Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

sabato 30 marzo 2019

CINA: LA TEMPESTA CHE SI AVVICINA di Alessandro Giardiello







CINA: LA TEMPESTA CHE SI AVVICINA
di Alessandro Giardiello



“Quando la Cina si sveglierà, il mondo tremerà.”


Questa celebre frase pronunciata da Napoleone, ha avuto diversi riscontri nella storia.
In particolare negli ultimi vent'anni la Cina è diventata una potenza economica di primaria importanza che oggettivamente minaccia la leadership mondiale degli Stati Uniti. Abbiamo già trattato la questione in altri testi. (vedi “La Cina è vicina a dominare il mondo?” su Falcemartello n°8).
Ma la novità è che per la prima volta Pechino rischia di non essere più un argine della recessione mondiale (come lo è stata dagli anni ’90 fino ad ora) ma al contrario di diventarne una delle cause scatenanti.
La domanda da porci infatti è: “come sta entrando la Cina nella recessione mondiale, che è alle porte?”. Ma soprattutto “come ne uscirà?”

giovedì 14 marzo 2019

MACRON E MERKEL INCARNANO LE VECCHIE RICETTE MORBOSE di Jean-Luc Mélenchon







MACRON E MERKEL INCARNANO LE VECCHIE RICETTE MORBOSE
di  Jean-Luc Mélenchon 


Una lettera aperta del leader di "France Insoumise" risponde a quella che il presidente francese ha pubblicato lo scorso 4 marzo sul sito dell'Eliseo rivolgendosi ai cittadini in vista delle elezioni europee di maggio. Ma per il fondatore del movimento di sinistra: "In Francia c'è anche un'altra voce"



Il Presidente francese si rivolge agli europei? Ma in Francia c’è anche un’altra voce. L'interesse generale degli esseri umani nel Vecchio Continente merita qualcosa di meglio di una diluizione nella strategia delle chiacchiere di circostanza di Emmanuel Macron. In Europa è giunto il momento di parlare l’unica lingua davvero internazionale, in grado di motivare l’azione comune di popoli così diversi per storia, lingue e culture. È la lingua dei beni comuni da difendere ed estendere. Quello dei comuni progetti di vita. Quella dei diritti sociali e dei servizi pubblici, da ricostruire dopo la distruzione di trent'anni di concorrenza libera e incontrollata. È la lingua della pace, di fronte ai deliri bellici contro i russi e alle provocazioni di guerra della Nato.

E' un'emergenza. Perché siamo tutti minacciati da un sistema di produzione e di scambio che distrugge la terra e gli esseri umani. Non è forse giunto il momento di imporre alcuni riflessi di solidarietà che nella catastrofe ecologica in corso potranno salvarci? Il mostro della finanza si è saziato abbastanza, a scapito di tutte le piccole semplici gioie della vita. Se c'è bisogno di un Rinascimento in Europa, che sia quello della sovranità popolare, dell'Illuminismo, contro l'oscurantismo del denaro e le opposte passioni religiose. Se la Francia può essere utile a tutti, lo sarà perché proponendo queste fatiche di Ercole che bisogna al più presto portare a termine. Sì, i popoli d'Europa possono imporsi di rispettare nei prossimi vent'anni ovunque la Regola Verde: non prendere dalla natura più di quello che può ricostituire. I nostri popoli possono rinunciare da subito all'uso dei pesticidi, che uccidono la biodiversità. Possono decidere di sradicare la povertà nel Vecchio Continente, garantire un salario dignitoso a tutti, limitare i divari di reddito per fermare l'epidemia infinita di disuguaglianze.

Siamo in grado di estendere la norma più favorevole ai diritti delle donne a tutto il continente. Siamo in grado di bloccare le mani degli evasori, che si appropriano ogni anno di mille miliardi di euro. In breve, è possibile avviare una nuova era della civiltà umana. Lo possiamo fare qui, nel continente più ricco e istruito. Se l’Europa assume una sorta di protezionismo negoziato con il mondo, farà delle sue norme umaniste un nuovo orizzonte, comune a miliardi di esseri umani.

Per questo non abbiamo nulla a che fare con la pseudo coppia franco-tedesca, questo pretenzioso condominio controllato dalla Cdu. Umilia gli altri 26 Stati e isola i francesi dai loro genitori naturali del Sud. Per noi francesi i russi possono essere dei partner e non dei nemici Se la democrazia è minacciata, lo è dalla tirannia della finanza e dai metodi brutali usati per governare le persone. Sono loro ad aver martirizzato la Grecia, a dare la caccia agli oppositori in Polonia o in Ungheria. Come in Francia, dove il problema per la nostra democrazia non viene da Mosca, ma da Parigi, con questo Presidente che porta avanti da diciassette settimane una repressione feroce contro la mobilitazione dei Gilet Gialli. Che lezioni di democrazia può dare Macron quando l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, il Consiglio d'Europa e il Parlamento europeo s’inquietano pubblicamente per le violenze della polizia in Francia?

E quanto è insopportabile la violenza di quell’illusione per la quale un’Europa trasformata in fortezza sarebbe protetta dai rifugiati economici ed ecologici grazie agli annegamenti nel Mediterraneo? Dovrebbe inquietare il fatto che Viktor Orban approvi la lettera pubblicata da Macron. In contrasto con queste brutalità, è necessaria una politica che vada dritta alle cause degli esili forzati: guerre, cambiamenti climatici, saccheggi economici.
Tutte queste miserie sociali hanno la loro comune origine nel contenuto dei Trattati europei, che hanno congelato tutte le politiche economiche nell'assurdo dogma dell'ordoliberismo, tanto caro al governo Merkel. La condizione preliminare per cooperare in Europa è l'uscita da questi trattati. Per i popoli d'Europa un cambiamento di direzione è urgente. Emmanuel Macron e Angela Merkel incarnano le vecchie ricette morbose. Il Rinascimento di cui l'Europa ha bisogno è quello dei diritti politici e dei suoi popoli. Se la Francia può essere utile a qualcosa, è a questo. Purché si presenti come partner anziché mettersi a dare lezioni.


11 Marzo 2019

da "La Repubblica"


lunedì 11 marzo 2019

VENEZUELA: I 30 GIORNI NEI QUALI JUAN GUAIDO' NON E' ANDATO DA NESSUNA PARTE di Gennaro Carotenuto





VENEZUELA: 
I 30 GIORNI NEI QUALI JUAN GUAIDO' NON E' ANDATO DA NESSUNA PARTE
di Gennaro Carotenuto


Escludendo l’intervento militare in Venezuela, la riunione del gruppo di Lima (il consesso dei governi latinoamericani di destra, riuniti ieri a Bogotá) ha chiuso nella sostanza la parabola del tentativo di Juan Guaidó come presidente autoproclamato del Venezuela e allo stesso tempo evitato la regionalizzazione della crisi. Proviamo a mettere insieme elementi di analisi sugli ultimi 30 giorni e in particolare sull'ultimo lungo fine settimana al confine tra Colombia e Venezuela.

La guerra si allontana dai Caraibi?

sabato 9 marzo 2019

VENEZUELA: LO STALLO di Antonio Moscato





VENEZUELA: LO STALLO
di Antonio Moscato



Se era il risultato di una accurata preparazione da parte degli organi speciali del più grande Stato imperialista, faceva proprio pena, e non solo per l’inconsistenza di Gaidó, che i sostenitori di Maduro presentano come il risultato di un lungo addestramento da parte dei suoi mandanti imperialisti, ma che è risultato per ora un fantoccio inconsistente, con un bilancio di fallimenti notevole. 
Incapace di valutare le forze in campo, pronto ad esaltarsi per poche dozzine di militari e poliziotti risultati disposti a disertare, Gaidó ha sprecato il mese che gli era concesso dalla costituzione per svolgere il compito di preparare elezioni in quanto presidente ad interim, sia pur autoproclamato, e si è illuso di poter usare le misere donazioni statunitensi ed europee come esca per mobilitare sotto le sue bandiere milioni di malcontenti. 
Incapace di far altro che aspettare un più consistente aiuto esterno, si è accorto che il Venezuela era l’ultimo pensiero dei governi europei, che non si sognavano minimamente di dare un seguito al grottesco ultimatum delle elezioni da convocare in una settimana, e che gli Stati Uniti non avevano voglia di impegnarsi in un’azione militare in compagnia soltanto della poco rispettabile Colombia di Duque e del Cile del pinochettista Piñera, dato che perfino l’esercito brasiliano rifiutava di partecipare a un’impresa dall'esito imprevedibile.

venerdì 8 marzo 2019

PAPILLON di Stefano Santarelli





PAPILLON
di Stefano Santarelli



“Qui la regola è il silenzio assoluto.
Noi non diamo a intendere che riabilitiamo la gente.
Non siamo preti, siamo delle macchine.
Mediante le macchine gli animali vivi sono
trasformati in roba commestibile,
noi trasformiamo gli uomini pericolosi
in esseri innocui e lo facciamo spezzandoli.”




Nel 1968 l'editore francese Robert Laffont riceve per posta un manoscritto costituito da due quaderni di formato scolastico, ma nonostante il metodo certamente non usuale per una casa editrice Laffont legge comunque questi due quaderni scritti fittamente a mano in un francese contagiato da molti vocaboli ispanici in cui si racconta la storia di un prigioniero e delle sue evasioni e ne rimane affascinato. 
Tre settimane dopo a Parigi si presenta nella sede della casa editrice uno strano individuo con cittadinanza venezuelana che consegna altri undici quaderni: quest'uomo è Henri Charrière un ex galeotto condannato per un omicidio all'ergastolo e ai lavori forzati nel carcere della Caienna da cui dopo innumerevoli traversie è riuscito ad evadere.
Robert Laffont si convince di pubblicare il romanzo autobiografico di Charrière che denuncia le atroci e disumane condizioni in cui erano costretti a vivere i forzati nei vari penitenziari della Guyana francese e lo intitola “Papillon” dal tatuaggio di una farfalla che l'autore ha tatuato sul petto, ma anche perché una farfalla non può restare chiusa in una gabbia ed in pochi giorni si ritrova tra le mani un successo editoriale con pochi precedenti: 2.5 milioni di copie vendute nella sola Francia ed oltre 10 milioni all'estero e oltretutto in Francia Papillon batte un record riuscendo a vendere in un solo mese ben 120.000 copie.
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