Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

lunedì 28 aprile 2014

LA BANDIERA DEI MASCALZONI di Antonio Moscato





LA BANDIERA DEI MASCALZONI
di Antonio Moscato



 Dicevano i vecchi socialisti prefascisti che il tricolore era usato soprattutto per coprire gli scopi dei mascalzoni. Tanto è vero che prima della grande guerra sui municipi conquistati anche da liste con sindaci riformisti e moderatissimi sventolava la bandiera rossa. Oggi il tricolore, perfino in occasione del 25 aprile, serve a giustificare l’apologia dei nostri “santi martiri”: i marò che, secondo Angelo Panebianco, che si erge a giudice monocratico, sono sicuramente innocenti e «vittime delle beghe interne indiane». L’editorialista del “Corriere della Sera” prosegue spiegando che «la loro colpa – che spiega il doppio sequestro di persona da più di due anni – è di essere italiani». I pescatori assassinati non esistono.

Non ci sorprende. Il 24 avevo dato per certo che nelle celebrazioni ipocrite del giorno successivo sarebbero stati tirati fuori anche i due marò da “autorità militari e religiose non al di sopra di ogni sospetto”, allo scopo di giustificare le spese militari finalizzate alle “missioni imperialiste in diversi continenti” (La festa dell’ipocrisia). Ero facile profeta: il giorno dopo il presidente Napolitano, massima autorità dello Stato (e “non al di sopra di ogni sospetto”) si è pronunciato nettamente in questo senso, sostenendo che i due marò assassini «rendono onore alla patria e sono stati ingiustamente trattenuti». Ma come avevo previsto è passato subito a un argomento che gli sta così a cuore da spingerlo a frequenti intrusioni in decisioni che non gli spetterebbero, le spese militari: «Dobbiamo procedere in un serio impegno di rinnovamento e di riforma (…) senza indulgere a decisioni sommarie che possono riflettere incomprensioni di fondo e perfino anacronistiche diffidenze verso lo strumento militare, vecchie e nuove pulsioni antimilitariste».

venerdì 25 aprile 2014

LA FESTA DELL'IPOCRISIA di Antonio Moscato




LA FESTA DELL'IPOCRISIA
di Antonio Moscato



Domani in alcune piazze d’Italia si celebrerà la solita festa dell’ipocrisia. I demolitori di quella costituzione che, almeno nell’enunciazione di buoni propositi, era un frutto della resistenza, e rappresentava in qualche modo un premio di consolazione per la rinuncia alla rivoluzione, si troveranno insieme agli eredi più diretti del regime fascista per festeggiare la madre di tutte le larghe intese. Intanto si sono premuniti da ogni possibile rischio escogitando la peggiore delle leggi elettorali che l’Italia repubblicana abbia conosciuto.

Gli sdoganatori del fascismo (che non cominciano con Silvio Berlusconi) pronunceranno parole vuote sulla necessità di restare uniti, e di fare squadra, e condanneranno i perturbatori della quiete pubblica. Non a caso il governo (che ha affidato l’ordine pubblico a un Alfano) sta pensando oggi a misure “preventive” per evitare incidenti, cioè in pratica la soppressione del diritto a manifestare pacificamente a Roma. Preventive, si badi, a senso unico, perché intanto l’impunità è assicurata ai poliziotti provocatori (in divisa o in abbigliamento da manifestanti, ma sempre senza un numero identificativo) che stimolano le prove ginniche degli appassionati della guerriglia urbana (e quando non ci sono li importano o li inventano…). Col risultato di impedire qualsiasi manifestazione pacifica.

giovedì 24 aprile 2014

SEGRETO DI STATO: RENZI, AL SOLITO, VENDE FUMO. VI SPIEGO PERCHE' di Aldo Giannuli



SEGRETO DI STATO: RENZI, AL SOLITO, VENDE FUMO. VI SPIEGO PERCHE'
di 
Aldo Giannuli 


Squilli di trombe, rulli di tamburo: Renzi cancella il segreto di Stato sulle stragi. Era ora! Solo che si tratta di chiacchiere perché:

a- già da una ventina di anni, il segreto di Stato non è opponibile alla magistratura che procede per reati di strage o eversione dell’ordine democratico;

b- di conseguenza, la magistratura, sia direttamente che tramite agenti di pg e periti, ha abbondantemente esaminato gli archivi dei servizi e dei corpi di polizia, acquisendo valanghe di documenti che sono finiti nei fascicoli processuali;

c- anche le commissioni parlamentari che si sono succedute, sul caso Moro, sulle stragi, sul caso Mitrokhin hanno acquisito molta documentazione in merito (anche se poi è finita negli scatoloni di deposito e non in archivi pubblici);

d- una larghissima parte della documentazione finita nei fascicoli processuali e nelle commissioni di inchiesta è stata resa consultabile dalla “Casa della Memoria di Brescia”, dove chiunque può accedere, e …dalla Regione Toscana (strano che Renzi non lo sappia);

e- già a suo tempo, la documentazione acquisita dai magistrati è stata consultata da giornalisti che l’hanno avuta dagli avvocati delle parti ed è finita in migliaia di articoli;

f- diversi consulenti parlamentari e giudiziari (a cominciare dal più importante, Giuseppe De Lutiis a finire al sottoscritto) hanno successivamente utilizzato abbondantemente quella documentazione per i loro libri.

Per cui, siamo alla “quinta spremitura” di queste olive: ci esce solo la morga, robaccia. Vice versa, restano ancora da risolvere i problemi degli archivi inarrivabili e per i quali occorrerebbe far qualcosa per renderli accessibili:

-quello della Presidenza della Repubblica che ha sempre rifiutato ogni accesso, per quanto minimo, alla magistratura in nome dell’immunità Presidenziale;

-quello dell’Arma dei Carabinieri (alludiamo all’archivio informativo, non a quello amministrativo) che non si capisce dove stia;

-quelli delle segreterie di sicurezza dei vari enti e dei relativi uffici Uspa che sono protetti dal segreto Nato.

Per cui, se Renzi vuol davvero fare qualcosa di nuovo sulla strada della fine dei segreti della Repubblica, può:

-invitare il Capo dello Stato a valutare l’opportunità di rendere accessibile il proprio archivio oltre le carte del Protocollo attualmente visibili;

-chiedere all’Arma dei carabinieri un rapporto ufficiale sulla sistemazione dei propri archivi informativi;

-porre in sede Nato la questione del superamento del segreto dopo un congruo periodo di segretazione. Per esempio, poco dopo la “rivoluzione dei garofani” in Portogallo, la Nato avocò a sé tutto il materiale della e sulla Aginter Presse: possiamo vederlo?

Ma soprattutto, se il Presidente del Consiglio vuol fare sul serio è bene che si ricordi che il suo ente è in ritardo di anni su precisi impegni presi. Nel 2007, per far digerire quell’orrore di legge di “riforma” sui servizi, venne inserito un complicato sistema che avrebbe dovuto assicurare la decadenza automatica della classifica di segretezza dopo un certo periodo; premessa necessaria per poter inviare i documenti agli archivi di Stato (non solo quelli sulle stragi ma tutti). Però occorreva prima fare i regolamenti attuativi: stiamo ancora aspettando questi regolamenti dopo sette anni. Poi il governo Monti promise che entro il 2012 avrebbe comunicato l’elenco dei vari archivi esistenti con le diverse sedi dei depositi (cosa che non è stato mai possibile avere). E stiamo aspettando ancora anche questo elenco.

Se la sente Renzi di fare sul serio o è solo fumo elettorale?


22 aprile 2014



dal sito http://www.aldogiannuli.it/



martedì 22 aprile 2014

RENZI E GLI 80 DENARI di Diego Fusaro



RENZI E GLI 80 DENARI
di Diego Fusaro



Già si è assai discusso circa i famigerati 80 euro di Matteo Renzi: dal governo è arrivato il via libera al decreto che porterà l’aumento in busta paga per 10 milioni di persone. Il Cdm – così ha spiegato Renzi in conferenza stampa – ha confermato i famosi 80 euro in più in busta paga: si tratta di “una misura che non è una tantum, ma strutturale come è strutturale il processo del taglio della spesa”, ha sostenuto il premier.

Personalmente, non credo vi sia modo per spiegare questa faccenda degli 80 euro se non ricorrendo al famoso proverbio cinese: quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. In questo caso, però, non vi sono saggi, ma solo stolti: stolti che, guardando il dito degli 80 euro, non vedono la “luna” della distruzione dei diritti sociali e della devastazione del welfare state che si sta compiendo oggi sotto i nostri occhi, sotto l’egida della dittatura eurocratica e con l’oscena connivenza di una sinistra passata armi e bagagli dalla parte del capitale.

Gli 80 euro di Renzi rientrano a tutti gli effetti nelle strategie di quella manipolazione organizzata che trova nella strategia della “distrazione programmata” una feconda risorsa simbolica. Dirottando l’attenzione su contraddizioni estinte o su questioni irrilevanti, spesso create ad hoc dalla propaganda ufficiale, la passione della critica è ininterrottamente distolta dalla contraddizione principale, nemmeno più nominata. Tanto più che, in questo modo, la possibile opposizione anticapitalistica è preventivamente frammentata.

Per questa via, l’attenzione è spostata dalle oscene politiche neoliberali del governo di Renzi all’irrilevante questione degli 80 euro in busta paga. Il gioco è fatto. Entro i perimetri blindati della società totalmente amministrata, la ricchezza e il potere dei pochi non hanno smesso di reggersi sulla necessaria condizione di povertà e di impotenza dei più: e questo secondo quello scenario che oggi si presenta, per l’immaginario di destra come per quello di sinistra, come il solo possibile, esito insuperabile dell’intreccio letale di leggi inflessibili dell’economia e di potenza soverchiante della tecnica.

È in questo panorama disarmante che si istituisce la complicità oscena della sinistra con il capitalismo trionfante; complicità che, peraltro, la sinistra stessa rivendica con orgoglio, legittimandola nella forma di una realistica considerazione dell’irreversibilità dei processi in atto, della gabbia d’acciaio e delle sfide della globalizzazione. Ancora una volta, la situazione è tragica ma non seria: la sinistra pensa di essere la soluzione e, invece, è parte integrante del problema.



21 aprile 2014


dal sito Lo Spiffero

venerdì 18 aprile 2014

LA PENA DELL'EX CAIMANO di Nicola Tranfaglia




LA PENA DELL'EX CAIMANO
di Nicola Tranfaglia


Senza esitare un minuto, quando avrei potuto farlo, ho deciso di studiare il passato e di insegnarlo ai giovani per alcuni decenni piuttosto che fare il concorso per diventare un giudice. Eppure mio padre aveva fatto proprio quel mestieri negli anni più difficili (durante il regime fascista) e il professore con il quale sostenni la mia tesi di laurea, insisteva con una forza ancora maggiore pensando alle idee che avevo sostenuto in quella tesi e alle ragioni che avevo portato a favore del dettato costituzionale. Ma io non volli sentir ragioni e pur disponendo di una laurea giuridica decisi di dedicarmi ad altro. Non me ne pento e non tornerei indietro.
Ma, quando oggi ho letto sui giornali che la pena accessoria comminata all'imprenditore di Arcore, che è già stato peraltro quattro volte presidente del Consiglio tra il ventesimo e il ventunesimo secolo, ho provato molta amarezza.

Ci vorrebbe una statistica delle pene accessorie che si sono date negli ultimi trent'anni per rendersi conto dei criteri usati in questa circostanza ma, se esiste, non ho il tempo e gli strumenti per usarla (facendo, come qualcuno sa, un altro mestiere) e dunque non pongo il problema della pur necessaria comparazione. Ma se si pensa che per la frode fiscale miliardaria - rara nelle sue proporzioni - per cui l'imprenditore, ex capo del governo è stato condannato a quattro anni di cui tre coperti da un indulto. L'ultimo lo passerà andando all'ospedale San Luigi una volta alla settimana per quattro o cinque ore assistendo come "volontario" anziani disabili,c'è da prendere atto di una indulgenza ineguagliabile che mostra la giustizia italiana al mondo intero non solo come una macchina scassata e inefficiente ma anche e soprattutto come una serva fedele e ostinata di tutte le ragioni di Stato (come è stato dimostrato più volte da tutti i casi non risolti di stragi e di terrorismi, a cominciare da quello davvero terribile che si riferisce al rapimento e all'assassinio di Aldo Moro).

Questa è la realtà che emerge da una lettura il più possibile serena e attenta del provvedimento emesso alcune ore fa. E questo avviene, vorrei che i lettori lo tenessero presente nello stesso arco di ore in cui altri giudici devono decidere il destino giudiziario del fondatore di Forza Italia Marcello dell'Utri già condannato in due gradi di giudizio per concorso esterno ad associazione mafiosa e un ex comico che è diventato un importante leader politico, Giuseppe, Beppe Grillo insulta gli ebrei e tutte le vittime dei lager nazisti senza che tanti canali televisivi e giornali si indignino.

Un mio collega di Torino, Sergio Luzzatto, dieci anni fa in un suo libricino einaudiano parlava di "crisi dell'antifascismo" ed aveva ragione. Ma io oggi a pochi giorni dalle elezioni europee e con una crescente difficoltà del parlamento di approvare le leggi parlerei di una crisi gravissima della repubblica che non ci fa avere grandi speranze sul futuro, almeno per quello più vicino.



17 aprile 2014

dal sito http://www.nicolatranfaglia.com/blog/





giovedì 17 aprile 2014

TSIPRAS, IL MEGAFONO DELLA SOLIDARIETA' POSSIBILE





TSIPRAS, IL MEGAFONO DELLA SOLIDARIETA' POSSIBILE

Mentre si festeggia la presentazione della lista per le europee, un libro di Pucciarelli e Russo Spena racconta il leader di Syriza. 
Ecco la prefazione di Valeria Parrella



Proprio nel giorno in cui la lista "L'altra Europa con Tsipras", sostenuta da diversi intellettuali tra cui Barbara Spinelli e Luciano Gallino, consegna le firme necessarie alla presentazione alle elezioni europee, esce nelle librerie Tsipras chi? Il leader greco che vuole rifare l'Europa (Alegre, 128 pag., 12,00 euro), scritto a quattro mani dai due giornalisti Matteo Pucciarelli, di Repubblica, e Giacomo Russo Spena, di Micromega.

Der spiegel l'ha definito il nemico numero uno dell'Europa, e i più recenti sondaggi danno la sua Syriza - con un radicale programma antiausterity - primo partito in Grecia alle elezioni europee, dopo essere passata dal 4% delle elezioni del 2009, al 26,9% del 2012. In Italia però Alexis Tsipras, leader greco a cui si aggrappa la sinistra radicale in profonda crisi nel nostro paese, è ancora poco conosciuto. Il libro di Pucciarelli e Russo Spena colma questo vuoto ripercorrendo la sua storia politica dal movimento No Global ad oggi, analizzando come la crisi abbia influito sull'esplosione del suo partito e sull'implosione del Pasok, sviscerando il suo programma di Governo senza nascondere i dibattiti interni al suo partito e le difficoltà di fronte all'ipotesi di un Governo anti-sistema. Ipotesi tutt'altro che improbabile nel prossimo futuro in Grecia e che fa tremare i polsi ai poteri forti di Bruxelles.

Una biografia per nulla agiografica, con un reportage dal paese ellenico che condensa tutte le questioni che interrogano la sinistra radicale in crisi in tutta Europa, e che svela perché i poteri forti di Bruxelles siano così preoccupati da questo ragazzo di 39 anni.

Ecco la prefazione di Valeria Parrella, la scrittrice napoletana che è anche candidata alle prossime europee, ovviamente con la lista Tsipras:

domenica 13 aprile 2014

UNA BREVE NOTA SUGLI SCONTRI DI ROMA di Stefano Santarelli



UNA BREVE NOTA SUGLI SCONTRI DI ROMA
di Stefano Santarelli


Che ieri ci sarebbero stati scontri era già facilmente intuibile soltanto limitandosi a passeggiare a Porta Pia dove doveva partire il corteo il quale ha aspettato ben due ore prima di muoversi. Un corteo, questo va detto, estremamente pacifico e festante.

Quello che appariva subito evidente era la mancanza di una direzione politica e organizzativa della manifestazione. Era infatti emblematico un manifesto dell’area, chiamiamola antagonista, che propugnava un “corteo meticcio, antirazzista e antifascista” e lo striscione iniziale del corteo era per la difesa del diritto alla casa, certamente un diritto sacrosanto figuriamoci, ma in questo contesto erano parole d’ordine che definire più che generiche è dire poco specialmente per una manifestazione che oggettivamente rappresentava la prima protesta di piazza contro il Governo Renzi/Berlusconi e che non denunciava, come abbiamo visto, con la dovuta forza la criminale politica dell’Unione Europea verso i ceti più deboli della nostra società.

Questo corteo ha visto una partecipazione estremamente ridotta rispetto alle giornate del 18 e 19 ottobre, e di questo dovremmo tutti quanti riflettere.

Fin dall'inizio è stato letteralmente circondato da imponenti forze di polizia che aspettavano solo un pretesto per attaccarlo. E tale pretesto è stato immediatamente fornito dai cosidetti Black Bloc (anzi oggi Blu Bloc) che costituivano, come negli scontri di due anni fa, una esigua minoranza non rappresentativa del corteo, un corteo che come allora non era dotato di un minimo di Servizio d’ordine.

Questa manifestazione è finita quindi nel peggiore dei modi con scontri violentissimi che hanno coinvolto come al solito non i provocatori ma i pacifici manifestanti ed è emblematico l’atteggiamento della polizia che all’inizio ha lasciato campo libero ai Black Bloc per poi caricare violentemente a Piazza Barberini il corteo.
Il Governo Renzi/Berlusconi si è mostrato quindi con il suo vero volto, un volto violento ed insensibile alle tematiche sociali che questa manifestazione, sia pure con tutte le sue contraddizioni, portava avanti.

Un bruttissimo segnale a cui corrisponde una incapacità di tutta la sinistra radicale a essere veramente alternativa a questo stato di cose.


mercoledì 9 aprile 2014

LA PROBABILE CAPORETTO DELLA LISTA TSIPRAS di Pierpaolo Farina





LA PROBABILE CAPORETTO DELLA LISTA TSIPRAS
di Pierpaolo Farina



Forse le aspettative erano troppo grandi, perché già si pensava, un paio di mesi fa, al primo passo per qualcosa di decente da votare a Sinistra. Ma rimane il fatto che l’Altra Europa, la lista che riunisce le varie anime a sinistra del PD per cercare di superare il 4% alle Europee, rischia di trasformarsi nell’ennesimo fallimento.

C’è chi è più ottimista e fa bene ad esserlo, perché a questo mondo un po’ di sano ottimismo ci vuole, ma davvero nutro poche speranze circa la sopravvivenza della lista non solo nell’urna, ma anche dopo, qualora dovesse strappare qualche europarlamentare nella ripartizione dei seggi. Nei primi sondaggi, “la sinistra unita per Tsipras” si aggirava attorno al 7%: un risultato apprezzabile, un mezzo trionfo visti i risultati passati.

Ora invece la lista è data da tutti sotto la soglia di sbarramento. Perché? Anzitutto, per il solito snobismo radical chic di chi ha preso in mano la lista, che ha imposto quattro nomi e un simbolo da far votare a chi aveva aderito all’appello, togliendo la parola “SINISTRA” dal nome: un mezzo suicidio annunciato, visto che non si tratta di un partito con solide radici e ben rappresentato sulla scena mediatica.

Se a questo poi aggiungiamo che non c’è nessun leader carismatico forte da contrapporre ai due che si stanno fronteggiando in questa tornata (Renzi e Grillo), il gioco è fatto: infatti, Tsipras è un leader greco, per giunta comunista, che non parla italiano e che ha una copertura mediatica ridotta. E infatti questo spiega perché sia qui molto spesso: la Sinistra in Italia è il tallone d’Achille della sua candidatura.

Negli altri paesi europei ci sono partiti con una tradizione consolidata (e anche in crescita, come Mélenchon in Francia, al 10%), qui siamo al casino, perché i vari azionisti della lista non solo si guardano in cagnesco, ma dopo il 25 maggio torneranno a cantarsele come e più di prima. Senza contare che molte delle candidature forti che potevano esserci (la Spinelli, Ovadia, Curzio Maltese) si son già bruciate da sole, annunciando che, in caso d’elezione, lasceranno il posto a quello dopo in lista. Una genialata che ha alienato migliaia di voti e dimostra anche una profonda ignoranza delle più basilari regole di comunicazione politica.

Deve averlo ben fiutato Sonia Alfano, a cui venne chiesto di candidarsi tramite Ingroia (a volte ritornano), ma rifiutò perché “c’erano persone incompatibili con la mia storia” (e ci credo, andava ai convegni di Forza Nuova, a suo agio con gente di sinistra non ci si poteva trovare).

Mi auguro di avere torto marcio e, per quel che mi riguarda, voterò la lista. Quel che è certo è che così, a Sinistra del PD, non si può continuare.


8 aprile 2014


dal sito Qualcosa di sinistra



mercoledì 2 aprile 2014

RICORDANDO JACQUES LE GOFF







RICORDANDO JACQUES LE GOFF

LE GOFF: Non è vero che Carlo Magno fu padre dell'Europa



Milleduecento anni fa, il 28 gennaio 814, moriva ad Aquisgrana Carlo Magno, il re dei Franchi che la notte di Natale dell'anno 800, a Roma, nella Basilica di San Pietro, fu incoronato da Papa Leone III imperatore del Sacro romano impero. Colui che sconfisse i Sassoni e gli Avari, e che nel 774 divenne re anche dei Longobardi, fu uno dei massimi protagonisti dell'Alto medioevo, nella cui azione si è spesso voluto vedere uno dei padri dell'Europa. Come scrisse lo storico Lucien Febvre, "l'impero di Carlo Magno ha dato forma per la prima volta a ciò che noi chiamiamo Europa". Un giudizio con cui però non concorda Jacques Le Goff, per il quale il re dei Franchi, "se è vero che unificò sul piano militare e amministrativo una vasta parte del nostro continente", in realtà "non aveva alcuna coscienza dell'Europa ". Lo studioso francese ce ne parla nella sua casa parigina ingombra di libri, cercando di distinguere la leggenda che circonda il personaggio dalla concreta realtà dei fatti storici.

UNA RAFFICA DI CHIACCHIERE di Antonio Moscato



UNA RAFFICA DI CHIACCHIERE
di Antonio Moscato



Gli annunci di Renzi sono costruiti con una tecnica ben sperimentata: si presentano ogni volta 4 o 5 misure, di cui una accettabile o addirittura attraente, insieme ad altre decisamente respingenti, oppure assolutamente insignificanti.

Esempio principe di quest’ultimo tipo la cosiddetta eliminazione delle province. L’avevamo scritto appena fu ventilata: che benefici darebbe, se le stesse funzioni che sono tolte a questi enti devono essere attribuite alle regioni o ai comuni? Magari l’unico vantaggio per il governo è che costringerebbe a licenziarsi quelle lavoratrici con figli piccoli spostate da un ufficio di una provincia periferica a quello del capoluogo di regione, a 30 o 50 km di distanza. Risparmi per l’amministrazione pubblica? Poco o niente.

Anche la sostituzione dei consigli provinciali eletti con consigli designati o eletti da un piccolo corpo come quello dei sindaci, servirà a poco. Non ci saranno più emolumenti, dicono, ma siamo pronti a scommettere che, come si è sempre fatto, ci saranno rimborsi vari, come è accaduto quando si è dovuto eliminare formalmente il finanziamento ai partiti. Siamo il paese del “ribattezzo”: il precursore fu quel vescovo a cui portarono una lepre di venerdì, quando era rigorosamente proibito mangiare carne, e se la cavò ribattezzandola “trota”… Quando un referendum pannelliano soppresse il ministero dell’agricoltura (cosa in sé stupidissima) fu ribattezzato ministero delle politiche agricole. E quando un referendum vietò il profitto sull’acqua, fu ignorato sostenendo che non si trattava di profitto ma di giusto compenso…

martedì 1 aprile 2014

LO SCONTRO SUL SENATO: COSA C'E' DIETRO di Aldo Giannuli




LO SCONTRO SUL SENATO: COSA C'E' DIETRO
di Aldo Giannuli



Con l’intervista del Presidente del Senato Grasso (Corriere della Sera 30 marzo 2014) ed il successivo battibecco fra lui e Renzi è esploso uno scontro di grande portata politica, nel quale si stanno inserendo anche altri soggetti istituzionali. Con l’inarrivabile rozzezza dei renziani, la Serracchiani è arrivata a richiamare il Presidente del Senato (seconda carica istituzionale del paese) alla disciplina di partito: non era mai accaduto prima. Ma, in realtà, Grasso ha solo reso manifesto un conflitto che covava copertamente e che riguarda due diverse concezioni della democrazia, entrambe autoritarie e liberticide, ma fra loro opposte: la variante iper-populista e plebiscitaria e quella elitaria e monarchica.

La proposta fatta da Renzi e Berlusconi di fatto abroga il Senato, togliendogli quasi tutte le competenze, ma, soprattutto, disegnando una composizione non elettiva e di persone (sindaci e Presidenti di Regione) legate al loro ruolo sul territorio e, pertanto, di fatto impossibilitate a partecipare ai lavori di un organismo a centinaia di chilometri dalla propria sede. E, infatti, si prevede una riunione mensile puramente simbolica.
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