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domenica 27 maggio 2012

IL SALTO IN LUNGO DEL GRILLO PARLANTE di Norberto Fragiacomo



IL SALTO IN LUNGO DEL GRILLO PARLANTE
di Norberto Fragiacomo





Alla pari di quello europeo (vedi Grecia, più che Germania o Francia, è non è un caso), il panorama politico italiano sta mutando ad una velocità che stordisce, e il solo Bersani, gioendo per vittorie e “non vittorie”, pare non volersene accorgere.
Il tempo non si computa più in mesi, ma in settimane: due sono quelle che separano il primo turno delle elezioni amministrative da un ballottaggio che, a sorpresa, rimescola selvaggiamente le carte.
Colpiscono il crollo dell’affluenza alle urne (dal 65% a poco più del 50, con “punte” del 39 a Genova) e l’exploit del Movimento Cinque Stelle, che in quindici giorni passa da sfidante a forza di governo.
La conquista, a inizio maggio, del primo sindaco in terra leghista ed il buon risultato di Genova non sono stati che l’antipasto del grasso banchetto emiliano: il trionfo di Pizzarotti in una città dell’importanza di Parma – con oltre il 60% di preferenze e contro un centrosinistra non coinvolto nella precedente, catastrofica gestione – rappresenta, per i “grillini”, il classico giro di boa, e suona, per partiti vecchi e nuovi, come una lugubre campana a morto.

Voto di protesta? Certo non di incoraggiamento a PD e PDL (disfatto), per non parlare della Lega (annichilita); ma se di protesta si tratta, non è detto che duri un giorno, perché ad essa si affianca un anelito di speranza facilmente percepibile… quasi una preghiera laica, sussurrata tra le macerie. Pizzarotti e i suoi colleghi sono oggettivamente “nuovi”, non compromessi con i poteri locali né con un esecutivo che ne serve altri, ben più minacciosi: “sparigliano” parlando di ambiente, democrazia diretta (attraverso la rete), competenza e curricula.
Sfruttano le devastazioni prodotte dalla crisi, che ha messo a nudo le vergogne, il servilismo e l’inettitudine dei politici; giovani e “senza storia”, si rivolgono all’elettore da pari a pari – in più, possono contare su un apripista straordinario: Beppe Grillo. Non siamo tra i suoi adoratori: ci infastidiscono il suo giocare su due tavoli (mai visto uno che si fa pagare per tenere un comizio, e quando viene attaccato per certe esternazioni sopra le righe guaisce: “ma io sono un comico, mica un politico!”), la distanza infinita tra dichiarazioni pubbliche e comportamenti privati, il qualunquismo urlato che spesso sovrasta proposte accettabili. Nel bene e nel male, Grillo è un arcitaliano, furbo, talentuoso e ondivago.
Però c’è riuscito: ha creato un mix vincente, in cui la c.d. gente si riconosce. Non è impresa da poco: il favore delle circostanze agevola il cammino, non costruisce la strada.

Ora per i 5 stelle arriva la prova del nove: specie nei momenti drammatici, la critica distruttiva affascina, ma riedificare una società con pochissime risorse è impresa al limite dell’impossibile.

Reggere un comune è oggi, infatti, più difficile che mai (v. patto di stabilità e tagli a ripetizione), ma specialmente sembra mancare, al movimento di Grillo, una chiara consapevolezza di ciò che gli succede intorno: schernire i politicanti corrotti è legittimo, ma ritenere che siano loro gli unici responsabili dell’odierno sfacelo è sintomo di ubriachezza da propaganda (propria e soprattutto altrui). Berlusconi è invotabile da sempre, e la politica italiana è piena di Lusi e Belsito – ma non sono state le loro cattive azioni, le loro omissioni a dar vita alla tempesta perfetta. I Nettuno della finanza stanno all’omino di Arcore come il Satana dantesco al gattone Behemot.

Matureranno in fretta, i “grillini”, o le aspettative verranno per l’ennesima volta tradite? Staremo a vedere – e non solamente a Parma -, ma è lecito dubitare del fatto che il Movimento 5 Stelle (ed il suo scialbo gemello, i Piraten tedeschi) abbia in tasca la ricetta per sfuggire ad una crisi di cui incolpa il maggiordomo sbagliato, e che somiglia ogni giorno di più a un noir; in ogni caso, i grillini hanno ancora ampi margini di crescita, perché sono visti (non del tutto a torto, sia chiaro) dalla popolazione come l’unica alternativa ad un sistema incancrenito e senza bussola, dove destra, sinistra e centro sono nomi appiccicati su un nulla impotente, disonesto e costoso. Che poi nel mucchio finiscano anche partiti e dirigenti seri fa parte del gioco, ed anzi, l’ambiguità è pienamente voluta: Grillo sa benissimo che i suoi concorrenti potenziali sono proprio i piccoli movimenti (di sinistra, aggiungiamo per amor di chiarezza) che dallo smottamento politico potrebbero trarre profitto.

In effetti, i soggetti “progressisti” – tra le quali non va annoverato, per forza di cose, il PD montiano - stanno perdendo la loro ultima occasione, e il risultato elettorale lo dimostra.

Se SeL, FdS e (magari) un PSI degno della sua storia avessero unito le risorse, mettendo sul piatto i problemi veri e proponendo una bozza di soluzione, forse – dico forse – sarebbero stati in grado di riempire il vuoto postberlusconiano, e di scrivere perlomeno la premessa di un futuro meno fosco.


Così non è stato: si continua a navigare a vista, anche se la manifestazione romana del 12 maggio – organizzata dalla FdS, e che ha visto la partecipazione di esponenti non settari di SeL, quali Alfonso Gianni e la Santarelli – può essere indicata, non senza ottimismo, come un punticino di (ri)partenza.


23 maggio 2012


dal sito   http://bentornatabandierarossa.blogspot.it/


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