Diari di Cineclub

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domenica 1 ottobre 2017

DICHIARAZIONE DELLA T.M.I. SUL REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA DELLA CATALOGNA





DICHIARAZIONE DELLA T.M.I. SUL REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA DELLA CATALOGNA



Pubblichiamo qui una dichiarazione della Tendenza Marxista Internazionale sulla crisi in Spagna. Il referendum per l’indipendenza della catalogna rappresenta una sfida nei confronti del regime spagnolo del 1978. È stato oggetto di una grave repressione da parte dello Stato spagnolo. La T.M.I. sostiene il diritto del popolo catalano all’autodeterminazione. Per una Repubblica socialista catalana come scintilla della rivoluzione iberica!



1 – La decisione del parlamento catalano di convocare un referendum sull’indipendenza per il 1 ottobre ha aperto la crisi costituzionale più seria che la Spagna abbia visto dalla restaurazione della democrazia borghese nel 1977. La repressione da parte dello Stato spagnolo e del governo di Rajoy a Madrid ha provocato un movimento di massa nelle strade che ha acquisito alcune caratteristiche insurrezionali.

2 – La decisione di convocare un referendum sull’auto-determinazione arriva dopo anni in cui lo Stato spagnolo e il governo di destra di Rajoy hanno bloccato tutti i tentativi da parte della Catalogna di decidere sul proprio futuro. La Costituzione catalana del 2006 (Estatut), il cui contenuto era già stato annacquato dal parlamento spagnolo, è stato ratificato in un referendum, solo per essere poi bloccato dalla Corte Costituzionale spagnola su richiesta del Partito Popolare di destra. Alla fine, il Tribunale costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcuni articoli chiave dell’Estatut. 35 diverse leggi approvate dal Parlamento catalano sono state ritenute illegali dalla Corte costituzionale.

3 – Nel 2011-15 la Catalogna è stata parte dell’ondata di movimenti di massa contro le politiche di austerità che hanno messo in discussione la legittimità di tutte le istitutzioni della democrazia borghese in Spagna. In quegli anni, era al potere in Catalogna il partito nazionalista borghese catalano CiU (Convergencia i Uniò), con Artur Mas come presidente che era il più entusiasta nel portare avanti tagli nella sanità, istruzione e altre settori della spesa pubblica, con il pieno supporto del PP. Nel 2011, decine di migliaia di persone hanno circondato il Parlamento catalano tentando di impedire che fosse approvato un bilancio all’insegna dell’austerità. I membri del parlamento avevano dovuto essere portati via in elicottero. Il governo di CiU ha risposto con una repressione brutale. Il partito era stato anche impantanato in una serie di scandali di corruzione ancora in corso.

4 – A fronte di questa situazione, il presidente catalano Mas ha deciso di mettersi alla testa del movimento nazionalista per salvare se stesso e il suo partito politico. Il movimento a favore della indipendenza catalana ha acquisito una base di massa (con milioni di persone che hanno manifestato ogni anno nel giorno nazionale catalano) ma con una direzione composta da nazionalisti borghesi di destra.

5 – Dall’altra parte dello scontro, il PP al governo a Madrid, anch’esso coinvolto in scandali di corruzione e protagonista di una politica di repressione e tagli, ha calcolato che cavalcare il nazionalismo spagnolista reazionario avrebbe portato a un successo elettorale.

6 – Larghi settori della società catalana hanno guardato ala possibilità che Podemos andasse al potere in Spagna e cambiasse l’intera situazione. Nelle successive elezioni spagnole, una coalizione guidata da Podemos è arrivata prima in Catalogna. Tuttavia, dal momento che Podemos non è riuscita a conquistare il potere nel parlamento spagnolo, inevitabilmente è cresciuta la spinta per l’indipendenza come soluzione ai problemi dell’austerità, dei tagli e della mancanza di democrazia. La percentuale di persone favorevoli all’indipendenza è salita dal 10-15% a quasi il 50%.

7 – Il carattere del movimento è quindi contraddittorio, con una direzione opportunista del partito nazionalista borghese catalano PDECAT (la nuova veste di CiU, dopo una scissione e un cambiamento nella direzione), ma una base di massa guidata soprattutto da un rifiuto del regime reazionario spagnolo e della soppressione dei diritti dei catalani rappresentata dal governo Rajoy, dall’esercito, dalla monarchia, ecc.

8 – Il regime spagnolo che esiste oggi risale alla Costituzione del 1978. Allora, per evitare che il crescente movimento rivoluzionario dei lavoratori e giovani contro la dittatura di Franco prendesse il potere, il vecchio regime raggiunse un accordo con i dirigenti dei partiti operai, in particolare Santiago Carrillo del Partito comunista e Felipe Gonzales del Partito socialista. Questo patto, noto come la “transizione”, fu un tradimento delle vere aspirazioni dei lavoratori per la democrazia e la rivoluzione sociale. Ha garantito l’impunità per i crimini del regime di Franco, il cui apparato statale è stato rimasto intatto, l’imposizione della monarchia e della bandiera spagnola (entrambi simboli del regime di Franco), e la negazione del diritto di autodeterminazione per le nazionalità oppresse. L’articolo 2 della Costituzione del 1978 parla della “indivisibile unità della nazione spagnola”, e un altro articolo chiarisce che sarà “garantita dalle Forze Armate”.

9 – Per la classe dominante reazionaria spagnola, che non è mai stata capace di raggiungere la piena unificazione della nazione s un terreno progressista ma è ricorsa alla repressione brutale e aperta, l’esercizio del diritto alla autodeterminazione è visto, correttamente, come una minaccia all’intero edificio del regime del 1978. Questo spiega la reazione dello stato spagnolo al referendum catalano.

10 – La scommessa del PDeCAT nazionalista borghese di destra catalano è sempre stata rischiosa, ma per un periodo gli ha permesso di restare al potere, confidando nel supporto al governo dei nazionalisti di sinistra di ERC e poi addirittura degli anticapitalisti pro-indipendenza della CUP, con la promessa che si sarebbe convocato un referendum per l’autodeterminazione

11 – Nel 2014 lo stato spagnolo ha vietato un referendum sull’autodeterminazione, che è diventata una consultazione non vincolante. In risposta al divieto del referendum, il governo catalano ha convocato elezioni anticipate nel 2015 che sono state presentate come un plebiscito sull’indipendenza. I partiti pro-indipendenza hanno conquistato una maggioranza assoluta nei seggi, ma con il 48,8% dei voti, leggermente meno della maggioranza assoluta dei voti.

12 – Alla fine, il 6 settembre 2017, con il voto del blocco pro-indipendenza, l’astensione del CSQP (Catalunya Sì Que es Pot – la coazione catalana fra Podemos e Izquierda Unida) e l’assenza di tutti gli altri partiti che sono usciti dall’aula, il Parlamento catalano ha approvato una legge per convocare un referendum sull’indipendenza il primo di ottobre. Il Parlamento ha preso questa decisione sapendo perfettamente che era una sfida alla legge spagnola.

13 – Dopo poche ore, il Tribunale costituzionale ha sospeso la legge, in attesa di un parere sulla sua costituzionalità. Questo è stato l’inizio di un’offensiva repressiva da parte dello Stato spagnolo mirata ad evitare che il referendum avesse luogo.

14 – I presidenti del Parlamento catalano sono stati messi sotto accusa per aver consentito la presentazione di una legge sul referendum, sono stati cancellate riunioni pubbliche fuori dalla Spagna a sostegno del referendum su indicazione della magistratura, sono stati citati in giudizio più di 700 sindaci catalani per aver dichiarato che avrebbero aiutato a organizzare il referendum (e sono stati minacciati di arresto se non obbediranno ai magistrati), i membri del nuovo organismo elettorale catalano sono stati colpiti con multe da 12mila euro al giorno, 14 alti funzionari catalani sono stati arrestati dalla Guardia Civil nelle loro case o lungo la strada per il lavoro e sono stati messi sotto accusa, le finanze del governo catalano sono state requisite dallo Stato spagnolo, sono state perquisite le tipografie, ai media è stato vietato di trasmettere pubblicità referendaria, i siti web del referendum sono stati chiusi e i mirror all’estero sono stati bloccati, gli attivisti che attacchinavano per il referendum sono stati arrestati e il materiale requisito, sono state requisite le schede elettorali, ecc. Questo è il più forte attacco ai diritti democratici in Spagna da 40 anni a questa parte (forse uguale all’attacco ai diritti democratici del popolo e delle organizzazioni basche)

15 – Questa reazione brutale da parte dello Stato spagnolo contro la volontà del popolo catalano di tenere un referendum sul proprio futuro (un diritto che è appoggiato da più del 70% della popolazione) rivela la natura profondamente reazionaria del regime del 1978 e i suoi limiti per quanto riguarda I diritti democratici.

16 – La repressione ha compromesso seriamente la possibilità di tenere il referendum, ma al tempo stesso ha provocato una reazione di massa nelle strade. Il 20 settembre, decine di migliaia di persone hanno circondato il ministero delle finanze catalano mentre veniva perquisito dalla polizia della Guardia Civil. La Guardia Civil non ha potuto uscire dall’edificio per più di 20 ore, e l’ha potuto fare solo nella prima mattina del giorno dopo, quando si era ridotta la folla, e con l’aiuto della polizia antisommossa catalana.

17 – Lo stesso giorno, migliaia di persone hanno resistito a un tentativo della polizia di fare irruzione nella sede del partito anticapitalista e pro-indipendenza CUP, e sono riusciti a impedirlo. A Reus, dopo che alcuni attivisti erano stati oggetto di minacce da parte della polizia mentre attacchinavano, più di mille persone si sono presentate per un attacchinaggio di massa e a quel punto la polizia non ha potuto fare più nulla. Si sono tenute manifestazioni semispontanee in città grandi e piccole in tutta la Catalogna.

18 – La repressione statale ha generato una dinamica in cui ora l’iniziativa appartiene alle piazze. Comitati di difesa del referendum hanno cominciato a sorgere nei quartieri e nelle città. I portuali di Barcellona e Tarragona hanno votato per bloccare i rifornimenti alle navi da crociera che ospitano migliaia di agenti di polizia inviati in Catalogna per impedire il referendum. Le università sono in sciopero ad oltranza e gli studenti hanno occupato l’edificio principale dell’Universitat de Barcelona. I principali sindacati Comisiones obreras (CCOO) e Union general de Trabajadores (UGT) hanno prodotto dichiarazioni contro la repressione, ma un certo numero di sindacati più piccoli (CGT, COS, IAC) hanno effettivamente convocato uno sciopero generale in Catalogna il 3 ottobre (la prima data in cui poteva essere convocato a causa delle leggi antisciopero).

19 - La classe dirigente spagnola ha scatenato un movimento di massa nelle strade e nelle piazze che minaccia non solo la stabilità del governo Rajoy ma anche di provocare crepe serie nella struttura del regime del 1978. Tuttavia, non possono fare un passo indietro. Dovranno ripristinare l’ordine, come dicono loro. Qualsiasi concessione prima del 1° ottobre segnerebbe la fine del governo del PP. Ora hanno lanciato l’accusa di “sedizione” contro gli organizzatori del movimento di massa del 20 settembre e hanno assunto il comando della polizia catalana, i Mossos. Dopo essere stato privata dell’accesso alle proprie finanze e al controllo dell’ordine pubblico, è rimasto molto poco dell’autonomia catalana (autogoverno).

20 - I nazionalisti borghesi catalani hanno scatenato un movimento di massa che li fa tremare. Tuttavia, ora non possono fare un passo indietro né entrare in trattative col governo centrale, una cosa che sarebbe vista come una svendita da parte del movimento e probabilmente scriverebbe la parola fine al loro governo.

21 – È dovere dei marxisti rivoluzionari, e di tutti i democratici conseguenti, sostenere pienamente il referendum catalano del 1° ottobre, che rappresenta solo l’esercizio del diritto democratico fondamentale dell’autodeterminazione.

22 – Dobbiamo tuttavia chiarire che nel contesto della Spagna l’esercizio del diritto di autodeterminazione ha implicazioni rivoluzionarie e può essere imposto solo tramite metodi rivoluzionari. Per conquistarlo non ci si può fidare dei nazionalisti borghesi catalani. È solo la mobilitazione della popolazione nelle strade che può garantire che il referendum del 1 ° ottobre si celebri. La classe operaia ha un ruolo cruciale da svolgere.

23 – L’unica strada da seguire è la diffusione dei comitati di difesa del referendum in ogni quartiere, scuola, università e posto di lavoro che affrontino gli aspetti logistici fondamentali dell’organizzazione del referendum e della sua difesa di fronte allo Stato spagnolo e alle sue forze repressive. Tali comitati di difesa dovrebbero essere collegati a livello locale, nazionale e nazionale attraverso rappresentanti eletti. Mentre lo Stato spagnolo si muove lentamente ma senza esitazioni per schiacciare l’autogoverno catalano, dovrebbe essere convocata un’assemblea nazionale dei rappresentanti dei comitati come legittima rappresentante del popolo catalano.

24 – I compagni della CUP hanno avanzato molti di questi slogan (per uno sciopero generale, per la creazione di comitati di difesa, la necessità di una mobilitazione di massa) e per questo dovrebbero essere congratulati. In passato hanno preso decisioni che abbiamo considerato sbagliate, quando hanno fornito il loro appoggio alla formazione del governo Puigdemont e hanno votato il bilancio di austerità proposto da quest’ultimo. Li incoraggiamo a rompere in maniera chiara con questa politica di collaborazione di classe. La lotta per una Repubblica catalana non può essere vittoriosa se non c’è una chiara rottura con i nazionalisti borghesi catalani che non porteranno mai la lotta mai fino in fondo. Come dicono i compagni della CUP, dobbiamo spazzarli via tutti (banchieri, capitalisti, politici corrotti, indipendentemente dal fatto che vestano il costume nazionale catalano o quello spagnolo).

25 – La lotta per l’autodeterminazione non può essere vittoriosa senza portare dalla nostra parte la maggioranza della classe operaia. In Catalogna molti lavoratori parlano lo spagnolo come lingua principale e si definiscono, in un grado maggiore o minore, spagnoli. Sono naturalmente cauti rispetto a un movimento condotto dai nazionalisti borghesi del PDeCAT che hanno portato avanti l’austerità, i tagli e rappresentano gli interessi della classe capitalista. La lotta per una Repubblica catalana deve essere legata alla lotta contro l’austerità capitalista, per ottenere più posti di lavoro, sanità, istruzione e diritti per i lavoratori.

26 – Questo sarebbe anche il modo migliore per conquistare l’appoggio dei lavoratori del resto della Spagna, un fatto che contribuirebbe ad indebolire l’azione dell’apparato repressivo dello Stato spagnolo. Ci sono già state manifestazioni significative a sostegno del diritto di autodeterminazione della Catalogna e della difesa dei diritti democratici a Madrid, in Andalusia, nei Paesi baschi e altrove.

27 – Podemos e Izquierda unida hanno una grande responsabilità. Hanno compiuto un grande lavoro nella difesa del diritto di autodeterminazione. Tuttavia, davanti al referendum del 1° ottobre hanno fatto un passo indietro. Usando scuse legalitarie, hanno rifiutato di sostenerlo, difendendo invece l’idea di un “referendum negoziato”, qualcosa di utopico, dato che la classe dominante spagnola ha già chiarito che non è disposto a concederlo. Invece, dovrebbero dare pieno sostegno al referendum del 1° ottobre (qualunque siano i suoi limiti) in quanto rappresenta la sfida più seria mai portata al regime del 1978. Dovrebbero spiegare che la lotta del popolo catalano è anche la lotta dei lavoratori in tutta la Spagna, contro la monarchia, il governo reazionario del PP e l’apparato reazionario dello Stato ereditato intatto dal regime di Franco. Tutto ciò che indebolisce lo Stato spagnolo dovrebbe essere benvenuto, e utilizzato per rafforzare la posizione della classe operaia.

28 – L’organizzazione catalana di Podemos, PODEM, ha preso una decisione coraggiosa, sostenuta dalla maggioranza dei suoi membri, di sostenere il referendum del 1° ottobre e ha fatto appello alla massima partecipazione. Ciò ha fatto guadagnare a PODEM molte simpatie e appoggio tra l’ala sinistra del movimento indipendentista. C’è una crescente convergenza tra l’ala sinistra e anticapitalista del movimento indipendentista e l’espressione politica del movimento degli “indignados“. Questa è la base per una lotta per una Repubblica catalana che rappresenti una chiara rottura con le politiche di austerità, cosa che può essere fatta solo rompendo con il capitalismo e muovendosi nella direzione di una trasformazione socialista della società.

29 – La Tendenza Marxista Internazionale dichiara il suo pieno appoggio al diritto di autodeterminazione del popolo catalano e al referendum del 1° ottobre. Un voto per il SÌ è un voto contro il regime del 1978. Il nostro slogan è quello di una Repubblica socialista catalana che dovrebbe servire come scintilla per il cambiamento rivoluzionario in tutta la penisola iberica.


Per il diritto di autodeterminazione del popolo catalano!

Difendere il referendum del Primo ottobre con metodi rivoluzionari!

Mobilitazione di massa nelle piazze! Comitati di difesa dappertutto, sciopero generale!

Abbasso la repressione dello stato spagnolo! Abbasso il regime del 1978!

Per una repubblica socialista catalana!

Per la rivoluzione nella Penisola iberica!







dal sito http://www.rivoluzione.red/



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