Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

mercoledì 14 novembre 2018

LA SPERANZA DI STAN LEE PER UN MONDO MIGLIORE di Peter Ciaccio






LA SPERANZA DI STAN LEE PER UN MONDO MIGLIORE
di Peter Ciaccio


Popoli, culture e fedi uniti per il bene comune nell'universo Marvel




Ieri è morto Stan Lee, il creatore dell’universo Marvel, “vecchio e sazio di giorni” come un patriarca biblico.

In un’Italia ancora pregna di ideologia gentiliana (la cultura è quella classica, pura, antica), di elitarismo culturale (la cultura è per chi ha fatto il Liceo), di resistenza alla contaminazione interculturale (siam tutti cattolici, anche i non cattolici), di provincialismo nazionalista (ma che vuole quest’Europa?), è difficile comprendere la caratura titanica di un autore come Stan Lee.

Sin dagli anni Quaranta, Stanley Martin Lieber era un orgoglioso autore di fumetti (e già questo…), quando a differenza di altri autori firmava le storie, pur con un nome d’arte, che poi però assunse quale suo nome a tutti gli effetti. Ebreo agnostico newyorkese: basterebbe questo per dire che fosse un liberal, dagli anni Novanta sostenitore aperto dei Clinton e di Obama, il quale gli ricordava qualcosa di Mr.Fantastic, il leader del Fantastici Quattro.

I suoi eroi rappresentavano tutto lo spettro del meltin’ pot americano. Ben Green, “La Cosa” dei Fantastici Quattro non solo era ebreo, con tanto di medaglietta con Stella di Davide al collo e partecipazioni a Bar Mitzvah, ma era la rappresentazione contemporanea del mito del Golem. Il motto di Peter Parker / Spiderman era «Da grandi poteri derivano grandi responsabilità», richiamando l’adagio protestante della “libertà nella responsabilità”, tanto caro — e pesante come un macigno — per luterani e calvinisti. Il cattolico Bruce Banner / Hulk, alle prese con il senso di colpa di un mostro interiore impossibile da controllare. Il re africano Black Panther, testimone di una civiltà che è superiore alle altre solo se si mette al servizio della pace, della giustizia e del progresso. L’avvocato Matt Murdoch, supereroe cieco, non disabile, ma (sul serio) diversamente abile. Nell’universo Marvel c’è posto per tutti, così come in America.

lunedì 12 novembre 2018

PAP FICTION! QUALCHE LEZIONE DALLA SCISSIONE DI POTERE AL POPOLO di Claudio Bellotti





PAP FICTION!
QUALCHE LEZIONE DALLA SCISSIONE DI POTERE AL POPOLO
di Claudio Bellotti



“La sinistra dovrebbe unirsi, i vari gruppi e partitini dovrebbero mettere da parte le proprie divergenze, smetterla di farsi la guerra e mettersi tutti insieme”. Da un decennio questo ritornello viene ripetuto incessantemente. Questa retorica “unitaria” ha dato luogo negli ultimi dieci anni a diverse aggregazioni. Ricordiamo tra le altre la Sinistra arcobaleno (2008), la Federazione della Sinistra (2009-11), la Lista Ingroia (2013), l'Altra Europa con Tsipras (2014) e, infine Potere al popolo che si è presentata alle ultime elezioni politiche.
Dopo l'1,1 per cento raccolto nelle elezioni del 4 marzo è stato lanciato in pompa magna un “processo costituente” volto a trasformare la lista in un nuovo partito politico, con lo slogan “indietro non si torna”!

Scissione dopo un anno

Tuttavia ad un anno dalla sua nascita e a sette mesi dalle elezioni, Potere al popolo (Pap) si spacca verticalmente tra due fronti contrapposti. Tra recriminazioni, accuse reciproche e irripetibili bassezze via social media, ecco il bilancio.
Il cosiddetto Partito comunista (Pci) se n'era già andato dopo le elezioni; Sinistra anticapitalista ha seguito poco dopo, avendo constatato che il livello di democrazia interna era tale per cui si era rifiutata persino la pubblicazione di un loro contributo sul sito di Pap in quanto “disfattista”.
A seguire la segreteria del Partito della rifondazione comunista, dopo aver fatto di tutto per insabbiare il processo costituente, decide di ritirarsi all'ultimo giorno delle votazioni online che dovrebbero stabilire lo statuto e il percorso fondativo del nuovo partito. Di fatto è scissione, e si profilano carte bollate.
Restano in Pap circa 4mila aderenti che hanno votato online, organizzati prevalentemente attorno alle sigle del centro sociale ex opg di Napoli e al sindacato Usb.
Piuttosto che addentrarci nella lunga lista di colpi bassi e manovre che hanno contraddistinto questo scontro, ci sentiamo di trarne alcune indicazioni politiche.

venerdì 9 novembre 2018

LA CRISI VISTA DAL SUD INDIETRO NON SI TORNA… ​PURTROPPO di Alfonso Geraci e Marco Palazzotto




LA CRISI VISTA DAL SUD INDIETRO NON SI TORNA…
​PURTROPPO
di Alfonso Geraci e Marco Palazzotto




Dopo Nuovo PCI e Sinistra Anticapitalista, anche il PRC ha abbandonato il progetto PAP. Il documento votato dal CPN di Rifondazione non suscita entusiasmi, ma anche noi – che abbiamo condiviso per un anno il cammino di Potere al Popolo – abbiamo lasciato PAP dopo la votazione sui due statuti contrapposti, ritenendo (con motivazioni e preoccupazioni in buona misura diverse da quelle espresse dalla mozione di cui sopra) che si sia giunti a un capolinea, e che PAP abbia costruito e “blindato” un meccanismo di funzionamento sbagliatissimo e che rende molto difficile se non impossibile al singolo militante partecipare coscientemente ed efficacemente alla vita dell’organizzazione. Queste nostre riflessioni intendono avviare un dibattito, per cui auspichiamo che sia i compagni che proseguiranno il percorso di PAP che quelli che l’hanno abbandonato vogliano intervenire. [AG, MP]


Potere al Popolo prevede il potere al popolo?
La festa appena cominciata è già finita…
(Sergio Endrigo)


Lo scorso 9 ottobre si sono concluse le consultazioni svolte nella piattaforma informatica di Potere al Popolo che hanno sancito, secondo il comunicato dello stesso movimento (qui maggiori dettagli), la vittoria dello statuto 1 – sostenuto dalle componenti dell’Ex OPG occupato “Je so’ pazzo” e Eurostop – sullo statuto 2 – sostenuto invece dal PRC, ritirato all’ultimo momento dagli estensori e rimasto comunque online per il voto dopo la decisione della maggioranza del coordinamento nazionale provvisorio.

Hanno votato a favore dello statuto 1 circa 3300 persone su più di 9000 iscritti e quindi il 37% circa degli aventi diritto, e pari al 55% degli utenti attivi.

Non è il caso di soffermarsi molto sul dato numerico. A nostro parere risulta lapalissiana la sconfitta di chi ha sostenuto la bontà della piattaforma informatica quale strumento democratico. Ancorché il risultato venga sbandierato come positivo, resta il fatto che meno della metà degli iscritti a PAP ha scelto lo statuto 1 in un momento, quello costitutivo, che dovrebbe coinvolgere almeno la maggioranza qualificata degli aventi diritto, come avviene nelle costituzioni di nuovi soggetti politici, ma anche sociali e perfino aziendali. Immaginatevi cosa sarebbe successo in Italia se i nostri padri costituenti avessero votato la Costituzione repubblicana con queste percentuali.

sabato 3 novembre 2018

MOHAMMAD BIN SALMAN GETTA LA MASCHERA di Andrea Muratore







MOHAMMAD BIN SALMAN GETTA LA MASCHERA
di Andrea Muratore



La morte brutale di Jamal Kashoggi, il giornalista dissidente saudita ucciso nel consolato di Riad a Istanbul il 2 ottobre scorso, ha svelato al mondo il reale volto della presunta “rivoluzione” politica della monarchia wahabbita incarnata dal giovane erede al trono Mohammad bin Salman.

Osannato a lungo da media e politici occidentali per riforme cosmetiche come l’apertura dei cinema e il permesso di guidare accordato alle cittadine donne, MBS è stato più volte corteggiato, coccolato e osannato da numerosi leader occidentali (da Donald Trump a Emmanuel Macron, passando per Theresa May) interessati a rafforzare la partnership con Riad nel momento in cui l’Arabia Saudita, varando il piano di riforme economiche Vision 2030, appariva una risorsa fondamentale per futuri investimenti e accordi commerciali.

Protetto dalla doppia morale del “patto col diavolo”, per usare l’espressione resa celebre da Fulvio Scaglione, il regno wahabbita ha potuto continuare, nel frattempo, le sue linee politiche più detestabili: dalla repressione del dissenso (certificato da un aumento drastico delle condanne a morte) al perpetramento del violento conflitto yemenita, causa di una catastrofe umanitaria senza precedenti.

venerdì 2 novembre 2018

MALA TEMPORA di Guido Viale






MALA TEMPORA
di Guido Viale



Care e cari,

lasciate che mi presenti: sono il maltempo (mala tempora, in latino). Comincio parlando di me. Ma non vedete quello che sta succedendo? Quando mai si sono viste lastre di ghiaccio galleggiare per le strade di Roma come fossero fiordi dell’Artico? Su quella città abbiamo testimonianze scritte che coprono 2500 anni. Non è mai successo. Quando mai avete assistito all'alternarsi, nel giro di poche ore, di caldi tropicali e tempeste di pioggia e vento che mettono a soqquadro intere regioni? Quando mai avete visto tante frane, tanti straripamenti, tanti alberi abbattuti in così pochi giorni? Se poi alzate lo sguardo più in là, le cose stanno anche peggio: l’Africa si sta desertificando; Stati Uniti, America centrale e sud est asiatico sono sempre più spesso sconvolti da uragani. Persino il Mediterraneo, che non li aveva mai conosciuti, ha avuto il suo primo tifone quest’estate. E poi, i ghiacciai si ritirano, le calotte polari si sciolgono, il permafrost libera milioni di tonnellate di metano (un gas di serra venti volte più potente della CO2). Cambieranno le correnti marine, a partire de quella del Golfo che tiene al caldo l’Europa centro-settentrionale; è già cambiato il regime dei monsoni, avanza il deserto mentre si moltiplicano le alluvioni. L’acqua, quella buona, quella da bere, è sempre più scarsa.

Avete massacrato la Terra contando sulla protezione del cielo. Ma adesso il cielo, massacrato anch'esso dagli umani, moltiplica l'impatto dei disastri. Quello che vedete ora è solo un anticipo delle condizioni in cui sarete costretti a vivere di qui a pochi anni, e di quelle, sempre peggiori, in cui state condannando a vivere i vostri figli e i figli dei vostri figli.

Che cosa voglio dire? Che di qui a pochi anni, forse anche solo due o tre, le cose che tengono impegnata l’arena politica e le rispettive tifoserie, i decimali di punto di deficit, di Pil, di vera o finta occupazione, gli indici di borsa, la “crescita” (ma de che?), le Grandi e “indispensabili” infrastrutture, eccetera, eccetera, usciranno di scena per far posto a raffiche di divieti: quelli di usare questo e quello, o di produrre questo o quello, pur di ridurre le emissioni senza fare arrabbiare troppo questi o quelli; e a misure improrogabili per fare fronte alla moltiplicazione delle alluvioni, al crollo di strade e ponti, alle frane che trascinano con sé interi paesi, all'approvvigionamento dell’acqua potabile, alla rovina dei raccolti che rischierà di mettere alla fame non solo le popolazioni di mondi lontani di cui non vi è mai fregato niente, ma anche voi.
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