Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

venerdì 30 maggio 2014

RENZI, TSIPRAS E IL FUTURO DELLA SINISTRA di Paolo Ciofi





RENZI, TSIPRAS E IL FUTURO DELLA SINISTRA
di Paolo Ciofi

Con la vittoria sonante di Renzi cambiano radicalmente non solo i rapporti di forza tra i partiti ma anche i modi di intendere e di praticare la politica, in particolare nella distinzione dei ruoli tra destra e sinistra. È sconvolto il sistema politico che ha attraversato il ventennio berlusconiano, e il cambiamento in atto deve essere attentamente valutato. Non si tratta solo della crisi evidente dell’assetto bipolare, bensì di un processo più ampio e profondo, sebbene non consolidato, che attiene alle forme e ai contenuti della democrazia, alla funzione dei partiti e dei corpi intermedi, e quindi alla concreta possibilità di esercitare i diritti individuali e sociali costituzionalmente garantiti. A cominciare dal diritto al lavoro, che in Italia e in Europa ha segnato un passaggio storico.

Nel voto che ha portato al comando l’homo novus di Firenze si combinano fattori diversi, motivazioni e sentimenti contrastanti. Sicuramente il bisogno di cambiamento contro una politica nazionale vecchia e immobile, logora e corrotta, drammaticamente lontana dalla vita reale delle persone. E contro un’Europa vista come causa di tutti i mali, che alimenta rancorose chiusure nazionaliste e fascistiche sotto la spinta di una politica economica depressiva imposta a vantaggio della Germania. Dunque, una voglia diffusa quanto indistinta di cambiamento. E insieme la paura del salto nel buio, moltiplicata dalla avventurosa e distruttiva campagna di Grillo, amplificata e diffusa dal sistema dei media. Infine l’appello a votare un «avventuriero» come il segretario fiorentino (anche turandosi il naso) perché «non c’è alternativa», il cui promotore instancabile è stato Scalfari.

mercoledì 28 maggio 2014

IL BRUTTO RISULTATO DELLE ELEZIONI DEL 25 MAGGIO



IL BRUTTO RISULTATO DELLE ELEZIONI DEL 25 MAGGIO


Editoriale dell’Esecutivo nazionale di Sinistra Anticapitalista



Le elezioni europee hanno segnato, come era stato largamente prevedibile, l’ascesa di movimenti e partiti euroscettici di destra e di estrema destra in quasi tutta l’Europa. I risultati più eclatanti sono stati quello francese e quello britannico. In Francia il Front National di Marine Le Pen passa dal 6,3% del 2009 al 25%, diventando il primo partito francese, ben distaccato dall’UMP-PPE e dal PS al governo insieme ai Verdi che pure prendono una sonora batosta. Nel Regno Unito diventa primo partito l’Ukip di Nigel Farage (partito nato nel 1992 da una scissione di destra del Partito Conservatore). Importanti i risultati anche di Alba Dorata, formazione neonazista greca (9,4%), del Fpoe, il partito fondato da Jorg Haider in Austra (19,5%). In Germania i neonazisti della NPD riescono ad eleggere un eurodeputato per la prima volta nella storia del Parlamento europeo.
I partiti di governo (PPE e PSE) ne escono sconfitti quasi dappertutto, (con le notevoli eccezioni della Germania, in cui avanzano sia la CDU-PPE che la SPD-PSE e l’Italia con la vittoria del PD) ridimensionando la propria rappresentanza nel Parlamento europeo. Il PPE è passato dal 35,8% al 28,5%. Importante è anche l’arretramento del Partito Socialista Europeo, se si esclude il risultato eccezionale ottenuto dal PD in Italia. Continua l’emorragia di consensi alle forze socialdemocratiche tra le classi lavoratrici, che si impoveriscono a seguito delle politiche di austerità, imposte proprio da quelle forze politiche che un tempo rappresentavano il proprio punto di riferimento politico.

lunedì 26 maggio 2014

E ADESSO POVERA SINISTRA? di Stefano Santarelli





E ADESSO POVERA SINISTRA?
di Stefano Santarelli


Il primo dato estremamente preoccupante di queste elezioni europee viene dalla Francia dove per la prima volta i fascisti del Front National sono diventati il primo partito con il 25,1% mentre i gollisti dell’UMP si attestano al secondo posto con il 20,2%.
Il Partito Socialista è sceso al 14,3 % mentre i Verdi vanno al 9% ed il Front de Gauche ha preso il 6,4%. Insomma una sconfitta pesantissima per la sinistra francese da addebitare alla politica imperialista e razzista portata avanti dalla Presidenza socialista di Hollande che ha snaturato completamente la volontà progressista espressa due anni fa. Mentre i Verdi ed il FdG hanno invece mantenuto il loro bacino elettorale non riuscendo però a sfruttare la crisi del PS.
Una Francia che indiscutibilmente ha scelto una destra con caratteristiche razziste e xenofobe. E ciò costituisce un vero terremoto nel quadro politico di questa nazione.

Nel nostro paese assistiamo ad un terremoto completamente inverso. Il grande ed inaspettato successo del PD pone la sinistra ad un vero e proprio bivio storico. Infatti il 41% del PD che distanzia di più di 20 punti la principale forza di opposizione, il M5S, costituisce per il nostro paese un aspetto completamente inedito nella storia della Repubblica italiana.
Il M5S ha subito una perdita di ben 2,5 milioni di voti frutto anche e soprattutto di una violenta campagna mediatica e se è vero che non gode delle mie simpatie politiche va dato loro atto di essere attualmente l’unica vera opposizione in Parlamento al Governo Renzi tra l’altro impedendo con la loro presenza la nascita di consistenti forze fasciste come sta invece accadendo in altri paesi europei.

L’altro elemento da sottolineare è l’aumento dell’astensionismo che è arrivato al 42% dell’elettorato, che se sommato ai voti del M5S, alla lista Tsipras e alle altre liste di opposizione fanno vedere un paese dove la sfiducia nelle istituzioni repubblicane è ormai maggioritaria nella popolazione italiana.
Il Partito democratico, come ho già scritto varie volte, non può essere assolutamente definito un partito di sinistra anzi è una forza che risponde pienamente agli interessi della grande borghesia italiana. Basti solo ricordare che questo Governo sta continuando la vergognosa invasione militare in Afghanistan che costa vite umane oltre che risorse economiche che il nostro paese potrebbe indirizzare altrove. Non si può non ricordare la celebre invocazione di Sandro Pertini:
“ L'Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della terra. Questa è la strada, la strada della pace che noi dobbiamo seguire.”

Le prime iniziative politiche e proposte compiute dal governo Renzi colpiscono i ceti più deboli della società: istituzionalizzazione del precariato, l’abolizione del Senato in favore di un fantomatico Senato delle Autonomie non elettivo, la presa in giro degli 80 € sulle buste paghe (per poi riprenderseli con gli interessi) immediatamente dopo, la volontà di non avere nessun confronto con il Sindacato confederale che in questi anni ha coperto gli attacchi contro il mondo del lavoro lo caratterizzano senza nessuna ombra di dubbio per un governo il cui scopo è quello di colpire i diritti dei lavoratori e dei giovani in particolare i quali non sono inseriti nel mercato del lavoro e che non avranno nel loro futuro la possibilità di potere percepire una pensione mentre gli anziani hanno visto invece allontanarsi i tempi di pensionamento.
Un governo che non ha nel suo programma nessuna intenzione di concedere la cittadinanza agli immigrati (termine improprio visto che molti di questi sono nati in Italia e frequentano le nostre scuole) un diritto che invece viene concesso a chi è nato per esempio in Australia o nei paesi del continente americano e che non hanno mai visto il nostro paese e magari non sanno parlare la nostra lingua.

Il Partito democratico è oggi più che mai il principale nemico dei lavoratori, dei giovani e dei ceti più deboli della società. E contro questo nemico è necessario che la sinistra superi tutte le sue divisioni. Un primo passo è stata la nascita della Lista Tsipras la quale nonostante tutte le sue contraddizioni ed il boicottaggio dei grandi mass media è riuscita, sia pure con difficoltà, a superare la soglia del 4% e ad avere quindi una sua rappresentanza nel Parlamento Europeo. Una rappresentanza che si unirà a forze come il Front de Gauche e Syriza. Una Syriza che in Grecia è diventata la prima forza politica con il 26,5%.

Ed è proprio questa formazione politica diretta da Alexis Tsipras che la sinistra italiana deve prendere come modello superando quindi tutti i personalismi, le auto proclamazioni ed i settarismi che finora l’hanno contraddistinta. Se la sinistra italiana non sarà in grado di compiere questa trasformazione per il nostro paese non vi sarà nessun futuro.



venerdì 23 maggio 2014

COSTRUZIONE EUROPEA: LE LORO MENZOGNE DISTRUGGONO L’IDEALE EUROPEO di Henri Wilno




COSTRUZIONE EUROPEA: LE LORO MENZOGNE DISTRUGGONO L’IDEALE EUROPEO
di Henri Wilno



Riprendiamo dal sito dell’ NPA francese  questo articolo che demistifica e denuncia le falsità e la propaganda delle classi dominanti europee sulla “loro costruzione“ dell’Europa.
Victor Hugo nel 1849 faceva appello alla costruzione di una “fraternità europea” delle nazioni. Le politiche capitalistiche allontanano sempre di più l’Europa reale da questo ideale, anche se, a ciascuna tappa della costruzione europea, i dirigenti hanno promesso “un futuro radioso”.


L’Unione Europea è nata dopo la Seconda Guerra Mondiale con una duplice base: l’aspirazione dei popoli di porre fine alle guerre in Europa, ma anche (e soprattutto, per i dirigenti europei e degli Stati Uniti) di ricostruire il più in fretta possibile l’Europa capitalista.

A ciascuna tappa, i dirigenti hanno propagandato le loro decisioni con due slogan: “L’Europa è la pace”, “Più Europa, significa, maggiore prosperità”. Con l’espressione “Più Europa” si doveva però intendere il rafforzamento della “Loro Europa”.

L’Atto unico europeo del 1986 ha rappresentato una tappa decisiva: fondava ormai l’Unione Europea sulla libera circolazione delle merci e dei capitali. Per sostenere l’Atto Unico la Commissione Europea (presieduta dal “socialista” Jacques Delors) presentò previsioni economiche mirabolanti sugli effetti che questo avrebbe garantito. Queste previsioni non si sono concretizzate per nulla…

Stesso scenario con la creazione dell’euro attraverso il Trattato di Maastricht. L’Euro avrebbe protetto gli europei dagli choc esterni e favorito la crescita e quindi l’occupazione. Avrebbe fatto dell’Europa una grande potenza monetaria, ecc. A ciascuna tappa importante, lo scenario si ripete: la scelta sarebbe tra l’Europa e il caos e la regressione. In un intervento recente, Hollande (il presidente “socialista” della Francia ndr.) è arrivato addirittura a dire che: “Uscire dall’Europa, sarebbe uscire dalla storia”!

L’Euro non ha mantenuto alcuna delle sue promesse

Il problema è che l’Unione Europea attuale, modellata dalla destra e dai “socialisti”, offre sempre più un volto respingente per “quelli che sono in basso”. L’Euro non ha mantenuto nessuna delle sue promesse: non ha protetto né dalla crisi, né dalla disoccupazione di massa, né dalla concorrenza tra le economie capitaliste. Al contrario, è il pretesto con cui vengono imposti una austerità di bilancio senza precedenti e un attacco generalizzato contro i diritti sociali. Pensioni, salario minimo, protezione sociale, sistema dei contratti collettivi: ormai la Commissione (con il sostegno del Consiglio Europeo, dove siedono gli Stati membri) si occupa di tutto, andando al di là delle stesse competenze di bilancio che le attribuiscono il TSCG (il Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance nell’unione economica e monetaria del 2012).

Esiste una diseguaglianza crescente tra gli Stati membri: certi (Grecia, Portogallo, Spagna, Cipro, Irlanda) sono ormai sotto tutela e non è in discussione la loro sottomissione agli ordini della Troika (Banca Centrale Europea, Commissione Europea, Fondo Monetario internazionale). In questi paesi non solo l’austerità domina completamente, ma c’è una sistematica rimessa in discussione dei contratti collettivi e delle regole del contratto di lavoro. (Questa condizione caratterizza ormai anche l’Italia, ndr.)

Ogni misura è rivolta a far si che il lavoro salariato sia privato di qualsiasi protezione collettiva. Quanto sta succedendo in questi paesi prefigura quanto succederà in tutti gli altri, se i lavoratori non prenderanno in mano il loro destino.

Contro le menzogne degli affossatori dell’Europa

E’ ormai evidente l’enorme distanza tra i discorsi dei governi e l’Europa reale quella a cui sono confrontati i lavoratori, i piccoli agricoltori, i pensionati, i disoccupati. Le menzogne degli attuali governi, di “sinistra” o di destra, affossano l’idea di Europa agli occhi di “quelli che sono in basso”.

Per esempio in Francia il Partito socialista fa campagna per le europee con la parola d’ordine “l’austerità in Europa è un errore”. Ma chi si crede di prendere in giro? Nessun governo della sinistra socialdemocratica (con Mitterand, Jospin o Hollande) ha voluto battere i pugni sul tavolo e portare avanti un’altra politica.

Non inganniamoci sui responsabili: non si tratta di denunciare “l’Europa tedesca”, ma le menzogne continue dei proprietari dell’Europa del capitale e di avanzare un’altra politica: in rottura totale con i trattati dell’Unione Europea, ma nella logica della solidarietà internazionale dei lavoratori e dei popoli.


22 maggio 2014


dal sito Sinistra Anticapitalista




giovedì 22 maggio 2014

I RITARDI NELLA LOTTA ALLA MAFIA di Nicola Tranfaglia









I RITARDI NELLA LOTTA ALLA MAFIA
di Nicola Tranfaglia


Se si parte da una constatazione che hanno raggiunto da anni gli studiosi del fenomeno mafioso nella penisola, cioè che il metodo adoperato dalle quattro forti associazioni che dominano il nostro Paese si è espanso al punto tale da diventare, dal più al meno, il metodo normale delle istituzioni verso i cittadini, si fa un passo decisivo per rendersi conto in quale Stato abbiamo la ventura di trascorrere questi anni. Un Paese, è il caso di ricordarlo per gli immemori (e da noi ce ne sono tanti ancora). Un Paese, nel quale, durante gli ultimi vent'anni, c'è stato uno straordinario affollarsi di avvenimenti-scioglimento dei maggiori partiti storici sorti prima, durante o subito dopo la seconda guerra mondiale, sostituzione dei leader che avevano caratterizzato il primo cinquantennio repubblicano e l'emergere di nuovi leader, alcuni dei quali sono diventati creatori di propri partiti come Pannella per il Partito radicale, più tardi Berlusconi per Forza Italia, quindi ancora Di Pietro per l'Italia dei Valori e Vendola per Sinistra, ecologia e libertà - ma anche il diffondersi di un illegalismo di massa che ha messo in grave pericolo la legalità repubblicana.

Questi cambiamenti hanno segnato lo sviluppo massiccio di associazioni mafiose sorte subito dopo le grandi rivoluzioni europee del Settecento che, pur essendo partite da una regione meridionale, si sono presto diffuse in quasi tutto il Paese, come all'estero in Europa e nelle due Americhe. E tutto questo senza che le nostre mutevoli classi dirigenti siano riuscite ad eliminare alcune delle peculiarità negative che avevano caratterizzato, anche nel periodo repubblicano, la storia nazionale: come il diffuso clientelismo, la grave corruzione pubblica e privata, l'arretratezza culturale nel campo dell'istruzione, la scarsa cura per le istituzioni pubbliche come per il grande patrimonio storico e culturale che ha fatto del nostro uno dei Paesi più frequentati dagli stranieri di tutto il mondo. In questa situazione, rispetto alle quali le classi dirigenti hanno dispiegato un interesse che non può definirsi né prioritario né centrale, lo scoppio della crisi politica e morale degli anni Novanta è stato determinato da una magistratura (soprattutto del Nord Italia e di Milano in particolare) che ha portato davanti al giudizio penale una parte notevole della classe politica e amministrativa dei maggiori partiti politici insieme a numerosi imprenditori delle più importanti imprese del Paese. Ma anche alle pretese sempre maggiori dei partiti e dei loro rappresentanti che hanno, a poco a poco, fatto aumentare i prezzi delle opere pubbliche e delle varie commesse o aste legate agli enti pubblici centrali o locali, determinando una difficoltà crescente di funzionamento dell'intero sistema produttivo e commerciale.

Di qui la crisi che viviamo in particolare intenso da alcuni anni ma che continua a determinare, da una parte, le difficoltà crescenti sul piano economico della maggior parte delle masse popolari e delle classi medie, ma, dall'altra, il distacco, sempre più preoccupante, degli italiani dalla politica, come dal bene pubblico, di fronte a una corruzione che fa dell'Italia il sessantanovesimo paese nella classifica mondiale degli Stati più corrotti e, nello stesso tempo, il ventinovesimo dei trentuno paesi dell'OCSE per il livello medio di istruzione, come tra gli ultimi nella lettura dei libri che pure si pubblicano in grande quantità nel nostro Paese. Si ricava dalle statistiche più attendibili, ormai, che non più del sette per cento degli italiani, legge almeno un libro all'anno e questo appare particolarmente grave e in forte contraddizione con la presenza di molti studiosi e professori, cresciuti e formatisi in Italia che hanno dovuto abbandonare il loro Paese per poter lavorare. E sono peraltro presenti e apprezzati in tutto il mondo non solo occidentale.

Forse anche per tutto ciò il nostro Paese - malgrado disponga di una commissione parlamentare antimafia che in questa prima parte della legislatura ha lavorato in maniera positiva - è in grave ritardo rispetto a scadenze che, come Paese, abbiamo di fronte ora che siamo alla vigilia del semestre di presidenza italiana nell'Unione Europea. Ricordiamo anzitutto che su 48.846 beni sequestrati e confiscati, tra i 113.753, ne risultano destinati solo 4.847, cioè il 10 per cento della quantità complessiva.
Inoltre l'Italia - reduce da un ventennio populistico disastroso e, per molti aspetti, non ancora concluso deve ancora recepire le decisioni quadro del 2003 sull'esecuzione nell'Unione Europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio emessi da un'autorità di un Paese membro e del 2006 (si noti beni due termini inclusi nella legislatura presieduta da Berlusconi) sul principio del reciproco riconoscimento della confisca dei beni mafiosi. E l'Italia, se onorasse in tempo le sue scadenze attuali, potrebbe contribuire a far approvare un calendario di approvazione di direttive per l'intera legislatura, costituire una procura antimafia europea, coordinare l'adozione di misure di contrasto efficaci a livello europeo contro le mafie locali e internazionali che ancora mancano, anche se buone notizie arrivano proprio dalla Germania governata da Angela Merkel.

D'altra parte, il governo italiano ha promesso di presentare entro giugno proposte nuove contro la corruzione, il riciclaggio e soprattutto l'autoriciclaggio, ripristini il reato penale di falso in bilancio, sancisca penalmente tutti i reati finanziari, tra i quali i cosiddetti reati spia, faccia proprie le proposte di modifica del Codice antimafia. E infine vari una legge sulla sospensione della candidabilità almeno dei rinviati a giudizio per reati di corruzione, di mafia o contro la pubblica amministrazione.
Solo così (ma intervenendo anche, finalmente, sul conflitto di interesse con proposte efficaci) il semestre di presidenza italiana presso l'Unione europea avrà un senso adeguato ai nostri problemi come a quelli dell'intero continente rispetto al pericolo mafioso.

21 maggio 2014


APPENDICE

LA MAFIA COME METODO





Nel 1991, un anno prima delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, era già chiaro, per chi avesse la lucidità necessaria, che la mafia o, meglio, le mafie italiane avevano un metodo di comportamento che si stava espandendo nelle istituzioni politiche e nella società civile dell'Italia contemporanea e che la reazione dello Stato si era dimostrata, fino a quel momento, debole e inefficace. Quello che sta accadendo ora appare come la conseguenza di una lunga coabitazione tra mafia e politica che è destinata a durare ancora fino a quando lo Stato non debellerà il fenomeno mafioso.

Il saggio - pubblicato per la prima volta da Laterza nel 1991 e ora completamente rivisto e aggiornato fino agli ultimi avvenimenti e alle intercettazioni che coinvolgono il Presidente della Repubblica - sostiene la tesi, sottolinea Tranfaglia nella sua prefazione, che il problema della mafia o delle mafie che agiscono nel nostro Paese è centrale nella nostra storia postunitaria e che l'aspetto più preoccupante e pericoloso sta nel trasferimento, avvenuto negli ultimi quarant'anni, dei metodi propri dell'organizzazione mafiosa dalla criminalità organizzata alle amministrazioni pubbliche e private esistenti in Italia. Un simile trasferimento, sempre più radicalizzato, mette in crisi l'edificio costituzionale repubblicano, mina la coscienza civile, la fiducia nella politica e negli organi dello Stato. Nella fase drammatica che stiamo attraversando e nella forte convinzione che lo studio del passato e l'accertamento della verità storica costituiscano ancora oggi strumenti efficaci per una moderna democrazia, il saggio di Nicola Tranfaglia contribuisce a ricostruire quello che è successo nei primi centocinquant'anni dell'Italia unita, indicando le conquiste e le contraddizioni delle numerose commissioni parlamentari di inchiesta, le battaglie e le sconfitte dei magistrati, le stragi terribili degli anni ottanta e novanta.

La coabitazione tra mafia e Stato è una storia che ha segnato la nostra Italia, e ancora continua a segnarla, in maniera indelebile. La speranza nel futuro può essere riposta solo in un radicale cambiamento nei metodi di selezione delle forze politiche, nel miglioramento dei gruppi dirigenti e nell'ansia di ricostruzione democratica di cui tanti italiani a questo punto sentono, sia pur confusamente, il bisogno.


dal sito http://www.nicolatranfaglia.com/blog/





venerdì 9 maggio 2014

RICORDANDO GIUSEPPE IMPASTATO




RICORDANDO GIUSEPPE IMPASTATO


Lunga è la notte
e senza tempo.
Il cielo gonfio di pioggia
non consente agli occhi
di vedere le stelle.
Non sarà i l gelido vento
a riportare la luce,
nè il canto del gallo,
nè il pianto di un bimbo.
Troppo lunga è la notte,
senza tempo,
infinita.





PEPPINO IMPASTATO NON SI COMMEMORA CON L'AMBIGUA RETORICA DI UN GIORNO E IL COMPROMESSO PER ALTRI 364







giovedì 8 maggio 2014

SUL PD, SU RENZI, SULLA SINISTRA ANTAGONISTA ...





STEFANO SANTARELLI PARLA DI PD, DI RENZI, DELLA SINISTRA ANTAGONISTA ...



Si dice che Renzi abbia provocato la svolta a destra del PD…

No. Non credo assolutamente che il responsabile della “svolta a destra” del PD sia l’attuale Presidente del Consiglio. Sarebbe dargli troppa importanza. A mio avviso questa è da ricercarsi nel profondo travaglio che ha portato il vecchio PCI ad abbandonare velocemente nel 1991 la tradizione comunista, nonostante che nel suo simbolo elettorale si manteneva in piccolo il vecchio e storico simbolo, quando si è trasformato nel Partito Democratico della sinistra divenuto tra l’altro sezione dell’Internazionale socialista con il parere favorevole del PSI di Craxi e del PSDI provocando quindi la scissione che ha fatto nascere Rifondazione Comunista. E poi le successive trasformazioni hanno confermato questo percorso: da quella del 1998 dove il PDS ha cambiato nome prendendo quello di Democratici di sinistra abbandonando definitivamente qualsiasi riferimento anche simbolico alle vecchie radici comuniste per giungere all’unificazione nel 2007 con gli ex democristiani della Margherita che ha fondato l’attuale Partito Democratico. Mi scuso per questa estrema sintesi della nascita dell’attuale Partito Democratico, ma si rende necessaria proprio per la complessità e il travaglio che hanno portato alla creazione di questa formazione politica che costituisce un anomalia nel panorama politico della vecchia Europa. Infatti come ci ricorda l’imperatore Giustiniano “Nomina sunt consequentia rerum” ora il PD non a caso nel suo nome non fa nessun riferimento al socialismo o alla sinistra in genere copiando la denominazione da una delle due maggiori forze politiche statunitensi. E così mentre nel resto dell’Europa abbiamo partiti che continuano comunque a definirsi socialisti o comunisti il PD invece ha anche nel nome abbandonato definitivamente il campo della sinistra.
Ricordo che nell’ultima Assemblea Nazionale del PD vi è stata uno scontro clamoroso su un aspetto etico come quello riguardante il diritto all’aborto. Una rottura inimmaginabile per qualsiasi forza della sinistra europea anche quella più riformista.

Renzi testimone ed emblema dell’era postideologica contemporanea?

Indiscutibilmente il miglior emblema è rappresentato da Berlusconi. Ma più che post ideologica Renzi rappresenta senza ombra di dubbio gli interessi del capitalismo italiano: annuncia provvedimenti ampiamente strombazzati dai mass media come quello che riguarda gli 80 euro sulle buste paghe per poi riprenderseli (con gli interessi) immediatamente dopo; si istituzionalizza definitivamente il precariato rompendo anche formalmente con il sindacato confederale che in questi anni ha coperto tutti gli attacchi contro il mondo del lavoro. Insomma più che emblema post ideologico ci troviamo di fronte ad un attacco senza precedenti ai diritti dei lavoratori e dei giovani in particolare.

Quali sono le differenze tra Renzi e Berlusconi?

Sicuramente l’età, ma va anche detto che certamente non ha gli interessi finanziari di Berlusconi. Ma dal punto di vista strettamente politico, nessuno. Anzi si può tranquillamente affermare che egli in questo momento rappresenta il suo miglior discepolo e successore.

Renzi e l’Europa … Proviamo a parlare di questo rapporto …

Il nostro paese ha un ruolo sicuramente marginale rispetto alla Francia, alla Gran Bretagna per non parlare della Germania. Non sarà certamente Renzi a poter invertire questo quadro. La crisi italiana (e del mondo occidentale) è una crisi sistemica, ma purtroppo il nostro paese si caratterizza anche per la mancanza di produzione in tutti i campi. Aggravato anche dal fatto che l’Italia è un paese che non solo non dispone di materie prime e di fonti energetiche, ma a differenza dei paesi citati non ha nessuna rete di protezione a difesa dei ceti più deboli della società e questo in un contesto di gravissima crisi sociale come quello che stiamo vivendo.

Quale futuro c’è per la sinistra antagonista “a sinistra” di Renzi?

Si stava parlando prima della gravissima crisi sociale che investe il nostro paese: dai giovani che non sono inseriti nel mercato del lavoro (al massimo con lavori precari e nessuna tutela) e che non avranno la possibilità quindi di potere percepire domani il diritto di avere di una pensione, agli anziani che invece hanno visto allontanare i tempi di pensionamento con il risultato che abbiamo oggi pluricinquatenni che svolgono lavori dove occorre una certa prestanza fisica (autisti, infermieri, vigili del fuoco, polizia, ecc) con una “produttività” facilmente immaginabile. Da immigrati, termine improprio visto che molti di questi sono nati in Italia e frequentano le nostre scuole, che non godono del diritto di cittadinanza il quale invece viene riservato a chi è nato per esempio in Australia o nei paesi del continente americano e che non hanno mai visto il nostro paese e magari non sanno neanche parlare la nostra lingua. Dai liberi professionisti con partita IVA che hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese e che non godono di nessun diritto sindacale. E ricordiamo tra l’altro che i lavoratori italiani hanno i più bassi salari europei. Insomma il nostro paese ha di fronte a sé una bomba sociale che può esplodere da un momento all’altro. E la cosiddetta sinistra antagonista o radicale che dir si voglia purtroppo non è assolutamente all’altezza degli avvenimenti. Assistiamo ad una diaspora di gruppi comunisti senza precedenti che si guardano in cagnesco l’un con l’altro e dove per distinguere le varie differenze fra di loro occorre un vero esperto di araldica. Abbiamo forze sindacali che rappresentano soltanto coloro che hanno un lavoro a tempo indeterminato ed i pensionati che sono la componente più numerosa degli iscritti. Non tutelando quindi i precari, gli immigrati, piccoli commercianti e coloro che sono obbligati ad avere la partita IVA. La nascita della Lista Tsipras poteva rappresentare un momento unitario di aggregazione, ma essa è invece nata in modo elitario e verticista e credo, pur votandola,che non godrà di un buon risultato elettorale. Beninteso spero di sbagliarmi. Per concludere: nel nostro paese vi è un enorme bisogno di sinistra purtroppo non sono ottimista per il suo futuro se le forze che la compongono non saranno in grado di superare l’autoproclamazione, l’autorefenzialismo ed il settarismo di cui hanno dato fino ad oggi esempio.

8 Maggio 2014


Stefano Santarelli - Bandiera Rossa In Movimento


dal sito System Failure

domenica 4 maggio 2014

L'INUTILE CONGRESSO DELLA CGIL E LA FINE DEL SINDACATO CONFEDERALE di Fabio Sebastiani






L'INUTILE CONGRESSO DELLA CGIL E LA FINE DEL SINDACATO CONFEDERALE
di Fabio Sebastiani

Come tutti i congressi sindacali degli ultimi anni, anche quello della Cgil, che si apre il 6 maggio a Rimini, sarà l’ennesimo stanco e inutile rituale. Eppure una sua particolarità questo appuntamento ce l’ha. E’ il primo dopo l’attraversamento dell’occhio del ciclone della crisi economica. Ci si sarebbe aspettato, da un sindacato che ama "fare il suo mestiere” una puntuale valutazione sugli effetti e, se possibile, anche un bilancio sull’azione del più grande sindacato dei lavoratori. E invece sarà la solita vetrina con parole buttate lì tanto per dire che “la casta non molla”. I titoli dei giornali saranno per gli ospiti, Mauro Moretti e, forse, il presidente del Consiglio Renzi, per qualche scaramuccia tra Camusso e Landini, peraltro già ampiamente consumata.

Un congresso inutile, che non ragiona sulla sconfitta della Cgil

La prima ragione di questo buco nella riflessione è che in realtà una vera e propria “azione” del sindacato non c’è stata. Non è tanto per le ore di sciopero e per le piattaforme costruite. E’ per quella scelta strategica tutta concentrata nella ricerca della sponda politica. Il risultato è stato lo zero assoluto. Sia con il governo Berlusconi che con gli altri, per finire con quello di Renzi, che ha addirittura sancito la fine di ogni “autorità salariale” la Cgil ha collezionato una serie impressionante di niet.

Con il centrosinistra in versione "Re Giorgio", è arrivata la certificazione della fine della busta paga. Ora c’è la carità. Patetico il richiamo ieri da Pordenone di Camusso Angeletti e Bonanni alla “fine degli effetti annuncio” da parte di palazzo Chigi. Gli annunci Renzi l’ha finiti da un pezzo. Ora è passato ai fatti. E i fatti sono sotto gli occhi di tutti: il sindacato serve solo a “portare la parola” dell’esecutivo tra i lavoratori. Sempre che i lavoratori lo vogliano ascoltare. Anche questo, infatti, dopo i congressi di base della Cgil non è più vero. E arriviamo qui all'altra nota dolente.

venerdì 2 maggio 2014

CASO SANKARA: NUOVO DINIEGO DI GIUSTIZIA



CASO SANKARA: NUOVO DINIEGO DI GIUSTIZIA
La mobilitazione continua.


COMUNICATO STAMPA della Rete internazionale « Giustizia per Sankara. Giustizia per l'Africa»


Il 30 aprile 2014, il Tribunale civile di primo grado (TGI) di Ouagadougou si è dichiarato incompetente nell’ordinare una perizia DNA per identificare i corpi seppelliti a Dagnoen.

Accogliamo questa decisione con tristezza, delusione e collera ed ormai, rivolta e rabbia ci pervadono. Questa decisione fa seguito alla richiesta depositata il 2 febbraio 2011 dagli avvocati della famiglia Sankara. Ci sono dunque voluti ben 3 anni perché i giudici si dichiarassero incompetenti ! E la prima richiesta di giustizia della famiglia è del 1997 !

La realtà del Burkina Faso è che, l’unico vero giudice riguardo il caso Sankara è Blaise Compaoré. Lui va in panico ogni volta che se ne parla, temendo d’essere accusato, così come è terrorizzato all'idea d’essere accusato per il suo ruolo nelle guerre in Liberia, Sierra Leone e Costa d'Avorio. E’ questa la ragione per cui tutte le procedure intentate in Burkina sull'assassinio di Thomas Sankara sono bloccate.

Ma la famiglia Sankara ha il diritto di potersi raccogliere su una tomba autenticata come quella del defunto presidente Thomas Sankara. La famiglia Sankara, le famiglie dei collaboratori di Thomas Sankara assassinati con lui, i popoli africani e tutti gli eredi politici di Thomas Sankara oggi chiedono verità e giustizia.
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