Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

mercoledì 29 gennaio 2014

VENT’ANNI DI SILVIO BERLUSCONI di Diego Giachetti




VENT’ANNI DI SILVIO BERLUSCONI
di Diego Giachetti



Ma tu chi sei?. Sono il tuo incubo peggiore!. 
(Sylvester Stallone in Rambo 3)




Vent’anni or sono, il 26 gennaio del 1994, Silvio Berlusconi annunciò la sua discesa nell’arena politica con Forza Italia, partito costruito repentinamente davanti a un notaio a Milano il 29 giugno 1993. L’uomo che stava per scendere nella politica era presidente della Fininvest un grosso gruppo imprenditoriale, composto da circa 300 aziende organizzate in sette comparti, poteva contare su 40 mila collaboratori sparsi su tutto il territorio nazionale nelle sedi regionali di Pubblitalia, disponeva di 530 punti vendita Standa, di 300 aziende di Programma Italia, più gli uffici di Mediolanum assicurazioni e di Edilnord. Le risorse finanziare, umane, organizzative, tutte necessarie alla costruzione del movimento politico, vennero dalle aziende Fininvest, ad iniziare dalla gruppo dirigente, quello aziendale, che si trasferì in politica.

Un partito costruito dall’alto quindi, governato e organizzato dallo staff aziendale con a capo il suo presidente in una fusione diretta tra rappresentanza politica e rappresentanza di interessi economici che non aveva precedenti nella storia italiana e che poteva trovare un suo spazio e una sua collocazione approfittando di due coincidenze: il disorientamento in cui versava un’Italia conservatrice, numerosa ma disomogenea, accomunata da una forte avversione per la sinistra; la riforma elettorale (il Mattarellum) che nel 1993 aveva abolito il sistema proporzionale, in vigore dal 1946, introducendo il maggioritario-bipolare.

martedì 28 gennaio 2014

I 70 ANNI DI ANGELA DAVIS CHE COMBATTE DA SEMPRE CONTRO L'INDUSTRIA DELLE CARCERI



I 70 ANNI DI ANGELA DAVIS CHE COMBATTE DA SEMPRE CONTRO L'INDUSTRIA DELLE CARCERI


Oggi Angela Davis compie 70 anni, la black panther è ancora attivissima e combattiva, soprattutto sul fronte delle carceri: pubblichiamo la sintesi di un suo intervento sull'industria delle prigioni in America e altrove…

La prima risposta ai problemi sociali delle persone che vivono in povertà è diventata l’incarcerazione. Quegli stessi problemi sono stati tutti raggruppati insieme nella categoria “criminalità”. L’essere dei senza tetto, la disoccupazione, il disagio mentale, l’analfabetismo sono alcuni di questi problemi, che scompaiono dalla scena pubblica quando gli esseri umani che ne sono protagonisti vengono relegati e chiusi in una gabbia. E la pratica di far scomparire un vasto numero di persone dalle comunità dei poveri, degli immigranti e da quelle dei neri è diventata letteralmente un grosso affare economico.

Quando si fa scomparire un gran numero di esseri umani per dare l’illusione di risolvere un problema sociale è necessario creare infrastrutture penali, merci e servizi devono essere resi disponibili per tenere viva la popolazione imprigionata. A volte bisogna trovare il modo di tenere questa popolazione impegnata mentre talvolta – soprattutto nei carceri di massima sicurezza- bisogna privarla di qualsiasi attività significativa.

venerdì 24 gennaio 2014

LEGGE ELETTORALE E DEMOCRAZIA BORGHESE di Marco Ferrando



LEGGE ELETTORALE E DEMOCRAZIA BORGHESE: CONTRO LA GOVERNABILITA', UNA BATTAGLIA DI CLASSE PER LA RAPPRESENTANZA
di Marco Ferrando


L'attuale proposta di legge elettorale Renzi/Berlusconi è peggio di una legge truffa ordinaria. E' una provocazione reazionaria.

Il diritto negato di preferenza è solo un aspetto limitato della questione. E' un aspetto significativo, naturalmente, perchè è mirato a concentrare il massimo potere di comando e controllo delle segreterie di PD e PDL sui propri gruppi parlamentari e partiti: a beneficio di Renzi, contro la minoranza interna minacciata di epurazione; e di Berlusconi, contro le spinte centrifughe che albergano in Forza Italia e la concorrenza elettorale di NCD e dei suoi clan, spesso più radicati sul territorio. Questo fatto spiega perchè il punto delle preferenze è diventato il principale pomo della discordia nei due cantieri del bipolarismo, in particolare nel PD.

Ma questo aspetto fa velo su enormità ben più grandi, dal punto di vista democratico.

La combinazione di un premio di maggioranza del 18% a partire dal 35% di coalizione; dell'elevamento delle soglie di sbarramento all'8% per l'accesso in Parlamento di liste indipendenti; dell'innalzamento al 5% delle soglie di sbarramento per le stesse liste interne alla coalizione; del calcolo dei voti delle liste escluse dalla rappresentanza a favore dei partiti rappresentati; del ballottaggio tra le due coalizioni più votate sotto il 35% ,senza soglie di riferimento ; produce , nel suo insieme, una risultante molto semplice: un partito del 20% (o poco più) può giungere virtualmente a ottenere una maggioranza assoluta del Parlamento, con un premio di maggioranza del 30% (!). Come e più del famigerato Porcellum. Come e più della legge Acerbo varata dai fascisti nel 23 ( che assicurava i due terzi del parlamento per chi avesse raggiunto il 25% dei voti, ma non prevedeva né soglie di sbarramento, né il ballottaggio tra i due più votati sotto il 25%). L'accordo “storico” Renzi / Berlusconi è questo: non solo la spartizione del comando nei rispettivi schieramenti ma la spartizione e contesa di un'enorme massa di elettori privati del diritto di rappresentanza. Secondo la logica maggioritaria degli ultimi 20 anni, ma peggio che negli ultimi 20 anni.

domenica 19 gennaio 2014

BANGLADESH: UN PAESE AL LIMITE DEL PUNTO DI ROTTURA? di Pierre Rousset





BANGLADESH: UN PAESE AL LIMITE DEL PUNTO DI ROTTURA?
di  Pierre Rousset



Uno dei tre giganti demografici dell’Asia del Sud – con l’India e il Pakistan – il Bangladesh attraversa una crisi profonda della quale non si vede lo sbocco.



Nel Bangladesh si sono appena tenute le elezioni legislative, che non porranno fine a una crisi con molti aspetti, che risulta ogni anno più acuta.

Crisi politica.  Al potere dal 2008, la Lega Awami ha ottenuto l'80% dei seggi allo scrutinio legislativo del 5 gennaio; la prima ministra uscente, Sheikh Hasina, rimane al suo posto. L'opposizione condotta dal Partito nazionalista del Bangladesh alleato degli islamisti, ha boicottato le elezioni e non ne accetta il risultato (anche nel BNP la figura di punta è una donna, l’ex prima ministra Khaleda Zia). L'Unione europea, gli Stati Uniti e il Commonwealth hanno preso le distanze dal regime rifiutando di mandare missioni di osservazione della campagna elettorale, durante la quale sono state uccise circa 150 persone. Le violenze politiche hanno segnato l'intero anno 2013, con probabilmente 500 morti, il bilancio annuo più alto dall'indipendenza.

Tradizionalmente in Bangladesh, per organizzare nuove elezioni si forma un governo “apolitico” di transizione. Questa volta la Lega Awami si è opposta, offrendo l'occasione al BNP, di cui parecchi dirigenti sono in galera o in fuga, di chiamare al boicottaggio.

Crisi istituzionale. In Bangladesh, l'Islam è la religione di stato, ma nondimeno il regime è largamente laico e la sinistra «secolare» è potente. Però l’ascesa dei fondamentalismi religiosi nella regione (induista in India, buddista in Sri Lanka, musulmano in Pakistan...) si fa sentire anche nel paese, rimettendo in discussione i riferimenti laici (secolari) delle istituzioni e riaprendo le ferite della guerra di liberazione.

Dal 1947 al 1971, il Bangladesh attuale costituiva il Pakistan orientale, dominato dal Pakistan occidentale. Ha ottenuto l'indipendenza dopo una lotta armata, con l'appoggio dell'India. Ma i principali movimenti islamisti di oggi hanno fornito soldati suppletivi all'esercito pakistano durante quel conflitto sanguinoso nel quale hanno commesso numerosi crimini di guerra. Il loro attivismo attuale e il loro radicalismo fondamentalista (particolarmente contro le donne) hanno provocato una reazione di massa, che esige che i loro dirigenti siano finalmente processati per i crimini del 1971. Nel dicembre scorso uno di loro, Abdul Kader Mollah, vicino al BNP, è stato condannato a morte.

Crisi sociale. Il crollo dell'edificio industriale Rana Plaza nell'aprile del 2013, nella periferia di Dacca (1200 morti) ha rivelato all'opinione pubblica mondiale la precarietà estrema e il livello di sfruttamento imposti alle operaie del tessile. La mondializzazione capitalista, gli agganci fra padroni locali e i committenti internazionali, la concorrenza imposta ai paesi produttori di abbigliamento hanno provocato una crisi sociale esplosiva che si manifesta in Bangladesh, Cambogia, India, Pakistan... Una crisi sociale che colpisce in pieno anche i contadini.

Crisi climatica. Il Bangladesh è forse il «grande» paese più colpito dalle conseguenza del riscaldamento atmosferico. È già stato colpito da cicloni micidiali e da piogge monsoniche torrenziali: Si stima che la metà del territorio (di cui il 10% si trova al di sotto del livello del mare) verrebbe allagato se il livello dell'oceano aumentasse di un metro. Una gran parte della popolazione è minacciata, poiché il delta del Gange e del Brahmaputra è anche la regione più fertile dove è particolarmente alta la densità umana.

Di fronte al caos climatico, la popolazione si trova indifesa. Il paese sta per conoscere un numero crescente di «rifugiate-i interni» che renderanno ancora più fragile un tessuto sociale minato dalle politiche liberiste e dalle violenze religiose settarie.

Gli spostamenti migratori si orientano anche verso l'India, paese frontaliero del Bangladesh, dove si rafforzano i movimenti xenofobi. La crisi del Bangladesh può contribuire a destabilizzare parecchie regioni dell'Asia del Sud.


13 gennaio 2014

Trad. A. Marie Mouni


Articolo scritto per il settimanale dell’NPA, L’Anticapitaliste (Francia).



dal sito Movimento Operaio




martedì 14 gennaio 2014

INTERVISTA A KSHAMA SAWANT, MARXISTA ELETTA A SEATTLE









 








INTERVISTA A KSHAMA SAWANT, MARXISTA ELETTA A SEATTLE


"La sinistra può rompere il bipolarismo" 
a cura di Sara Wrack



 





La serata del 15 novembre verrà ricordata come una tappa storica nella ricostruzione di un movimento socialista negli USA, principale nazione capitalistica nel mondo. Kshama Sawant, candidata di Socialist Alternative (organizzazione partner di ControCorrente negli USA N.d.T.), ha conquistato un seggio nel Consiglio Comunale di Seattle costringendo il suo avversario a riconoscere la sconfitta prima della fine dello scrutinio. E’ la prima volta da molti decenni che una candidata socialista negli USA riesce a vincere un’elezione sconfiggendo il Partito Democratico. Kshama ha raccolto più di 90mila voti.



Perché Socialist Alternative ha deciso di candidarti?

Già l’anno scorso ci siamo presentati alle elezioni per Camera dei Rappresentanti nello Stato di Washington contro il presidente della Camera Frank Chopp – forse il più potente legislatore dello Stato. Il motivo per cui abbiamo deciso di presentarci è frutto di un’analisi delle conseguenze del movimento Occupy. Occupy è stato molto vivace tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012. Poi si è articolato in tanti movimenti locali come l’occupazione di case nel Minnesota. Uno dei principali argomenti di discussione nel movimento era la rielezione di Barak Obama: per molte persone che si ritengono progressiste la priorità era avere Obama alla Casa Bianca perché la vittoria di­ Romney sarebbe stata inaccettabile.

domenica 12 gennaio 2014

IUS SANGUINIS O IUS SOLI? RIFLESSIONI SULLA STORIA POLITICA DELLA CITTADINANZA ITALIANA di Vito Francesco Gironda





IUS SANGUINIS O IUS SOLI?
RIFLESSIONI SULLA STORIA POLITICA DELLA CITTADINANZA ITALIANA
di Vito Francesco Gironda



Quali sono le ragioni che hanno sempre condotto in Italia a privilegiare lo ius sanguinis allo ius soli? Per rispondere a questa domanda bisogna risalire alle origini dello Stato unitario. In questa fase lo ius sanguinis è servito a procurare agli italiani un senso di appartenenza “nazionale”, capace di superare le varie frammentazioni territoriali e di guadagnare il consenso e l’inclusione delle élites economiche e sociali dei vecchi Stati territoriali. Ma il venir meno di queste esigenze dovrebbe condurre oggi a elaborare una nuova concezione della cittadinanza.

L’attuale dibattito politico sulla riforma della cittadinanza risente di una forte impostazione emotiva e di un principio di presunzione d’appartenenza, una concezione particolaristica dell’individuo e delle sue relazioni sociali quale risorsa culturale da spendere sul terreno della comunicazione politica.[1] Eppure, guardare alla storia politica dell’istituto giuridico della cittadinanza significa, storicamente, interrogarsi sulle trasformazioni della moderna statualità otto e novecentesca.[2]
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