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sabato 10 gennaio 2015

NOI E I MUSULMANI: STORIA DI PREGIUDIZI E INCOMPRENSIONI






NOI E I MUSULMANI: 
STORIA DI PREGIUDIZI E INCOMPRENSIONI
Intervista al Prof.  Leonardo Capezzone a cura di Valerio Valeri


L’efferato assalto alla sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo, condotto da due francesi di origine algerina e di religione musulmana, come musulmano sarebbe il terzo omicida, ha rilanciato in tutta Europa lo spettro dell’invasione islamica. La massiccia immigrazione dai paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, porterebbe con sé, infatti, i germi di un integralismo religioso pronto anche all’omicidio pur di affermare l’Islam come unica e vera fede.

Pochi giorni fa avevamo intervistato il professore Leonardo Capezzone, dell’Università La Sapienza, esperto di storia e cultura islamica, proprio per cercare di capire la vera natura della cultura islamica e i motivi dell’apparentemente insanabile frattura tra l’occidente e il mondo musulmano.


Professor Capezzone, è possibile che l’origine di questa profonda separazione tra due mondi sia da individuarsi nel fatto che quello islamico non ha vissuto l’Illuminismo e le rivoluzioni nazionali?

Non è del tutto corretto. Perché se loro non hanno avuto qualcosa come l’Illuminismo o un Giuseppe Garibaldi, non significa che non abbiano vissuto qualcos’altro. Sotto l’Impero Ottomano, per esempio, mancava il concetto di stato-nazione perché avevano una struttura politica differente. Ma nel XIX secolo emerse in Egitto una figura come Mehmet Alì (capo militare dal 1805 al 1848, ndr) che fece ritagliare al paese nordafricano una grossa fetta di autonomia e modernità.


Una modernità che altre volte è stata imposta dall’Occidente.

Esattamente, infatti non c’è stata autonomia da parte di molte culture islamiche. E quando questo accadeva, arrivava una potenza coloniale ad imporre un cambiamento. Porto l’esempio ancora dell’Egitto, che aveva sviluppato un’industria tessile autonoma tutta al femminile, ma l’Inghilterra arrivò e fermò tutto.


Quindi è scontato dire che una grossa responsabilità ce l’hanno avuta i grossi imperi coloniali?

Assolutamente. Il colonialismo per larghi tratti è stato un modo per interrompere il processo di modernizzazione nel mondo arabo-islamico.


Oggi, poi, c’è una crescente diffidenza nei confronti del mondo islamico, acuita dalle violenze dell’Is in Medio Oriente.

Sì ma bisogna che sia chiara una cosa: loro non hanno nulla a che vedere con la cultura islamica. Sono un pericolo per i musulmani stessi e ciò che fanno non trova alcun appoggio né consenso tra i capi musulmani, che hanno più volte dichiarato la loro profonda disapprovazione. Ma questo messaggio non arriva in Occidente anche per colpa dell’informazione. Quella dell’Islam è una società altamente pluriconfessionale, è la Storia che ce lo insegna. Si pensa che l’Andalusia del Medioevo sia un “unicum”, ma in realtà a quel tempo era del tutto normale la convivenza tra musulmani e cristiani. Già il fatto che i membri dell’Is perseguitino e uccidano i cristiani è sinonimo di un sovvertimento palese di quanto costruito dall’Islam nella sua esistenza.


La propaganda dell’Is potrebbe prendere piede nelle comunità islamiche europee?

Questo è un problema reale. Viviamo un’epoca di crisi, nella quale la cultura islamica non è più egemone come nel Medioevo, quando il mondo arabo era ricco, annoverava importantissimi scienziati, faceva passi avanti nella medicina e c’era allegria, una dimensione storica dell’allegria. Oggi il disagio sociale è evidente, c’è disperazione e rabbia nelle fasce di popolazione più deboli e povere. E c’è una forte crisi di identità, aspetto che può dar modo a qualcuno di recepire messaggi sbagliati.


Oggi, da parte degli occidentali, c’è un ritorno ai pregiudizi che imperversavano secoli fa?

In parte sì. Al tempo i musulmani venivano visti come appartenenti ad una cultura a cui mancava qualcosa. C’era disprezzo verso la figura di Maometto. Lo stesso Petrarca, letterato dalle indubbie doti, scrisse parole pesanti nei confronti degli arabi che praticavano il mestiere di medico, poiché si occupavano della parte più sporca dell’uomo, cioè il corpo.


Perché si è tornati così indietro nei rapporti tra mondo cristiano e mondo islamico?

Perché ci si basa su un dato religioso, cosa che non avveniva in passato. Inoltre è venuta a mancare una forma potente di comunicazione che è quella rappresentata dalle traduzioni. Prima si traduceva dal Greco all’Arabo e dall’Arabo al Latino, oggi questo dialogo non c’è più. E la dottrina diventa, erroneamente, lo strumento principale di interpretazione della realtà.


Roma e l’Islam: abbiamo perso lo spirito d’accoglienza?

Mi chiedo se ci sia mai stato. È vero, ai tempi dell’Impero in questa città si incrociavano moltissime culture diverse e la Storia insegna che a Roma hanno abitato più stranieri che romani, ma il distacco e la diffidenza ci sono sempre state. Basti pensare che la cittadinanza romana era molto difficile da ottenere. In più, oggi, il linguaggio si è imbarbarito e incattivito, ci sono rigurgiti razzisti. Anche da parte di personaggi niente affatto ignoranti. Non c’è bisogno di essere incolti per diffondere razzismo e paura.


8 gennaio 2015


dal sito http://www.lungotevere.org/


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