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lunedì 22 giugno 2015

PAPA FRANCESCO:"DA PARTE DELLA CHIESA CATTOLICA VI CHIEDO PERDONO"




PAPA FRANCESCO: 
"DA PARTE DELLA CHIESA CATTOLICA VI CHIEDO PERDONO"
di Federica Tourn


Storico incontro nel tempio di Torino: per la prima volta un papa entra in una chiesa valdese. Un passo fondamentale nel cammino ecumenico


«È per iniziativa di Dio, il quale non si rassegna mai di fronte al peccato dell’uomo, che si aprono nuove strade per vivere la nostra fraternità, e a questo non possiamo sottrarci. Da parte della Chiesa cattolica vi chiedo perdono. Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci». Non ha parole smussate papa Francesco quando, nel silenzio del tempio valdese di Torino gremito di persone, chiede perdono per le violenze e le persecuzioni del passato. Nessuno sconto per la chiesa cattolica, che si è resa colpevole di atti non soltanto non cristiani ma addirittura “non umani”. Un riconoscimento formale che suona ancora più solenne per il luogo in cui è pronunciato e che il moderatore della Tavola valdese Eugenio Bernardini ha commentato positivamente una volta finito l’incontro: «La sua richiesta di perdono ci ha profondamente toccati e l’abbiamo accolta con gioia – ha detto – Naturalmente non si può cambiare il passato ma ci sono parole che a un certo punto bisogna dire, e il papa ha avuto il coraggio e la sensibilità per dire la parola giusta».

E’ infatti la prima volta che un papa entra in una chiesa valdese: accompagnato dal moderatore, il vescovo di Roma ha varcato la soglia del tempio di Torino – il primo costruito dopo la concessione dei diritti civili ai valdesi con le Patenti di Grazia del 1848 – dopo ottocento anni iniziati con la scomunica e la conseguente repressione del movimento valdese da parte della Chiesa cattolica; otto secoli caratterizzati da divisioni e divergenze teologiche, ma anche, più di recente, da un cammino ecumenico che ha fatto grandi passi per avvicinare le due chiese cristiane.

La comune fraternità in Cristo, ha poi ricordato il papa, «ci consente di cogliere il profondo legame che già ci unisce, malgrado le nostre differenze». Una comunione ancora in cammino ma che precede le divergenze antropologiche, etiche e teologiche che caratterizzano le chiese e che incoraggiano a proseguire insieme il percorso, ad andare incontro a uomini e donne per testimoniare della gioia dell’Evangelo.

Un auspicio condiviso dal moderatore che, nel suo discorso di benvenuto a papa Bergoglio, ha ripreso passi dell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, per dire come l’unità cristiana possa e debba essere concepita come «diversità riconciliata»: bisogna cercare nelle chiese diverse dalla nostra, ha detto il pastore Bernardini, «non i difetti e le mancanze – che indubbiamente ci sono – ma ciò che lo Spirito Santo vi ha seminato come un dono anche per noi». «Proprio questo è l’ecumenismo: la fine dell’autosufficienza delle chiese – ha aggiunto – ogni chiesa ha bisogno delle altre per realizzare la propria vocazione».

Il moderatore ha poi ricordato che, oggi come nel Medioevo, i valdesi vogliono libere predicare, predicare nella libertà l’Evangelo di Cristo e ha voluto anche nominare due dei nodi che ancora ci dividono: la definizione delle chiese evangeliche come “comunità ecclesiali” data dal Concilio Vaticano II, e la questione dell’ospitalità eucaristica: «ciò che unisce i cristiani raccolti intorno alla mensa di Gesù – ha detto Bernardini – sono il pane e il vino che Egli ci offre e le Sue parole, non le nostre interpretazioni che non fanno parte dell’Evangelo».

Ma quello che sostanzia un vero cammino ecumenico, oltre alla predicazione, è l’impegno e la sollecitudine verso le sofferenze del mondo. Essere operatori e operatrici di pace, ha esortato il moderatore, «non è un ornamento retorico della nostra fede, ma il cuore dell’amore e della riconciliazione voluta da Gesù Cristo». Per questo è fondamentale spendersi per intensificare il dialogo interreligioso e proseguire la testimonianza a favore dei profughi e dei poveri che bussano alla nostra porta. Papa Francesco ha usato quasi le stesse parole, nella preoccupazione per chi vive in difficoltà: «Dall’opera liberatrice della grazia in ciascuno di noi deriva l’esigenza di testimoniare il volto misericordioso di Dio che si prende cura di tutti e, in particolare, di chi si trova nel bisogno. La scelta dei poveri, degli ultimi, di coloro che la società esclude, ci avvicina al cuore stesso di Dio».

Ad accogliere papa Francesco nel tempio erano presenti anche il pastore Paolo Ribet e il presidente del Concistoro Sergio Velluto, che hanno portato il saluto della chiesa di Torino, e il moderador de la Iglesia valdense del Rio de la Plata Oscar Oudri, che ha esortato le chiese a continuare nel cammino ecumenico, senza tentazioni di proselitismo, per realizzare il mandato di Giovanni: «siano uno affinché il mondo creda». Ha chiuso l’incontro la presidente del Comitato permanente dell’Opera metodista Alessandra Trotta, che ha sottolineato come la Parola e l’amore di Dio debbano spingere i cristiani a rompere sempre di più il muro degli egoismi, delle divisioni e delle solitudini. «Proseguiamo insieme il cammino – ha sintetizzato Trotta – che fuori c’è tanto da fare».

La visita del papa si è conclusa con la preghiera del Padre Nostro nella versione ecumenica, lo scambio dei doni – una riproduzione della prima Bibbia tradotta in francese del 1535 e le medaglie del Pontificato – e l’accompagnamento del Coro Semincanto e del Coro Valdese di Torino. Il caloroso saluto dei partecipanti alla cerimonia, che hanno apprezzato la semplicità e la sobrietà del “fratello in Cristo” Francesco, ha confermato la condivisione comunitaria di un incontro storico, che ribadisce l’intenzione di rafforzare un percorso ecumenico fondamentale per l’evangelizzazione e la testimonianza del messaggio cristiano, la bellezza dell’amore salvifico di Dio.




UN INCONTRO IMPORTANTE, DI CUI SCOPRIREMO IN FUTURO TUTTI I FRUTTI
di Alberto Corsani


L’opinione di Grado G. Merlo, medievista e studioso del movimento valdese



«Per alcuni aspetti, questo incontro potrà essere valutato solo dopo che sarà passato un po’ di tempo, proprio per la sua importanza e le sue implicazioni anche all’interno dello stesso ambito cattolico: ma certamente la sua portata è notevole»: chi parla è Grado G. Merlo, professore di Storia medievale e Storia del cristianesimo medievale nelle Università di Torino e Milano e titolare di corsi alla Scuola Normale di Pisa. Uno dei più importanti medievisti italiani, è autore di articoli, saggi e libri dedicati ai valdesi, alcuni dei quali pubblicati dall’editrice Claudiana (da «Valdesi e valdismi medievali», 1984 a «Valdo. L’eretico di Lione», 2010).

Che cosa colpisce, dunque, in questo incontro fra i mondi di Valdo e di Francesco, uno studioso che valdese non è, ma che da molti anni è in dialogo (anche per la sua origine pinerolese) con la Chiesa e la cultura valdesi, come attesta anche la sua partecipazione a molti convegni di studio?

«L’incontro mi ha commosso – dice a caldo Merlo –: innanzitutto ho apprezzato il discorso del moderatore Bernardini che non è stato né “diplomatico” o di circostanza né aggressivo, ma ha messo sul tappeto quelli che restano tuttora come elementi di divisione. Certo sul piano sociale i cristiani operano con molta sintonia (il riferimento è soprattutto all’azione per profughi e migranti), ma la necessità di superare da parte cattolica la dizione “comunità ecclesiali” per le chiese protestanti è stata posta in tutta la sua evidenza. Quanto alle parole del papa, non può non colpire la richiesta di perdono per quanto la sua Chiesa fece ai valdesi nei secoli: non è stata una richiesta rituale, come era parsa invece quella di Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo del 2000: e ovviamente, il fatto che sia stata pronunciata in un tempio valdese – e non in San Pietro – ha il suo peso».

L’altra questione problematica è quella dell’ospitalità eucaristica...

«È stato giusto sottolineare le problematicità; vorrei sottolineare tuttavia il riferimento espresso da Francesco ai doni che si sono scambiati cattolici e valdesi a Pinerolo in occasione della scorsa Pasqua, quando la chiesa cattolica locale ha offerto alla chiesa valdese il pane per la Santa Cena del culto pasquale e la chiesa valdese ha offerto alla cattolica il vino per la celebrazione della veglia pasquale la sera precedente: un gesto compiuto non dai vertici ecclesiastici ma dalla base di una chiesa locale. È importante e bello che un papa lo abbia menzionato».



22 Giugno 2015

dal sito RIFORMA


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