Diari di Cineclub

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venerdì 24 giugno 2016

BREXIT: CHE SUCCEDE ORA? di Aldo Giannuli






BREXIT: CHE SUCCEDE ORA?
di Aldo Giannuli



Contro sondaggi ed exit poll, ha vinto Brexit: 48 a 52, la Gran Bretagna decide di uscire dalla Ue. L’assassinio di Joe Cox non ha giocato il ruolo sovvertitore delle tendenze dell’elettorato che si temevano ed ora rischia di essere un boomerang che torna sul governo. Sulle ragioni di questo distacco ragioneremo quando potremo analizzare i risultati di dettaglio. Ora cerchiamo di capire che scenari si preparano.

In primo luogo di carattere politico a cominciare dal destino del governo: le regole della politica (e della correttezza istituzionale) vorrebbero che Cameron ne traesse tutte le conseguenze, ma siamo nel tempo dei giullari e Cameron è solo un Renzi che parla con la bocca a culo di pollo, per cui non ci aspettiamo alcun gesto onorevole, anche perché, a differenza del nostro, questo giullare ha messo le mani avanti per non cadere ed ha detto che, qualunque sia il risultato, lui non se ne va. Però non è detto che resti, perché dipende dalla tempesta che può scatenarsi.

In secondo luogo c’è un dato che deve far pensare: Brexit ha vinto in Inghilterra strettamente considerata (salvo la cosmopolita Londra), però ha perso in Scozia, il che lascia presagire una possibile conseguenza diretta: il riproporsi del separatismo scozzese.

In terzo luogo, gli effetti sulla Ue. Vero è che l’Uk è sempre stata con un piede dentro ed uno fuori dall’Unione, però è la prima aperta sconfessione popolare di un paese importante verso la Ue. E questo ha due conseguenze dirette: ha stabilito un precedente che potrà essere seguito da altri e rilancia le tendenze separatiste in tutti i paesi, in secondo luogo saltano tutti gli equilibri istituzionali. Infatti, pur non facendo parte dell’eurozona, la banca centrale inglese partecipa al board della Bce: può continuare così? E Se esce, chi rileva la sua quota percentuale? Ed ha un senso la presenza di parlamentari inglesi nel Parlamento di Strasburgo? Ed ovviamente, anche Commissione e Consiglio d’Europa devono adeguarsi. Aumenta ancora il peso della Germania, ma questo non fa che alimentare le tendenze secessioniste altrui.

venerdì 17 giugno 2016

VI SPIEGO PERCHE' RENZI CI MANDERA' IN PENSIONE PRIMA MA INDEBITATI di Giorgio Cremaschi






VI SPIEGO PERCHE' RENZI CI MANDERA' IN PENSIONE PRIMA MA INDEBITATI
di Giorgio Cremaschi



Si potrà andare in pensione prima ma sottoscrivendo un mutuo ventennale con le banche. Una trovata di Renzi che Cgil, Cisl e Uil trovano «interessante».



Solo la libidine di servilismo da cui sono soggiogati i gruppi dirigenti di CGIL,CISL, UIL può aver fatto sì che questi considerassero interessante il progetto del governo sul prestito bancario ventennale, necessario per poter andare in pensione un po’ prima. Del resto il confronto con la Francia mostra ogni giorno come i grandi sindacati confederali in Italia siano parte del disastro che è precipitato addosso al mondo del lavoro, cioè siano tra i problemi e non tra le soluzioni.

La sola cosa giusta e ragionevole da fare sarebbe quella di riabbassare l’età pensionabile dai livelli iniqui cui l’ha elevata la legge Fornero. Ma siccome il governo si è impegnato con la Troika a non toccare quella legge, ecco allora il coniglio che salta fuori dal cappello: il mutuo per la pensione.

Il governo propone che un lavoratore di 63/64 anni possa andare in pensione prima dei 67/68 imposti dalla legge Fornero, facendo un prestito in banca. Cioè la banca, a chi dovesse lasciare il lavoro prima, pagherebbe una simil pensione per i tre quattro anni mancanti rispetto alla scadenza effettiva della quiescenza. Il pensionato restituirebbe poi la somma dovuta con un mutuo ventennale. Quindi un lavoratore che normalmente ha già il reddito gravato dal mutuo per la casa e per altre spese fondamentali, dovrebbe indebitarsi in vecchiaia per altri venti anni, cioè finirebbe per non prendere mai la pensione che ha maturato, a meno che non si avvicinasse alla soglia dei 90 anni di età. Inoltre, se sfortunatamente dovesse morire prima del dovuto, lascerebbe al coniuge e agli eredi un debito in più. I mutui non si estinguono per la scomparsa del soggetto titolare.

mercoledì 8 giugno 2016

# RENZI NONSTASERENO, MA SERVE IL CONFLITTO SOCIALE di Thomas Müntzer






# RENZI NONSTASERENO, MA SERVE IL CONFLITTO SOCIALE
 di Thomas Müntzer



Oggi è più chiaro perché Matteo Renzi abbia tentato in ogni modo di dire che queste elezioni non riguardavano il suo Governo, puntando tutto sul referendum di ottobre, su cui è convinto di aver gioco più facile.
Le amministrative di ieri, guardando le 5 grandi città ossia quelle in cui il voto ha maggiormente un carattere politico, sono infatti prima di tutto una chiara battuta d’arresto per il Governo e il suo presidente del Consiglio. Se alla vigilia dal Pd facevano sapere di aver accorciato le distanze dalla Raggi a Roma, di poter vincere anche al primo turno a Bologna e Torino e di essere in netto vantaggio a Milano, i risultati del primo turno pongono il Pd fuori dal ballottaggio a Napoli, ben distaccato dalla Raggi a Roma, in un sostanziale pareggio a Milano, e in bilico sia a Torino che a Bologna. Staremo a vedere i risultati del secondo turno, ma è evidente che i tanto sbandierati effetti positivi del Jobs act e della politica economica del Governo non esistono per le persone in carne ed ossa, che continuano al contrario a pagare pesantemente gli effetti sociali della crisi e delle politiche di austerity e sperano in un radicale cambiamento.

Non a caso ad esser premiate maggiormente dal voto sono le forze percepite come “anti-sistema”, insieme ad un aumento continuo dell’astensione (tra il 40 e il 45% nelle grandi città) che va letta in larga parte come un rifiuto rabbioso per i partiti che hanno governato negli ultimi vent’anni in continuo ossequio alle politiche liberiste e senza nessuna sostanziale differenza tra loro. Non a caso, in molti casi sia centro-sinistra che centro-destra si sono presentati con un enorme numero di liste civiche, a livelli mai visti nel paese, con una vera e propria operazione di maquillage per ceti politici locali vecchi di decenni ma decisi a mantenere saldamente le loro mani sui territori, nascondendo partiti e sigle in modo sistematico.

venerdì 3 giugno 2016

AMMINISTRATIVE: ANCORA UNA VOLTA IL NEMICO DA BATTERE E' IL PD di Aldo Giannuli





AMMINISTRATIVE: 
ANCORA UNA VOLTA IL NEMICO DA BATTERE E' IL PD
 di Aldo Giannuli




Normalmente, quelle amministrative sono elezioni di serie B rispetto alle politiche. Ma non sempre, ci sono situazioni eccezionali nelle quali le amministrative hanno effetti politici che vanno molto oltre la posta ufficialmente in palio ed aprono la strada a sviluppi politici di importanza straordinaria: le comunali del novembre 1945 aprirono la strada alla repubblica, quelle del 1975, dopo il referendum sul divorzio, preannunciarono la straordinaria vittoria comunista dell’anno dopo, le comunali del 2011 avviarono il declino di Berlusconi. Addirittura, quelle spagnole del 1931, causarono la a della monarchia e la nascita della Repubblica. Oggi siamo in una situazione di questo genere, in vista del più importante referendum della storia repubblicana.

Non è sui sindaci che stiamo votando, ma sul governo e sulla sua riforma istituzionale.

Il risultato avrà una influenza inevitabile sull’uno e sull’altra. Rispetto a questo i nomi dei candidati non hanno rilevanza.

Qui si tratta di individuare il nemico principale da battere e la risposta non può che essere una: il Pd che sta operando per mutare la forma di governo nel nostro paese ed instaurare un regime illiberale.

D’altro canto, la natura sociale del Pd (al di là della residua quota di iscritti illusi che vogliono credere ancora di stare nel Pci) è ormai più che chiara dopo “riforme” come il job act, il nuovo assetto di Bankitalia, l’ordinamento delle banche popolari o di credito cooperativo, la 2buona scuola”, eccetera eccetera.
E’ arrivato il momento di presentare il conto

Da un ventennio siamo afflitti da un eterno ricatto: votiamo la “sinistra” (cioè il Pds-Ds-Pd) perché altrimenti “vince la destra”. Ed abbiamo sempre ceduto votando così per “non far vincere la destra” con il risultato di far vincere la destra nel Pd che ormai è molto peggiore di Forza Italia. I voti, il Pd se li faccia dare dai verdiniani, dagli alfaniani, da piduisti, camorristi e uomini della Magliana. La sinistra non c’entra nulla con tutto questo.

Per una persona che si ritenga sinceramente di sinistra, il voto al Pd è un disonore di cui vergognarsi per il resto dei propri giorni. E questo vale anche per i ballottaggi. Invito a sostenere i candidati del M5s e quelli della vera sinistra (Airaudo, Rizzo, Fassina, De Magistris).

NON UN VOTO DI SINISTRA VADA AL PD


2 giugno 2016


La vignetta è del Maestro Mauro Biani


dal sito http://www.aldogiannuli.it/1






 
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