Diari di Cineclub

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martedì 27 marzo 2012

I RICATTI DI MONTI di Antonio Moscato




I RICATTI DI MONTI
di Antonio Moscato

Monti minaccia sempre più frequentemente il parlamento e i partiti fantasma che lo compongono. Minaccia di andarsene, ma in realtà fa capire che se fosse messo in minoranza non esiterebbe a ricorrere alle urne in un momento in cui i partiti sono particolarmente screditati. Lo fa soprattutto nei confronti del PD, che ha avuto qualche piccolo sussulto di dignità dopo essere stato a lungo bastonato e ricattato, e che potrebbe facilmente spaccarsi, avendo all’interno del suo gruppo dirigente non pochi esponenti decisamente favorevoli al governo delle banche e dei capitalisti, e praticamente nessuno schierato davvero dalla parte dei lavoratori (quelli che appaiono tali, come i Fassina o i Damiano, sono in realtà solo preoccupati che tirando troppo la corda Monti provochi reazioni incontrollabili da parte dei lavoratori).

Ma dobbiamo domandarci perché Monti porta avanti con tanta decisione un programma di attacco alle poche residue conquiste fatte dai lavoratori negli anni Sessanta e Settanta e smantellate poi sistematicamente, con la valida collaborazione di CISL, UIL e CGIL: a mio parere semplicemente perché è un uomo del grande capitale, e quindi sbilanciato logicamente verso la destra di Alfano, Casini, Fini; non a caso ostenta perfino buoni rapporti con Berlusconi: era infastidito solo dalle sue imprudenze e ostentazioni di frequentazioni col malaffare, perché ne indebolivano la politica.

Riprendo un volantino dello SLAI Cobas dell’Alfa, che ricorda le responsabilità precedenti di Monti come dirigente FIAT. Avevo già utilizzato questo materiale, indubbiamente utile, ma lo avevo fatto solo parzialmente, perché rimango sempre perplesso verso tutte le teorie sui misteriosi centri di manovre occulte, come Trilateral, Bilderberg o il think tank Brueguel, che vengono riprese nella parte conclusiva del volantino. Ero stato sempre scettico anche sulla stessa P2, che è stata utilizzata per "criminalizzare" come manovra di pochi delinquenti occulti quella che era invece una tendenza generalizzata verso soluzioni sempre più autoritarie, tendenza presente in tutto il capitalismo di questi tempi incerti, in Europa e nel mondo. Licio Gelli non era un "deus ex machina", era un furbetto che aveva fiutato l’aria e utilizzando le idee che circolavano da tempo (basta ricordare la "Nuova repubblica" di Pacciardi, per un certo tempo appoggiata da Pannella), aveva costruito una sua area di influenza, piena anche di gonzi che cercavano una scorciatoia per far carriera...

Per queste ragioni, di Monti, di Passera, e di buona parte dei suoi ministri (salvo i tre o quattro inseriti come decorazione “umanitaria” di un governo pessimo), mi basta ricostruire i loro legami con la grande industria e i suoi crimini, anche finanziari. A partire da Tangentopoli, dallo smantellamento programmato dell’Alfa Romeo e di gran parte della FIAT, dalla corruzione di un numero straordinariamente alto di politici asserviti, e di giornalisti senza vergogna (ad esempio, per usare una notizia fresca fresca, mi piacerebbe sapere da dove venivano i due milioni e mezzo di euro in contanti che Emilio Fede voleva depositare in Svizzera e che quel paese ha respinto per insolita prudenza...).
Perché dovremmo cercare le “prove” sul club Binderberg (che, tanto più se esiste così come viene descritto, saranno state accuratamente occultate) quando sui precedenti di questa "nuova classe politica" è già disponibile una documentazione enorme, giudiziaria e anche seriamente giornalistica, raccolta in molti ponderosi volumi?

Basterebbe far circolare sistematicamente questi materiali, in un formato agile e quindi facilmente leggibile, per smontare il culto di Monti “uomo probo e integerrimo” che è stato costruito dalla quasi totalità dei media, con la regia di Giorgio Napolitano, anche lui spacciato come uomo “al di sopra delle parti”, mentre è stato da decenni il fautore della cancellazione dell’identità della sinistra e della costruzione di quella “coesione nazionale” che ha permesso all’1% di governare sul 99%. Quindi l’uomo di una parte sola, quella che ha provocato l’indebitamento folle e la crisi attuale.

Cominciare a far questo, quotidianamente, è già il primo passo per costruire unilateralmente un audit (un’indagine, potremmo tradurre) cittadino e popolare, che spieghi l’origine illecita e disonesta delle enormi ricchezze accumulate da pochi, e prepari quindi le condizioni per non pagare il debito contratto da altri, e per rifiutare in blocco l’amarissima e dannosa medicina che ci stanno propinando, con la scusa di non finire come la Grecia, e che è identica a quella somministrata ai greci.

27 marzo 2012

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                                    SLAI COBAS


Mario Monti: dirigente FIAT dal 1979 al 1993.
NON SA NULLA DELLE TANGENTI DATE A CRAXI ?

Dopo il regalo dell'Alfa Romeo, la FIAT prese precisi impegni con lo Stato su Arese e Pomigliano: perché Monti non li fece rispettare?
Nessuno ne parla ma il bocconiano Mario Monti non è solo l'uomo delle banche e della finanza (prima COMIT e Generali e poi Goldman Sachs), ma è stato innanzitutto un “UOMO FIAT”. Monti ha fatto parte dei CdA della FIAT dall'età di 36 anni (1979) all'età di 50 anni (1993); dopodiché, dal '94 al 2004, è stato Commissario UE.
E alla FIAT non era un comprimario ma comandava:

· CdA Gilardini (FIAT) dal 1979 al 1983;

· CdA FIDIS (FIAT) dal 1982 al 1988;

· Cda e comitato esecutivo FIAT dal 1988 al 1993;

oltre a Mario Monti, facevano parte del comitato esecutivo FIAT Gianni e Umberto Agnelli, Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens.
Dal 1° gennaio 1987 la FIAT ha avuto in regalo l'Alfa Romeo dall'IRI (Prodi) e dallo Stato (Craxi, Andreotti, Amato, Darida, ecc..) impegnandosi per iscritto con il CIPI a mantenere i 40.000 lavoratori di Arese e Pomigliano e a pagare quattro soldi allo Stato con 5 comode rate annuali a partire dal 1993. Ma nel novembre 1993 riduce a 4.000 (e poi a zero) i lavoratori di Arese e così poi con Pomigliano. E mentre la FIAT ridimensiona e poi chiude l'Alfa, riceve 1.000 miliardi dallo Stato solo per costruire gratis lo stabilimento di Melfi. E in questi anni la FIAT, mentre si sbarazzava di 40.000 operai Alfa Romeo, ha ricevuto “aiuti” di Stato di 2mila miliardi di lire per Arese e altrettanti per Pomigliano.

TUTTO CIO' E' AVVENUTO GRAZIE ALLE TANGENTI PAGATE DALLA FIAT AI POLITICI.
E TUTTO CIO' E' AVVENUTO MENTRE MARIO MONTI ERA A CAPO DELLA FINANZA FIAT (FIDIS) ED ERA UNO DEI 5 MEMBRI DEL COMITATO ESECUTIVO DI TUTTA LA FIAT.

Per le tangenti FIAT il 9 aprile 1997 il Tribunale di Torino ha condannato Romiti e Mattioli a oltre un anno di carcere, con sentenza confermata in Cassazione nel 2000 ma cassata qualche anno dopo con la legge di Berlusconi che ha depenalizzato il falso in bilancio. I 150 operai dello Slai Cobas che si costituirono parte civile nel processo di Torino furono comunque poi risarciti con 1milione e 600mila lire a testa.

"Una gran brutta notizia". E' questo il commento dell'amministratore delegato dell'Ambroveneto, Corrado Passera, alla notizia della sentenza di Torino (La Repubblica, 10 aprile 1997).
Ma la tangentopoli FIAT è solo di Romiti? Ma non scherziamo!

Soldi avvolti in carta da giornale "I pacchi di denaro arrivavano avvolti in carta da giornale accuratamente sigillati con nastro adesivo. Dal sesto piano di Corso Marconi, quartier generale della Fiat, le banconote - mezzo miliardo a pacco - venivano quindi portate al quinto piano, nell'ufficio della Signora Maria Nicola, addetta contabile e soprattutto segretaria di fiducia dell'Amministratore delegato C. Romiti. La funzionaria, impiegata presso la cassa centrale della Fiat S.p.A., ora in pensione, provvedeva poi a dividere il denaro in piccole mazzette" (La Repubblica 15.6.95).

"Sulla conoscenza da parte di Mario MONTI delle tangenti FIAT rimane perlomeno un ragionevole dubbio": Lo si può leggere a pag.627 di MANI PULITE “ LA VERA STORIA (di Barbacetto, Gomez, Travaglio)

Poteva il presidente onorario della FIAT, il senatore a vita Giovanni AGNELLI, non sapere nulla dei fondi neri e delle tangenti del suo gruppo? La Procura di Torino si è posta più volte questa domanda, ma non ha ricevuto alcuna notizia di reato né alcuna risposta utile dalle centinaia di testimoni e imputati interrogati (Pomicino avrebbe voluto parlarne fuori verbale ma, quando i pm torinesi gli hanno spiegato che non si può, si è avvalso della facoltà di non rispondere; Craxi ha giurato che di vil denaro si occupava Romiti, mentre l'Avvocato si limitava all'alta strategia). Così la Procura non ha potuto indagarlo.
Senonché il gup Saluzzo, nella sentenza che condanna Romiti e Mattioli, la invita esplicitamente ad aprire un'inchiesta sull'intero Comitato Esecutivo degli anni delle tangenti, e cioè su Giovanni e Umberto Agnelli, Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Mario Monti. I cinque vengono dunque inquisiti per falso in bilancio nel maggio 1998. Ma ogni tentativo di approfondire il loro eventuale ruolo nel sistema illecito si infrange dietro i "non so" e le negazioni di chi potrebbe inguaiarli. Così alla Procura non rimane che chiedere l'archiviazione, in quanto "non esistono sufficienti elementi di prova a carico dei membri del Comitato Esecutivo"...
Il 1° settembre 1998 il gip Paola De Maria archivia dunque il fascicolo sull'Avvocato e gli altri quattro, scrivendo che è "storicamente provato che Giovanni Agnelli avesse mentito agli azionisti nel negare" le tangenti FIAT, ma non è provato che le conoscesse. Anche se sulla conoscenza sua e degli altri quattro rimane perlomeno un "ragionevole dubbio".

Romiti, secondo i magistrati di Torino, in soli 10 anni avrebbe accantonato fondi neri per almeno 1.000 miliardi!

"Centododici miliardi di lire falsamente dichiarati per un solo bilancio: quello del 1991. Le riserve occulte tuttavia risalirebbero "a far data dagli esercizi precedenti ad almeno il 1984". E fra queste disponibilità vi sarebbero pure i "versamenti per almeno 4 miliardi di lire nella primavera ‘92 destinati al PSI" ("La Repubblica" del 13/12/95).

Questa tangente di 4 miliardi di lire fu versata con assegno da Romiti a Craxi il 20 marzo 1992. La fotocopia di questo assegno fu recapitata da Craxi (già allora ad Hammamet) allo Slai Cobas Alfa Romeo tramite l'avvocato Lo Giudice. Lo Slai Cobas consegnò la copia dell'assegno alla Procura di Torino.

Dato che Mario Monti è anche:

1. "Presidente europeo della commissione Trilaterale e presidente onorario di Brueguel, il think tank che lui stesso ha fondato nel 2005" (Libero, 15-11-2011);

2. "L’Italia sarà il primo Paese al mondo ad avere un capo del governo che fa parte allo stesso tempo del comitato esecutivo della Trilateral e del Bilderberg group, considerati come due superlobby globali più influenti di stretta osservanza liberista"(Il fatto Quotidiano);

3. Mario Monti fa anche parte dell'ASPEN Institute, abbondantemente foraggiato con centinaia di milioni di lire al colpo con i fondi neri tangentizi FIAT, come comprovato dal processo Romiti a Torino, lo SLAI COBAS chiede a Mario Monti di chiarire la sua posizione sulla FIAT e sulle Tangenti FIAT prima di dare altri soldi a sbafo a Marchionne e alla FIAT per licenziare e portare gli stabilimenti e i soldi all'estero.

Arese-Pomigliano, 13 dicembre 2011

Slai Cobas  www.slaicobas.it

dal sito  http://antoniomoscato.altervista.org/index.php

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