Diari di Cineclub

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martedì 6 aprile 2021

PSICHIATRIA: UNA LINEA SOTTILE TRA CURA E VIOLENZA

 




PSICHIATRIA: 

UNA LINEA SOTTILE TRA CURA E VIOLENZA


L'esperienza di due Amici


Sono X. Soffro di disturbo bipolare da quando si è suicidata mia madre (1999). Già da prima ero affetto da un disturbo ossessivo compulsivo. Il mio primo psichiatra è stato il prof. D, noto perché visita raramente e somministra psicofarmaci per telefono, facendo parlare il paziente con i suoi assistenti. Una visita costa un botto di soldi. Una sua assistente ha fatto la diagnosi di bipolare. Il prof. si è limitato a confermarla.

Dopo un miglioramento iniziale ho cominciato a soffrire di tremori e stitichezza acuta, probabilmente per l'eccessiva dose di medicine. A causa di un abuso di farmaci, consigliati al telefono da uno dei suoi dipendenti, ho avuto un incidente dove sono rimasto traumatizzato a livello psichico. Successivamente sono stato preda di attacchi di panico notturni con svenimenti.

Sono stato ricoverato in medicina generale (2015). I medici erano confusi sulla diagnosi e orientati verso una forma di epilessia.

Dopodiché ho cambiato psichiatra, suggerito dal mio psicoanalista.

Questo psichiatra lo chiamiamo B. E' anziano e plurititolato. Passava per un luminare. Lui, all'inizio, ha escluso ogni forma di epilessia, confermando il disturbo di ansia e il bipolare.

Come il primo era privato. Entrambi si sono rivelati come due baroni assetati di soldi e di potere, nonché incompetenti. Il Dott.B, dopo avermi preso in carico, mi ha scalato le medicine, prima gradualmente, ( lasciandomi per tanto tempo sotto la soglia di una cura efficace), e poi all'improvviso. Io mi fidavo e soffrivo in modo continuativo. Stavo sempre più male e lo chiamavo con più frequenza. Questo psichiatra mi cacciò. Io sono “strisciato” davanti a lui chiedendogli scusa, su consiglio del mio ex analista. Lui, sbuffando, mi ha ripreso. Tra le varie frasi che gli sono uscite dalla bocca quella che mi ha ferito di più è: “non è colpa mia se hai fatto una vita di merda!”Intanto io stavo notti e notti senza dormire in uno stato di ansia ed eccitamento non controllabili. Altri giorni avevo accessi irrefrenabili di pianto.

Dopo qualche anno che mi teneva in cura, il Dott.B ha anche affermato, all'improvviso, che io non ho mai avuto il disturbo bipolare. Per questo mi ha levato di colpo il litio e mi ha dato, al suo posto, uno psicofarmaco molto potente, ma non usato per la cura della mia patologia. Con tutti i farmaci essenziali ridotti, senza litio e con una medicina sbagliata, la mia sofferenza è precipitata, mi sono sentito male sul posto di lavoro e sono finito ricoverato, tramite pronto soccorso, nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura del primo ospedale disponibile (2017).

Nonostante i tentativi di comunicare di mia sorella (medico) e di un' amica (psicologa), il personale si è dimostrato scontroso e menefreghista e non mi ha ripristinato il litio, come volevano le due professioniste che conoscono bene la mia storia.

I sintomi maniacali andavano peggiorando ogni giorno di più: deliri di morte, soprattutto riferiti alle mie persone più care, ipereccitamento, ansia severa, notti insonni. Avevo anche difficoltà a camminare ( spesso perdevo l'equilibrio e cadevo); problemi gravi di organizzazione visuo-spaziale e gnosico-prassica:

Non ero autonomo in niente, tranne nel mangiare lentamente con aiuto; non regolavo il getto dell'urina nel buco del water. A questo proposito un operatore mi ha indotto, con fare minaccioso, a pulire tutta la tazza del cesso. Io purtroppo avevo anche una forte diminuzione della volontà, per cui non riuscivo a ribellarmi ed ho scambiato questa ingiunzione con una terapia che poteva essere utile.

Siccome avevo grosse difficoltà di organizzazione psicomotoria non sapevo da che parte cominciare. Quindi, esasperato, ho cominciato a toccare la merda e a cercare di spingerla verso il buco. Per fare questo ci ho messo più di un'ora.

Finalmente si è liberato un posto di SPDC nell'ospedale territoriale di competenza.

Quando sono arrivato in questo reparto è stato il momento di maggiore crisi e sofferenza perché totalmente scoperto dal litio.

I momenti più brutti, in cui venivo a contatto con la “morte”, erano quando mi agitavo ed entravo in fase maniacale acutissima, perdendo il controllo della coscienza: il mio corpo si muoveva freneticamente come un burattino impazzito. Tutto ciò mi è stato raccontato a posteriori. Sono rimasto senza riconoscere nessuno anche per più di un giorno.

Tuttavia ho avuto un'esperienza terribile dove sono rimasto cosciente. Qui mi sono trovato faccia a faccia con la “morte”, in quanto la perdita dei sensi era vissuta come decesso.

L'episodio è andato così: era sera e stavo nel corridoio; l'ansia ha cominciato a montare insieme all'agitazione maniacale.

Sentivo che non riuscivo più a controllare il corpo, come fosse invasato da una forza interna che mi trascinava verso il basso. Intanto la coscienza sembrava svanire, risucchiata via. Ho fatto uno sforzo tremendo, terribile, per mantenere un minimo di consapevolezza.

All'inizio ho cominciato a fissare intensamente la luce di una lampada, ma non è bastato. Non ce l'ho fatta più, non riuscivo a stare più in piedi, mentre aumentava la paura. Mi sono inginocchiato ed ho provato a immaginare degli occhi umani stilizzati, forse quelli di una mia amica che si occupava di me. Infine mi sono sdraiato in mezzo al corridoio, a pancia in su ed ho indurito tutti i muscoli del corpo. Nel frattempo la lotta tra la “vita” e la “morte” diventava sempre più cruenta...mi sentivo svanire, avevo tanta paura, stavo impazzendo, ero immerso in una profonda solitudine. Le risorse stavano finendo...avevo un bisogno disperato di percepire il mio corpo per “sentire” la mia mente. L'unica chance rimasta era strillare: un urlo lancinante e prolungato squarciava il reparto. Sentivo che quando avrei perso la voce sarei “morto”.

Ad un certo punto una mano calda e forte, ha stretto la mia, mi ha tirato verso l'alto ed una voce maschile, da infermiere, mi ha detto: “che fai tu qua?”Io, percependo l'Altro che si interessava a me, che mi toccava e mi si rivolgeva con fare sicuro, mi sono calmato. Non ricordo dopo in che stato fossi, ma quell'inferno era temporaneamente finito.

Quando ero troppo agitato mi legavano al letto con delle fasce e mi portavano fuori dalla camera in cui dormivo con gli altri degenti. Mi lasciavano da solo per tutta la notte. Talora essere legato al letto mi riportava bruscamente alla realtà, anche se dolorosamente, dopo tanto sfarfallare privo di coscienza.

La prima volta mi hanno sbattuto nella sala da pranzo, da solo, per ore e ore. Quando la psichiatra ha dato gli ordini agli infermieri mi ha ingiunto che dovevo dormire, ripetendolo più volte, come un ordine. Questa persona era rinomata per legare spesso i pazienti ai letti.

Io strillavo forte, chiamando le varie figure sanitarie, ma nessuno/a arrivava per tutta la notte. “E' una vergogna lasciare una persona legata, in preda all'angoscia, da sola, per tantissimo tempo, mentre voi specialisti del turno notturno vi fate i cazzi vostri!”

Avevo la paura che se mi fossi addormentato sarei morto. Inoltre non riuscivo a pisciare a pancia in su dentro il sacchetto che mi applicavano. Anche questo era motivo di ansia.

Man mano che il litio veniva reintrodotto nel mio corpo, la mia funzionalità psico-fisica si riorganizzava: sono andati via i deliri e sono migliorato nelle attività di vita quotidiana.

Ho provato a farmi la doccia con l'aiuto di due giovani degenti, che alla fine sarebbero diventati miei amici.

Dopo essere uscito dall'ospedale sono stato accolto dal Centro di Salute Mentale di zona.

La terapia farmacologica è molto simile a quella impostata alle dimissioni ed è ad vitam.

Lo psichiatra che per primo mi ha avuto in cura al CIM ha detto che avevo avuto un grave scompenso fisico-chimico a livello cerebrale. Da un anno vengo seguito da un nuovo psichiatra con il quale mi trovo molto a mio agio, sia dal punto di vista umano che professionale. Faccio anche psicoterapia con uno psicologo che ho conosciuto da poco. Quello di prima era piuttosto autoritario, gretto e inoltre non vedeva l'ora di buttarmi fuori dalla stanza, diminuendo a suo piacimento la durata delle sedute. Per fortuna è andato in pensione.

Il recupero all'inizio è stato abbastanza veloce, ma il riassestamento globale è molto più lungo: continua ancora oggi, a distanza di più di tre anni dal ricovero. Soffro ancora di attacchi d'ansia, collegati ad un penoso senso di vuoto che sento dentro il petto. Comunque adesso sto molto meglio. Al CSM vengo costantemente monitorato e seguito, non solo per i farmaci, ma anche per gli aspetti psicologici. Questa è la Psichiatria che auspico per chi ne ha bisogno, sempre che gli operatori siano persone umane e preparate.

Ad aprile 2018, quattro mesi dopo la dimissione dal “manicomio”, ho avuto un incidente: ancora tendevo a camminare assorto nei miei pensieri e fantasticherie, senza guardare il terreno. Sono inciampato sulla radice di un albero, coperta dall'asfalto. Ho avuto una brutta caduta e mi sono spappolato un gomito. Sono stato ricoverato d'urgenza in ortopedia dove sono stato operato. Ne è seguito un lungo periodo di riabilitazione.

Dopo un anno dal ricovero psichiatrico sono tornato al lavoro, dove sono stato dichiarato idoneo, nonostante la mia invalidità. Faccio un part time. Ritornare in servizio per me è stata una grossa iniezione di autostima.

Gradualmente sto ricostruendo la mia identità professionale.

La lunga ripresa è dovuta grazie al personale sanitario che mi ha seguito e mi segue tutt'ora: quello delle strutture pubbliche.

Devo ringraziare tutti gli amici e amiche del cuore che mi hanno assistito dentro il “manicomio” e che hanno avuto la forza di starmi vicino durante e dopo il ricovero e anche adesso.

Grazie anche alle colleghe e colleghi di lavoro.

Sono ritornato a fare un lavoro simile a quello di prima, con le mie mansioni professionali. Per evitare la mancanza di fiducia e lo stigma iniziali ho dovuto lottare molto e dare prova di sanità mentale.

Adesso mi posso ritenere abbastanza soddisfatto.


martedì 8 dicembre 2020

"SERIAL FILLER" E LA RINASCITA DELLA NARRATIVA DISTOPICA di Stefano Macera










"SERIAL FILLER"

E LA RINASCITA DELLA NARRATIVA DISTOPICA

di Stefano Macera


La drammatica fase che stiamo vivendo ha inciso anche sulla produzione letteraria, portando con sé il ritorno alla narrativa distopica. Lo testimonia Serial Filler. Cronaca di un pandemonio (Scatole parlanti, 2020), primo romanzo di Daniela Maurizi, da tempo impegnata in varie pratiche della scrittura, dal racconto breve alla filastrocca sino alla canzone cantautorale.

sabato 29 febbraio 2020

LA WUHAN "DE NOANTRI" di Piero Bernocchi






LA WUHAN "DE NOANTRI"
Ovvero: fa più disastri il coronavirus o il virus del panico indotto?
di Piero Bernocchi


Per un paio di giorni sono stato incerto se scrivere quanto qui leggerete. Ne ero vieppiù convinto, via via che studiavo la stampa nazionale e internazionale, le dichiarazioni degli scienziati e degli esperti e tutto il materiale disponibile in materia. Al punto che se fossi stato un qualsiasi cittadino/a senza ruoli specifici o quello che in politica si chiama “un cane sciolto” non avrei avuto dubbi. Ma farlo in qualità di portavoce Cobas, in un clima isterico e paranoico - ove gli opinion makers, come succede quasi sempre in Italia, sono esperti di camaleontismo, trasformismo e dunque assecondano la corrente dominante - rende l’andare controcorrente, pur sempre faticoso in Italia, particolarmente improbo quando si rischia di passare per “untori” o per “complici” dell’espansione dell’epidemia. 
Però ieri mi ha convinto definitivamente Attilio Fontana, governatore della Lombardia e leghista doc (quello della difesa della "razza bianca", che dopo la dichiarazione ha dovuto mettersi in autoisolamento poichè una sua collaboratrice è risultata positiva al tampone) che così ha parlato al Consiglio regionale lombardo: “Cerchiamo di sdrammatizzare: questa è una situazione senza dubbio difficile ma non così pericolosa. Il virus è aggressivo e rapido nella diffusione ma molto meno nelle conseguenze: è poco più di una normale influenza, e questo lo dicono i tecnici”. Diavolo, ma se Fontana, che rischia ben di più di me per dichiarazioni del genere, ha deciso di parlare in tal modo, perché mai io dovrei autocensurarmi?

giovedì 6 febbraio 2020

RICORDANDO KIRK DOUGLAS di Stefano Santarelli






RICORDANDO KIRK DOUGLAS
di Stefano Santarelli



E' morto ieri a 103 anni Kirk Douglas, il decano del cinema mondiale. 
Mi permetto quindi di dedicare un brevissimo omaggio a questo grande attore, oltre che produttore, scrittore, cantante e regista, che ha offerto indiscutibilmente un grandissimo contributo alla settima arte.

Attore dotato di una profonda vitalità e di una duttilità difficilmente eguagliabile oltre ad essere dotato di un eccezionale magnetismo dispone di una straordinaria capacità nell'impersonare personaggi forti, spavaldi e spesso negativi che si caratterizzano nel corteggiare la morte e a cui si abbina una grande capacità fisica essendo stato un ottimo atleta tra l'altro campione di lotta libera. Mentre non ha mai fatto parte delle sue corde il recitare nelle commedie, una caratteristica in fondo simile ad un altro grande attore come Humphrey Bogart, l'indimenticabile interprete del Il grande sonno e Casablanca, che nel celebre film Sabrina non si trova a suo agio in una parte scritta per Cary Grant il quale aveva rifiutato all'ultimo momento di girare questa pellicola.


Figlio di un ebreo russo analfabeta fuggito dalla Russia perché era stato arruolato nel 1908 per la guerra russo-giapponese è nato in una classica città WSAP (White Anglo-Saxon Protestant) come Amsterdam nello Stato di New York. Unico figlio maschio tra sei sorelle, Issur Danielovitch Demsky (questo era il suo vero nome) ha avuto una infanzia veramente infelice.

Nonostante un padre alcolizzato e violento che per vivere faceva lo stracciavendolo il giovane Douglas diventa uno studente modello mantenendosi agli studi lavorando come bidello e cameriere riuscendo infine a laurearsi in Lettere alla vigilia della Seconda guerra mondiale.
Dopo la laurea cambia definitivamente il suo nome con quello di Kirk Douglas molto più adatto per la carriera artistica che voleva intraprendere ed inizia a frequentare l'American Academy of Dramatic Arts di New York diplomandosi nel giugno del 1941 ed inizia a lavorare in varie commedie a Broadway. L'entrata in guerra degli Stati Uniti costringe il giovane Douglas ad abbandonare le scene teatrali per frequentare l'Accademia navale dove esce con il grado di Guardiamarina. La sua esperienza militare è molto limitata al contrario di altri suoi colleghi come James Stewart, generale di brigata decorato due volte con la Croce di guerra, ma non tale da non comprendere che “ La guerra è una cosa così insulsa; dei giovani abbandonati su una nave che vanno in cerca di altri giovani e tentano di farli saltare in aria”. E questa denuncia della follia e dei crimini che portano le guerre Douglas la espliciterà nettamente, come vedremo in seguito, in uno dei suoi capolavori: Orizzonti di gloria.

lunedì 6 gennaio 2020

LOTTA OPERAIA E LOTTA ARMATA. UN TEMA DIFFICILE DA TRATTARE di Giorgio Amico







LOTTA OPERAIA E LOTTA ARMATA.
UN TEMA DIFFICILE DA TRATTARE
di Giorgio Amico (*)



È da poco in libreria "Il professore dei misteri" di Marcello Altamura. "Storia segreta del doppio livello" recita il sottotitolo facendo intendere chissà quale rivelazioni. In realtà una ricerca giornalistica, condotta con il taglio di certe trasmissioni d'inchiesta televisive dove i temi trattati si ingarbugliano al punto da diventare labirinti senza uscita, che ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, dimostra come il fenomeno della lotta armata nell'Italia degli anni '70 resti incomprensibile per gran parte di chi se ne è vario titolo occupato, a partire proprio dalla stampa.

domenica 5 gennaio 2020

BRACCIO DI FERRO NEL GOLFO di Franco Iacch





BRACCIO DI FERRO NEL GOLFO
di Franco Iacch (*)


Una guerra tra Stati Uniti ed Iran non ci sarà. L’amministrazione Trump vuole passare alla storia per aver messo fine alle guerre americane nel Medio Oriente, non per iniziarne di nuove. Anche l’Ayatollah Ali Khamenei, suprema guida dell’Iran, ha pubblicamente affermato che una guerra con gli Stati Uniti non ci sarà. Ciò non significa che qualche azione aggressiva isolata e non autorizzata, date le tensioni create, potrebbe verificarsi, ma una guerra totale tra i due paesi è da escludere. Il concetto stesso di guerra convenzionale tra stati, pena conseguenze inimmaginabili ed evoluzioni imprevedibili, è storia. L’Iran non è certamente l’Iraq o la Corea del Nord, ma non rappresenta una minaccia militare convenzionale per gli Stati Uniti. Per intenderci: nessun paese al mondo potrebbe sconfiggere gli Stati Uniti. Un attacco preventivo convenzionale contro l’Iran ridurrebbe certamente le capacità militare del paese, ma non escluderebbe la ritorsione contro le basi statunitensi in Medio Oriente ed Israele. Qualora scoppiasse una guerra totale e senza limiti tra Stati Uniti ed Iran, sarebbe proprio la disparità atomica a rendere irrilevanti tutte le altre voci convenzionali dell’equazione.

sabato 4 gennaio 2020

NICOLETTA DOSIO: GRAZIA NO GRAZIE. MEGLIO UN'AMNISTIA SOCIALE di Checchino Antonini






NICOLETTA DOSIO:
GRAZIA NO GRAZIE.
MEGLIO UN'AMNISTIA SOCIALE
di Checchino Antonini 



Nicoletta Dosio: «No a provvedimenti di clemenza che riguardino soltanto la mia persona»
L’11 gennaio corteo nazionale a Torino


Dove erano tutti i campioni di coerenza, a iniziare da Di Maio, quando un governo 5 stelle ha dato il via libera a Tap, Tav e Terzo Valico? 
E’ questa domanda che dovrebbe campeggiare nelle cronache politiche compiaciute, o disperate, per lo sgretolamento del gruppo parlamentare appartenente al partito proprietario di Casaleggio e Grillo. 
E’ questa domanda che dovrebbe aleggiare in tutti quei settori della sinistra sociale, politica e sindacale, raggrumata o sparpagliata, dura o morbida, ma attirati a vario titolo dalle sirene del nuovo che avanza e/o del voto utile, al punto da riversarsi in massa nel voto a cinque stelle, o rifugiarsi nel sogno di un Pd capace di discontinuità. 
Zingaretti, a poche ore dalla conquista del Nazareno, era il 4 marzo scorso, fece il debutto in società fianco a fianco delle madamin Yes Tav, Cgil compresa. 
La premessa è utile perché l’arresto di Nicoletta Dosio mette movimenti sociali, troppo spesso disarticolati e autoreferenziali, di fronte all'ennesimo salto di qualità delle strategie della repressione. 
E, mentre le “sardine” – versione fine decennio del nuovo che avanza – sono mute come i pesci, appunto, e si preparano a tirare la volata a un Pd emiliano mai sazio di asfalto e cemento, da Torino arriva la convocazione di un corteo per l’11 gennaio per la libertà della 73enne incarcerata che, intanto, dalle Vallette fa arrivare il suo «No a richieste di grazia o a provvedimenti di clemenza che riguardino soltanto la mia persona»
Piuttosto si parli di «amnistia sociale», fa sapere la militante comunista e No Tav, che riguardi i reati connessi ai comportamenti (come le occupazioni abusive di alloggi) dettati dall'aggravamento della povertà prodotto dalla crisi economica negli ultimi anni. 
Tra chi aveva parlato dell’ipotesi di una grazia per la Dosio ci sono stati, nei giorni scorsi, i Giuristi Democratici e Paolo Cento (Sinistra Democratica-Leu). Una petizione era stata lanciata anche sulla piattaforma change.org
«Chi invoca la “grazia” per Nicoletta sappiamo che lo fa spinto dalle migliori ragioni – aveva detto da subito il movimento No Tav – dalla speranza che il potere possa finalmente riconoscere un errore, grande come queste montagne, e da qui partire per chiudere una vicenda che pare senza tempo. 
Chi scrive pensa che però non sia questa la strada giusta, la grazia non la vuole Nicoletta, e non la chiederà per se stessa, perché non il punto non è risolvere la sua situazione attuale, ma quella di riconoscere come in tutti questi anni procura, questura e tribunali abbiano giocato una partita politica, delegati dallo stato. 
Noi vogliamo che si dica che il Tav è un’opera inutile, devastante e che tutti vengano liberati e la valle venga smilitarizzata. Non è pretendere troppo, ma il giusto. Libertà per tutti e tutte, siamo solo all'inizio di questa lotta».

domenica 15 dicembre 2019

LA POLITICA DELLA SPERANZA PREVARRA' di Jeremy Corbyn






LA POLITICA DELLA SPERANZA PREVARRA'
di Jeremy Corbyn


Pubblichiamo un articolo scritto dall’ormai ex leader del Partito Laburista, Jeremy Corbyn, che analizza le ragioni della sconfitta alle recenti elezioni politiche in Gran Bretagna. Lo fa con estrema sincerità, senza occultare i problemi e anche gli errori che hanno favorito la vittoria dell’ultra-conservatore Johnson. Lo fa assumendosene pienamente la responsabilità, pur non essendo certo l’unico responsabile della sconfitta del Labour.

Proviamo forte rispetto per la dignità di un uomo che non si è mai nascosto dietro un dito, o dietro a scuse improbabili; di un uomo che è fortemente legato alla classe lavoratrice e che ha provato, contro i capitalisti e i media nazionali e internazionali e la destra laburista a far tornare il Labour Party alle radici di una storia operaia.
Corbyn è un riformista, certo. Il Labour Party nell’idea del suo ex leader è un partito riformista, certo.
Tuttavia, la differenza con il Partito Democratico italiano e i suoi leader non potrebbe essere più stridente. Il legame con la classe lavoratrice, le sue lotte, la sua vita da un lato; il legame con il grande capitale, le sue esigenze, i suoi salotti dall’altro. Onestà intellettuale da un lato, sotterfugio e menzogna dall’altro.
Noi siamo e restiamo rivoluzionari e rivoluzionarie. Per noi il capitalismo non può essere abbattuto che da una sollevazione democratica e sociale di milioni di donne e uomini contro il Capitale e le sue istituzioni.
Ma – ce lo consentirete – ad avercene leader e partiti riformisti così in questo paese!

giovedì 14 novembre 2019

SERVIVA MANUTENZIONE NON LO STUPIDO MOSE di Ferruccio Sansa








SERVIVA MANUTENZIONE NON LO STUPIDO MOSE


Tre volte sindaco. Il filosofo:"Io me li ricordo bene, destra e sinistra, Prodi e Berlusconi. Tutti ad applaudire."


di Ferruccio Sansa



“No, basta, ne ho le scatole piene di parlare di Venezia. È inutile. In questo Paese non ha senso predicare, non c’è nessuno che ti ascolta. Volevano tutti il loro Mose… io me li ricordo, destra e sinistra, Prodi e Berlusconi… tutti ad applaudire alle cerimonie… e poi i giornali e le tv a osannare. E adesso siamo ancora lì con questa rogna dell’acqua alta”.


Massimo Cacciari, lei è stato tre volte sindaco di Venezia. L’ultima fino al 2010. Ma il Mose non le è mai andato giù…

Basta, non si possono fare battaglie da solo. Io cerco di dimenticare… nella vita bisogna saper dimenticare.


Ma a volte bisogna anche ricordare.

Macché, non gliene frega niente a nessuno. Ma io me lo ricordo quando nel 2006 c’è stata la commissione e io sono stato l’unico a votare contro. L’unico. E ho preteso che fosse messo tutto a verbale, anche i dubbi dei pochi tecnici che non erano a libro paga del Consorzio Mose. E poi gli ho detto: auguri, spero che finiate nel 2013-2014 come avete promesso.


Battaglia finita?

Sì. Io non sono come i Cinque Stelline che se cambia amministrazione si cambia decisione. Ero contro il Mose, ho perso, ne ho preso atto. Almeno, mi sono detto, se proprio vogliono farselo speriamo che non caccino al vento miliardi di euro. Invece…


Miliardi sperperati e siamo sempre in alto mare.

Ora i nodi sono venuti al pettine. Pensi… hanno appena rinviato la prova al 2020 o al 2021, chi lo sa. E già ci sono problemi di manutenzione e guai alle giunture.


Sarà mai pronto questo benedetto Mose?

Nel frattempo le strutture sono rimaste in acqua decenni. E se non funziona il cerino resta in mano ai commissari.


Ma lei come lo avrebbe risolto il problema?

Serve fare manutenzione alla città, come era stato fatto dal 1966 al 1994. Come avevamo fatto noi negli anni ’90. Avevamo rialzato le fondamenta, si era lavorato sulle fogne. C’era una legge speciale, i fondi arrivavano presto e venivano spesi per Venezia. C’era anche un progetto per rialzare la basilica. La città era stata davvero risanata. Invece… da venticinque anni il Mose ha assorbito tutto, ogni euro è finito lì. Addio alla manutenzione, addio al restauro dei ponti. E tutti ad applaudire.


E adesso il disastro dell’acqua alta…

Parliamoci chiaro: è acqua alta, non è il Vesuvio che erutta. Non è un terremoto. Funziona così: l’onda prima arriva e poi se ne va. Certo, se dura cinque giorni allora mangia le strutture e incentiva l’esodo dei vecchi, perché vivere a Venezia è sempre più duro.


Venezia è morta?

Macché morta, è una città stupenda. Durerà secoli, molto più di me e di lei. È una grande grana e soprattutto si poteva evitare. Ma ormai io ho rinunciato, non ascolta nessuno.


E il sindaco Luigi Brugnaro come si è comportato? Ci ha parlato? 

Chi se ne frega di Brugnaro. Ma si figuri se ci parlo. La colpa stavolta non è sua, ma anche lui vuole il Mose… sempre questo Mose.


Cacciari, lei si è arreso?

In questa Italia i competenti non contano un cazzo, nessuno li ascolta. Anche al Governo ci voleva gente competente, ma uno come Carlo Cottarelli non lo vuole nessuno. Va bene, ascoltate i Cinque Stelle e la Lega, dai. Sono anni che diciamo che prima o poi una nave da crociera sfonderà piazza San Marco. E intanto quelle continuano ad andare. Un giorno ce le troveremo in basilica, vedrà.



da "il Fatto Quotidiano"


venerdì 1 novembre 2019

IL VELO E' SESSISTA E OSCURANTISTA: L'APPELLO DI 100 MUSULMANI E MUSULMANE DI FRANCIA





IL VELO E' SESSISTA E OSCURANTISTA:
L'APPELLO DI 100 MUSULMANI E MUSULMANE DI FRANCIA


“Francesi di cultura o di religione musulmana, umanisti, progressisti e femministi” rispondono qui all'articolo pubblicato su Le Monde e intitolato “Fino a che punto lasceremo correre l'odio verso i musulmani? sottoscritto da 90 personalità. E affermano: il velo è lungi dall'essere un pilastro dell'islam.



Il nostro paese è lacerato da trent'anni dalla questione del velo indossato da alcune francesi di religione musulmana. Queste donne sono sempre più numerose, tanto l'influenza dei predicatori estremisti è forte. La questione è dunque seria. Molte cose sono state dette. Ma molte di queste cose sono false.

A noi francesi di cultura o di religione musulmana, umanisti, progressisti e femministi è sembrato urgente prendere parola pubblicamente a riguardo.
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