Diari di Cineclub

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Rivista Cinematografica online e gratuita

lunedì 31 agosto 2015

VERGOGNA PER TUTTI I POTENTI, PAPA INCLUSO di Antonio Moscato





VERGOGNA PER TUTTI I POTENTI, PAPA INCLUSO
di Antonio Moscato




Ad ogni morto durante le migrazioni, in un barcone affondato, in una stiva piena di gas tossici, o per una pallottola partita dalla motovedetta che doveva “salvarlo”, si moltiplicano i latrati delle jene alla Salvini, ma anche le ipocrite voci di compianto, senza un’ombra di denuncia delle cause, e ovviamente senza una proposta convincente di soluzione. Lo stesso papa si è limitato a pregare, ad affidare ciascuna delle vittime dei naufragi e dei Tir senza bocche d’aria “alla misericordia di Dio”, come se dovessero essere perdonate di qualcosa, mentre a Dio ha chiesto “di aiutarci a cooperare con efficacia per impedire questi crimini, che offendono l’intera famiglia umana”.

Quali crimini? Quelli degli scafisti, degli autisti che cercano di lucrare sul viaggio infilando più persone possibili in un camion frigorifero? Lo si direbbe, perché subito Francesco dopo passa a enumerare i crimini contro i cristiani, associandoli alla celebrazione della morte di un vescovo ucciso cento anni fa nel Libano, senza temere di fornire pretesti a chi sogna nuove crociate...

Non certo i crimini del colonialismo, di cui è stata attiva complice per secoli la chiesa cattolica (come tutte le altre chiese cristiane, in maggiore o minore misura), e che sono all’origine dell’attuale ondata di migrazioni disperate. Crimini che non si misurano solo dal numero dei morti assassinati (di cui a volte i colonialisti non hanno smesso di vantarsi: la Gran Bretagna sta negoziando solo ora con Mugabe la restituzione delle teste tagliate ai combattenti dello Zimbabwe, conservate ed ancora esposte in un museo di Londra…), ma dalle distorsioni profonde delle loro economie: nella prima fase furono imposte con la violenza monocolture che cancellarono l’agricoltura di sussistenza che aveva sfamato per millenni le popolazioni locali, provocando distorsioni irreversibili a cui i governanti degli Stati formalmente indipendenti dopo la decolonizzazione si adattarono, contrattando con i dominatori di sempre qualche misero compenso per la loro funzione di “guardiani del gregge”.

Per fare qualche esempio, la tragedia della Libia non comincia con la sciagurata e criminale operazione iniziata nel marzo 2011, ma un secolo prima. La maggioranza degli italiani ignora che ci vollero venti anni di ferocissima repressione prima di completare la conquista di un paese dissanguato. Si pensi anche al rapporto tra Gheddafi e la borghesia italiana, che ne soddisfaceva la vanità e lo usava come garante degli investimenti petroliferi, e custode delle frontiere mediterranee. Ma lo stesso accade per le colpe dell’Italia in Somalia, prima con una conquista dannosa per entrambi i paesi, poi con un protettorato corruttore, sotto l’egida dell’ONU…

RIFONDARE L’EUROPA INSIEME A PROFUGHI E MIGRANTI di Guido Viale




RIFONDARE L’EUROPA INSIEME A PROFUGHI E MIGRANTI
di Guido Viale




In coincidenza con le più recenti stragi di profughi – di sicuro non le ultime – la decisione di Angela Merkel di sospendere unilateralmente la convenzione di Dublino sui richiedenti asilo e di accogliere in Germania tutti i profughi siriani senza rispedirli nel paese del loro ingresso nell’Unione Europea (Grecia, Italia e Ungheria) rappresenta un punto di svolta nel modo di rapportarsi al problema; ma presenta anche molte ambiguità, cosa che la Stampa mainstream si è guardata dal rilevare.

Innanzitutto è una decisione unilaterale con la quale Angela Merkel ribadisce che in Europa “comanda lei”, senza bisogno di accordi con Commissione, Consiglio o Parlamento europeo; gli altri Stati membri, se vogliono, possono adeguarsi.

Poi la Merkel ha fatto la sua scelta: accoglierà senza respingerli solo i profughi siriani. Certo oggi sono i più esposti a una delle tante guerre in corso; i più numerosi tra le nazionalità che cercano rifugio in Europa; ma presentano anche meno problemi di inserimento: hanno già molti parenti o conoscenze in Germania; quelli che hanno affrontato il viaggio per lo più appartengono a ceti professionali, sono istruiti ed erano abbastanza abbienti da potersi permettere spese di viaggio elevate. Ma sorge immediatamente un problema: quanti è disposta ad accoglierne? Perché, oltre a quelli che hanno già raggiunto l’Europa, i profughi siriani distribuiti tra Turchia, Libano, Iraq, Giordania ed Egitto sono oltre quattro milioni e altri sei milioni sono sfollati all’interno della Siria. Avere libero accesso in Germania potrebbe mettere in moto gran parte di coloro che finora non hanno avuto mezzi, informazioni o conoscenze sufficienti per decidersi ad affrontare il viaggio. Ma prima o poi proveranno a farlo. La Germania li accoglierà tutti?

domenica 30 agosto 2015

FAHRENHEIT 451 di Ray Bradbury





FAHRENHEIT 451 di Ray Bradbury



Due recensioni di questo capolavoro della letteratura a cura di Flavio Alunni e Cristina Fabriani



Fahrenheit 451 è ancora molto attuale. In molti modi. E non solo per quelli legati alla politica, alle dittature che ancora nel mondo pensano di poter controllare il pensiero umano, decidendo cosa i cittadini possono leggere e cosa no. Basta guardare quello che è accaduto negli Stati Uniti, come osserva Bradbury stesso (ma potrebbe essere applicato tranquillamente anche all'Italia): 

Qui i libri non li brucia nessuno, la censura non esiste, abbiamo la libertà di scrivere e di leggere tutto quello che vogliamo, ma allo stesso tempo non è esattamente così, perché negli ultimi decenni il nostro sistema educativo è stato distrutto, le generazioni più giovani non sanno cosa voglia dire leggere o scrivere. Non volevamo farlo ma stiamo facendo diventare la società americana come quella di Fahrenheit 451, una società nella quale per essere davvero liberi dovremmo imparare a leggere e scrivere di nuovo. (Ray Bradbury, 2003)

In un futuro non precisato i pompieri, anziché spegnere gli incendi, li appiccano per bruciare i pochi libri rimasti in circolazione. Chi li legge è un emarginato, un disadattato, un sovversivo che merita il carcere o peggio ancora la morte. Siamo in un futuro dove si ha paura di fermarsi a pensare, un futuro in cui di giorno le strade sono piene di macchine che sfrecciano ad altissima velocità e di notte, lungo i marciapiedi, non c'è un'anima. La notte si guarda la tv, poi ci si addormenta con le cuffie ascoltando la radio. Pensare rende tristi. Del resto la felicità è a portata di mano: la tv trasmette immagini di persone sorridenti tutto il giorno, commedie e intrattenimento fanno il resto. Lo svago è tutto, l'ignoranza è un bene. Bisogna nascondere sotto il tappeto i problemi, i dubbi, le contraddizioni, e, visto che ci siamo, anche il pensiero critico. Per fare ciò è stato necessario eliminare tutto quello che induce le persone a pensare, come le panchine, i giardinetti e le sedie a dondolo, perché questesono troppo comode e la gente deve stare in piedi, deve correre tutto il santo giorno. Insomma, perché i libri sono stati banditi? Perché i libri rendono la gente apprensiva, squilibrata. Perché non sia mai che il lettore si commuova leggendo una poesia: il pianto è una cosa dolorosa, da combattere. Perché un libro è una potentissima fonte di instabilità politica. Pensate che la lettura di un libro può addirittura cambiare le idee di una persona. Tremendo, vero?

sabato 29 agosto 2015

IL POTERE E LA GUERRA di Lanfranco Binni




IL POTERE E LA GUERRA
di Lanfranco Binni



La nomina di una corrispondente di guerra di provata fede atlantica alla presidenza della Rai e il diktat emerito del «presidente ombra» Napolitano ad accelerare la concentrazione dei poteri nell’esecutivo hanno forse qualche relazione con la nuova fase della guerra nell’area siriano-irachena e in Libia? In Siria, la campagna terroristica-mediatica dell’Isis ha svolto efficacemente il suo ruolo di provocazione e disgregazione, preparando il terreno a un intervento degli Stati Uniti e della Nato, ed è tempo di raccogliere i frutti della semina. Resta da risolvere la questione dell’indipendentismo kurdo, ma a questo ci pensa la Turchia: la no-fly zone nel nord della Siria, stabilita di fatto dalla Turchia e dagli Stati Uniti senza perdere tempo con mediazioni Onu, dal 24 luglio serve a bombardare gli avamposti kurdi, in prima linea contro l’Isis, e a sviluppare l’attacco alle posizioni dell’esercito governativo siriano. Sul piano della diplomazia, l’abile proposta iraniano-siriana (6 agosto) di una soluzione politica del conflitto (cessate il fuoco e nuovo governo di unità nazionale in Siria), non dovrà essere raccolta, provenendo dal vero obiettivo della strategia statunitense e israeliana nell’intera area: l’Iran, fortemente impegnato sul campo nella lotta ai terroristi dell’Isis.

La dittatura militare in Egitto e la preparazione di un intervento diretto della Nato in Libia, usando la testa di ponte del governo filoccidentale di Tobruk, completano il quadro. Guardandosi indietro, nell’intera area del vicino oriente e del Maghreb gli interventi occidentali hanno prodotto nell’ultimo ventennio la distruzione di tre Stati sovrani, laici – l’Iraq, la Libia, la Siria – che comunque garantivano la pacifica coesistenza delle popolazioni di diversa cultura e appartenenza religiosa, ma costituivano un vero ostacolo per le politiche predatorie dell’Occidente, investendo l’intero mondo islamico con un’aggressiva «guerra di civiltà» del Nord contro il Sud che produce, tra l’altro, i flussi migratori dalle zone di guerra che i paesi europei sono incapaci di gestire (è il caso dell’Italia) o non vogliono gestire affatto (dall’Ungheria alla Francia, all’Inghilterra).

giovedì 27 agosto 2015

SICUREZZA E GUERRA ALL'ALBA DEL XXI SECOLO di Aldo Giannuli





SICUREZZA E GUERRA ALL'ALBA DEL XXI SECOLO
di Aldo Giannuli




Ancora oggi, l’opinione più diffusa fa coincidere i problemi della sicurezza dello Stato con quelli di natura militare: la parola guerra è ancora associata all’idea di scontri di aerei, carri armati. Ma da oltre mezzo secolo le cose sono andate mutando.
Proprio l’impossibilità di giungere ad una guerra aperta fra i due grandi blocchi  -pena un conflitto nucleare reciprocamente distruttivo- spinse a cercare altre strade per piegare la volontà dell’altro alla propria, cioè, altre forme di guerra.

Il concetto di strategia andò affrancandosi dall’originaria pertinenza militare, diventando un concetto molto più ampio:

"(...) ho voluto di proposito collocarmi sul piano della strategia totale, quella che ha per oggetto di condurre i conflitti, violenti o insidiosi, contemporaneamente nel campo politico, economico, diplomatico, militare, e che presenta pertanto un carattere generale. Infatti, la strategia diventa in genere inintelligibile se si limita al campo militare, in quanto troppi fattori decisivi sono trascurati (...)"

Dal momento in cui Beaufre scrisse queste righe (1963) è passato mezzo secolo in cui il concetto di strategia è diventato sempre più onnicomprensivo, inghiottendo l’economia, la ricerca scientifica, il sistema satellitare, la finanza, la propaganda politica, le reti telematiche, ecc. e le guerre sono sempre meno guerre aperte ed a carattere militare, mentre diventano sempre più commerciali, valutarie, finanziarie ecc.

mercoledì 26 agosto 2015

MATTHIAS SINDELAR: L'ESILE FUNAMBOLO CHE UMILIO' HITLER di Carlo Perigli





MATTHIAS SINDELAR: 
L'ESILE FUNAMBOLO CHE UMILIO' HITLER
di Carlo Perigli



Stella della nazionale austriaca, Mathias Sindelar rovinò la festa che i nazisti avevano preparato per l’annessione dell’Austria alla Germania



Se l’umanità, come scriveva Leonardo Sciascia ne “Il giorno della civetta”, si distingue in quelle cinque categorie, che vanno dagli uomini ai “quaquaraquà”, ho l’onore di raccontare la storia di un Uomo – con la u volutamente maiuscola – che risponde al nome di Matthias Sindelar. Giocatore eccezionale e uomo tutto d’un pezzo, nonostante il fisico esile che gli valse il soprannome “Cartavelina“, Sindelar rimane un esempio da seguire per il coraggio che ebbe nello sfidare la potenza del Terzo Reich.

Negli anni trenta Sindelar è un idolo venerato da tutta l’Austria. Attaccante rapido e funambolico, con la maglia dell’Austria Vienna conquista 1 campionato, 5 coppe d’Austria e 2 Mitropa Cup (paragonabili alla moderna Champions League). Per Hugo Meisl, ct della selezione austriaca, è “il Mozart del calcio“, per via di quell’eleganza nel gioco che rapisce lo sguardo, per quella sua innata capacità di trasformare il dribbling in una sinfonia, qualità grazie alle quali guida un’Austria costellata di talenti che il mondo del calcio ha troppo presto dimenticato. “La squadra delle meraviglie“, una selezione che, tra il 1931 e il 1934 vinse 26 partite su 28, segnando la bellezza di 99 gol e che solo la politica le impedì, più di una volta, di scrivere la sua gloria nel grande libro del calcio. Prima al Mondiale del 1934, nel quale l’Austria venne sconfitta in semi-finale dai padroni di casa dell’Italia, in una partita nella quale di corretto c’erano solamente le dimensioni del campo; poi nel 1938, semplicemente perché l’Austria non esisteva più.

lunedì 24 agosto 2015

LA LEZIONE GRECA: IL FALLIMENTO DEL RIFORMISMO di Alan Woods





LA LEZIONE GRECA: IL FALLIMENTO DEL RIFORMISMO
di Alan Woods



Il Primo Ministro greco Alexis Tsipras ha appena annunciato le proprie dimissioni. Ha perso la maggioranza in Parlamento e Syriza si è spaccata, col leader della sinistra di Syriza Lafazanis che ha lanciato un nuovo partito, Unità Popolare.
In un discorso televisivo la scorsa notte Tsipras ha dichiarato che il governo di Syriza avrebbe rassegnato le proprie dimissioni e convocato nuove elezioni. Ha dichiarato anche che altre battaglie attendono il popolo greco, ma che la Grecia ora si impegna ad "onorare" gli impegni presi con l'ultimo pacchetto del cosiddetto salvataggio. Cosa significa?

Tale pacchetto, parliamo di 86 miliardi di euro – 96,3 miliardi di dollari- impone condizioni durissime sottoforma di un nuovo insieme di "riforme" dettate dalla Troika. Dopo un tempestoso dibattito in Parlamento, il governo ha accettato un enorme aumento delle tasse, privatizzazioni massiccie e tagli brutali alla spesa pubblica. Questo significa il totale abbandono di tutto ciò che Tsipras aveva promesso al popolo greco quando era stato eletto il 25 gennaio. Tutti in Grecia sanno cosa vogliono dire queste politiche: ulteriori tagli, ulteriore abbassamento del tenore di vita, ulteriore disoccupazione, ulteriore disperazione. E per cosa? Dopo cinque anni di tagli selvaggi, il debito greco è cresciuto dal 125% al 185% del Pil e ormai sfiora il 200%: un successo davvero strabiliante! E di tutti i soldi destinati al salvataggio della Grecia solo il 10% è finito effettivamente in Grecia. Il resto è andato direttamente nei forzieri delle banche tedesche e delle altre banche europee.

È chiaro anche ad un cieco che la Grecia non potrà mai ripagare questo debito enorme. In privato (e persino in pubblico) gli economisti borghesi lo ammettono. Ciononostante continuano a spremere il popolo greco e spingerlo oltre qualsiasi limite di resistenza umana. Non possono essere imposti ancora sacrifici senza il rischio di provocare un'esplosione sociale.
La radicalizzazione delle masse si è mostrata chiaramente nel Referendum di luglio, quando il popolo greco ha votato in massa per respingere il nuovo pacchetto di salvataggio basato su ulteriori misure d'austerità. Ma pur avendo mobilitato le masse e ottenuto una larga vittoria, i dirigenti di Syriza hanno immediatamente alzato la bandiera bianca della resa e ceduto a tutte le richieste dei creditori europei.

Questa vergognosa capitolazione ha provocato un'ondata di delusione e di dimissioni dal partito nelle ultime settimane. Il sentimento iniziale di shock e disorientamento si è trasformato in rabbia non appena la dura realtà delle nuove politiche è diventata chiara agli occhi della gente. Questo è quello che c'è dietro la spaccatura di Syriza e la convocazione di nuove elezioni da parte di Tsipras.

MECHARDIONICA di Dario Tonani

   



MECHARDIONICA di Dario Tonani

 di Massimo Luciani



Il romanzo “Mechardionica” di Dario Tonani è stato pubblicato da Mondadori nel n. 72 di “Millemondi”. È il seguito di “Mondo9“. È il risultato dell’unione di 4 racconti in precedenza pubblicati da Delos Digital. La nuova edizione è anche disponibile in formato Kindle su Amazon Italia e Amazon UK e in formato ePub su IBS.

Dopo lo scontro tra la Robredo e l’Afritania, quest’ultima va alla deriva, il suo equipaggio ridotto a pochi superstiti. La situazione è talmente brutta che neppure l’uso dei cadaveri riesce più a generare l’energia necessaria a rimettere in moto l’Afritania.
Naila e Walid sono in cerca di mangiaruggine ma durante una caccia i due ragazzini si imbattono in quello che sembra un enorme relitto. Non sono le uniche persone nell’area ma tra le altre c’è un mechardionico, un uomo colpito dal Morbo e nonostante ciò ancora vivo.

Dopo il successo delle storie che hanno poi formato il romanzo “Mondo9”, non solo in Italia ma anche all’estero e in particolare in Giappone, Dario Tonani ha cominciato a scrivere un seguito. Anche in questo caso, in origine la pubblicazione è avvenuta sotto forma di racconti separati ma stavolta c’era fin dall’inizio una precisa idea di fondo.

domenica 23 agosto 2015

LE SCELTE DI TSIPRAS E LE CONTRADDIZIONI DELLA SINISTRA ITALIANA di Franco Turigliatto





LE SCELTE DI TSIPRAS E LE CONTRADDIZIONI DELLA SINISTRA ITALIANA
di Franco Turigliatto




La scelta di Tsipras e del suo ristretto gruppo dirigente e di governo che in tutti questi mesi ha dettato il percorso di Syriza al di là degli organismi dirigenti e della storia di questa organizzazione, di andare in tempi molto brevi alle elezioni anticipate corrisponde a logiche politiche e a necessità del tutto precise. [vedi, la crisi greca e il melodramma della sinistra italiana]


La gestione del terzo memorandum

Questo gruppo ha infatti firmato a luglio un terzo durissimo memorandum imposto dai governi europei e dalla troika; quella firma significa che Tsipras e i suoi sostenitori si impegnano a gestire un’ulteriore fase delle politiche di austerità sotto un controllo diretto ed ancor più stringente delle autorità istituzionali europee e degli stessi creditori (a partire dalla Troika che torna ad Atene in pompa magna e con maggiori poteri ancora). Significa che i contenuti di quell’accordo devono essere portati avanti utilizzando tutti gli strumenti politici e sociali necessari per realizzarli.

Per un’organizzazione nata per combattere l’austerità e vittoriosa all’elezioni avendo contrastato i precedenti due memorandum politicamente e nelle lotte, questo significa una mutazione profonda, un cambiamento radicale che uno dei dirigenti della piattaforama di Sinistra, Ntavanellos, ha definito giustamente la mutazione “memorandaria” di Syriza (intervista ad Ntavanellos]

E’ quello che sta realizzando l’attuale gruppo centrale di Tsipras per trasformare la vecchia organizzazione in uno strumento utile a gestire l’atto terzo delle politiche di austerità su un corpo sociale già massacrato dai precedenti memorandum.

PERRY MASON: "LA PAROLA ALLA DIFESA" di Roberto Barzi





PERRY MASON: "LA PAROLA ALLA DIFESA"
di Roberto Barzi


«La parola alla difesa». «Mi oppongo, signor giudice». «Avvocato, se Lei continua ad insistere in questo atteggiamento Le tolgo la parola!». Quante volte ci sarà capitato di sentire queste frasi alla T.V., al cinema o leggendo un buon "giallo"?



«La parola alla difesa». «Mi oppongo, signor giudice». «Avvocato, se Lei continua ad insistere in questo atteggiamento Le tolgo la parola!». Quante volte ci sarà capitato di sentire queste frasi alla T.V., al cinema o leggendo un buon "giallo"? Alcune centinaia almeno, specialmente ora, sommersi come siamo dai polizieschi a sfondo legale, "ultima moda" giuntaci dagli States e impostaci dai nostri colossi editoriali. Si è così decretata la fama internazionale dei loro autori, due su tutti: Scott Turow e John Grisham, creatori dei best sellers Presunto innocente e L'onere della prova il primo, Il rapporto Pellican, Il socio, ed il Il cliente — solo per citarne alcuni — il secondo, immediatamente trasposti in fortunate pellicole cinematografiche. E, cosa ancor più interessante, entrambi avvocati ancor prima che scrittori in auge, a loro volta eredi di altri autori che alternarono allo studio legale la più remunerativa passione per il mistery, dove protagonista assoluto si rivelava essere un avvocato di fama con l'hobby dell'investigazione.

sabato 22 agosto 2015

GUERRA SENZA LIMITI





GUERRA SENZA LIMITI
Enzo Pennetta intervista il Gen. Fabio Mini




Generale di Corpo d’Armata, capo di Stato Maggiore della NATO, capo del Comando Interforze delle Operazioni nei Balcani e comandante della missione in Kosovo. Fabio Mini è uno dei più grandi conoscitori delle questioni geopolitiche e militari, su CS parla delle crisi attuali ma non solo. E dice cose molto importanti



Gen. Mini, nel suo libro “La guerra spiegata a…” afferma che non esistono guerre limitate, o meglio che una potenza che si impegna in una guerra limitata ne prepara in realtà una totale. Nell’attuale situazione di conflittualità diffusa, che sembra seguire una specie di linea di faglia che va dall’Ucraina allo Yemen passando per Siria e Irak, dobbiamo quindi aspettarci lo scoppio di un conflitto totale?

Gen.Mini: La categoria delle guerre limitate, trattata dallo stesso Clausewitz, intendeva comprendere i conflitti dagli scopi limitati e quindi dalla limitazione degli strumenti e delle risorse da impiegare. Doveva essere il minimo per conseguire con la guerra degli scopi politici. E la guerra era una prosecuzione della politica. Erano comunque evidenti i rischi che il conflitto potesse degenerare ed ampliarsi sia in relazione alle reazioni dell’avversario sia in relazione agli appetiti bellici, che vengono sempre mangiando. Con un’accorta gestione delle alleanze e delle neutralità, un conflitto poteva essere limitato nella parte operativa e comunque avere un significato politico più ampio.
Oggi la guerra limitata non è più possibile neppure in linea teorica: gli interessi politici ed economici di ogni conflitto, anche il più remoto e insignificante, coinvolgono sia tutte le maggiori potenze sia le tasche e le coscienze di tutti. La guerra è diventata un illecito del diritto internazionale e non è più la prosecuzione della politica, ma la sua negazione, il suo fallimento.
Nonostante questo (o forse proprio per questo) lo scopo di una guerra non basta più a giustificarla e chi l’inizia, oltre a dimostrare insipienza politica, si assume la responsabilità di un conflitto del quale non conosce i fini e la fine. Con l’introduzione del controllo globale dei conflitti e della gestione della sicurezza (anche tramite le Nazioni Unite), tutti gli Stati e tutti i governanti sono responsabili dei conflitti. E tutti i conflitti sono globali se non proprio nell’intervento militare, comunque nelle conseguenze economiche, sociali e morali. Quindi, a cominciare dalla guerra fredda che i paesi baltici hanno iniziato contro la Russia, dalla guerra “coperta” degli americani contro la stessa Russia, dai pretesti russi contro l’Ucraina, alla Siria, allo Yemen e agli altri conflitti cosiddetti minori o “a bassa intensità” tutto indica che non dobbiamo aspettare un altro conflitto totale: ci siamo già dentro fino al collo.
Quello che succede in Asia con il Pivot strategico sul Pacifico è forse il segno più evidente che la prospettiva di una esplosione simile alla seconda guerra mondiale è più probabile in quel teatro. Non tanto perché si stiano spostando portaerei e missili (cosa che avviene), ma perché la preparazione di una guerra mondiale di quel tipo, anche con l’inevitabile scontro nucleare, è ciò che si sta preparando. Non è detto che avvenga in un tempo immediato, ma più la preparazione sarà lunga più le risorse andranno alle armi e più le menti asiatiche e occidentali si orienteranno in quel senso. E’ una tragedia annunciata, ma, del resto, abbiamo chiamato tale guerra condotta per oltre cinquant’anni “guerra fredda” o “il periodo di pace più lungo della storia moderna”. Dobbiamo quindi essere felici di questa “pace annunciata”. O no?

giovedì 20 agosto 2015

SETTANTACINQUE ANNI DALL'ASSASSINIO DI TROTSKY di Guillermo Almeyra




SETTANTACINQUE ANNI DALL'ASSASSINIO DI TROTSKY
di Guillermo Almeyra  



Lev Trotsky, assassinato in Messico nel 1940 da un agente di Stalin, è stato uno dei personaggi più importanti della prima metà del XX secolo, e soprattutto il rivoluzionario che difese e sviluppò l’essenziale del lascito di Vladimir Ilic Lenin, a partire dalla sua morte nel 1924. Il suo tempo fu, come egli stesso lo definì, “un’epoca di guerre e rivoluzioni” che aveva ancora il suo campo di battaglia principale in Europa, e in cui i lavoratori erano ancora in grado di vincere (guerra civile spagnola, liberazione della Jugoslavia, guerra partigiana in Italia, insurrezione in Grecia contro la monarchia e le truppe britanniche…).

In questa capacità di lotta confidava Trotsky per evitare il ritorno al capitalismo nell’Unione Sovietica, e spazzare via il principale ostacolo alla liquidazione del capitalismo, la burocrazia “operaia” sovietica, socialdemocratica o sindacale che difendeva e diffondeva i valori e l’ideologia del capitale, inquinava la soggettività degli sfruttati spingendoli gli uni contro gli altri su basi nazionali, etniche, “razziali”.

Dalla fine del 1980 viviamo in un epoca sempre gravida del pericolo di guerre, a cui se ne aggiunge un altro nuovo ancora più grande, l’ecocidio. Per la ricerca senza limiti di profitto da parte dei capitalisti, che hanno concentrato come mai in passato il potere e la ricchezza in poche mani, stiamo avanzando verso la fine delle condizioni per la civiltà e di un’enorme quantità di specie, compresa quella umana.

Dopo una sconfitta storica dei lavoratori, la cui forza precedentemente imponeva riforme sociali e faceva temere il capitalismo, ora siamo di fronte a una dittatura di ferro del capitale finanziario sui popoli. Ultimo esempio la Grecia.

NELLA PORCA FATTORIA di Maurizio Zuccari




NELLA PORCA FATTORIA
di Maurizio Zuccari



Settant’anni fa, usciva La fattoria degli animali di Orwell. Favola amara sul totalitarismo e manifesto dell’antistalinismo, anticipatrice del Grande fratello



C’erano Napoleon e Palla di neve, Clarinetto e il Vecchio maggiore. C’erano loro, i maiali, e asini, cavalli, cani e pecore, polli e conigli. C’erano tutti gli animali, insomma, nella fattoria che dette a George Orwell la celebrità e al mondo un libro che ha superato, a tutt’oggi, 25 milioni di copie vendute, tradotto in 30 lingue.

The animal farm – La fattoria degli animali – questo il titolo originale dell’opera, arriva sugli scaffali inglesi negli ultimi giorni del secondo conflitto mondiale, il 17 agosto 1945, dopo una lunga gestazione e non poche difficoltà di pubblicazione. Il perché è presto detto: “The farm”, concepito durante gli anni della guerra civile spagnola, dove Orwell militò nelle file del Partido obrero de unificaciòn marxista (Poum) e completato nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, era un libro decisamente antistalinista. Troppo per piacere al vasto pubblico nel momento in cui l’Urss si sobbarcava il peso del conflitto e Stalin era un alleato prezioso. Poi, nel volgere di pochi mesi l’ex alleato divenne il nemico pubblico numero uno e Orwell un sagace scrittore dalla vista lunga e la penna brillante. La sua fattoria iniziò a spopolare, anticipando i temi di quel 1984 che avrebbe fatto dell’opera e del suo autore un monumento del romanzo distopico e della denuncia del totalitarismo in chiave anticomunista.

mercoledì 19 agosto 2015

BRACCIANTI, LA QUARTA VITTIMA: UNA STRAGE INFINITA di Gianmario Leone





BRACCIANTI, LA QUARTA VITTIMA: UNA STRAGE INFINITA
di Gianmario Leone


Puglia. Arcangelo è in coma, stroncato da un infarto: raccoglieva uva nel barese. L’operaio, di 42 anni, lavorava per la stessa agenzia interinale di Paola, morta in identiche circostanze poco più di un mese fa



E’ finito in coma dopo essere stato col­pito da un infarto men­tre lavo­rava in una vigna sotto un ten­done nelle cam­pa­gne del nord-barese. Arcan­gelo, que­sto il nome del 42enne di San Gior­gio Ionico (pae­sino della pro­vin­cia di Taranto), stava svol­gendo le ope­ra­zioni di aci­nel­la­tura, che con­si­stono nello stac­care dal grap­polo d’uva gli acini più pic­coli, quelli che non si sono svi­lup­pati: un lavoro com­plesso e stan­cante visto che com­porta lo stare in piedi su una cas­setta per ore con la testa all’insù. A un certo punto però, il cuore di Arcan­gelo ha ceduto di schianto.

L’episodio è avve­nuto circa dieci giorni fa, ma la noti­zia è stata dif­fusa solo ieri dalla Flai Cgil Puglia. Il brac­ciante «lavo­rava circa 7 ore al giorno, alle quali si devono aggiun­gere le 5 ore di stra­sporto — spiega Giu­seppe Deleo­nar­dis segre­ta­rio gene­rale della fede­ra­zione pugliese — Pro­prio per il tra­sporto l’uomo pagava 12 euro al capo­rale, a fronte di una paga che supera di poco i 27 euro al giorno. Sala­rio, quest’ultimo, che viene cor­ri­spo­sto alle donne».

L’ennesimo caso di capo­ra­lato insomma. Tra l’altro, per un maca­bro scherzo del destino, il brac­ciante stava lavo­rando nella stessa zona di cam­pa­gna, fra Andria e Canosa di Puglia, nel nord-barese, in cui il 13 luglio scorso è morta per un malore un’altra brac­ciante di San Gior­gio Jonico, Paola Cle­mente, di 49 anni, madre di te figli. «Quel che è certo — ha aggiunto Deleo­nar­dis della Flai Cgil — è che Arcan­gelo lavo­rava per la stessa agen­zia inte­ri­nale per cui lavo­rava Paola».

MA CHE SCHIFO E' DIVENTATO IL SINDACATO! di Aldo Giannuli






MA CHE SCHIFO E' DIVENTATO IL SINDACATO!
di Aldo Giannuli




Nella calura ferragostana rischia di perdersi una notizia che invece merita molta attenzione: nella Cisl ci sono dirigenti nazionali che percepiscono stipendi o pensioni per 300.000 Euro all’anno, il dirigente locale che lo ha denunciato verrà espulso dall’organizzazione.

E’ moralmente accettabile che un dirigente sindacale riceva una retribuzione dieci o dodici volte superiore a quella della media dei suoi iscritti? Il colmo è che la direzione della Cisl (nella quale saranno tutti più o meno super-retribuiti) caccia il reprobo che ha fatto sapere la notizia: come dire che non sappiamo più cosa sia il pudore.

Anzi uno degli interessati (240.000 Euro di pensione) ha dichiarato di esserne orgoglioso, perché il suo era un posto di alta responsabilità ed un altro ha precisato che per mansioni come la sua, nelle banche i manager sono molto più pagati. Va bene, ma perché non sono andati a far carriera in banca? Quale medico gli ha ordinato di lavorare nel sindacato? Forse era più facile far carriera qui? Il fatto è che questi personaggi, sono dirigenti sindacali che hanno come loro parametro di raffronto e meta da raggiungere il livello di vita del management e dei padroni. Fanno i sindacalisti perché non avevano la stoffa per fare i manager e l’eredità familiare per fare i padroni. La loro non è lotta di classe, ma invidia.

Come volete che un individuo del genere faccia gli interessi dei lavoratori?

martedì 18 agosto 2015

ACCOGLIERE I PROFUGHI PER SALVARE L’EUROPA di Guido Viale




ACCOGLIERE I PROFUGHI PER SALVARE L’EUROPA 
di Guido Viale




Profughi e migranti sono due categorie di persone che oggi distingue solo chi vorrebbe ributtarne in mare almeno la metà: fanno la stessa strada, salgono sulle stesse imbarcazioni che sanno già destinate ad affondare, hanno attraversato gli stessi deserti, si sono sottratte alle stesse minacce: morte, miseria, fame, schiavitù sapendo bene che con quel viaggio, che spesso dura anche diversi anni, avrebbero continuato a rischiare la vita e la loro integrità.

I profughi e i migranti che partono dalla Libia per raggiungere Lampedusa o le coste della Sicilia non sono libici: vengono dalla Siria, o dall’Eritrea, dalla Somalia, dalla Nigeria, dal Niger o da altri paesi subsahariani sconvolti da guerre, dittature o da entrambe le cose.
I profughi e i migranti che partono dalla Turchia per raggiungere un’isola greca o il resto dell’Europa attraversando Bulgaria, Macedonia e Serbianon non sono turchi (solo qualche curdo lo è per caso): sono siriani, afgani, iraniani, iracheni, palestinesi e fuggono tutti per gli stessi motivi.
Sono anche di più di quelli che si imbarcano in Libia; ma nessuno ha ancora proposto di invadere la Turchia, o di bombardarne i porti, per bloccare quell’esodo prima che si imbarchino, come si sta invece proponendo di fare in Libia, fingendo che questa sia la strada per risolvere il “problema profughi”. Perché non si concepisce niente altro che la guerra per affrontare un problema creato dalle guerre: guerre che l’Europa, o qualcuno dei sui Stati membri, ha contribuito a scatenare; o a cui ha assistito compiacente; o a cui ha partecipato con propri contingenti.
Meno che mai ci si propone di andare a “risolvere” le situazioni siriana, o irachena, o afghana, già compromesse dalle “nostre” guerre, come si pensa invece di “sbloccare” quella libica. Bombardare i porti della Libia, o occuparne la costa per bloccare quell’esodo, non è, nella mente di chi ne propone o ne invoca la realizzazione, o ne attende con impazienza l’autorizzazione, niente altro che il rimpianto di Gheddafi: degli affari che si facevano con lui e con il suo petrolio e del compito di aguzzino di profughi e migranti che gli era stato affidato con tanto di trattati, di finanziamenti e di “assistenza tecnica”. Dopo aver però contribuito a disarcionarlo e ad ammazzarlo contando - e sbagliando – sul fatto che tutto sarebbe filato liscio come e meglio di prima.
Già solo questo abbaglio, insieme agli altri che lo hanno preceduto, seguito o accompagnato – in Siria, in Afghanistan, in Iraq, in Mali o nella Repubblica centroafricana – dovrebbe indurci non a diffidare soltanto, ma a opporci con tutte le nostre forze, delle proposte e ai programmi di guerra di chi se ne è reso responsabile.

GRECIA, GLEZOS BACCHETTA SYRIZA: "TORNATE IN VOI" di Carlo Perigli






GRECIA, GLEZOS BACCHETTA SYRIZA: 
"TORNATE IN VOI"
 di Carlo Perigli



L’eroe della resistenza Manolis Glezos ha lanciato un appello alla leadership del partito. “Il piano di salvataggio ci renderà schiavi per decenni”



Un’ammonizione, non la prima, che lascia presagire come la spaccatura di Syriza, acuita dalla decisione di Tsipras di tirare avanti verso il terzo pacchetto di aiuti nonostante lo svilupparsi di una forte opposizione interna al partito, rischi di compromettere il futuro della sinistra greca. Così Manolis Glezos, partigiano ed ex parlamentare europeo, ha lanciato un appello alla leadership del partito affinché “torni in sè”, per rendersi conto che il piano, ormai ad un passo dall’attivazione, non farà altro che “legare mani e piedi il popolo greco, rendendolo schiavo per anni“.

Una preoccupazione che riguarda la vita interna del partito, considerato che Syriza, dati i voti contrari incassati all’approvazione del memorandum, rischia di non passare al primo voto di fiducia che gli verrà posto davanti. “Non permettiamo che la sinistra diventi una parentesi di 7 mesi“, ha ammonito Glezos, consapevole delle difficoltà che una rottura definitiva all’interno di Syriza e una caduta del governo comporterebbe per il futuro della sinistra greca.

lunedì 17 agosto 2015

MONDO9 di Dario Tonani





MONDO9 di Dario Tonani

di Massimo Luciani 



Il romanzo “Mondo9″ di Dario Tonani è stato pubblicato da Delos Books in “Odissea Fantascienza” e da Mondadori nel n. 72 di “Millemondi”. È il risultato dell’unione di 4 racconti in precedenza pubblicati da 40k Books. La nuova edizione è anche disponibile in formato Kindle su Amazon Italia e Amazon UK e in formato ePub su IBS.

Mondo9 è un pianeta solcato da enormi veicoli che attraversano i suoi deserti come navi su ruote. Si tratta di un ambiente pieno di pericoli naturali a causa delle condizioni difficili, incluso un morbo che trasforma la carne in metallo. Non aiuta la guerra in corso che coinvolge questi enormi veicoli.
La Robredo è uno dei grandi veicoli che viaggiano nei deserti di Mondo9. Nonostante si tratti di una macchina meccanica, è dotata di una qualche forma di mente autonoma. Ciò le conferisce una voglia assoluta di sopravvivere, anche dopo la morte del suo equipaggio, a tutti i costi.

Diventato celebre con i suoi noir fantascientifici resi surreali dalla presenza di cartoni animati, Dario Tonani si è successivamente dato al planetary romance con “Cardanica”, il racconto lungo nel quale ha debuttato Mondo9 con il suo ambiente che non perdona e la Robredo, una macchina in qualche modo senziente disposta a tutto per sopravvivere.

La Robredo è una delle “corazzate su ruote” costruite per combattere una guerra e lo fa talmente bene da poter sopravvivere alla morte del suo equipaggio. In effetti, gli esseri umani che in teoria la governavano sono sacrificabili perché la volontà della Robredo ha la priorità.

IL VERO CRIMINE DI TSIPRAS di Antonio Moscato




IL VERO CRIMINE DI TSIPRAS
di Antonio Moscato


L’articolo di Claude Gabriel  E se Tsipras avesse ragione? ha suscitato diversi commenti troppo entusiastici (in genere di compagni del PRC soddisfatti dalla critica che Gabriel fa alle insufficienze delle proposte dell’opposizione a Tsipras, come se questo togliesse anche solo un 1% delle colpe del premier greco). Ce ne è anche uno troppo severo, di Aldo Giannuli, basato forse su un equivoco o su una lettura un po' affrettata, dato che critica Gabriel come se elogiasse il realismo di Tsipras. Il termine “realismo” era riferito alla giustificazione di Tsipras, dato che subito dopo Gabriel riporta un altro suo argomento difensivo (“prendersi le proprie responsabilità fino in fondo piuttosto che lasciare riprendere il potere alla destra”), rifiutando entrambi con un giudizio molto secco: “Questo ha poca importanza oggi, poiché le conseguenze di tale atto sono già misurabili nella società greca e anche molto ampiamente sul piano internazionale. Il danno è immenso per tutti noi”.

L’obiettivo dell’articolo era casomai quello di sottolineare le corresponsabilità dell’opposizione nella sconfitta, dovute a molti fattori, tra cui la non omogeneità programmatica tra le diverse componenti, e il ritardo nell’aprire un dibattito su un’altra ipotesi. Ed era anche quello di rimproverarle di essere stata “poco opposizione”, di non essere riuscita cioè a mobilitare in tempo settori significativi della società. E non per incapacità o superficialità, ma per l’immensità dei problemi posti dalla nuova struttura del potere sovranazionale in Europa, oltre che per la viltà e debolezza teorica della sinistra europea. La polemica era casomai quindi non con il solo Tsipras, ma con tutta la sinistra radicale greca ed europea, che non ha finito di “misurare la profondità della sconfitta sociale che la fondazione dell’UE ha costituito già da 22 anni, per la grande maggioranza della popolazione del continente” e che è finita nel “vicolo cieco dell’europeismo di sinistra”.

domenica 16 agosto 2015

CARLOS HENRIQUE RAPOSO: IL KAISER DELL'ANTI-CALCIO di Carlo Perigli






CARLOS HENRIQUE RAPOSO: 
IL KAISER DELL'ANTI-CALCIO 
di Carlo Perigli



Non sapeva giocare, ma aveva un piano e amicizie importanti. Tanto è bastato a Carlos Henrique Raposo per diventare il “Kaiser” per circa 20 anni




Campionato brasiliano, metà anni ’80. Il Bangu, squadra di Prima Divisione, è alle prese con un match di campionato, non sappiamo né il giorno né la squadra avversaria, ma tutto sommato non sono dettagli rilevanti. Ciò che conta, sopratutto per i tifosi bianco-rossi, è la presenza in panchina di Carlos Henrique Raposo, fiore all’occhiello della campagna acquisti e talento osannato dalla stampa. D’altronde, lo hanno letto sui giornali, “Il Bangu ha già il suo re: Carlos Kaiser“, ma finora il gioiellino è sempre stato in infermeria, colto da chissà qualche malocchio. Acqua passata, ora è lì, e il mister gli ha appena detto di iniziare il riscaldamento. Era ora.

Peccato, i tifosi del Bangu non vedranno mai Carlos Henrique Raposo in campo. Quella volta, neanche il tempo di levarsi la tuta, e l’acclamato campione ingaggiò una furiosa lite con un tifoso avversario che gli costò l’espulsione. Non ci furono altre occasioni, con il “campione” brasiliano che a fine stagione salutò il Brasile per volare in Corsica, tesserato nelle fila dell’Ajaccio.

sabato 15 agosto 2015

"PERRY MASON E LE ZAMPE DI VELLUTO" DI ERLE STANLEY GARDNER.





"PERRY MASON E LE ZAMPE DI VELLUTO" DI ERLE STANLEY GARDNER
di Omar Lastrucci



Se fino ad adesso ho ignorato l’universo di Perry Mason è stato un poco per pigrizia, e un poco per una fisiologica propensione verso altri tipi di poliziesco. Non che non avessi mai letto niente, ma lo avevo lasciato ai margini, come se l’opera di Gardner fosse di minore importanza rispetto a quella di altri giallisti. Sbagliavo.

Dunque, Gardner. Uno degli autori più prolifici, anche più, pensate, di Edgar Wallace, sempre citato tra gli autori più fecondi anche se in realtà i suoi romanzi polizieschi sono “solo” 92, senz’altro meno degli oltre 120 di Garner; solo i Perry Mason sono 82, più i 29 con Donald Lam (scritti da Gardner con lo pseudonimo di A.A. Fair) e altri titoli, come “La morte nella manica” o “Depone la morte” senza personaggi fissi.

Un autore che è senz’altro una delle “bandiere” del Giallo Mondadori; nella collana sono stati pubblicati tutti i suoi romanzi fin dagli anni trenta, quando alcuni dei primi libri con Mason uscirono tra le palmine. Ma l’esplosione dell’autore nel nostro paese si ebbe dal dopoguerra in poi; il primissimo numero dei GM del dopoguerra fu appunto un Gardner, ovvero “Perry Mason e l’avversario leale”, ristampato varie volte nei classici, di cui l’ultima nel 2013. Negli anni cinquanta e sessanta, fioccavano i Gardner come se piovesse, testi quasi inscindibili dalle magnifiche copertine di Jacono, che dava perlopiù risalto alle molte bellissime donne, di ogni indole e estrazione sociale, che richiedevano i servigi del noto avvocato. E nelle ristampe nei classici del giallo, anch’essi inaugurati con un Mason (Perry Mason e il pugno nell’occhio, 1966) Gardner è stato uno degli autori più ristampati, e anche adesso la redazione odierna li sta rieditando a ritmi sostenuti (ne è uscito uno lo scorso dicembre e ne uscirà un altro a marzo!), e l’autore continua quindi a essere attuale e apprezzato, nonostante sia penalizzato da traduzioni mutilate e di mediocre fattura; se si escludono le Palmine tradotte con criterio, i libri di Gardner sono stati piuttosto maltrattati, e purtroppo mai ritradotti nel corso degli anni (a parte un’iniziativa della Hobby e Work, che presentò in edicola una ventina di Mason con una traduzioni nuove di zecca, ma piuttosto piatte e anonime).

venerdì 14 agosto 2015

STIPENDI D'ORO CISL: LA "CASTA" SINDACALE ALLO SCOPERTO di Andrea Martini





STIPENDI D'ORO CISL: 
LA "CASTA" SINDACALE ALLO SCOPERTO
di Andrea Martini




Lo scandalo sugli “stipendi d’oro” dei dirigenti della Cisl in realtà non fa che confermare quanto già emerso un po’ più di un anno fa riguardo alla superpaga autoattribuitasi da Raffaele Bonanni, ex segretario generale della Cisl, protagonista ultimo e più accanito della definitiva svolta “complice” della Cisl.

Le denunce di un ex dirigente della Cisl veronese, Fausto Scandola, hanno portato alla luce il fatto che non è stato solo Bonanni a ricevere uno stipendio da nababbo (fino a 336.000 euro ogni anno), ma che la cosa si estende (perlomeno) a parecchi altri dirigenti, tutti con retribuzioni che vanno oltre i 200.000 euro l’anno. Tra questi è compresa, ovviamente, anche Annamaria Furlan, la nuova segretaria che ha sostituito Bonanni, tra l’altro con il preciso compito di reimbiancare l’immagine della Confederazione cattolica.

Lo scandalo si aggrava, se si pensa che queste retribuzioni non solo sono vergognose in sé, ma riverberano i loro effetti anche sui trattamenti pensionistici che costoro percepiranno (Bonanni lo percepisce già) quando andranno in pensione.

giovedì 13 agosto 2015

NIRENSTEIN : DA SILVIO A NETANYAHU di Zvi Schuldiner




NIRENSTEIN : DA SILVIO A NETANYAHU
di Zvi Schuldiner



Italia Israele. La nomina di una delle voci autentiche di una destra demagogica che vede nella critica contro la politica del paese una nuova forma di antisemitismo, è una esemplificazione della politica nazionale e internazionale del primo ministro



Non smette di stu­pirci, il nostro grande primo mini­stro Bibi Neta­nyahu. Quando si tratta di nomine, è un vero mae­stro. Per met­tere insieme l’attuale coa­li­zione di destra è riu­scito a ini­mi­carsi non pochi mem­bri del pro­prio par­tito. Alla fine, per scopi appa­ren­te­mente sot­tili, eccoci a un governo nel quale si occu­pano di esteri ben cin­que mini­stri.
La nomina di Fiamma Niren­stein ad amba­scia­trice in Ita­lia è una esem­pli­fi­ca­zione alquanto estrema della poli­tica nazio­nale e inter­na­zio­nale di Neta­nyahu e alleati in que­sti giorni tanto pesanti per Israele.

Niren­stein non è israe­liana come sostiene, è piut­to­sto una delle voci auten­ti­che di una destra dema­go­gica che vede in ogni cri­tica con­tro la poli­tica del paese una nuova forma di anti­se­mi­ti­smo. Non intendo urtare i let­tori ita­liani dicendo che Niren­stein è un’autentica crea­zione ita­liana e che per 5 anni, dal 2008 al 2013, è stata par­la­men­tare a Roma, nel par­tito di Ber­lu­sconi. Nel 1993–1994 aveva diretto l’Istituto cul­tu­rale dell’ambasciata ita­liana in Israele.

mercoledì 12 agosto 2015

DALLA REPUBBLICA DEI PARTITI ALLA REPUBBLICA DEI POPULISMI di Aldo Giannuli






DALLA REPUBBLICA DEI PARTITI ALLA REPUBBLICA DEI POPULISMI
di  Aldo Giannuli



Per capire la nascita della Seconda repubblica e conseguentemente l’attuale situazione caratterizzata da forti ondate populiste, penso sia opportuno richiamare l’attenzione su una prima ondata di populismi che ha spianato la strada agli sviluppi successivi.

Nel decennio successivo alla caduta del fascismo emersero occasionali movimenti di protesta che possiamo definire “populisti”: come l’Uomo Qualunque in Italia, il poujadismo in Francia (entrambi di destra), ma si trattò di fenomeni abbastanza effimeri presto riassorbiti dai partiti che, in tutta Europa (e non solo in Italia) restarono per quasi un quarantennio padroni assoluti della scena e canali esclusivi di trasmissione della domanda politica, a differenza di quanto accadeva negli Usa ed in America Latina, dove ci sono sempre state correnti populiste di notevole consistenza (il maccartismo e poi il movimento di Ross Perrot negli Usa, il peronismo Argentina e, dopo il movimento di Collor de Mello in Brasile e quello di Alberto Fujimori in Perù).

In Europa, conati populisti di sinistra emersero nel corso del movimento del sessantotto (la Cause du Peuple in Francia, Servire il Popolo e, per certi versi, Lotta continua in Italia) ma, con la sola eccezione del movimento danese di Mogens Glistrup (che nelle elezioni del 1973 divenne il secondo partito del paese, ma che si dissolse nel giro di un decennio), non ci furono movimenti significativi sino alla fine degli anni ottanta.

martedì 11 agosto 2015

LA CINA E LA SUA PRIMA CRISI CAPITALISTA di Alejandro Nadal






LA CINA E LA SUA PRIMA CRISI CAPITALISTA
di Alejandro Nadal


Il tasso di crescita dell’economia in Cina è stato oggetto di ammirazione nel mondo intero. Si aveva l’impressione che il capitalismo fosse arrivato in Cina per dimostrare tutte le sue virtù e allorquando si indicavano i difetti la maggior parte delle persone preferiva ignorarli. Oggi l’economia cinese si sta incamminando verso la crisi, la sua prima crisi capitalista di carattere macroeconomico.

I dati ufficiali in Cina mostrano che il tasso di crescita medio durante il periodo 1991-2014 è stato del 10%. Si sa che le statistiche del governo cinese sono state manipolate in maniera significativa, tuttavia, anche corrette, queste cifre dimostrano un andamento spettacolare. Tuttavia, dopo il 2010 l’economia cinese ha subito un rallentamento del 35% e nel 2014 ha registrato il tasso di crescita più basso dal 2011.
Quando l’economia cresca al ritmo di due cifre, non ci si deve stupire se compaiono drastiche distorsioni. Non facciamo qui riferimento a quelle distorsioni che gli economisti classici vogliono vedere nel sistema dei prezzi generati dall’intervento del governo nella vita economica. Questi economisti hanno sostenuto una maggiore liberalizzazione del mercato sostenendo che la “economia socialista” in Cina comporta una grave distorsione dei prezzi e degli incentivi. Essi attribuiscono, dunque, i problemi dell’economia cinese all’intervento del governo piuttosto che all’instabilità intrinseca delle economie capitaliste. Così dimenticano che oggi il Partito comunista cinese è l’amministratore di una delle più selvagge economie capitaliste della storia.
Noi, al contrario, ci riferiamo alle distorsioni strutturali che oggi colpiscono soprattutto i settori degli immobili e finanziari.

lunedì 10 agosto 2015

L’EUROPA DEI PROFUGHI di Guido Viale





L’EUROPA DEI PROFUGHI
di Guido Viale


Immaginate di essere uno dei profughi accatastati a Calais, all’ingresso dell’Eurotunnel, e che ogni notte cercate di attraversarlo infilandovi sotto il rimorchio di un camion, per venirne ogni volta respinti. Oppure un migrante imboscato ai confini di Melilla in attesa di trovare il modo di scavalcare la rete che vi impedisce di entrare in Spagna. O un profugo siriano o afghano in marcia attraverso le strade secondarie della Serbia con quel che resta della sua famiglia che non sa ancora che ai confini con l’Ungheria troverà una rete a impedirgli di varcare il confine. O un eritreo imbarcato a forza, dopo mesi di attesa e violenze, nella stiva di una carretta del mare, che sa già che forse affonderà con quella, ma non ha altra scelta. O una donna aggrappata con i suoi figli agli scogli di Ventimiglia. E’ un esercizio dell’immaginazione difficile e i risultati sono comunque parziali. Ma bisogna cercare lo stesso di farlo, perché “mettersi nei panni degli altri” serve sia a dare basi concrete a solidarietà e convivenza, sia a capire un po’ meglio dove va il mondo. Per lo stesso motivo è utile provare a immaginare che cosa passa nella testa (vuota) di uno come Dijsselbloem o in quella (troppo piena) di uno come Schaeuble per cercare di “comprendere” meglio dove va l’Europa. Non che, in entrambi i casi, questo esercizio sia di per sé sufficiente; ma è anche vero che nelle cose di cui parliamo o scriviamo è troppo spesso assente questo risvolto, questo lavorìo dell’immaginazione.

SINISTRA PD E RIFORMA DEL SENATO: QUESTA VOLTA, I NOSTRI EROI RIUSCIRANNO AD ESSERE SERI SINO IN FONDO? di Aldo Giannuli





SINISTRA PD E RIFORMA DEL SENATO: 
QUESTA VOLTA, I NOSTRI EROI RIUSCIRANNO AD ESSERE SERI SINO IN FONDO? 
SI ACCETTANO SCOMMESSE
di Aldo Giannuli



Questa volta siamo allo showdown finale: la sinistra Pd ha promesso di andare sino in fondo e votare un emendamento per rendere il novo Senato elettivo. Se l’emendamento dovesse passare il risultato sarebbe piuttosto limitato e, di fatto, si ridurrebbe ad una diversa composizione del collegio elettorale per il presidente della Repubblica, i membri della Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura. Non è molto e la riforma resta un’emerita schifezza, ma meglio poco che niente. Il punto, però non è questo, il punto sono le conseguenze politiche che ne verrebbero ed allora, ragioniamo su questo.

Sulla carta i favorevoli all’emendamento Gotor sarebbero 170-176 (in base alle diverse valutazioni) cioè 12-16 voti in più della maggioranza e, dunque, se la sinistra Pd tiene duro, l’emendamento passa.

Vediamo che succede: occorre ricominciare il percorso di revisione con doppia lettura alla Camera ed una lettura al Senato. Tutte le riforme di Renzi traballerebbero, perché in altri 7-8 mesi si arriva alle amministrative che non si sa come vanno. E poi non è detto che non rispuntino altri emendamenti, ad esempio, se la Camera ripristina il Senato elettivo ricominciamo da capo. E se la riforma del Senato si arena, quella elettorale vacilla a sua volta. Di fatto sarebbe la sconfitta di tutta la strategia istituzionale del tamarro.

In sé la cosa non dovrebbe coinvolgere il governo, sia perché non si tratta di un voto di sfiducia, sia perché la stabilità del governo non dovrebbe essere collegata alle questioni di ordine costituzionale, per le quali dovrebbe (dovrebbe, insisto, dovrebbe: condizionale presente) esserci sempre libertà di coscienza per i parlamentari. Ma questo era vero quando le riforme costituzionali le faceva il Parlamento ed il governo restava neutrale. Poi, con il Pd, abbiamo inaugurato la stagione delle riforme costituzionali di marca governativa. E mai come in questa occasione il governo ci ha messo la faccia. Logica vorrebbe (anche qui, condizionale: vorrebbe) che Renzi ne traesse le conseguenze e si dimettesse, ma siccome non è la faccia quello che manca, mettiamo caso che Renzi non si dimetta o faccia solo finta di farlo per poi ritirare le dimissioni.

domenica 9 agosto 2015

NERO WOLFE: "I QUATTRO CANTONI"




"I QUATTRO CANTONI" DI REX STOUT
di Omar Lastrucci



L’americano Rex Stout non è tra gli autori più considerati dai puristi del mistery, in quanto i suoi intrecci non sono niente di mirabolante; tutto vero, ma coloro che quando leggono polizieschi non cercano solo un plot mirabolante, non possono fare a meno di amarlo. Perché forse, anzi no sicuramente, Stout era la più grande penna della storia del poliziesco,era prima eccelso scrittore e poi rappresentante di un genere.

Era, in questo, come Simenon, un Simenon più allegro, glamour e infinitamente più disincantato (Maigret in fondo è un eroe romantico...), con delle sequenze che sono dei veri capolavori di umorismo al vetriolo, su tutti i battibecchi tra il titanico e granitico Nero Wolfe e l’assistente Archie Goodwin, una vera e propria coppia di fatto del romanzo poliziesco, che appunto ci regala perle di vita di coppia come nessun Arcibaldo e Petronilla o Blondie e Dagwood hanno fatto mai.

Tutti i romanzi con Wolfe sono di piacevolissima lettura, e si casca più o meno sempre sul morbido. Ma ci sono delle occasioni in cui, oltre a una penna in stato di grazia, viene presentato anche un enigma di tutto rispetto, sia nello svolgimento che nella soluzione. Sono i casi del “La traccia del serpente”, “La lega degli uomini spaventati”, “La scatola rossa” e sicuramente questo “I quattro cantoni”, astruso titolo italiano di “Prisoner’s base”.

sabato 8 agosto 2015

L'EURO DEI VINCITORI di Marco Bertorello





L'EURO DEI VINCITORI
di Marco Bertorello


Il nuovo dibattito sul futuro degli assetti economico-istituzionali dell'eurozona avviene dopo aver capitalizzato lo scontro in cui le istanze contro l'austerità e il debito della Grecia sono state seccamente sconfitte. Non è pensabile che il destino dell'Europa reale prescinda da tale scontro. Il terreno in cui ora si sviluppa il confronto è allestito dai vincitori, non dai vinti.

Che l'accordo con il paese ellenico regga non è scontato, già con i governi precedenti a Syriza gli accordi siglati sulla carta spesso restavano lettera morta nella realtà. Ma quest'ultimo accordo, proprio per i suoi protagonisti, ha delineato le regole del gioco, lasciando intendere a tutti fin dove si può arrivare nella contesa con le classi dirigenti europee. In tal senso ha valore preminentemente politico. L'austerità e l'ossessione di bilancio non si discutono, a rischio di rompere con un paese e persino aprire a un periodo di indebolimento generale della area euro.

Come ricorda Martin Wolf, la rottura con un paese implica un obbiettivo sfaldamento del progetto della moneta unica, poiché si aprirebbe una strada che poi ogni paese in difficoltà potrebbe imboccare, rendendo la moneta unica più debole e meno credibile. Dentro questa cornice in questi giorni Schauble ha aperto a un'ipotesi di rafforzamento politico, con un super ministro delle finanze, un parlamento e persino un bilancio dell'eurozona. Segue la disponibilità francese a tale progetto, nonostante proprio i transalpini siano tra i paesi meno propensi a far slittare quote di sovranità verso l'alto e siano piuttosto in affanno a far rispettare le regole attualmente già in vigore.

NERO WOLFE: “CHAMPAGNE PER UNO”




UN INCANTEVOLE ROMANZO DI REX STOUT: “CHAMPAGNE PER UNO”
di Omar Lastrucci


Forse una delle lacune di questo blog (un poco di sana autocritica non fa mai male) è l’aver trascurato il giallo americano, che per molti è sinonimo di Hard-boiled, di mitra in azione e belle pupe discinte; vero in parte, ma ovviamente c’è molto di più.

Il giallo Inglese è quello che amo, ma riconosco che negli Stati Uniti si è andati oltre, spaziando tra i sottogeneri; l’America in fondo era troppo grande e variopinta per limitarsi al delitto nella casa di campagna, per cui dopo un inizio sugli stilemi dei grandi autori britannici il giallo made in USA ha spiccato il volo per suo conto, producendo non solo gli scrittori pulp o hard-boiled ma anche dei geni isolati, che sono andati per conto loro creando un genere a se stante. Due nomi su tutti, Cornell Woolrich (autore che ho amato alla follia da giovane e adesso sto colpevolmente trascurando... devo rimediare) e ovviamente Rex Stout.

venerdì 7 agosto 2015

PUGLIA: MORTO DI VENDEMMIA di Gianmario Leone




PUGLIA: MORTO DI VENDEMMIA
di Gianmario Leone



Lavoro. A Putignano un bracciante tunisino di 52 anni stroncato durante la raccolta dell’uva. È la terza vittima del lavoro stagionale che avviene nella regione in pochi giorni




Dopo Moha­med e Paola, mar­tedì un tuni­sino ancora senza nome. Il brac­ciante di 52 anni e padre di quat­tro figli, è dece­duto in un’azienda agri­cola di Poli­gnano a Mare. Secondo le testi­mo­nianze di alcuni com­pa­gni di lavoro si sarebbe acca­sciato davanti alle mac­chi­nette auto­ma­ti­che men­tre era intento a pren­dere il caffè, dopo aver rac­colto l’uva per 8 ore. Sin da subito si è pro­vato a ria­ni­marlo, ma nono­stante sul posto siano inter­ve­nuti il per­so­nale del 118, dello Spe­sal e i cara­bi­nieri, non c’è stato nulla da fare. L’uomo risie­deva a Fasano, in pro­vin­cia di Brindisi.

L’autopsia che dovrà sta­bi­lire le cause del decesso e se siano la con­se­guenza di un infor­tu­nio sul lavoro, sarà ese­guita que­sta mat­tina nell’Istituto di Medi­cina legale del Poli­cli­nico di Bari.

Nel pome­rig­gio di ieri invece, nella sede della Regione Puglia a Bari, l’assessore al Lavoro Leo e l’assessore all’Agricoltura Di Gioia hanno incon­trato i sin­da­cati con­fe­de­rali e di cate­go­ria per la que­stione del lavoro nero nelle cam­pa­gne pugliesi. «Abbiamo voluto — ha spie­gato l’assessore Leo — affron­tare con i sin­da­cati, lo faremo anche con le parti dato­riali, la que­stione, ognuno per le pro­prie com­pe­tenze. Abbiamo una con­ven­zione del 2013 per la lotta al lavoro nero e occorre capire come e quanto sia stata appli­cata, visto pochis­sime aziende sem­brano aver ade­rito alle liste di pre­no­ta­zione, uti­liz­zando pochis­simo dei fondi a disposizione».

giovedì 6 agosto 2015

70 ANNI DOPO HIROSHIMA-NAGASAKI ... PROLIFERANO LE TESTATE NUCLEARI di Yvan Lemaitre




70 ANNI DOPO HIROSHIMA-NAGASAKI ... PROLIFERANO LE TESTATE NUCLEARI
di Yvan Lemaitre 



Il 6 e il 9 agosto del 1945, gli Stati Uniti sganciarono due bombe atomiche, “little Boy” su Hiroshima, e “Fatman” su Nagasaki. La sconfitta giapponese era già allora sicura. Si trattava di dimostrare agli occhi del pianeta che l’esercito della prima potenza mondiale padroneggiava un’arma nuova, particolarmente potente e mortifera, con lo scopo di terrorizzare e colpire sul nascere qualsiasi rivolta.

Il mondo entrava nell’era atomica e con essa nell’era della sua possibile distruzione. Il terrore nucleare, la questione assillante del possibile sterminio di massa su una scala mai raggiunta prima, diventava uno dei nodi essenziali delle relazioni internazionali.

In seguito l’arsenale nucleare è diventato ben più importante, nonostante gli sforzi di Usa e dell’Urss di impedire agli altri stati d’accedere all’arma nucleare con il trattato di non proliferazione nucleare.
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