GENOCIDIO DEGLI ZINGARI, IL DOVERE DELLA MEMORIA
di Stefano Pasta
Mezzo milione di rom e sinti furono vittime dello sterminio nazista. Una classe del liceo scientifico Agnone, dove esisteva un campo di concentramento italiano, ha svolto un'inchiesta per non cancellare la memoria di quell'orrore
Quella sopra è una delle foto più note della follia nazifascista nei lager. Scattata nel 1941, ritrae Maria Bihari, una «zigeunerin» (zingara) di cinque anni. Conosciamo il volto di Maria – Miezi il nome con cui la chiamavano in famiglia – grazie ai cataloghi del Centro di Ricerca di Igiene Razziale del Ministero della salute nazista. Non sappiamo come sia morta, se gasata e cremata, o vittima degli esperimenti eugenetici.
Ad Auschwitz c’ era lo Zigeunerlager, la sezione per famiglie zingare composta da 32 baracche circondate da filo elettrico. Dobbiamo soprattutto ad alcuni testimoni ebrei, come Piero Terracina, il racconto della sua liquidazione totale, avvenuta la notte del 2 agosto 1944, quando i violini non suonarono più e, dopo grida disperate, le camere a gas zittirono quella zona del campo. Quante furono le vittime? Le stime variano, di solito si afferma siano almeno mezzo milione. Probabilmente è una sottostima, ma risulta impossibile conteggiare individui non segnalati all’ anagrafe e spesso uccisi per strada o nelle esecuzioni sommarie all’ Est. Ma la difficoltà a stabilire il numero delle vittime testimonia anche il disinteresse e l’ oblio: subito dopo la guerra, su questo genocidio, chiamato Porrajmos o Samudaripen, calò il silenzio.