Diari di Cineclub

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sabato 22 febbraio 2014

LA SITUAZIONE IN UCRAINA di Antonio Moscato




LA SITUAZIONE IN UCRAINA
di Antonio Moscato


Difficile prevedere gli sviluppi dopo i violenti scontri dei giorni scorsi a Kiev e in molte altre città dell’Ucraina e dell’accordo raggiunto tra governo e opposizione che prevede nuove elezioni e il ritorno alla vecchia costituzione.

È possibile però respingere alcune interpretazioni deformanti che impediscono di cogliere la complessità della situazione. A partire da quella che vede nelle mobilitazioni antigovernative solo una “voglia di Europa”, mentre è evidente che nell’ultima fase sono confluite nelle proteste le motivazioni più diverse, tra cui proteste antigovernative determinate da ragioni diverse.

Altrettanto scorretta la versione che circola in settori della sinistra “nostalgica”, che minimizza le dimensioni della protesta, o le riconduce esclusivamente alle due componenti di destra, la consolidata Svoboda (che ha avuto un 10% di consensi elettorali) e i neonazisti di Pravly Sektor, che ci sono e pesano in alcune manifestazioni, ma non sono la componente essenziale. [Un esempio in Giulietto Chiesa, video intervista La situazione in Ucraina] Oltre a tutto l’una e l’altra sono ostili all’Europa, oltre che alla Russia, in cui vedono l’erede dell’Unione Sovietica, nei cui confronti, come molti altri ucraini, hanno un pesante contenzioso. Molti ucraini continuano infatti a interpretare la crisi nelle campagne sovietiche al momento della grande collettivizzazione del 1929-1933, che provocò sette milioni di morti, come un tentativo deliberato di genocidio degli ucraini, mentre era solo la forma distorta e criminale con cui Stalin affrontò in ritardo il problema dei kulak, in Ucraina come in Russia e nelle altre repubbliche sovietiche a forte componente contadina. Fu questo, e non una particolare predisposizione al fascismo, che portò in Ucraina durante la seconda guerra mondiale a una percentuale di collaborazionisti con Hitler più elevata che in altre repubbliche (a parte quelle baltiche). Le nostalgie per l’esercito di liberazione ucraino, antisovietico e antisemita, sono effettivamente pane quotidiano per le due formazioni di destra. Ma non sono il cardine della protesta, che ha accettato i due gruppi per la loro capacità di rispondere efficacemente agli attacchi durissimi della polizia speciale, i Berkut. Ma la piazza ha mostrato spesso capacità critiche, fischiando gli interventi non condivisi, e un certo equilibrio, mettendo al sicuro e poi liberando le decine di giovani poliziotti catturati facilmente grazie alla dimensione di massa delle manifestazioni, sottraendoli ai tentativi di linciaggio.

martedì 11 febbraio 2014

CHE COSA RESTA DELLA PRIMAVERA ARABA? di Gilbert Achcar



CHE COSA RESTA DELLA PRIMAVERA ARABA?
di Gilbert Achcar





È proprio dello spirito del tempo – del nostro tempo sempre più breve, sempre più miope – porre questa domanda sull’aria della canzone di Trenet «che cosa resta dei bei giorni?».

L’euforia del 2011 ha ceduto il posto alla melancolia dei delusi della rivoluzione, se non addirittura alla soddisfazione beata dei sostenitori del «vecchio regime», ostili fin dal primo momento alle rivolte con il pretesto che non avrebbero portato nulla di buono.

Iniziamo con quest’ultimo argomento: l’idea che il vecchio ordine, profondamente iniquo e dispotico, fosse uno scudo contro l’ «estremismo islamico», è sciocca quanto credere che l’alcolismo sia una profilassi contro la crisi della fede! L’emergere dell’ estremismo religioso che vediamo qui o lì è solamente la manifestazione di una tendenza in atto da decenni, prodotta sia direttamente che indirettamente da questo stesso ordine regionale che è imploso nel 2011.

Prediamo ad esempio il caso siriano: è evidente che la trasformazione delle forze armate, indotta da Hafez el-Assad, in guardia pretoriana del regime, fondata su un elemento confessionale minoritario, era tesa ad alimentare rancori confessionali in seno alla maggioranza. Immaginiamo che il presidente egiziano sia copto, che la sua famiglia domini l’economia del Paese, che i tre quarti degli ufficiali dell’esercito egiziano siano anch’essi copti e che i corpi scelti dell’esercito egiziano lo siano totalmente. Ci meraviglieremmo di vedere «l’integralismo islamico» dilagare in Egitto? La proporzione degli alauiti in Siria è paragonabile a quella dei copti in Egitto, ossia circa un decimo della popolazione.
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