Diari di Cineclub

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sabato 10 ottobre 2015

VELLEITA' MILITARI E AFFARI D'ORO di Antonio Moscato






VELLEITA' MILITARI E AFFARI D'ORO
di Antonio Moscato



In questi giorni si moltiplicano gli annunci di nuove imminenti imprese militari italiane; con smentite successive, ma questo è un costume consolidato che serve a sondare le reazioni, e non esclude affatto che passato qualche giorno si torni a riproporre il progetto che è stato momentaneamente accantonato. Prima di tutto c’è, già digerita da un’opinione pubblica inebetita e disinformata, la cosiddetta “guerra agli scafisti”, guidata proprio dall’Italia che, per ottenerne la direzione, ha calato sul tavolo un asso di briscola, la gigantesca e costosissima portaerei Cavour, più una fregata e un sottomarino, oltre a elicotteri, droni, ecc. Mezzi potenti ma assolutamente inutili a colpire chi tira le fila del “traffico di carne umana”, che non si imbarca mai su precarie carrette usa e getta, su gommoni “a perdere” destinati a naufragare a poche miglia dalla costa. Ma l’uso di un apparato così sproporzionato e di gran lunga superiore a quello messo a disposizione da altri Stati, ha dato all’Italia “il diritto” a far nominare come capo della equivoca “missione” l’ammiraglio di divisione Enrico Credendino.

Poi ci sarebbe la partecipazione italiana, con quattro miseri Tornado, all’impresa mal cominciata da USA e NATO in Iraq contro lo Stato Islamico. Il quale però ha il suo punto di forza in Siria più che in Iraq: che confusione! Ovviamente quattro Tornado (già in zona da mesi, ma con l’ipocrita missione di esplorazione e segnalazione) non cambieranno minimamente gli equilibri militari, anche se potrebbero offrire all’ISIS una buona occasione per reclutare – direttamente in Europa - nuove forze per combattere i “crociati” europei, regalandoci qualche sorpresa sgradita in casa nostra.

A differenza della missione in Libia (ma questa bizzarramente non viene nominata esplicitamente sul sito della Difesa, dato che si parla solo di uno “Stato costiero interessato” che dovrebbe insieme all’ONU dare l’assenso all’operazione), che è annunciata da tempo e dovrebbe partire oggi sia pure senza aver chiarito nulla dei suoi scopi, e tantomeno senza aver spiegato quale delle tante fazioni contrapposte dovrebbe dare il suo consenso, quella in Iraq è ancora meno facilmente realizzabile. E allora, perché se ne parla tanto?

La ministro Pinotti ha ribadito che è ovvio che il governo dovrebbe prima informare il parlamento, ma non è affatto ovvio, dato che ci hanno abituato da un pezzo a giocare irresponsabilmente con la guerra ribattezzandola semplicemente con altri nomi, senza che in Parlamento ci sia chi se ne accorge. Probabilmente l’annuncio, fatto filtrare attraverso un articolo del “Corriere della Sera”, aveva la funzione di sondare le reazioni alla proposta, e anche quella di far passare come necessari altri provvedimenti del governo tenendo alta l’attenzione sul pericolo dello Stato Islamico. In concreto, per evitare che il governo mantenga il modesto taglio di 480 milioni annunciato da Padoan al bilancio della difesa. Ma come, i “nostri ragazzi” sono in pericolo e rischiano la vita per combattere la barbarie islamica, e si vuole tagliare il bilancio? Impossibile! Lo ha detto subito il generale Domenico Rossi, ex vicecapo di Stato maggiore dell’esercito e oggi sottosegretario alla Difesa nel governo Renzi. Insieme alla Pinotti, un pezzo forte della lobby militare.

La questione dei tagli è un bluff, perché da molti anni vengono annunciati, ma in realtà una parte delle spese militari figurano nel bilancio come “missioni all’estero”, o anche come Protezione Civile. E soprattutto perché, mentre si annunciano le ipotetiche riduzioni, un altro militare di primo piano, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, oggi Capo di Stato maggiore della Marina, è già sceso in campo: De Giorgi, quello che aveva difeso i superstipendi da 120.000 euro per i generali a tre stelle, e si faceva accogliere da lussuosi rinfreschi a champagne in ogni porto che visitava (http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2012/11/08/news/mandorle-46186503/) ha annunciato ieri su un’intera pagina de “la Stampa” che “con il nostro piano di 12 nuove navi daremo ossigeno al made in Italy”.

De Giorgi sostiene che si tratta di un investimento di 5,4 miliardi, ma che assicura “un ritorno allo Stato di circa 2,5-2,8 miliardi in tasse e contributi”, più “un miliardo in Cassa Integrazione non erogata”. Praticamente una flotta regalata da Fincantieri e Finmeccanica. Peccato che l’ammiraglio non sappia fare bene i conti. Tanto per cominciare, dall’articolo risulta che la commessa non è per 12 navi ma 14, per non parlare dei “250 gommoni in chiglia rigida” di cui era ugualmente urgentissimo l’acquisto. Per quanto riguarda i pattugliatori polivalenti d’altura, De Giorgi assicura che sono particolarmente “ecocompatibili”: “il fumaiolo – assicura – è un’enorme marmitta catalitica, che brucia eco-fuel, e forse (lo studio è in corso) gas liquido. Con motori combinati diesel-turbina”. Con un solo diesel (testato da VW su brevetto Bosch?) si raggiungono i 18 nodi. Solo se necessario “entrerà in funzione il secondo diesel e, per velocità maggiori, la turbina a gas”. Ma chi dobbiamo inseguire?

Appare poi discutibile presentare la flotta attuale come obsoleta come fa senza pudore De Giorgi. La maggior parte delle navi di punta, tutte inequivocabilmente di tipo offensivo, dalla Portaerei Cavour a vari cacciatorpediniere lanciamissili, o fregate missilistiche, o sommergibili, sono stati realizzati negli ultimi 5 o 10 anni. È vero che l’altra portaerei (Garibaldi) era stata varata nel 1985 come portaelicotteri, ma è stata del tutto ristrutturata in epoca recente. Inutile ricordare che un grande paese come la Cina si sta dotando solo ora di una (1!) portaerei, ristrutturandone una dismessa dalla Russia. A noi, che viviamo in un paese proiettato nel mare, come una gigantesca portaerei, a che servono 2 portaerei e 7 sommergibili?

Ai margini di questa realtà delle lobby affariste-militariste, si sviluppa poco seriamente il dibattito sul quadro politico dei paesi e delle aree in cui dovremmo andare a mettere il naso (e qualche bomba).

Sulla Libia lo sforzo principale di ministri e commentatori è di ripetere sempre l’aggettivo “autoproclamato” ogni volta che si nomina il governo di Tripoli, mentre l’altro di Tobruk sarebbe quello “legittimo” perché riconosciuto dall’Italia e da alcuni altri paesi imperialisti. In una situazione catastrofica e caotica come quella provocata dallo sciagurato intervento esterno, nessun governo in Libia può essere altro che “autoproclamato”. A differenza dei nostri governanti io non ho fiducia nell’ONU, ma i Renzi, Pinotti e Mogherini se ne infischiano del fatto che l’ONU ha tentato e tenta di realizzare un accordo tra i due governi, e che comunque un intervento italiano (o NATO o UE che sia) in Tripolitania senza l’accordo con Tripoli può finire malissimo, senza che le nostre belle navi servano a molto…

Quanto all’ISIS, verso cui non ho ovviamente nessuna indulgenza e tanto meno simpatia, non dimentico però che stanno a casa loro, e che Hollande, Mogherini, Obama, Cameron, non hanno alcun diritto per decidere chi deve governare quel pezzo di Vicino Oriente, o per scandalizzarsi perché hanno abbattuto la frontiera arbitrariamente tracciata da Sykes e Picot nel 1916 per separare la Siria a cui miravano i francesi dall’Iraq britannico. Il governo dell’ISIS mi fa orrore, ma non meno di quello dell’Arabia Saudita, che dopo aver massacrato il Bahrein ora sta distruggendo lo Yemen.

La missione di Hollande ieri, e magari della Pinotti domani, non è stata richiesta da nessuno, se non dal governo fantasma dell’Iraq che contemporaneamente chiede aiuto alla Russia e la ringrazia per i bombardamenti. Tutti sono impegnati in coro a esecrare l’intromissione di Putin, che in realtà fa le stesse cose che hanno fatto – sempre col pretesto della lotta al terrorismo - gli USA in Iraq e Afghanistan, e che sta facendo Erdogan nelle zone curde, o l’Arabia Saudita nello Yemen. Non mi commuove che Putin abbia il consenso del governo fantasma di Assad, puntellato solo dalle milizie dell’Iran e dagli Hezbollah e odiato dal popolo che ha massacrato. Non mi piace Putin come non mi piace Obama o Cameron o Hollande, e per questo considero che sia da idioti scambiarlo per un protettore dei popoli oppressi, ma non è un mostro speciale, è un mostro come gli altri, in una lotta interimperialista che la crisi sta inasprendo sempre più.

Di tutto questo non si discute seriamente, né in parlamento né sui media. Ma l’irresponsabilità nel mettere i piedi (o anche solo le bombe) in quelle situazioni aggrovigliate, può essere pagata a prezzo carissimo. E per questo bisogna combattere senza tregua le lobby militari italiane che giocano con il fuoco.


7 Ottobre 2015


dal sito Movimento Operaio








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