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lunedì 17 agosto 2015

IL VERO CRIMINE DI TSIPRAS di Antonio Moscato




IL VERO CRIMINE DI TSIPRAS
di Antonio Moscato


L’articolo di Claude Gabriel  E se Tsipras avesse ragione? ha suscitato diversi commenti troppo entusiastici (in genere di compagni del PRC soddisfatti dalla critica che Gabriel fa alle insufficienze delle proposte dell’opposizione a Tsipras, come se questo togliesse anche solo un 1% delle colpe del premier greco). Ce ne è anche uno troppo severo, di Aldo Giannuli, basato forse su un equivoco o su una lettura un po' affrettata, dato che critica Gabriel come se elogiasse il realismo di Tsipras. Il termine “realismo” era riferito alla giustificazione di Tsipras, dato che subito dopo Gabriel riporta un altro suo argomento difensivo (“prendersi le proprie responsabilità fino in fondo piuttosto che lasciare riprendere il potere alla destra”), rifiutando entrambi con un giudizio molto secco: “Questo ha poca importanza oggi, poiché le conseguenze di tale atto sono già misurabili nella società greca e anche molto ampiamente sul piano internazionale. Il danno è immenso per tutti noi”.

L’obiettivo dell’articolo era casomai quello di sottolineare le corresponsabilità dell’opposizione nella sconfitta, dovute a molti fattori, tra cui la non omogeneità programmatica tra le diverse componenti, e il ritardo nell’aprire un dibattito su un’altra ipotesi. Ed era anche quello di rimproverarle di essere stata “poco opposizione”, di non essere riuscita cioè a mobilitare in tempo settori significativi della società. E non per incapacità o superficialità, ma per l’immensità dei problemi posti dalla nuova struttura del potere sovranazionale in Europa, oltre che per la viltà e debolezza teorica della sinistra europea. La polemica era casomai quindi non con il solo Tsipras, ma con tutta la sinistra radicale greca ed europea, che non ha finito di “misurare la profondità della sconfitta sociale che la fondazione dell’UE ha costituito già da 22 anni, per la grande maggioranza della popolazione del continente” e che è finita nel “vicolo cieco dell’europeismo di sinistra”.

Non mi interessa molto sapere perché Tsipras ha ceduto. Personalmente ho pensato subito all’effetto di cinque mesi di trattative assurde e logoranti, completato dalle 17 ore ininterrotte della discussione finale. Mi sono domandato: cosa c’era da dirsi per 17 ore se (come non il solo Varoufakis aveva descritto efficacemente) si trattava di un dialogo tra sordi, tanto più che molti di quei personaggi che “rappresentavano l’Europa” erano semplici comparse, che non erano in grado di proporre qualcosa e a volte neanche di capire i termini dello scontro? Lo scopo di un simile dibattito surreale era probabilmente solo quello di fiaccare la resistenza della delegazione greca con le tecniche di logoramento psicologico ben sperimentate negli interrogatori dal KGB (e dalle polizie di tutto il mondo…).

Comunque Tsipras ha ceduto, trascinandosi dietro una parte importante del gruppo dirigente e soprattutto del gruppo parlamentare (che era già stato selezionato al momento delle elezioni di gennaio penalizzando le componenti di sinistra e scegliendo i candidati tra i seguaci incondizionati del capo carismatico). Tsipras ne pagherà presto il prezzo, perché dopo essere stato usato per far accettare nuovi sacrifici allo stesso popolo che aveva risposto entusiasticamente alla proposta di referendum, sarà presto gettato via perché diventato inutile, come i Samaras o i Papandreu.

Il danno maggiore provocato dal cedimento di Syriza è quello di aver rafforzato la convinzione, già tanto diffusa in una sinistra europea provata da decenni di sconfitte e di menzogne, che non è possibile neppure tentare la strada dell’alternativa alle politiche feroci imposte dalle classi dominanti. Syriza aveva acceso molte speranze e ora la sua accettazione del terzo memorandum (che perpetuerà il debito aumentandolo con i nuovi “aiuti” destinati alle banche) avrà un effetto terribile di demoralizzazione su chi in Grecia e in Europa aveva puntato su un successo magari parziale, non su una sconfitta che appariva imprevedibile dopo il successo nel referendum e i tanti annunci, nel corso dei mesi, di un accordo onorevole possibile e prossimo.

Aggravano l’impressione demoralizzante le immagini di abbracci, manate sulle spalle e risate sguaiate come tra vecchi compari con mascalzoni incompetenti del genere di Dijsselbloem. Ce ne sono di Tsipras, ma anche del “sobrio” Tsakalotos, tanto esaltato dalla stampa mondiale in contrapposizione al troppo “esuberante” Varoufakis. Si può essere sconfitti da rapporti di forza schiaccianti, ma nascondere il conflitto e fraternizzare con i nemici è un crimine, perché avvalora l’idea che tutti siano uguali e complici.

È responsabilità di tutta Syriza di aver mantenuto per mesi un atteggiamento reticente sugli obiettivi che si proponeva la controparte nelle trattative. Era difficile organizzare una mobilitazione di piazza mentre per settimane e settimane Tsipras e Varoufakis ripetevano che la trattativa era vicina a una conclusione positiva, nascondendo alla base quello che Varoufakis ha poi spiegato dettagliatamente: la trattativa era surreale, la delegazione greca portava proposte elaborate seriamente e faticosamente con l’aiuto tecnico di economisti di fama mondiale, e la controparte le gettava nel cestino e tirava fuori dal cappello un’altra richiesta impossibile.

Varoufakis ha ricostruito efficacemente la sua tardiva presa di coscienza sia nell’intervista alla rivista “Stern”, http://www.agoravox.it/Yanis-Varoufakis-Hanno-seppellito.html, sia in quella alla rivista australiana The Monthly, Varoufakis: «Un’austerità per impaurire gli altri», su questo sito. Tuttavia appare evidente la sua inesperienza politica, che gli rendeva difficile concepire l’organizzazione di una campagna di mobilitazione dal basso contro i creditori.

Ma gli altri, con decenni di militanza? Ha pesato la difficoltà a proporre con parole d’ordine comprensibili una via d’uscita alternativa, a partire dal rifiuto del debito: delle conclusioni della commissione internazionale sul debito e delle sue semplici proposte, ad esempio, pochi degli stessi militanti di Syriza sono stati informati. Non c’è stato nessun dibattito pubblico di massa sulla proposta di nazionalizzazione delle banche, prendendo in considerazione l’ipotesi (tutt’altro che inaccettabile per chi è stato defraudato) di sbattere in carcere qualche grosso evasore e i suoi complici nelle banche. In molti avevano criticato il programma di Salonicco, come troppo ridotto, ma si è accettato che venisse messo da parte, aspettando che qualche miracolo arrivasse dalle trattative, che lo hanno invece definitivamente cestinato.

Ho la sensazione che la debolezza dell’opposizione a Tsipras derivi non solo dall’indulgenza nei confronti di un leader che era stato amato e aveva portato a un successo elettorale imprevisto, ma dal permanere anche nella sinistra di Syriza di concezioni gradualiste e riformiste. E, naturalmente, anche dalle divisioni interne. Mi rattristerebbe se fosse davvero così, perché avevo spesso elogiato la capacità di far convivere in Syriza organizzazioni con storie e origini diverse. Ma si è tardato forse troppo ad aprire la discussione sul programma, per arrivare a uno comune su cui costruire l’alternativa. Spero che non sia così, anche perché non è escluso che la durezza dell’attacco dei creditori possa permettere all’opposizione di sinistra di recuperare il terreno, evitando un crollo totale delle prospettive di cambiamento. Un piccolo passo in questa direzione è già stato fatto, Un appello di 13 organizzazioni della Sinistra Greca contro il memorandum: sosteniamolo e riapriamo il dibattito nella sinistra italiana, che è stata così pronta a giustificare la capitolazione di Tsipras pur di non mettere in discussione la sua lunga storia di collaborazione con il nemico di classe…



16 Agosto 2015


dal sito Movimento Operaio





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