luogo si stanno liquefacendo le forme della politica che avevamo conosciuto fra la fine della prima e la seconda repubblica. Il Pci, prima, il Pds ed il Pd dopo, traeva la sua principale base di consenso da un partito di insediamento sociale, con una vasta serie di organizzazioni fiancheggiatrici (Cgil, Lega delle Cooperative, Arci, ecc), una fitta presenza di organismi territoriali ed il controllo di moltissimi enti locali- insomma la classica fisionomia del partito di massa, parzialmente conservata anche nella seconda repubblica-.
Il Pds-Pd aveva già iniziato a scivolare verso il modello del “partito del leader” all’americana (nonostante di leader ne triturasse uno ogni 4 anni in media), ma con Renzi sta avendo una metamorfosi completa e radicale: deperiscono gli organi periferici (circoli e federazioni), crollano gli iscritti, si mollano gli ormeggi sindacali, il partito non ha più una base sociale precisa, ma diventa un “partito prenditutto” il cui unico magnete elettorale è l’ascendente del “capo”. Da questo punto di vista, il Pd, ancor più di Fi o del M5s sta diventando “partito del capo” che azzera ogni dissidenza interna e non ha neppure un vero e proprio gruppo dirigente collettivo. E in questo partito gli iscritti conteranno sempre meno perché i congressi –se pure se ne faranno ancora- saranno sempre più liturgie del karaoke, quello che conterà saranno le primarie nelle quali voteranno sempre più elettori di centro e di destra.
La minoranza che sogna riscosse interne, non ha capito che non sta più nel Pds e neppure nel Pd, ma nel prossimo “Partito della Nazione” diverso per struttura interna, per funzione e collocazione politica: questo sarà un partito di centro con decise puntate a destra. Bersani, Speranza ecc. stanno a Renzi come Turati stava a Mussolini: uomini del secolo precedente del tutto inadeguati di fronte all’arroganza violenta del nuovo inquilino del potere.
Di fronte ad uno che risponde come Renzi fa normalmente con la minoranza Pd, ci sono solo due cose possibili da fare: o alzarsi e spaccargli fisicamente la faccia dicendogli “Ti ho spaccato la faccia”, o uscire e fare un partito che abbia come suo principale avversario quello di Renzi. Nell’imbarazzo della scelta, si possono fare entrambe le cose in successione. Il Pd sta diventando una cosa di mezzo fra un partito all’americana ed il Pnf.
Poi ci sono le trasformazioni indotte dal collasso della televisione, il media principe dell’ultimo mezzo secolo. Per sessanta anni la Tv (soprattutto nei paesi in cui era pubblica) ha svolto una funzione didattica, socializzando vaste masse alla politica ed alla cultura come mai era accaduto prima. Se la società del Novecento è diventata una società della cultura di massa e della partecipazione politica di massa lo deve più di tutti alla televisione. Ma oggi la formula è stanca per molti motivi: la comparsa della Tv commerciale ha creato un alternativa al ribasso culturale ed il video comando ha indotto alla pratica dello zapping, premessa inconscia della fine del palinsesto televisivo. Oggi sopravvive ancora questo tipo di Tv, ma sempre più stancamente e perdendo costantemente ascolti. E’ probabile che nel giro di pochi anni, l’interazione fra Tv e computer produrrà l’abbandono del palinsesto: la tv trasmetterà in diretta solo i notiziari ed eventi sportivi o spettacoli, mentre, per il resto le televisioni si trasformeranno in società produttrici di format televisivi a pagamento, che gli spettatori sceglieranno da un menù per guardarli quando meglio gli parrà.
In fondo già un pò accade con youtube. Questo avrà una serie di ricadute non banali: spingerà le Tv ad abbandonare sempre più l’impegno culturale e formativo a favore del taglio commerciale, in secondo luogo, questo accentuerà la diversificazione dell’offerta e, conseguentemente, le tendenze sloaniste già presenti nella nostra società, si modificheranno anche i rapporti pubblicitari fra ente produttore ed inserzionisti. Forse tutto questo provocherà una ripresa degli ascolti televisivi. Nel frattempo, la Tv ha perso molto terreno nei confronti del Web. La Tv è stata l’ultimo media mono-direzionale, e, nella sua versione commerciale è stato il media ideale del successo berlusconiano. Il Web è il primo media interattivo e bidirezionale ed, in questo senso è terreno sfavorevole al Pd e soprattutto a Fi, mentre ha propiziato il successo del M5s. Insomma, se Berlusconi è in crisi, non è solo perché c’è stato il bunga bunga o perché non riesce più ad incantare nessuno con le sue mirabolanti promesse (ora ce n’è uno che le spara più grosse di lui), la ragione strutturale è che il suo principale strumento di raccolta del consenso si è logorato.
Poi ci sono i mutamenti indotti dalla situazione internazionale che hanno il principale riflesso sul M5s e sulla Lega. E’ ovvio che sia nato un robusto partito anti-euro, data la situazione economica del paese, ed è altrettanto ovvio che a beneficiarne siano state le due formazioni che occupano le posizioni estreme, M5s e Lega, ma nel caso della Lega c’è qualcosa di più. Come si ricorderà, la Lega ha sempre alternato posizioni dichiaratamente separatiste ed indipendentiste a posizioni di federalismo regionalista spinto. Questo accadeva in un contesto in cui la Germania era il magnete europeo con la sua politica delle macro regioni trasnsfrontaliere (cosa non nuova, visto che ne avevano già parlato Kjellèn ed Hausofer fra 80 e 90 anni fa), ma la Germania attuale guarda sempre più ad est ed è assai meno interessata all’Europa, se non come sua debitrice.
La Lega, scegliendo di cavalcare l’opposizione anti-euro automaticamente si mette contro Berlino e, perciò stesso, vede venir meno il suo sogno secessionista mitteleuropeo.
Contemporaneamente è nato un altro “sole” delle alpi, ma questa volta non verso le Orobie o le Dolomiti, quanto fra le Marittime, le Cozie e le Graie: il Front National di Marine Le Pen. E la Lega (che non a caso recupera molto delle formazioni fasciste o para fasciste, da FdI a Casa Pound) si presenta come partito nazionale, pronto a sbarcare nel centro sud agitando due vessilli: la lotta all’euro e quella all’immigrazione. Ormai la Lega occupa lo spazio che fu di An e, prima ancora, del Msi, ma con intenzioni egemoni anche maggiori.
A sinistra le novità sono meno accentuate: si parla sempre di questo partito che potrebbe nascere dalla fusione fra una parte della minoranza Pd, Sel e un po’ di fuoriusciti del M5s, però per ora la cosa stenta a prender corpo. Ma ne riparleremo. Per ora mi pare che la panoramica sia già sufficientemente completa per dire che anche la seconda repubblica sta crollando e si intravede una terza repubblica di cui ancora non si scorgono nitidamente i connotati, ma che, per ora, non promette molte cose positive.
17 novembre 2014
dal sito http://www.aldogiannuli.it/
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