Diari di Cineclub

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martedì 6 aprile 2021

PSICHIATRIA: UNA LINEA SOTTILE TRA CURA E VIOLENZA

 




PSICHIATRIA: 

UNA LINEA SOTTILE TRA CURA E VIOLENZA


L'esperienza di due Amici


Sono X. Soffro di disturbo bipolare da quando si è suicidata mia madre (1999). Già da prima ero affetto da un disturbo ossessivo compulsivo. Il mio primo psichiatra è stato il prof. D, noto perché visita raramente e somministra psicofarmaci per telefono, facendo parlare il paziente con i suoi assistenti. Una visita costa un botto di soldi. Una sua assistente ha fatto la diagnosi di bipolare. Il prof. si è limitato a confermarla.

Dopo un miglioramento iniziale ho cominciato a soffrire di tremori e stitichezza acuta, probabilmente per l'eccessiva dose di medicine. A causa di un abuso di farmaci, consigliati al telefono da uno dei suoi dipendenti, ho avuto un incidente dove sono rimasto traumatizzato a livello psichico. Successivamente sono stato preda di attacchi di panico notturni con svenimenti.

Sono stato ricoverato in medicina generale (2015). I medici erano confusi sulla diagnosi e orientati verso una forma di epilessia.

Dopodiché ho cambiato psichiatra, suggerito dal mio psicoanalista.

Questo psichiatra lo chiamiamo B. E' anziano e plurititolato. Passava per un luminare. Lui, all'inizio, ha escluso ogni forma di epilessia, confermando il disturbo di ansia e il bipolare.

Come il primo era privato. Entrambi si sono rivelati come due baroni assetati di soldi e di potere, nonché incompetenti. Il Dott.B, dopo avermi preso in carico, mi ha scalato le medicine, prima gradualmente, ( lasciandomi per tanto tempo sotto la soglia di una cura efficace), e poi all'improvviso. Io mi fidavo e soffrivo in modo continuativo. Stavo sempre più male e lo chiamavo con più frequenza. Questo psichiatra mi cacciò. Io sono “strisciato” davanti a lui chiedendogli scusa, su consiglio del mio ex analista. Lui, sbuffando, mi ha ripreso. Tra le varie frasi che gli sono uscite dalla bocca quella che mi ha ferito di più è: “non è colpa mia se hai fatto una vita di merda!”Intanto io stavo notti e notti senza dormire in uno stato di ansia ed eccitamento non controllabili. Altri giorni avevo accessi irrefrenabili di pianto.

Dopo qualche anno che mi teneva in cura, il Dott.B ha anche affermato, all'improvviso, che io non ho mai avuto il disturbo bipolare. Per questo mi ha levato di colpo il litio e mi ha dato, al suo posto, uno psicofarmaco molto potente, ma non usato per la cura della mia patologia. Con tutti i farmaci essenziali ridotti, senza litio e con una medicina sbagliata, la mia sofferenza è precipitata, mi sono sentito male sul posto di lavoro e sono finito ricoverato, tramite pronto soccorso, nel Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura del primo ospedale disponibile (2017).

Nonostante i tentativi di comunicare di mia sorella (medico) e di un' amica (psicologa), il personale si è dimostrato scontroso e menefreghista e non mi ha ripristinato il litio, come volevano le due professioniste che conoscono bene la mia storia.

I sintomi maniacali andavano peggiorando ogni giorno di più: deliri di morte, soprattutto riferiti alle mie persone più care, ipereccitamento, ansia severa, notti insonni. Avevo anche difficoltà a camminare ( spesso perdevo l'equilibrio e cadevo); problemi gravi di organizzazione visuo-spaziale e gnosico-prassica:

Non ero autonomo in niente, tranne nel mangiare lentamente con aiuto; non regolavo il getto dell'urina nel buco del water. A questo proposito un operatore mi ha indotto, con fare minaccioso, a pulire tutta la tazza del cesso. Io purtroppo avevo anche una forte diminuzione della volontà, per cui non riuscivo a ribellarmi ed ho scambiato questa ingiunzione con una terapia che poteva essere utile.

Siccome avevo grosse difficoltà di organizzazione psicomotoria non sapevo da che parte cominciare. Quindi, esasperato, ho cominciato a toccare la merda e a cercare di spingerla verso il buco. Per fare questo ci ho messo più di un'ora.

Finalmente si è liberato un posto di SPDC nell'ospedale territoriale di competenza.

Quando sono arrivato in questo reparto è stato il momento di maggiore crisi e sofferenza perché totalmente scoperto dal litio.

I momenti più brutti, in cui venivo a contatto con la “morte”, erano quando mi agitavo ed entravo in fase maniacale acutissima, perdendo il controllo della coscienza: il mio corpo si muoveva freneticamente come un burattino impazzito. Tutto ciò mi è stato raccontato a posteriori. Sono rimasto senza riconoscere nessuno anche per più di un giorno.

Tuttavia ho avuto un'esperienza terribile dove sono rimasto cosciente. Qui mi sono trovato faccia a faccia con la “morte”, in quanto la perdita dei sensi era vissuta come decesso.

L'episodio è andato così: era sera e stavo nel corridoio; l'ansia ha cominciato a montare insieme all'agitazione maniacale.

Sentivo che non riuscivo più a controllare il corpo, come fosse invasato da una forza interna che mi trascinava verso il basso. Intanto la coscienza sembrava svanire, risucchiata via. Ho fatto uno sforzo tremendo, terribile, per mantenere un minimo di consapevolezza.

All'inizio ho cominciato a fissare intensamente la luce di una lampada, ma non è bastato. Non ce l'ho fatta più, non riuscivo a stare più in piedi, mentre aumentava la paura. Mi sono inginocchiato ed ho provato a immaginare degli occhi umani stilizzati, forse quelli di una mia amica che si occupava di me. Infine mi sono sdraiato in mezzo al corridoio, a pancia in su ed ho indurito tutti i muscoli del corpo. Nel frattempo la lotta tra la “vita” e la “morte” diventava sempre più cruenta...mi sentivo svanire, avevo tanta paura, stavo impazzendo, ero immerso in una profonda solitudine. Le risorse stavano finendo...avevo un bisogno disperato di percepire il mio corpo per “sentire” la mia mente. L'unica chance rimasta era strillare: un urlo lancinante e prolungato squarciava il reparto. Sentivo che quando avrei perso la voce sarei “morto”.

Ad un certo punto una mano calda e forte, ha stretto la mia, mi ha tirato verso l'alto ed una voce maschile, da infermiere, mi ha detto: “che fai tu qua?”Io, percependo l'Altro che si interessava a me, che mi toccava e mi si rivolgeva con fare sicuro, mi sono calmato. Non ricordo dopo in che stato fossi, ma quell'inferno era temporaneamente finito.

Quando ero troppo agitato mi legavano al letto con delle fasce e mi portavano fuori dalla camera in cui dormivo con gli altri degenti. Mi lasciavano da solo per tutta la notte. Talora essere legato al letto mi riportava bruscamente alla realtà, anche se dolorosamente, dopo tanto sfarfallare privo di coscienza.

La prima volta mi hanno sbattuto nella sala da pranzo, da solo, per ore e ore. Quando la psichiatra ha dato gli ordini agli infermieri mi ha ingiunto che dovevo dormire, ripetendolo più volte, come un ordine. Questa persona era rinomata per legare spesso i pazienti ai letti.

Io strillavo forte, chiamando le varie figure sanitarie, ma nessuno/a arrivava per tutta la notte. “E' una vergogna lasciare una persona legata, in preda all'angoscia, da sola, per tantissimo tempo, mentre voi specialisti del turno notturno vi fate i cazzi vostri!”

Avevo la paura che se mi fossi addormentato sarei morto. Inoltre non riuscivo a pisciare a pancia in su dentro il sacchetto che mi applicavano. Anche questo era motivo di ansia.

Man mano che il litio veniva reintrodotto nel mio corpo, la mia funzionalità psico-fisica si riorganizzava: sono andati via i deliri e sono migliorato nelle attività di vita quotidiana.

Ho provato a farmi la doccia con l'aiuto di due giovani degenti, che alla fine sarebbero diventati miei amici.

Dopo essere uscito dall'ospedale sono stato accolto dal Centro di Salute Mentale di zona.

La terapia farmacologica è molto simile a quella impostata alle dimissioni ed è ad vitam.

Lo psichiatra che per primo mi ha avuto in cura al CIM ha detto che avevo avuto un grave scompenso fisico-chimico a livello cerebrale. Da un anno vengo seguito da un nuovo psichiatra con il quale mi trovo molto a mio agio, sia dal punto di vista umano che professionale. Faccio anche psicoterapia con uno psicologo che ho conosciuto da poco. Quello di prima era piuttosto autoritario, gretto e inoltre non vedeva l'ora di buttarmi fuori dalla stanza, diminuendo a suo piacimento la durata delle sedute. Per fortuna è andato in pensione.

Il recupero all'inizio è stato abbastanza veloce, ma il riassestamento globale è molto più lungo: continua ancora oggi, a distanza di più di tre anni dal ricovero. Soffro ancora di attacchi d'ansia, collegati ad un penoso senso di vuoto che sento dentro il petto. Comunque adesso sto molto meglio. Al CSM vengo costantemente monitorato e seguito, non solo per i farmaci, ma anche per gli aspetti psicologici. Questa è la Psichiatria che auspico per chi ne ha bisogno, sempre che gli operatori siano persone umane e preparate.

Ad aprile 2018, quattro mesi dopo la dimissione dal “manicomio”, ho avuto un incidente: ancora tendevo a camminare assorto nei miei pensieri e fantasticherie, senza guardare il terreno. Sono inciampato sulla radice di un albero, coperta dall'asfalto. Ho avuto una brutta caduta e mi sono spappolato un gomito. Sono stato ricoverato d'urgenza in ortopedia dove sono stato operato. Ne è seguito un lungo periodo di riabilitazione.

Dopo un anno dal ricovero psichiatrico sono tornato al lavoro, dove sono stato dichiarato idoneo, nonostante la mia invalidità. Faccio un part time. Ritornare in servizio per me è stata una grossa iniezione di autostima.

Gradualmente sto ricostruendo la mia identità professionale.

La lunga ripresa è dovuta grazie al personale sanitario che mi ha seguito e mi segue tutt'ora: quello delle strutture pubbliche.

Devo ringraziare tutti gli amici e amiche del cuore che mi hanno assistito dentro il “manicomio” e che hanno avuto la forza di starmi vicino durante e dopo il ricovero e anche adesso.

Grazie anche alle colleghe e colleghi di lavoro.

Sono ritornato a fare un lavoro simile a quello di prima, con le mie mansioni professionali. Per evitare la mancanza di fiducia e lo stigma iniziali ho dovuto lottare molto e dare prova di sanità mentale.

Adesso mi posso ritenere abbastanza soddisfatto.



Sono Y un amico di X.

Soffro di disturbo ossessivo compulsivo e attacchi di ansia da diversi anni, a partire dal 2016.

All'inizio ho cominciato ad avere ideazioni, paure e impulsi suicidi.

Nel marzo dello stesso anno ho avuto una fase acuta vicino ad un ponte sul Tevere. Ho sentito l'impulso a gettarmi, ma nel frattempo ero bloccato dalla paura che questo gesto potesse essere messo in atto realmente. Sono andato al pronto soccorso dove mi hanno tranquillizzato. Lo psichiatra di turno ha diagnosticato la presenza di un disturbo ossessivo compulsivo, mi ha prescritto delle gocce di EN e mi ha consigliato di recarmi al DSM di competenza territoriale.

Seguo il consiglio prescritto e inizio a prendere la mia dose giornaliera di EN gocce, e contatto il CSM. Lo psichiatra che mi ha visitato mi ha suggerito di rivolgermi ad un centro di psicoterapia privato, in quanto il mio problema poteva essere guaribile anche con delle sedute di psicoterapia.

Ho contattato la struttura suggerita e ho cominciato un percorso psicoterapeutico. E' iniziato così un miglioramento graduale.

Nella primavera del 2017 ho avuto di nuovo brutti pensieri (ideazioni suicide, paura di aggredire la gente, paura di salire oltre il primo piano di un edificio, paura di gettarmi da uno sportello di una macchina in transito).

Ho iniziato ad andare a chiedere aiuto ai pronto soccorso, ma ogni volta che andavo mi somministravano i farmaci dovuti e mi dimettevano nel giro di poche ore.

Verso l'estate del 2017, su consiglio del mio amico, mi sono rivolto al Dott. B, da cui X era in cura.

Avevo una certa fiducia in lui e mi sentivo molto a mio agio, al punto che pensavo di guarire brevemente.

Mi ha somministrato una terapia non idonea. A seguito di questa cura mi sono ridotto a vivere in uno stato quasi vegetativo.

Non uscivo più di casa, passavo le giornate e le notti intere a letto, interagendo solamente con lo smartphone e il televisore, faticavo a camminare, non riuscivo a vedere la luce del sole.

Ad aprile 2017 ho cambiato residenza. A luglio dello stesso anno mi sono rivolto al CSM di appartenenza e mi hanno assegnato la Dott.ssa M.

Ho effettuato una prima visita con lei e mi ha detto di continuare con la stessa terapia del dottor B. Mi ha parlato di un possibile ricovero se volevo sentirmi più tranquillo, ma non è stata approfondita la questione.

Mi ha rinviato la visita dopo circa 4 mesi.

Durante l'incontro, a novembre, mi sono presentato da lei con uno stato dell'umore ancora alterato: ho avuto anche un attacco di ridarella. La Dott.ssa mi ha prescritto un elettroencefalogramma, con fare autoritario ed arrogante. Questa inaspettata prescrizione l' ho vissuta come una punizione. In quella visita era presente anche il mio futuro coniuge, che non ha dato opinioni in merito, ma ha assecondato questa persona.

Siamo arrivati alla visita fissata a gennaio 2018. Era presente anche il mio partner. La depressione era peggiorata, il doc era in acuzie. Dopo aver valutato la situazione, la psichiatra raccomanda vivamente un ricovero in una struttura adeguata, al fine di trovare una terapia adatta.

Io ho accettato; la dottoressa ha inviato il nullaosta e il mattino seguente vengo ricoverato, al fine di valutare e curare la patologia.

Sono rimasto in ospedale un mese, facendo notevoli progressi. L'équipe medica, che mi ha preso in cura, è riuscita a trovare una terapia mirata. Dopo le dimissioni sono stato molto meglio.

Nella struttura mi sono trovato a contatto con persone completamente diverse da me. La maggior parte dei degenti erano soggetti con problemi di tossicodipendenza, alcolismo, ludopatia, ex detenuti...

Dimesso dalla struttura sono tornato a casa dove ho trascorso la mia convalescenza, facendo passeggiate e incontrando amici. Nel frattempo effettuavo visite di controllo periodiche presso il CSM.

Negli incontri successivi la dottoressa M ha iniziato ad utilizzare un approccio poco consono nei miei confronti, trattandomi come un “deficiente”, facendomi sentire come un “Sintomo” e non come una Persona. Mi mancava continuamente di rispetto, solo perché osavo esprimere il mio pensiero e la contrastavo quando non ero d'accordo.

Più volte le ho fatto notare che dopo la visita stavo sempre male; ma lei non ha mai preso in considerazione questo malessere, anzi mi minacciava che se non le avessi obbedito mi avrebbe fatto ritornare di nuovo in ospedale psichiatrico.

Ha utilizzato frasi del tipo “scordati le uscite serali con gli amici”, “scordati le vacanze che sono tentazioni ad andare a dormire tardi”, “dimentica i divertimenti serali”, in quanto insisteva che io avevo il mio Problema e la sera dovevo tassativamente andare a dormire il più presto possibile.

E' arrivata al punto di dirmi che il giorno del mio matrimonio dovevo andare a dormire ugualmente presto, lasciando tutta la festa e gli invitati oppure modificando l'organizzazione dello stesso.

Mi minacciava che, se non avessi fatto ciò, sarei stato nuovamente male e quindi ricoverato ancora.

Spesso alle sue affermazioni non mi ha concesso il diritto di replica.

In alcune occasioni, convinta che io fossi sotto tutela del mio futuro coniuge, lo ha contattato personalmente, chiedendo a lui di rieducarmi e tenermi il più possibile sotto controllo, facendomi sentire un “nulla”.

Mi sono sentito trattato da lei come un sintomo e quindi come un essere inferiore, uno scarto della vita. Alcuni operatori del csm hanno avuto anche il barbaro “coraggio” di dirmi che io non dovevo lamentarmi in quanto sostenevano che la Dott.ssa M mi aveva salvato la vita.

Per me ha semplicemente fatto il suo dovere, ma in seguito si è comportata in maniera disumana e non professionale.

Riconosco il fatto che mi ha aiutato farmacologicamente, ma non al livello psicologico e morale, in quanto “mi ha buttato molto giù”.

A seguito di tutto ho rallentato molto gli incontri con lei. Ho chiesto di cambiare medico, ma non sono stato ascoltato dal personale della struttura. Quindi ho deciso di andare da un altro psichiatra che svolge attività pubblica in un ospedale.

A breve cambierò residenza e dovrò rivolgermi ad un nuovo csm.

Mi auspico di non trovarmi più in situazioni analoghe perché altrimenti ,visto il mio stato emotivo, la mia autostima diminuirebbe molto.

Non ho mai avuto problemi per quanto riguarda la psicoterapia. Sono stato seguito da una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale con cui mi sono trovato molto bene, per quattro anni circa. In prossimità del suo pensionamento mi ha suggerito un suo collega che a oggi è il mio nuovo psicoterapeuta. Lui mi fa sentire abbastanza a mio agio, anche se a volte ho l' impressione che utilizzi tecniche un po' troppo seduttive.





2021 X e Y




Gruppo Autonomo LiberidiAmare

Autonomia Contropotere



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